Registraz. EXPERTUP Minimi Forfettari, INTRASTAT

Registrazione MINIMI/FORFETTARI/PRESTAZIONI OCCASIONALI CON RITENUTA

Se Ditta e SI VUOLE REGISTRARE UN ACQUISTO: Codice causale 21 e il tipo bene 556 e (regimi agevolati) poi codice IVA 801 (se forfettari) o 800 (regime dei minimi).

Se fattura da professionisti Professionisti Codice causale 140 e il tipo bene 556 e poi codice IVA 801 (se forfettari) o 800 (regime dei minimi)

Se si vuole registrare una VENDITA DA FORFETTARI TIPO BENE 556 E CODICE IVA 081 OVVERO 080 (CONTRIBUENTI MINIMI)

PRESTAZIONI OCCASIONALI

CODICE CAUSALE 140 (DA PROFESSIONISTI CON RITENUTA), TIPO BENE 140, CAUSALE IVA 707 (se manca il carattere della abitualità), 

INTRASTAT

Se si vuole registrare fatture da CEE ovvero estero per MODELLO INTRA CON PRESENTAZIONE MOTIVI STATISTICI

CAUSALE CONTABILE 34

TIPO BENE INTRA CEE

001 merci c/acquisti
101 merci destinati alla rivendita
017 prestazione servizi esteri

217 PRESTAZIONE DI SERVIZI NAZIONALI ITALIA

CODICE IVA INTRA CEE

322 MERCI CEE

422 SERVIZI CEE

La decadenza non osta all’adesione per l’errore sulla competenza fiscale – adesione se si sbaglia la competenza

La prassi è ormai consolidata nell’ammettere l’accertamento con adesione (lo stesso vale per la conciliazione giudiziale) onde effettuare una sorta di “compensazione” tra imposte laddove la contestazione riguardi l’errata imputazione a periodo delle componenti reddituali.

Il caso classico è il disconoscimento del costo per deduzione nell’anno non di competenza, contestazione dalla quale sorge il diritto al riconoscimento delle maggiori imposte pagate per effetto della mancata deduzione di quello stesso costo nell’anno corretto (circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2010 n. 23). Lo stesso, ovviamente, vale per i componenti positivi di reddito (circ. Agenzia delle Entrate 20 settembre 2012 n. 35, § 1.4), e, in generale, per tutte quelle contestazioni dalle quali scaturisce una doppia imposizione (si pensi al disconoscimento delle quote di ammortamento, o alla deduzione degli accantonamenti e così via).

Il principio, di recente, è stato ritenuto operante per la dichiarazione di una sopravvenienza connessa a un precedente recupero del costo per mancanza di certezza (Cass. 14 giugno 2023 n. 17068).
Sintetizzando, se il contribuente viene raggiunto da un accertamento sull’anno X per deduzione del costo in violazione della competenza, si può stipulare un atto di adesione in cui il recupero viene neutralizzato in ragione del riconoscimento delle maggiori imposte pagate, a seconda dei casi, in anni successivi o antecedenti a quello accertato.

Vale la pena ricordare che in questo caso la riduzione delle sanzioni a 1/3 del minimo ex art. 2 comma 5 del DLgs. 218/1997 non avviene sul 90%, ma, a seconda dei casi e ai sensi dell’art. 1 comma 4 del DLgs. 471/97:
– sul 60% del minimo, in quanto la violazione base se si tratta di errata imputazione a periodo, è quella del 90% ridotta di un terzo;
– su 250 euro, quando la violazione non ha causato nessun danno all’Erario.

Poi, se il tutto origina da una violazione della sola legge fiscale (la classica variazione in aumento non effettuata) e sono stati osservati i corretti principi contabili, la violazione non sarebbe proprio punibile ai sensi dell’art. 6 comma 1 del DLgs. 472/97, ma si tratta di una causa di non punibilità completamente posta nell’oblio dagli uffici finanziari (nonostante il chiarissimo dettato contrario della C.M. 180/1998sub art. 6).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, una siffatta “compensazione” può avvenire solo su accordo con l’Agenzia delle Entrate e non può essere disposta dal giudice (Cass. 23 aprile 2020 n. 8068).
La menzionata “compensazione” deve poter avvenire quand’anche l’anno in cui le imposte siano state pagate in eccesso sia ormai decaduto, per un motivo tanto semplice quanto intuitivo: non si sta accertando quell’anno ma si stanno riconoscendo imposte che comunque il contribuente potrebbe chiedere a rimborso.

