Author: salvatore.crapanzano
Forfettario e Minimo Delega fatturazione righi da riportare
Dal 01/01/2024 i forfettari devono procedere alla fatturazione elettronica. Nessuna dispensa.
Aliquota IVA per le ristrutturazioni non condizionata dalla CILA superbonus
Ai sensi dell’art. 119 comma 13-ter del DL 34/2020, gli interventi che consentono di beneficiare del c.d. superbonus “costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA)”, anche qualora riguardino le parti strutturali degli edifici o i prospetti, esclusi quelli comportanti la demolizione e ricostruzione.
La formulazione letterale della norma potrebbe lasciare intendere che, alle opere edilizie per le quali è stata presentata la CILA e che costituirebbero “manutenzioni straordinarie”, si applichi il regime IVA previsto per le manutenzioni.
Seguendo questa tesi, peraltro, l’aliquota IVA potrebbe divergere rispetto a quella ordinariamente applicabile per opere che sarebbero, in via ordinaria, qualificabili come interventi di recupero o ristrutturazione edilizia ex art. 3 lett. c) e d) del DPR 380/2001 (laddove vi siano, ad esempio, lavori che coinvolgono le parti strutturali dell’edificio).
Le manutenzioni straordinarie su fabbricati che non siano a prevalente destinazione abitativa, difatti, richiedono l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria. Si pensi ai committenti che hanno la qualifica di ONLUS e, in particolare, alle RSA per le quali il superbonus beneficia dell’aliquota del 110% sino a fine 2025.
Per le manutenzioni su fabbricati abitativi, invece, l’aliquota del 10% sarebbe soggetta alla limitazione per i beni significativi, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. b) della L. 488/99 (limite che non è previsto per gli interventi di recupero o ristrutturazione).
A livello sistematico, tuttavia, non pare condivisibile una posizione come quella sin qui descritta.
Le aliquote dovrebbero essere applicate secondo le norme ordinarie in materia di IVA e non essere condizionate dalla disposizione speciale recata dall’art. 119 comma 13-ter in esame, in quanto volta ad agevolare l’autorizzazione di inizio lavori richiedendo la CILA in luogo della SCIA anche per opere di maggiore entità.
La determinazione delle aliquote IVA, invece, rimarrebbe ancorata alla qualificazione degli interventi secondo il titolo edilizio, in base alle ordinarie definizioni del DPR 380/2001.
Pertanto, se le opere rientrano nell’ambito del restauro e risanamento conservativo (art. 3 lett. c) del DPR 380/2001) o della ristrutturazione edilizia (art. 3 lett. d) del DPR 380/2001), si applica l’aliquota del 10%, come ordinariamente previsto dal n. 127-quaterdecies) della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72.
Non consta che l’Agenzia delle Entrate si sia pronunciata in via ufficiale sul punto.
Tuttavia, a livello più generale (e prima della disposizione speciale in tema di CILA superbonus), l’Agenzia, esprimendosi in merito all’aliquota applicabile per la riqualificazione energetica, ha affermato che “per la corretta definizione degli interventi edilizi indicati dall’istante, occorre fare riferimento alla classificazione degli stessi ai sensi delle disposizioni dell’articolo 31, comma 1, della Legge 5 agosto 1978 n. 457”. Per questa ragione, “solo gli interventi di recupero rientranti nelle previsioni di cui alle lettere c), d) ed e) del sopra menzionato articolo 31 della legge n. 457 del 1978 (trasfuse nelle lettere c), d) ed f) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001), riguardanti, rispettivamente, il restauro e risanamento conservativo (cfr. lett. c); la ristrutturazione edilizia (cfr. lett. d) e la ristrutturazione urbanistica (cfr. lett. e), possono fruire dell’aliquota agevolata ai sensi del citato n. 127-quaterdecies” (risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 604/2020).
Reverse charge escluso verso il general contractor
Per gli interventi edilizi che sono resi nei confronti di un “general contractor”, oltre all’aliquota, si pone un ulteriore dubbio in merito all’applicabilità (o meno) del reverse charge, previsto in via generale per i subappalti a norma dell’art. 17 comma 6 lett. a) del DPR 633/72.
A livello letterale, è infatti esclusa la soggezione al reverse charge per le “prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori”.
Non è pacifico ritenere disapplicata la disposizione anche in presenza di un contraente generale di un committente privato. Tuttavia, la formulazione letterale della norma parrebbe consentire di pervenire a questa conclusione, perché “un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori” è un’espressione definitoria che identifica in modo chiaro la fattispecie, senza comprimerla in alcun modo ai casi in cui il committente che affida la totalità dei lavori sia un soggetto pubblico. La ratio della disposizione sembrerebbe quella di assimilare il rapporto nei confronti del contraente generale (in quanto soggetto cui viene affidata la totalità dei lavori) a un rapporto di appalto diretto, piuttosto che a un subappalto.
Resta applicabile il reverse charge per gli interventi specificamente riconducibili a quelli individuati dall’art. 17 comma 6 lett. a-ter) del DPR 633/72 (prestazioni di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici), per i quali non rileva lo status “soggettivo” del destinatario.
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Nolo a Caldo, non sempre in inversione contabile ed IVA agevolata
Nell’ambito di un contratto di noleggio nel settore edile, il noleggiante può mettere a disposizione dell’utilizzatore, oltre agli strumenti di lavoro (es. ponteggi o gru), anche un proprio dipendente dotato di specifiche competenze per l’uso degli stessi.
