Ritenuta Ristrutturazioni lato imprese effettuata dalla banca su fatture per opere edili

L’articolo 25 del Decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito in legge n. 122/2010, ha introdotto una ritenuta  (ora dell’ 8%) a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari di pagamenti relativi a bonifici disposti dai contribuenti in relazione a spese per le quali sono riconosciuti oneri deducibili o per le quali spetta la detrazione d’imposta. Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 giugno 2010, prot. n. 94288, è stato stabilito che la ritenuta va effettuata sui pagamenti relativi ai bonifici disposti per:

• spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio (con diritto alla detrazione del 36%);

• spese per interventi di risparmio energetico (con diritto alla detrazione del 55%).

La ritenuta è operata direttamente dalle banche o Poste al momento dell’accreditamento dei pagamenti. Le banche o Poste effettuano il versamento delle ritenute, tramite il modello F24 utilizzando il codice tributo “1039”, rilasciano la certificazione delle ritenute d’acconto eseguite al beneficiario stesso ed indicano nella dichiarazione dei sostituti d’imposta i dati concernenti i pagamenti effettuati.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5- 04177, è stata sollevata la problematica concernente la possibilità di utilizzare tali ritenute in compensazione a partire dal 1° gennaio 2011, mediante l’adozione di un apposito codice tributo. Nella risposta alla citata interrogazione è stata negata tale possibilità ed è stato specificato che la ritenuta d’acconto in esame non è diversa dalle altre ritenute che l’ordinamento tributario vigente pone a carico dei percettori di reddito d’impresa (come, ad esempio, la ritenuta del 4% di cui all’articolo 25-ter, DPR 600/73). Sulla base delle regole generali contenute nell’articolo 17, comma 1, decreto legislativo 241/97, il contribuente può utilizzare in compensazione i crediti d’imposta risultanti dal modello Unico dopo aver scomputato le ritenute d’acconto subite e gli acconti versati. Di conseguenza, ciò che costituisce oggetto di compensazione è il credito d’imposta eventualmente emergente dalla dichiarazione e non la ritenuta d’acconto subita nel relativo periodo di imposta. Questa, infatti, in sede di conguaglio, potrebbe anche non tradursi in un credito d’imposta. Quindi: il contribuente non può utilizzare in compensazione direttamente le ritenute subite, in quanto le stesse devono necessariamente transitare attraverso il modello Unico, cioè devono essere scomputate dall’imposta dovuta, al pari degli acconti versati. Come precisato nelle istruzioni al Modello Unico, il diritto alla compensazione può essere esercitato dal giorno successivo a quello in cui si è chiuso il periodo d’imposta nel quale si è formato il credito medesimo, purché ricorrano le seguenti condizioni:

a) il contribuente sia in grado di effettuare i conteggi relativi;

b) il credito utilizzato in compensazione sia quello effettivamente spettante sulla base delle dichiarazioni successivamente presentate.

Quindi, se il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il contribuente, in presenza delle suddette condizioni, può avvalersi della facoltà di compensare il credito d’imposta già a partire dal 1° gennaio dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi, se ha provveduto a conguagliare la propria posizione complessiva nei confronti dell’erario ed emerge un’eccedenza a credito. Nella risposta all’interrogazione, infine, è precisato che le medesime considerazioni valgono anche per le ritenute subite dalle società di persone (o dalle SRL in regime di trasparenza). Si ricorda, per completezza, che le ritenute subite da tali soggetti sono attribuite ai soci o associati, analogamente a quanto previsto per il reddito o perdita conseguiti (ai sensi dell’art. 22 TUIR). Sulla base di quanto esposto nell’interrogazione, i soci non possono utilizzare in compensazione direttamente le ritenute ad essi attribuite dalla società, ma devono far transitare le stesse nel quadro RN del modello Unico, portandole a scomputo dell’imposta risultante. Il socio potrà utilizzare in compensazione soltanto il credito eventualmente risultante dalla propria dichiarazione.

Contribuenti forfetari senza ritenuta sulle ristrutturazioni, effettuati dalle banche

Il regime forfetario per gli autonomi di cui all’art. 1 comma 54 e seguenti L. 23 dicembre 2014 n. 190 prevede il non assoggettamento alla ritenuta d’acconto per i ricavi e compensi percepiti.
A tal fine, per evitarne l’applicazione, i contribuenti devono rilasciare un’apposita dichiarazione al committente dalla quale risulti che il reddito è assoggettato a imposta sostitutiva.

Nel caso in cui le ritenute siano operate, sia per l’assenza della dichiarazione che per errore del sostituto d’imposta, il contribuente in regime forfetario può alternativamente scomputarle dall’imposta sostitutiva, indicandole nel rigo RS40 del modello REDDITI, oppure richiederle a rimborso con le modalità di cui all’art. 38 del DPR 602/73.
In caso di inserimento in dichiarazione le ritenute subite vanno poi indicate nel rigo RN33 colonna 4, e quindi dedotte dall’IRPEF effettivamente dovuta, oppure nel rigo LM41 ai fini dello scomputo dall’imposta sostitutiva.