Supponiamo che l’Erario disconosca le quote di ammortamento sulla base del fatto che il bene non avrebbe dovuto essere capitalizzato e che, quindi, il costo avrebbe dovuto essere dedotto per intero nell’anno in cui è stata (impropriamente) dedotta la prima quota di ammortamento. In un caso del genere, l’anno in cui il costo avrebbe potuto essere dedotto ben può essere formalmente decaduto.

Dubbio se il giudice possa applicare la compensazione

Il rimborso, infatti, non è quello disciplinato dall’art. 38 del DPR 602/73 (con dies a quo ancorato al momento del pagamento, addirittura secondo l’opinione maggioritaria degli acconti e non del saldo) ma è quello dell’art. 21 del DLgs. 546/92 (con dies a quo ancorato al momento in cui la pretesa è definitiva). In questo senso si sono espresse la circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2010 n. 23 e, per tutte, la pronuncia della Cassazione 22 febbraio 2022 n. 5696.

Anzi, secondo varie sentenze se si forma il giudicato sul recupero per violazione della competenza fiscale le imposte possono essere chieste entro la prescrizione decennale (Cass. 17 aprile 2023 n. 10126, Cass. 22 settembre 2022 n. 27818).
In ragione di quanto esposto, non ci sarebbe motivo di negare l’adesione adducendo una supposta “decadenza” dell’annualità interessata.
Così facendo, si costringerebbe il contribuente ad azionare la procedura di rimborso, in violazione con il principio di economia procedimentale.

Barriere Architettoniche 75%

Per il bonus eliminazione barriere architettoniche al 75% ex art. 119-ter del DL 34/2020, il blocco degli sconti e delle cessioni disposto dall’art. 1 comma 4 del DL 39/2024 segue a distanza di pochi mesi quello che era stato previsto dall’art. 3 comma 2 del DL 212/2023.

Questo bonus era stato invece integralmente “graziato” dal blocco che era stato disposto dal comma 1 dell’art. 2 del DL 11/2023, in forza della deroga prevista dal comma 1-bis del medesimo art. 2. Tenendo conto che, tanto per il “primo” blocco ex DL 212/2023, quanto per il “secondo” blocco ex DL 39/2024, vengono previste norme di salvaguardia per le spese che derivano da situazioni già in essere alla data dei rispettivi blocchi, il quadro applicativo che viene a delinearsi risulta alquanto articolato, fermo restando che è possibile distinguere principalmente tre ambiti temporali:
– quello dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023;
– quello dal 1° gennaio 2024 al 30 marzo 2024;
– quello a decorrere dal 31 marzo 2024.

Per le spese sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023 l’esercizio delle opzioni di sconto e cessione è sempre possibile.

Per le spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 30 marzo 2024, l’esercizio delle opzioni di sconto e cessione è possibile in due casi.
Per quanto riguarda il primo, le spese devono riguardare interventi aventi per oggetto scale, rampe, ascensori, servoscala o piattaforme elevatrici ed essere sostenute da:
– condomini a prevalente destinazione abitativa, in relazione alle parti comuni dell’edificio;
– persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, determinato ai sensi del comma 8-bis.1 dell’art. 119 del DL 34/2020 (il requisito reddituale non si applica se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata ai sensi dell’art. 3 della L. 104/92).

