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L’art. 2 D.Lgs. 139/2024, in attuazione dei principi di delega fissati nella L. 111/2023, apporta modifiche al Testo unico imposta di registro (Tur). In particolare, vengono rivisti alcuni articoli afferenti alla tassazione dei trasferimenti di aziende o rami di esse.
L’art. 23, c. 4 del Tur viene completamente sostituito e il nuovo testo, in vigore dal 1.01.2025, prevede l’applicazione delle aliquote previste per le diverse tipologie di beni oggetto di cessione. Dalla lettura della relazione illustrativa, si evince che l’intervento legislativo mira a garantire una maggiore razionalità alla funzione dell’imposta e una semplificazione nel suo meccanismo applicativo. Fermo restando che nulla muta ai fini Iva (la cessione d’azienda o di un singolo ramo continua a essere un’operazione fuori campo ai sensi dell’art. 2, c. 3, lett. b) D.P.R. 633/1972), ai fini dell’imposta di registro, la tassazione, come noto, è in misura proporzionale.
Considerato che l’operazione di che trattasi interessa un’universalità di beni, costituita da elementi materiali e immateriali, si pone il problema di individuare i criteri di applicazione dell’imposta che variano a seconda che si tratti il trasferimento come afferente a un complesso unitario oppure considerando le caratteristiche e la natura dei singoli beni che lo compongono. Il nuovo art. 23, c. 4 prevede che sia legittimo applicare separatamente a ogni categoria di beni, la propria aliquota prevista dal Testo unico imposta di registro.Questo, tuttavia, impone una condizione: occorre una precisa ripartizione del prezzo da imputare a ogni singola categoria di beni (mobili, immobili, crediti, ecc.).
Nel caso in cui siano compresi nel trasferimento dei crediti, si applica la corrispondente aliquota (0,50%) sulla quota parte di corrispettivo a essi imputabile. Per quanto attiene alle passività, la norma prevede che debbano essere imputate ai diversi beni (sia mobili che immobili) in proporzione del loro rispettivo valore. Qualora nell’atto di cessione non sia prevista una ripartizione del prezzo, il trasferimento viene inteso come riferito a un complesso unitario e, in tal caso, si applicano i criteri stabiliti dall’art. 23, c. 1 ovvero l’aliquota più elevata tra quella prevista per i singoli beni che compongono il complesso oggetto di cessione.
Confrontando le differenze tra vecchia e nuova norma, tuttavia, si nota soltanto uno spostamento di quanto già previsto nell’ultimo periodo dell’art. 23, c. 1, al c. 4. Invece, il vecchio comma 4 si occupava unicamente del criterio di imputazione delle passività, che, peraltro, rimane invariato. Viene interessato da modifiche anche l’art. 51 del Tur, con la sostituzione dei cc. 2 e 4.
In particolare, i criteri già previsti dalla precedente formulazione del c. 4 vengono trasfusi nel nuovo c. 2. Ai fini della determinazione della base imponibile si assume il valore venale complessivo dei singoli beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento ed esclusi i beni di cui agli artt. 7, parte prima della tariffa e 11-bis della tabella (unità da diporto e veicoli iscritti al PRA). La determinazione del valore da sottoporre a tassazione prevede lo scomputo delle passività inerenti all’azienda risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa, salvo quelli che l’alienante si sia impegnato ad estinguere.
Nella sostanza, si tratta di una riscrittura di regole già vigenti.
Il D.Lgs. 87/2024 ha riformato le sanzioni e il ravvedimento operoso per le violazioni commesse dal 1.09.2024; per le violazioni commesse prima di tale data, si dovrà fare riferimento alla disciplina del ravvedimento precedente all’intervento del D.Lgs. 87/2024. Con la riforma è possibile applicare il cumulo giuridico al nuovo ravvedimento operoso a eccezione degli omessi versamenti e la sanzione viene calcolata partendo da quella riconducibile alla violazione più grave, aumentata di 1/4. A tale sanzione si applicano le riduzioni previste dal ravvedimento, prendendo a riferimento la data di commissione della prima violazione per individuare la misura della riduzione.