Può tuttavia capitare che soprattutto i professionisti oppure gli artigiani edili subiscano un altro tipo di ritenute. Infatti l’art. 25 del DL 78/2010 ha introdotto, a partire dal 1° luglio 2010, una ritenuta sui pagamenti effettuati in relazione a determinati oneri che originano le detrazioni fiscali per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica.
La percentuale, originariamente stabilita al 10%, è stata ridotta al 4% per essere portata, a partire dal 1° gennaio 2015, all’attuale 8%.

Interessati anche gli interventi “trainanti” e “trainati” per il superbonus

La ritenuta d’acconto si applica sui bonifici agevolati disposti per il pagamento delle spese relative:
– agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, compresi quelli antisismici, ai sensi dell’art. 16-bis del TUIR e dell’art. 16 del DL 63/2013;
– agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti ai sensi dell’art. 1 commi 344-349 della L. 296/2006 e successive modificazioni; 
– agli interventi rientranti nel “bonus facciate” di cui all’art. 1 commi 219-224 della L. 160/2019;
– agli interventi “trainanti” e “trainati” rientranti nel “superbonus” di cui all’art. 119 del DL 34/2020, questo in base al decreto “Requisiti” del MISE.

In base alla circolare dell’Agenzia delle Entrate 28 luglio 2010 n. 40 la base di calcolo su cui operare la ritenuta è il corrispettivo pattuito al netto della ritenuta calcolata con l’aliquota IVA più elevata indipendentemente da quella effettivamente applicata.
Sono escluse da tale adempimento le spese sostenute dall’imprenditore edile per gli interventi di recupero sulla propria abitazione, il pagamento degli oneri di urbanizzazione, dei bolli e dei diritti amministrativi alle amministrazioni comunali nonché il pagamento delle tasse comunali.

Per evitare l’applicazione della ritenuta, l’Agenzia delle Entrate, con riferimento al previgente regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile di cui all’art. 27 commi 1 e 2 del DL 98/2011, aveva indicato nella risoluzione n. 47 del 5 luglio 2013 la possibilità, come indicato nel provvedimento 22 dicembre 2011 n. 185820, di rilasciare un’apposita dichiarazione al sostituto d’imposta dalla quale risultasse che il reddito cui le somme afferiscono era soggetto a imposta sostitutiva.
Infatti, secondo il citato documento di prassi, i contribuenti rientranti nel regime agevolato e destinatari delle somme trasferite mediante i bonifici, effettuati con le specifiche causali, non devono essere assoggettati alla ritenuta d’acconto prevista dall’art. 25 del DL 78/2010 laddove abbiano rilasciato la dichiarazione di esenzione alla banca o all’ufficio postale presso il quale risultano correntisti.

Tale chiarimento non risulta riproposto per il regime forfetario anche se l’art. 1 comma 67 della L. 190/2014 prevede anch’esso che i ricavi e proventi non siano assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta obbligando i contribuenti in tale regime a rilasciare un’apposita dichiarazione attestante l’applicazione dell’imposta sostitutiva. Ciò nonostante si ritiene che, stante l’identità di terminologia utilizzata nelle due norme ai fini del rilascio della dichiarazione al sostituto d’imposta, la previgente interpretazione sia tuttora valida anche per il regime forfetario.

Inoltre, a rafforzamento di tale tesi, la risoluzione n. 47/2013 risulta ancora citata nelle istruzioni al rigo RS40 del modello “REDDITI 2020” ai fini dello scomputo delle ritenute indebitamente operate.

Deducibilità per cassa di tasse ed imposte

In base al comma 1 dell’art. 99 TUIR “Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento”.

Dunque, secondo il principio generale, non sono deducibili dal reddito:

  • le imposte sul reddito;
  • le imposte per le quali è prevista la rivalsa (ad esempio l’IVA).

Le altre imposte, invece, sono deducibili e la deducibilità avviene secondo “il principio di cassa” ossia nel periodo d’imposta in cui è avvenuto il pagamento anche se si tratta di tributi di competenza di altri esercizi. Dunque, nel Modello Unico/2016 sono deducibili le imposte pagate nel 2015. Tuttavia, come si vedrà, tale principio in alcuni casi subisce delle deroghe, rendendo applicabile il principio di competenza economica (ossia le imposte si deducono nel periodo della loro imputazione a bilancio).

Una precisazione fondamentale da tener presente è che nel concetto di “imposta” è da intendersi contenuto anche quello di “Tassa”. Quindi, anche le tasse (ad esempio la tassa di occupazione di suolo pubblico è deducibile) segue la regola fissata dall’art. 99 TUIR.

Principi generali deducibilità imposte e tasse
IndeducibiliDeducibiliRegola
Imposte sui redditi e Imposte per le quali è prevista la rivalsaAltre imposte e tasseLa deducibilità avviene secondo il principio di cassa
(con deroga in alcuni casi)

Imposte sui redditi ed IVA

Le imposte sui redditi sono “indeducibili, con alcune eccezioni riguardanti l’IRAP. Infatti, con riferimento a tale tributo, il legislatore consente di dedurre dall’IRES/IRPEF:

  • la quota IRAP commisurata all’ammontare d’imponibile corrispondente al costo per lavoro dipendente e assimilato non ammesso in deduzione;
  • il 10% dell’IRAP complessiva versata, a condizione che concorrano alla determinazione della base imponibile interessi passivi e oneri assimilati indeducibili.