Nel secondo caso, l’esercizio delle opzioni è possibile, se sono spese che si riferiscono a interventi diversi dai precedenti (in quanto aventi per oggetto, ad esempio, infissi o servizi, oppure in quanto sostenute da soggetti diversi da condomini a prevalente destinazione abitativa o persone fisiche), solo a condizione che dette spese derivino da:
– interventi per i quali risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo ante 30 dicembre 2023;
– interventi in regime di “edilizia libera” che, ante 30 dicembre 2023, risultino già iniziati, oppure relativamente ai quali, laddove non già iniziati, sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.

Per le spese sostenute a decorrere dal 31 marzo 2024 l’esercizio delle opzioni è possibile in due casi.
Nel primo, se sono spese per interventi aventi per oggetto scale, rampe, ascensori, servoscala o piattaforme elevatrici e sono sostenute da condomini a prevalenza residenziale, in relazione alle parti comuni dell’edificio, oppure da persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, determinato ai sensi del comma 8-bis.1 dell’art. 119 del DL 34/2020 (il requisito reddituale non si applica se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata ex art. 3 della L. 104/92), l’esercizio delle opzioni è possibile a condizione che dette spese derivino da interventi per i quali risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo entro il 29 marzo 2024, oppure, nel caso di interventi in “edilizia libera”, derivino da interventi che, alla medesima data, risultino già iniziati, oppure relativamente ai quali, laddove non già iniziati, sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.

Nel secondo caso, se sono spese per interventi diversi dai precedenti (ad esempio, con oggetti diversi come infissi o servizi, oppure in quanto sostenute da soggetti diversi da condomini a prevalente destinazione abitativa o persone fisiche), l’esercizio delle opzioni è possibile solo a condizione che dette spese derivino da:
– interventi per i quali risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo in data antecedente al 30 dicembre 2023;
– interventi in regime di “edilizia libera” che, in data antecedente al 30 dicembre 2023, risultino già iniziati, oppure relativamente ai quali, laddove non già iniziati, sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.

Barriere Architettoniche – codice 28 e 32

I bonus edilizi, riconosciuti sulle spese sostenute per gli interventi agevolati compresi nell’elenco di cui al co. 2 dell’art. 121 del DL 34/2020, possono essere fruiti dal beneficiario, in alternativa alla modalità “naturale” della detrazione in dichiarazione dei redditi, esercitando le opzioni, di cui all’art. 121 co. 1 del DL 34/2020, per lo sconto sul corrispettivo in fattura applicato dal fornitore, oppure per la cessione a terzi del credito di imposta corrispondente alla detrazione altrimenti spettante (v. “Riqualificazione energetica/Cessione della detrazione e sconto sul corrispettivo“).

Interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche “optabili”

Si evidenzia che:

  • le spese, per interventi di eliminazione di barriere architettoniche, agevolate con il “bonus casa 50%” previsto per gli interventi di recupero edilizio, ai sensi della lett. e) dell’art. 16-bis co. 1 del TUIR, non rientrano di per se stesse nel novero di quelle che possono essere oggetto delle opzioni di cui all’art. 121 del DL 34/2020, fermo restando però che, nella misura in cui detti interventi siano qualificabili, dal punto di vista urbanistico, alla stregua di interventi di manutenzione ordinaria (purché relativi a parti comuni dell’edificio e non a singole unità immobiliari), oppure di interventi di manutenzione straordinaria (potendo in tal caso essere sia relativi a parti comuni dell’edificio, sia a singole unità immobiliari), torna per esse in gioco la possibilità di essere oggetto delle opzioni ex art. 121 del DL 34/2020, in quanto riconducibili ad interventi di cui alla lett. a) del co. 2 dell’art. 121 (in questo caso, sul modello di comunicazione delle opzioni, che deve essere trasmesso telematicamente all’Agenzia delle Entrate, va riportato, nel campo “Tipologia intervento”, il codice identificativo “17”);
  • le spese, per interventi di eliminazione di barriere architettoniche, agevolate con il superbonus, ai sensi dei co. 2 o 4 dell’art. 119 del DL 34/2020, pur non risultando espressamente contemplate nell’elenco di cui al co. 2 dell’art. 121 del DL 34/2020, sono state considerate comunque ricomprese in via interpretativa, dalla prassi ufficiale dell’Agenzia delle Entrate (in questo caso, sul modello di comunicazione delle opzioni, che deve essere trasmesso telematicamente all’Agenzia delle Entrate, va riportato, nel campo “Tipologia intervento”, il codice identificativo “28”);
  • le spese, per interventi di eliminazione di barriere architettoniche, agevolate con il bonus anti-barriere 75%, ai sensi dell’art. 119-ter del DL 34/2020, risultano espressamente contemplate nell’elenco di cui al co. 2 dell’art. 121 del DL 34/2020, in corrispondenza della lett. f-bis) (in questo caso, sul modello di comunicazione delle opzioni, che deve essere trasmesso telematicamente all’Agenzia delle Entrate, va riportato, nel campo “Tipologia intervento”, il codice identificativo “32”).