All’Agenzia delle Entrate
Direzione provinciale di AGRIGENTO
Ufficio territoriale di AGRIGENTO
Il/la o sottoscritto/a ________________________________________________________ codice fiscale ____________________________________ nato/a il ___/____/19____ a _______________________________________________ prov. (____) residente in _______________________________________________ prov. _______ via –piazza-corso – ________________________________________________________________ n. _____ tel. ______________ fax ________________ email ________________________________________________________________________□ a titolo personale
□ in qualità di ____________________________ della/o società/studio_________________ _____________________________ codice fiscale _____________________________ partita iva _________________________ sede ______________________________ città ________________________ prov._____
chiede
di procedere all’annullamento dell’allegato modello F24, con saldo uguale a zero, protocollo telematico (se disponibile) ____________, presentato in data ____________ , che risulta errato.
______________________. ___/___/20__
Firma _______________________
Documenti da allegare a questo modulo: □ documento di identità del sottoscrittore
□ copia modello F24 da annullare
Le tutele previste dalla legge in materia di ipoteca e pignoramento immobiliare proteggono il contribuente da misure eccessive o indiscriminate da parte di Agenzia delle Entrate-Riscossione. Sebbene l’Ente abbia il diritto ed il dovere di recuperare i crediti dovuti, il contribuente può contare su una serie di garanzie, come la soglia minima di debito per l’iscrizione dell’ipoteca e il divieto di pignoramento su determinate tipologie di immobili. Questi strumenti garantiscono un equilibrio tra il recupero dei crediti e la protezione del patrimonio del debitore.
L’azione coercitiva dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione sorge quando un contribuente non provvede al pagamento di una cartella esattoriale o di un avviso entro i termini stabiliti e non ha un piano di rateizzazione in corso di validità ovvero non decaduto. Tra le azioni più temute per il recupero dei crediti ci sono sicuramente l’iscrizione di ipoteca sugli immobili e il pignoramento immobiliare.
Ipoteca sugli immobili – L’iscrizione ipotecaria può essere iscritta solo quando l’importo del debito supera i 20.000 euro. Questo limite è stabilito dall’art. 77 D.P.R. 602/1973, come modificato dall’art. 52 D.L. 69/2013.
Prima di procedere con l’iscrizione, il contribuente riceve una comunicazione preventiva che gli concede 30 giorni di tempo per regolarizzare la sua posizione. Solo se, trascorso questo termine, il debito non viene saldato o non si attiva una rateizzazione, l’ipoteca viene iscritta presso la conservatoria dei registri immobiliari. L’importo dell’ipoteca sarà pari al doppio del credito complessivo che Agenzia delle Entrate-Riscossione intende recuperare.
Una volta iscritta l’ipoteca, il contribuente ne viene informato tramite una comunicazione formale e potrà richiederne la cancellazione solo una volta che il debito sarà estinto integralmente o nel caso in cui venga emesso uno sgravio totale da parte dell’ente creditore.
Pignoramento immobiliare – Se, dopo l’iscrizione dell’ipoteca, il contribuente non provvede a estinguere il debito, non richiede una rateizzazione o non ottiene uno sgravio, Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere con il pignoramento immobiliare solo se sussistono tutte le seguenti condizioni:
– il credito complessivo da recuperare deve essere superiore a 120.000 euro;
– il valore dell’immobile del debitore deve essere superiore a 120.000 euro.
Inoltre, devono essere trascorsi almeno 6 mesi dall’iscrizione dell’ipoteca senza che il debitore abbia provveduto al pagamento o alla rateizzazione.
Questi limiti sono stabiliti dall’articolo 76 D.P.R. 602/1973, modificato dall’art. 50 D.L. 152/2021.