Anche per quanto riguarda l’IVA, è stabilito come regola generale la sua indeducibilità ai fini IRES/IRPEF. L’unica eccezione è rappresentata dall’IVA indetraibile, la quale diviene deducibile “indirettamente” in quanto portata ad incremento del costo del bene cui si riferisce. Si pensi, ad esempio, a chi opera in regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile (ex minimi), i quali non applicano l’IVA sulle fatture emesse e per i quali diviene “indetraibile” l’IVA assolta sugli acquisti. Per essi l’IVA pagata sugli acquisti, diviene un onere “deducibile” dal reddito d’impresa, insieme al costo del bene cui l’IVA stessa si riferisce.

Imposte sui redditi e IVA
Imposte sui redditiIVA
Indeducibili con qualche eccezione in merito all’IRAPIndeducibile (ad eccezione dell’IVA indetraibile).
Non è altresì deducibile la maggiorazione dell’1% dovuta in caso di liquidazione IVA trimestrale (comma 11 art. 66 D.l. n. 331/1993)

IMU e TASI degli immobili strumentali

L’IMU, relativa agli immobili strumentali, può essere dedotta ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni nella misura del 20% dell’importo versato.

Riguardo alla TASI, invece, il legislatore non pone alcuna limitazione alla deduzione, con la conseguenza che l’onere sostenuto è deducibile nella misura del 100% di quanto versato.

Deducibilità IMU e TASI immobili strumentali
IMUTASIPrincipio di deducibilità
20%100%Cassa
(per entrambi i tributi)

 
La tabella che segue riporta i soggetti che possono beneficiare della deduzione e i soggetti esclusi.
 

Soggetti ammessi/esclusi
Soggetti ammessiSoggetti esclusiNote
–      tutte le società di capitali;
–      gli enti;
–      gli esercenti attività d’impresa, inclusi gli imprenditori individuali;
–      le società di persone;
–      gli enti non commerciali in relazione ai beni immobili per l’attività commerciale esercitata;
–      i soggetti in contabilità semplificata;
–      gli esercenti arti e professioni.
–      imprese (e/o professionisti) che assolvono l’IMU su beni immobili non strumentali (es. immobili patrimonio);
 
–      imprese e professionisti che detengono l’immobile al di fuori della sfera imprenditoriale o soggetti che operano in regime forfettario.
Quindi, ad esempio il lavoratore autonomo, che ha estromesso l’ufficio nel 2015, non potrà considerare deducibile il 20% dell’IMU 2015 pagata, anche se effettivamente utilizza l’immobile per l’attività, in quanto il soggetto detiene l’immobile al di fuori della sfera professionale ossia in qualità di privato.
Il soggetto che opera in regime forfettario non può beneficiare della deduzione poiché in linea generale egli non è ammesso a dedurre i costi inerenti l’attività ad esclusione degli oneri previdenziali ed assistenziali assolti per disposizione di legge.
È, altresì esclusa la deducibilità dell’IMU relativa agli immobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione o all’impresa commerciale e all’uso personale o familiare del contribuente (Circolare n. 10/E/2014). La TASI, invece, può essere dedotta nella misura del 50% in caso di uso promiscuo.

 
Le altre imposte e tasse

Di seguito una tabella riepilogativa delle altre imposte e tasse deducibili.

Imposte sui redditi e IVA 
DeducibiliPrincipio di deducibilitàNote
Imposta di registroCassaSe l’imposta di registro ha valenza pluriennale, allora occorre capitalizzarla (ad esempio nel caso di acquisto di azienda). Nel caso di acquisto di un bene immobile (es. terreno o fabbricato) è imputata come onere accessorio.
Diritto cameraleCassa
TARI (tassa sui rifiuti)Cassa
Occupazione aree pubblicheCassa
Imposta di bolloCassa
Tassa di concessione governativaCassa
Imposta sostitutiva sulle operazioni di finanziamentoCompetenza
(Circolare n. 36/E/2000)
Le imposte sostitutive (es. imposta sostitutiva del regime forfettario) in genere sono “indeducibili”, salvo che lo stesso legislatore ne disponga esplicitamente la loro deducibilità
Accise prodotti petroliferiCompetenza
(Risoluzione n, 182/E/2001)
AntitrustCompetenza
(Risoluzione n, 182/E/2001)
Imposta di pubblicitàCassa
Imposte da condonoNon deducibili
Imposte da rivalutazioneNon deducibiliSalvo che lo stesso legislatore ne disponga esplicitamente la loro deducibilità
Tassa sui contratti di borsaCompetenza

 
Le sanzioni

In merito alla deducibilità dal reddito d’impresa, a differenza che delle imposte e delle tasse, per le sanzioni amministrative non è previsto uno specifico riferimento normativo.