Tale schema contrattuale, nella prassi, è definito “nolo a caldo”. La Corte di Cassazione, con le ordinanze n. 11001 e n. 11003 del 2023, si è pronunciata in merito al regime IVA applicabile per tale tipologia di accordi.
Secondo i giudici, le prestazioni di “nolo a caldo”, rese nei confronti di un appaltatore, non sono equiparabili a un subappalto e, per questa ragione, scontano l’imposta secondo le regole ordinarie.
È, quindi, da escludere l’operatività del meccanismo del reverse charge che, in linea di principio, troverebbe applicazione ai sensi dell’art. 17 comma 6 lett. a) del DPR 633/72 per le sole prestazioni rese nel settore edile in dipendenza di un contratto di subappalto.
Nel caso esaminato nelle due ordinanze della Cassazione, una società era impegnata nella realizzazione – tramite contratto di appalto – di opere di urbanizzazione e faceva richiesta ad un soggetto terzo di prestazioni di “nolo a caldo” che, dalle parti, venivano qualificate alla stregua di un subappalto in base a quanto disposto a livello amministrativo dal codice dei contratti pubblici (nella versione vigente all’epoca dei fatti).
Per effetto dell’anzidetta qualificazione, il prestatore del servizio di “nolo a caldo” applicava l’IVA con il meccanismo del reverse charge, nei confronti della società appaltatrice committente, ritenendo soddisfatti i presupposti di cui all’art. 17 comma 6 lett. a) del DPR 633/72.
Inoltre, la società appaltatrice provvedeva ad integrare la fattura ricevuta, secondo la medesima aliquota IVA (10%) prevista per l’appalto (trattandosi di opere di urbanizzazione, ai sensi del n. 127-septies) della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72). L’impostazione risulta coerente con i chiarimenti della circ. Agenzia delle Entrate n. 19/2001 (§ 2.2.12), secondo cui l’aliquota IVA ridotta, prevista per le prestazioni dipendenti da un contratto di appalto, è replicabile alle prestazioni in subappalto, tale per cui l’impresa costruttrice affida ad altri soggetti la realizzazione di parte dei lavori.
L’operazione così come strutturata veniva, tuttavia, contestata dall’Amministrazione finanziaria, la quale non riteneva possibile ricondurre le prestazioni di “nolo a caldo” nell’ambito di un rapporto di subappalto, con conseguente inapplicabilità del meccanismo del reverse charge nonché dell’aliquota IVA ridotta.
Nel dirimere la questione, la Corte ha confermato la tesi erariale, osservando che, sebbene il codice dei contratti pubblici vigente ratione temporis, ai sensi dell’art. 118 comma 11 del DLgs. 163/2006 qualifichi come contratti di subappalto anche quelli di “nolo a caldo”, la medesima qualificazione assuma rilevanza immediata nel solo ambito amministrativo. Ciò in virtù del fatto che il citato art. 118 del DLgs. 163/2006, nel ricomprendere il “nolo a caldo” nel subappalto precisa come tale qualificazione valga ai soli “fini del presente articolo”.
La conclusione potrebbe valere anche per le successive riformulazioni della disciplina dei subappalti nei contratti pubblici (art. 105 del DLgs. 50/2016 e art. 119 del DLgs. 36/2023).
Sulla base di quanto esposto, i giudici di legittimità hanno, dunque, escluso che la disposizione richiamata possa assumere rilievo in materia tributaria e, di conseguenza, non sia ammessa l’applicazione del reverse charge né l’estensione dell’aliquota IVA ridotta.
A tal fine sono state, altresì, richiamate le conclusioni raggiunte nei precedenti gradi di giudizio, nei quali i giudici di merito avevano rilevato come il prestatore del servizio di “nolo a caldo” sarebbe stato chiamato a eseguire un’opera senza autonomia organizzativa (requisito, invece, richiesto nel contratto di appalto, essendo lo stesso caratterizzato da un’obbligazione di risultato).
Per completezza, si rileva come la posizione assunta dalla giurisprudenza ricalchi, in buona parte le conclusioni di Assonime (circolari n. 45/2007 e n. 50/2007), ove veniva evidenziato che il “nolo a caldo” in linea generale configura una fattispecie contrattuale in cui prevalgono gli elementi propri del contratto di locazione (con esclusione dal meccanismo del reverse charge), ma al contempo, nel settore edile, possono sussistere ipotesi in cui sono poste in essere vere e proprie prestazioni di subappalto.
Questo può verificarsi, ad esempio, quando “un soggetto appaltatore stipuli con il proprietario di un macchinario (ad esempio un escavatore) un contratto avente ad oggetto il compimento da parte di quest’ultimo, a mezzo del macchinario e del relativo manovratore, in piena autonomia operativa e gestionale, di un’opera edile (per esempio, lo scavo di un certo numero di metri cubi di terra per le fondamenta di un edificio)“. In tal caso, prevalendo l’obbligazione di risultato sul proprietario del macchinario, il contratto può qualificarsi come subappalto ed applicarsi il meccanismo del reverse charge per le prestazioni edili rese in esecuzione dello stesso.
UNILAV – Cessazione non necessaria
D: Al termine di un contratto a tempo determinato abbiamo l’obbligo di fare la comunicazione di cessazione?
R: Se un contratto a tempo determinato cessa alla data di termine già comunicata non si deve comunicare la cessazione del rapporto. Per questo motivo non è disponibile una causale di cessazione per questo scopo.