Infine, la legge vieta l’azione esecutiva su un immobile se presenta tutte le seguenti caratteristiche:
– è l’unico immobile di proprietà del debitore;
– è adibito a uso abitativo, con residenza anagrafica del debitore;
– non è classificato come immobile di lusso, secondo i criteri previsti dal decreto del ministro dei lavori pubblici del 2.08.1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27.08.1969, n. 218;
– non rientra nelle categorie catastali A/8 (ville), A/9 (castelli o palazzi di pregio artistico o storico).
Questi requisiti garantiscono che un contribuente non perda la disponibilità della propria abitazione principale a meno che non si tratti di un immobile di lusso o di particolari caratteristiche di valore storico.
Se nel modello UNILAV iniziale hai già indicato sia la data di inizio che la data di fine del distacco, e il distacco termina effettivamente in quella data, non è necessario inviare un’ulteriore comunicazione per notificare la fine del distacco.
Ecco perché:
Quando è necessaria una comunicazione aggiuntiva:
In sintesi:
Nota bene:
Il credito di imposta per l’acquisto di beni 4.0 materiali o immateriali presuppone l’interconnessione al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura, manon vi è un termine entro il quale il bene debba essere interconnesso e i documenti attestanti la sussistenza dei requisiti necessari debbano essere acquisiti.
Nell’ipotesi in cui l’interconnessione sia effettuata in un periodo d’imposta successivo a quello di entrata in funzione del bene, la fruizione dell’agevolazione 4.0 potrà iniziaresolo da tale successivo periodo.
L’art. 1, c. 1059, L. 30.12.2020 n. 178, precisa che è comunque possibile iniziare a fruire del credito d’imposta ordinario per la parte spettante ai sensi dei commi 1054 e 1055. Nel caso in cui l’impresa abbia deciso di avvalersi del credito di imposta “in misura ridotta” a seguito dell’entrata in funzione del bene, l’ammontare del credito d’imposta “in misurapiena” successivamente fruibile dall’anno di interconnessione dovrà essere decurtato di quanto già fruito in precedenza. Tale valore, al netto del credito di imposta già fruito, sarà poi suddiviso in un nuovo triennio di fruizione di pari importo.
Ad esempio, ipotizzando che nel corso del 2021 si sia proceduto all’acquisto e all’entrata in funzione di un bene agevolabile il cui costo sia pari a 90.000 euro e che nel corso del2023 sia stato interconnesso; qualora l’impresa nel corso del 2021 si sia avvalsa della possibilità di utilizzare in compensazione la prima quota del credito spettante ai sensi delcomma 1054 della legge di Bilancio 2021, pari a 3.000 euro (1/3 di 9.000), e nell’anno 2022 della seconda quota, a partire dal 2023 decorrerà il triennio di fruizione del creditospettante, per ipotesi, ai sensi del comma 1056 e la quota annuale compensabile sarà pari a 13.000 euro [1/3 di 39.000 (45.000 – 6.000)].
Nell’ipotesi prospettata, secondo le indicazioni di una Faq pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate nel 2022, l’impresa avrà compilato il quadro RU del modello Redditi 2022indicando nel rigo RU1 il codice credito 2L (corrispondente alla tipologia dei beni agevolabili 4.0). Le istruzioni per la compilazione del suddetto quadro, infatti, precisavano che: “Idati del credito d’imposta vanno esposti nella sezione distintamente in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili”. L’individuazione del codice credito da utilizzareprescinde, quindi, sia dall’entrata in funzione del bene sia dall’avvenuta interconnessione dello stesso.
Inoltre, l’impresa doveva riportare, nel rigo RU5, l’ammontare del credito d’imposta nella misura “piena” prevista per detti beni e, nel rigo RU130, colonna 4, l’ammontarecomplessivo del costo sostenuto. Resta fermo che, sebbene il credito sia stato indicato per l’intero ammontare (pari al 50% del costo sostenuto), lo stesso era utilizzabile in misuranon superiore al 10% del predetto costo (come bene ordinario), per la quota annuale pari a 1/3. Quindi, nel rigo RU12 del modello Redditi 2022 e Redditi 2023 andava indicato ilcredito residuo da riportare nel successivo modello Redditi 2024. L’interconnessione avvenuta nel 2023 permette di evidenziare nel Redditi 2024 una maggiore quota di credito diimposta utilizzata in compensazione.