Mancando un riferimento normativo, occorre, quindi, avere riguardo al principio generale dell’inerenza al reddito d’impresa per desumerne la possibilità o meno di deduzione. Volendo richiamare la prassi, l’Agenzia delle Entrate si è sempre espressa nella direzione della “indeducibilità” giustificando tale orientamento con la natura funzionale delle stesse sanzioni: “la natura afflittiva delle sanzioni verrebbe svilita qualora fosse riconosciuta la loro deducibilità nella determinazione del reddito d’impresa” (Risoluzione n. 89/E/2001). L’Amministrazione ha riconfermato tale posizione nella successiva Circolare n. 42/E/2005 sostenendo che le sanzioni mancano di qualunque nesso funzionale con l’attività aziendale, rispondendo per definizione ad una finalità repressiva e preventiva del comportamento illecito che esula dalla sfera imprenditoriale.

In altre parole, poiché, la sanzione (anche da ravvedimento operoso) è volta a punire una violazione tributaria del contribuente, l’Agenzia delle Entrate non ne ammette la conseguente deducibilità. Si ritengono, invece, ammessi in deduzione gli interessi dovuti.

Sanzioni ed interessi
Sanzioni (anche da ravvedimento)Interessi (anche da ravvedimento)
NON DEDUCIBILIDEDUCIBILI
Si potrebbe eccepire il principio dell’inerenza almeno per quanto riguarda le sanzioni comminate in seguito a violazioni che sono state commesse “per lo svolgimento dell’attività” (si pensi ad esempio ad una sanzione comminata all’imprenditore per infrazioni del codice stradale mentre si stava facendo una consegna ad un cliente). In tal caso la sanzione si potrebbe ritenere deducibile.

Contabilizzazione INAIL e ferie e permessi non goduti in bilancio

Su Expertup e’ stato creato il conto acconti INAIL (160.13.110) inserito con collegamento automatico in bilancio.

Bilancio 31/12 registrazione

Bilancio 01/01 registrazione ferie

E’ importante che si vedano gli acconti e i debiti esistenti




COMPETENZE ARRETRATE
Le competenze arretrate pagate ai dipendenti, derivanti dal rinnovo del contratto di lavoro, avente efficacia in parte retroattiva, sono imputabili all’esercizio nel quale si perfeziona il nuovo contratto, in base al quale si realizza il requisito della certezza del personale a godere di un diverso trattamento economico, a nulla rilevando quanto previsto all’art. 14.4/600 e all’art. 2423-bis n. 4 c.c. (R.M. 9/167 del 21.3.81).
OMESSO VERSAMENTO RITENUTE
Il datore di lavoro, che versi in situazione di difficoltà economica ed omette di corrispondere la retribuzione ai lavoratori e di versare i contributi previdenziali, è penalmente responsabile (Cass. Penale n. 2884/2001).
ASSICURAZIONI INFORTUNI DIPENDENTI
Le assicurazioni sugli infortuni, quando sono stipulate per coprire i rischi che possono derivare dall’attività lavorativa, non costituiscono vantaggi imponibili, essendo direttamente ed esclusivamente stipulate a tutela delle responsabilità del datore di lavoro (beneficiario); esse, quindi, rilevano esclusivamente come costo deducibile inerente all’attività dell’impresa. Nel caso in cui l’impresa devolva volontariamente parte o tutta la somma ricevuta a favore del lavoratore, dovrà assoggettarla a tassazione (Ris. A.E. n. 200/E del 4.12.01).
Quando invece sono stipulate per coprire anche o esclusivamente il rischio di infortuni extralavorativi costituiscono benefici tassabili in capo al dipendente, con possibilità di beneficiare delle detrazioni previste.
PREMIO INCENTIVANTE (c.e.: B.9)
C.c. – Possono verificarsi due casi (vedi anche P.C. n. 29):
la quantificazione del premio, avviene dopo la data di chiusura dell’esercizio, ma prima della data di predisposizione del bilancio – l’importo del premio deve essere recepito in bilancio;
la quantificazione avviene in data successiva – dovrà essere inserita in bilancio una stima del premio.
Fisco – L’erogazione del premio diventa certa solo con la delibera del C.d.A. che dispone l’assegnazione; manca quindi il requisito della certezza richiesto dall’art. 75. Anche la quantificazione viene spesso resa possibile solo nell’esercizio successivo. Per questi motivi l’A.F. ha ammesso la deducibilità solo nell’esercizio successivo a quello di competenza.
Con sentenza n. 2892 del 7.12.01 la Cass. ha invece ritenuto che il termine entro cui devono manifestarsi i requisiti dei cui all’art. 75 (certezza e determinabilità) è la redazione e presentazione della dichiarazione dei redditi. Poiché certezza e determinabilità si manifestano prima di dette scadenze, i premi sarebbero interamente deducibili nell’esercizio in chiusura.
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
Vedi: Trattamento di fine rapporto.
ANTICIPI AI DIPENDENTI SUL TFR
Gli anticipi su Tfr pagati ai dipendenti vanno detratti direttamente dal conto Trattamento di fine rapporto.
PRESTITI A DIPENDENTI O COLLABORATORI (non amministratori)
I prestiti rappresentano crediti dell’impresa da inserire alla voce C.II.5 Crediti verso altri. Costituisce beneficio tassabile in capo al dipendente o collaboratore il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato al dipendente o collaboratore. In caso di licenziamento in corso d’anno il datore di lavoro farà riferimento al tasso vigente al momento di effettuazione del conguaglio.
SOMME EROGATE A SEGUITO DI TRANSAZIONE GIUDIZIALE (o diretta con l’Istituto)
Le somme erogate ai dipendenti in sede di transazione e conciliazione, collegate o collegabili all’intercorso rapporto di lavoro, dovrebbero essere deducibili nell’esercizio in cui si verifica la condizione della certezza del debito (art. 75.1); occorre però tenere presente che lo stesso articolo pone anche la competenza, come condizione essenziale per la deducibilità. E’ necessario quindi fare delle distinzioni.
1) Somme pagate per adeguamento dello stipendio rispetto ai minimi contrattuali, per il riconoscimento di un diverso livello retributivo o di lavoro prestato al di fuori delle ore ordinarie, per il riconoscimento dello status di lavoratore dipendente, per la richiesta di danni conseguenti l’illegittimo o l’ingiustificato licenziamento, ecc.: reddito per il dipendente e costo (sopravvenienza passiva) deducibile per l’impresa.
2) Somme pagate a seguito di azione giudiziale sfumata, che appare prevalentemente una ripicca: come 1).
3) Somme pagate per chiudere una azione giudiziale iniziata per uno qualsiasi dei motivi di cui ai punti precedenti, ma che dal verbale di conciliazione appaiono versate come liberalità: non imponibili in capo al beneficiario e non deducibili per l’impresa.
4) Somme pagate a titolo di risarcimento di danni non patrimoniali o morali: non tassabili in capo al beneficiario e deducibilità da verificarsi di volta in volta per l’impresa. Fiscalmente la competenza si verifica al momento di perfezionamento dell’accordo, ma civilisticamente c’è obbligo di accantonare una somma già dall’inizio dell’azione.
CONTRIBUTI INPS DIPENDENTI NON VERSATI
Se sono stati accertati mancati versamenti di contributi previdenziali e assistenziali per i dipendenti, occorre distinguere:
i contributi sono deducibili ai fini Irpeg ed indeducibili ai fini Irap (salvo: contributi Inail, contributi per apprendisti e 70% contributi per contratti formazione lavoro );
gli interessi sono deducibili ai fini Irpeg ed indeducibili ai fini Irap;
le sanzioni sono indeducibili ai fini Irpeg ed Irap.
INDENNITA’ DI TRASFERTA E RIMBORSI SPESE
Le indennità di trasferta e i rimborsi spese consistono in somme erogate al dipendente che viene inviato in trasferta, ovvero è destinato occasionalmente e temporaneamente a svolgere le proprie mansioni in luogo diverso da quello in cui si trova la sua sede abituale di lavoro, al fine di compensarlo del sacrificio e degli oneri sostenuti.
I rimborsi, per essere deducibili, devono essere suffragati da preventiva autorizzazione nella quale devono essere indicati:
a. il motivo della trasferta (es. per visita a clienti e/o fornitori),
b. il mezzo usato;
c. le modalità ed i parametri di calcolo del rimborso.
L’autorizzazione consiste in un verbale di assemblea o di consiglio, per le società di capitali, in una lettera di incarico, nelle società di persone. E’ sufficiente una singola autorizzazione preventiva: in questo senso la C.T.R. del Friuli Venezia Giulia con le sentenze 130/6/01 e 131/6/01 depositate il 15.11.01.