L’impresa consapevole che il bene acquistato non verrà mai interconnesso ridurrà l’importo residuo del rigo RU12 della quota corrispondente alla maggiorazione riconosciuta peri beni agevolabili 4.0, barrando la casella 1.
ALLEGATO CERTIFICAZIONE REGOLARITA’ FISCALE
Con il DM 132/2024 si è data attuazione ed operatività alla disciplina della patente a punti per i cantieri temporanei o mobili in edilizia, introdotta dall’art. 29 del DL 19/2024 (decreto “PNRR”) che ha riscritto l’art. 27 del DLgs. 81/2008.
Meritano di essere evidenziati i requisiti necessari per il conseguimento della stessa.
L’art. 1 del DM 132/2024 enuncia i requisiti necessari per l’ottenimento della a punti per i cantieri temporanei o mobili in edilizia.
Nel dettaglio, dispone che ai fini del rilascio della patente in formato digitale i soggetti di cui all’art. 27, co. 1, D.lgs. 81/2008 presentano domanda attraverso il portale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dalla quale risulta il possesso dei seguenti requisiti:
Il possesso dei suddetti requisiti:
Il rilascio della patente verrà effettuato dall’INL una volta accertato il possesso dei requisiti richiesti e attestati da apposita documentazione prodotta dal richiedente.
Nel merito, l’art. 1 del decreto attuativo ricorda che la domanda di rilascio del documento va presentata dalle imprese e dai lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili ex art. 89 comma 1 lett. a) del DLgs. 81/2008, intendendo per tali qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile, a esclusione di coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale (ad esempio, ingegneri, architetti, geometri ecc.).
Con la circ. n. 4/2024, l’INL ha ricordato che, ai sensi dell’art. 89 comma 1 lett. d) del DLgs. 81/2008, sono considerati lavoratori autonomi anche le imprese individuali senza lavoratori.
Tecnicamente, l’istanza può essere presentata in via telematica utilizzando un’apposita procedura presente sul portale dell’INL, accedendovi attraverso modalità informatiche che assicurano l’identità del soggetto che effettua l’accesso.
Sul punto, la norma del decreto attuativo stabilisce che la richiesta di rilascio della patente a punti può essere effettuata, oltre che dal legale rappresentante dell’impresa o dal lavoratore autonomo, anche per il tramite di un soggetto con apposita delega, inclusi i soggetti abilitati a effettuare adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale di cui all’art. 1 della L. 12/79 (consulenti del lavoro, commercialisti, avvocati).
Peraltro, in fase di prima applicazione, l’INL, nella citata circolare, ha reso noto che è possibile presentare a mezzo PEC una autocertificazione concernente il possesso dei requisiti richiesti.
Tale dichiarazione ha efficacia fino alla data del 31 ottobre 2024 e vincola il richiedente a presentare la domanda per il rilascio della patente mediante il portale dell’INL entro la medesima data.
Pertanto, a partire dal 1° novembre 2024 non sarà possibile operare in cantiere in forza della trasmissione della autocertificazione, essendo indispensabile aver effettuato la richiesta di rilascio della patente tramite il portale dell’Ispettorato nazionale.
Per quanto attiene le imprese/lavoratori autonomi stabiliti in un paese UE/extraUE sarà sufficiente il possesso di un “documento equivalente” alla patente, rilasciato dalla competente autorità del Paese d’origine (riconosciuto secondo la legge italiana, in caso di paese extraUE).
Infine, va ricordato che la patente potrà essere oggetto di revoca in caso di dichiarazione non veritiera sulla sussistenza di uno/più requisiti, accertata in sede di controllo successivo al rilascio. Decorsi 12 mesi dalla revoca, sarà possibile richiedere il rilascio di una nuova patente.