E’ necessaria anche una nota spese nonché la ricevuta del rimborso spese (C.M. 16.7.98 n. 188).
I rimborsi spese vanno innanzitutto distinti in base all’ambito territoriale e cioè per trasferte effettuate:
nello stesso comune in cui opera l’azienda;
fuori dal comune in cui ha sede l’azienda.
TRASFERTE NEL COMUNE dove si trova la sede di lavoro del dipendente o amministratore – I relativi rimborsi sono imponibili in capo al dipendente/amministratore, con l’unica eccezione delle spese di trasporto (taxi, mezzi pubblici) comprovati da documentazione rilasciata dal vettore (art. 48.5; R.M. 16.7.02 n. 232).
TRASFERTE FUORI DAL TERRITORIO COMUNALE – Sono considerate tali le trasferte in un Comune diverso da quello in cui si trova la sede abituale di lavoro e da esso distante almeno 10 Km. Per tali tipi di trasferte sono previsti tre metodi di rimborso/indennizzo differenziati, con i relativi trattamenti fiscali.
1) Rimborso a pie’ di lista o analitico: si ha quando le spese documentate e riassunte in un’apposita nota spese vengono analiticamente rimborsate dal datore di lavoro. Tali somme, in linea di massima, non costituiscono reddito tassabile per il lavoratore dipendente / amministratore.
Può trattarsi di spese di:
vitto e/o alloggio – (art. 62.1-ter Tuir) cumulativamente sono deducibili per l’impresa nel limite massimo giornaliero di € 180,75 per trasferte nazionali o € 258,22 per trasferte all’estero (spese sostenute da dipendenti o da collaboratori);
altre spese documentabili o meno (es. lavanderia, telefono, mance, parcheggio, ecc.): sono interamente deducibili per l’impresa; non sono imponibili in capo al dipendente fino € 15,49 per trasferte in Italia, o € 25,82 per trasferte all’estero.
Documentazione necessaria per la deducibilità dei rimborsi:
lettera d’incarico,
nota spese del dipendente (deve contenere anche il dettaglio di eventuali “altre spese non documentabili”),
pezze giustificative delle spese sostenute (fatture, ricevute fiscali, scontrini, biglietti aerei, ferroviari, pedaggi autostradali,…) ovviamente recanti date e orari concordanti con la lettera d’incarico. Il documento deve essere intestato al dipendente o alla società (con indicazione anche del nominativo del dipendente). La condizione indispensabile per la deducibilità delle spese comprovate da documento non intestato (es. scontrino fiscale) è che le stesse risultino sostenute nel luogo e nei tempi della trasferta e siano inserite nella nota riepilogativa (C.M. 188/98).
2) Rimborso forfetario: è un’indennità prestabilita corrisposta a prescindere dalle spese effettivamente sostenute dal dipendente. Le indennità forfetarie non sono imponibili in capo al dipendente entro il limite di:
€ 46,48 al giorno per trasferte in Italia,
€ 77,47 al giorno per trasferte fuori confine,
al netto delle spese di viaggio e trasporto sostenute e documentate.
Tali limiti valgono per intero anche se la missione viene portata a termine in meno di una giornata o non comporti il pernottamento del dipendente (C.M.23.12.97 n. 326/E).
Per l’impresa le indennità corrisposte sono deducibili senza limite.
E’ necessaria la lettera d’incarico, ma non serve documentare le spese sostenute, se non quelle di viaggio e trasporto nel caso in cui, sommate all’indennità corrisposta, si superano i suddetti limiti di esenzione.
3) Rimborso misto: le indennità forfetarie nei limiti degli importi previsti per il rimborso forfetario vengono ridotte di 1/3 qualora l’azienda rimborsi al dipendente o le spese di vitto o le spese di alloggio; se l’azienda rimborsa al dipendente entrambe le spese in forma analitica, gli importi vengono ridotti di 2/3.
RIMBORSO SPESE DI VIAGGIO E DI TRASPORTO
Se afferenti a spese autorizzate e documentate, anche se sotto forma di indennità chilometrica:
non costituiscono mai reddito in capo al dipendente / amministratore cui vengono rimborsate,
sono deducibili per l’impresa.
Nota: le spese di trasporto (taxi, mezzi pubblici, auto a noleggio) sono assimilate a quelle di viaggio.
Vedere anche la R.M. 23.3.99 n. 54/E.
Nel caso di viaggi e trasporti in AUTO, se il dipendente utilizza un’auto per la trasferta, la deduzione per l’impresa delle relative spese è limitata in misura differente a seconda che il veicolo sia:
di proprietà del dipendente – al dipendente spetta il rimborso da tabelle ACI relative alla propria auto; la società potrà dedurre il costo di percorrenza fissato nel tariffario ACI per autoveicoli di potenza non superiore ai 17 c. f. (benzina) o ai 20 c. f. (diesel);
preso a noleggio dal dipendente – al dipendente spetta il rimborso della spesa sostenuta indipendentemente dall’auto usata; la società potrà dedursi la spesa corrispondente alla tariffa di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore ai 17 c. f. (benzina) o ai 20 c. f. (diesel);
di proprietà dell’impresa (o acquisito in leasing – noleggio) –
se non è dato in uso promiscuo al dipendente, limite di deduzione = 50% dei costi;
se è dato in uso promiscuo al dipendente, l’impresa si deduce il 100% dei costi (in capo al dipendente si imputa un beneficio tassabile convenzionale di 4500 Km annui desumibile dalle tariffe ACI)
PRESTITO / DISTACCO DEL PERSONALE PRESSO TERZI
Il distacco/prestito del personale è ammesso se temporaneo, non definitivo, e posto in essere nell’interesse del datore di lavoro distaccante. Il prestito/distacco non modifica lo stato giuridico del dipendente, né dà luogo alla nascita di un nuovo diverso rapporto di lavoro; pertanto continuano a gravare sulla società distaccante, titolare del rapporto di lavoro, tutti gli obblighi gestionali ed amministrativi concernenti il dipendente (retribuzioni, contributi, previdenza, amministrazione, aspetti fiscali, ecc.) che costituiscono costi di esercizio deducibili ai fini del reddito d’impresa.
Iva: il rimborso ricevuto dall’impresa distaccante è fuori campo Iva ai sensi dell’art. 8.35 L. n. 67/98 per la parte riferita al costo vero e proprio del personale distaccato (stipendi netti, oneri previdenziali, ritenute fiscali). La parte eccedente viene considerata compenso per la messa a disposizione di un proprio prestatore d’opera e come tale soggetta all’aliquota Iva del 20%. Quando il prestito del personale avviene tra un soggetto residente ed uno estero si possono delineare le seguenti fattispecie:
soggetto distaccante residente, soggetto distaccatario non residente, senza stabile organizzazione nello Stato: l’operazione è per l’intero importo fuori campo Iva (art. 7.4 lett. d), DPR 633);
soggetto distaccante non residente (con propria posizione Iva in Italia), soggetto distaccatario residente: l’operazione è fuori campo ai sensi dell’art. 8.35 L. n. 67/98 per la parte considerata rimborso dei costi, soggetta ad Iva con aliquota ordinaria del 20% per la parte che eccede il puro rimborso;
soggetto distaccante non residente (senza propria posizione Iva in Italia), soggetto distaccatario residente: il distaccatario residente deve procedere all’emissione di una autofattura ai sensi dell’art. 17.3 del Dpr 633/72 considerando fuori campo ai sensi dell’art. 8.35 Legge n. 67/98 solo la parte considerata rimborso dei costi ed assoggettando ad Iva 20% il residuo.
R.A.E. n. 346 del 5.11.02 – Il prestito di personale è soggetto ad Iva se si inquadra nel contesto di una prestazione complessa (es. affitto di macchinari e prestito del personale); l’intero corrispettivo è soggetto ad Iva.
Imposta di registro: la convenzione posta in essere tra distaccante e distaccatario sconta l’imposta di registro in termine fisso; se sono concluse tramite scambio di corrispondenza, solo in caso d’uso.
Irap: sia i rimborsi ricevuti dal distaccante, sia l’onere sostenuto dal distaccatario, non concorrono alla formazione della base imponibile.
R.a.: Non sono assoggettabili a r.a. Irpef i redditi di lavoro dipendente, i fringe benefit (auto aziendale, abitazione ecc.) e i rimborsi spese percepiti da personale estero distaccato in Italia e ivi tassato (anche se erogati direttamente dalla distaccataria residente) Ris. Direzione Regionale Veneto n. 23753 del 15.6.01.
ã Lavoro interinale – Vedi paragrafo: Lavoro interinale.
DIPENDENTI CHE LAVORANO ALL’ESTERO
I dipendenti che lavorano all’estero pur conservando la residenza in Italia, hanno diritto al recupero delle imposte pagate all’estero sotto forma di credito di imposta (R.A.E. 18.1.2002 n. 12).
TRASFERTISTI ( Art. 48.6 ora 51)
Si tratta dei lavoratori tenuti per contratto a svolgere le proprie prestazioni in luoghi sempre diversi e per i quali, mancando una sede fissa di lavoro, non è possibile parlare di trasferta. Le indennità o maggiorazioni di retribuzione attribuite loro contrattualmente per tutti i giorni retribuiti, non sono legate alla effettuazione o meno di una trasferta. Tali indennità o maggiorazioni di retribuzione sono imponibili, sia ai fini fiscali che previdenziali, nella misura del 50% del loro ammontare.
OMAGGI AI DIPENDENTI
Ai fini delle imposte sui redditi – Gli omaggi a dipendenti non si configurano come spese di rappresentanza, bensì come costi del personale la cui deducibilità va analizzata alla luce degli art. 48, 62 e 65.
Interamente deducibili per l’impresa ex art. 62.1; non costituiscono reddito per il dipendente.
I costi sono deducibili se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni (art. 48.2 lett. b):
gli omaggi sono fatti in occasione di ricorrenze o festività, riguardanti l’azienda e/o i dipendenti;
sono rivolti alla generalità o a categorie di dipendenti (la C.M. 326/97 precisa che categoria deve essere inteso in senso lato, quindi anche tutti i dipendenti che si sposano, ai quali nasce un figlio, ecc);
il valore normale complessivo annuo non supera € 258,23; se supera tale tetto, l’eccedenza viene tassata come benefit.
I sussidi occasionali sono deducibili e non tassabili in capo ai dipendenti (art. 48.2 lett. b), indipendentemente dal valore, se sono concessi:
in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente;
a favore dei dipendenti vittime dell’usura;
a favore dei dipendenti ammessi a godere delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguiti a seguito di rifiuto opposto a richieste estorsive.
Gli omaggi aventi carattere eccezionale sono considerati fringe benefit e, come tali, non sono imponibili se cumulativamente nell’anno l’ammontare di tutti i fringe benefit non supera € 258,23, in caso contrario è tassabile l’intero l’importo e non solo l’eccedenza (art. 48.3).
Deducibili entro il limite del 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente ex art. 65.1, se rientrano tra le spese ricreative (es. brindisi augurali e pranzi sociali; in questo senso C.T.C. Sez. XII dec. n. 2662 del 25.5.94);
Ai fini IVA – La R.M. n. 666305 del 16.10.90 ha disposto l’indetraibilità dell’Iva sugli acquisti di beni non oggetto dell’attività omaggiati ai dipendenti. Pur essendoci delle interpretazioni contrarie, si consiglia di considerare l’imposta indetraibile e, di conseguenza, la corrispondente cessione fuori campo Iva ex art. 2.2 n. 4.
Al contrario, la cessione di beni oggetto dell’attività è sempre soggetta ad Iva.
Ai fini previdenziali: vale quanto previsto ai fini fiscali.
Valore normale – Per valore normale si intende il prezzo mediamente praticato per i beni ed i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.
Per le aziende che effettuano cessioni ai grossisti si dovrà fare riferimento al prezzo medio praticato ai grossisti, sulla base di eventuali listini, senza tener conto degli sconti d’uso.
SERVIZIO DI TRASPORTO
Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente e sono deducibili per l’impresa le spese per i servizi di trasporto – collettivo, – reso alla generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti, – per il trasferimento dalla abitazione (o centro di raccolta) al luogo di lavoro, – purché il servizio sia effettuato direttamente dall’impresa o – appaltato a terzi, purché il dipendente resti estraneo al rapporto con il vettore. Nulla vieta che il dipendente concorra in parte al costo del servizio (Assonime circ. 25/98; C.M. 326/97).
AZIONI AI DIPENDENTI – “STOCK OPTIONS”
Se l’assegnazione delle azioni è rivolta alla generalità dei dipendenti o a determinate categorie di dipendenti (ex art. 48 lett. g) il valore delle azioni stesse, fino ad un massimo di € 2.065,83 per periodo d’imposta (che operano come una franchigia), non concorre a formare reddito da lavoro dipendente.
La non imponibilità è esclusa qualora, prima del decorso di tre anni dalla assegnazione vengano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o cedute (Ris. n. 3/E dell’8.1.02).
Se, invece, i piani di stock option sono individuali, rivolti, cioè, a determinati dipendenti (art. 48 lett. g-bis) l’importo che concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente è la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e quanto effettivamente corrisposto.
La non imponibilità è esclusa qualora il dipendente sia titolare di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria, di partecipazioni al capitale o al patrimonio superiori al 10%.

Diritti camerali e deduzione per cassa

TCG per cassa

Negli ultimi mesi le aziende stanno ricevendo numerosi atti di recupero relativi a carenti od omessi versamenti dei diritti camerali di annualità passate. Supponendo che tali richieste siano legittime, si pone il problema di valutarne la deducibilità ai fini fiscali, ragionando sia in termini di criterio applicabile (cassa o competenza), sia in termini di certezza e di determinabilità oggettiva dell’ammontare.

Le due questioni sono ovviamente tra loro antitetiche, nel senso che, ove si reputi che tali diritti siano deducibili per cassa, appare del tutto irrilevante l’analisi sulla certezza e sulla oggettiva determinabilità.

L’articolo 99 del TUIR disciplina le regole di deduzione applicabili agli oneri fiscali e contributivi e, al secondo periodo del comma 1 prevede che le altre imposte [cioè quelle diverse dalle imposte sui redditi e dal quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa] sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento. La dottrina tradizionale definisce:

  • l’imposta come un prelievo connesso alla esistenza di una capacità contributiva,
  • mentre la tassa come un prelievo tributario ritenuto necessario a fronte di una prestazione resa da una pubblica amministrazione.

Il tenore letterale della norma è riferito esclusivamente alle imposte, ma è ormai opinione comune che sia più corretto riferire il termine utilizzato alla più ampia categoria dei tributi.

Pertanto, sempre secondo le più diffuse elaborazioni della dottrina, divengono deducibili per cassa tutti i tributi per i quali si porrebbe concretamente un problema di riferibilità a periodo, in quanto non direttamente imputabili a beni e servizi o non autonomamente “correlabili” a ricavi. Così, ad esempio, l’imposta di registro sui canoni di locazione, pagata in via anticipata per l’intera durata contrattuale, andrebbe dedotta per cassa (in quanto non riferibile direttamente ad alcun ricavo), così come la tassa di concessione governativa per la vidimazione dei libri sociali.

Diversamente, seguirebbero:

  • il principio di competenza le imposte di bollo o sostitutive sui finanziamenti sopportate dagli enti creditizi, in quanto riaddebitate alla controparte (quindi correlate ai ricavi),
  • piuttosto che le imposte di fabbricazione sui prodotti per le compagnie petrolifere,
  • le imposte di consumo ed i diritti doganali (considerati quali onere accessori di diretta imputazione al costo dei beni)
  • o le imposte d’atto qualora “cumulabili” con il costo di acquisto dei beni.

Ad esempio, dunque, ove si corrisponda imposta di registro per l’acquisto di un immobile strumentale, il tributo viene capitalizzato sul costo del bene e la deduzione dello stesso avviene sotto forma di quote di ammortamento.

Fatte queste considerazioni generali, proviamo ad analizzare il caso del diritto camerale, affermando, innanzitutto, che il medesimo non possa essere ritenuto quale remunerazione diretta di un servizio, posto che il pagamento risulta dovuto anche in caso di completa assenza di qualsivoglia prestazione a favore del soggetto.

Se si condivide tale inquadramento, si può svolgere un ulteriore passo nel ragionamento per riscontrare l’assoluta indipendenza della voce rispetto ai ricavi prodotti dal soggetto, con la conseguente impossibilità di individuare qualsiasi collegamento con i ricavi prodotti. Quindi, non resterebbe che la soluzione “residuale” di utilizzare il criterio di deduzione per cassa.

Se, viceversa, si volesse attribuire al diritto camerale la funzione di remunerazione di un ipotetico servizio (tesi che a noi pare assai problematica), si dovrebbe privilegiare la deduzione per competenza. Ne deriverebbe, pertanto, la indeducibilità dei pagamenti avvenuti in esercizi diversi rispetto a quello di riferimento, poiché l’effettivo importo poteva essere tranquillamente determinato dal soggetto, secondo le prescrizioni legislative vigenti.

Nell’una e nell’altra ipotesi, invece, resterebbero non deducibili (nell’ottica ormai consolidata della amministrazione finanziaria) le eventuali sanzioni addebitate per il ritardo.