L’amministratore artigiano e l’INAIL

Una srl artigiana corrisponde all’amministratore un compenso mensile che sconta la contribuzione Inps come gestione separata. Contemporaneamente essendo iscritto all’albo artigiani paga i contributi alla gestione artigiani ed il premio Inail come artigiano secondo la classe di rischio attribuito da Inail. Chiedo se i compensi corrisposti come amministratore devono essere assoggettati a Inail?

Il socio-amministratore “dipendente funzionale” della società che esercita un’attività rischiosa ai sensi dell’articolo 1 DPR 1124/1965 deve essere assicurato. La tutela assicurativa si estende, infatti (art. 4, n. 5, del DPR da ultimo citato), in favore dei soci che svolgono un’attività lavorativa in favore della società medesima con carattere di abitualità, professionalità e sistematicità. Tale rapporto si qualifica come di “dipendenza funzionale”, da intendere come “particolare rapporto di collaborazione tecnica fra il socio e la società di appartenenza, finalizzato al conseguimento di un fine produttivo di beni o servizi.” (v. nota INAIL 27 febbraio 2015, prot. n. 1501). In presenza di attività già assicurata in relazione alla qualità di socio, non rileva lo svolgimento delle funzioni di amministratore. Pertanto: A) per i soci amministratori che lavorano all’interno della società già assicurati all’INAIL si fa riferimento alle retribuzioni convenzionali; B) se il socio amministratore non lavora all’interno della società deve essere assicurato in presenza di rischi che comportino la relativa tutela antinfortunistica ed in presenza di un apposito mandato da parte degli organi sociali (in genere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa). Si rientra in tal caso nell’articolo 5 del decreto legislativo 38/2000 e si fa riferimento ai compensi effettivamente percepiti, rispettando il minimale ed il massimale di rendita.

La correzione delle Li. Pe. nel quadro VH

Entro il prossimo 30.4.2024 deve essere trasmessa telematicamente la dichiarazione annuale Iva 2024, relativa al periodo d’imposta 2023.

Ai fini della compilazione della dichiarazione Iva, occorre tenere presente che la comunicazione della liquidazione Iva relativa al quarto trimestre (Li.Pe.) può essere:

trasmessa separatamente, entro il 29.2.2024, con le regole ordinarie previste per i primi tre trimestri 2023;
inclusa nel modello di dichiarazione annuale Iva 2024 con la compilazione del quadro VP, purché tale dichiarazione sia inviata entro il 29.2.2024;
corretta, integrata o inserita nel quadro VH della dichiarazione annuale Iva 2024, se tale dichiarazione è inviata oltre il 29.2.2024.
Ne deriva che il quadro VH, denominato “Variazioni delle comunicazioni periodiche”, all’interno della dichiarazione annuale Iva, deve essere compilato solo qualora si intenda inviare, integrare o correggere i dati omessi, incompleti o errati delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva (li.pe.).

Nell’ipotesi di compilazione del quadro, occorre indicare tutti i dati richiesti, anche se non da integrare o correggere.

Vale a dire che, se devono essere variati i dati errati di una singola liquidazione periodica Iva, poniamo l’ipotesi relativa ad un unico trimestre, occorre compilare il quadro VH in modo completo, riportando anche l’ammontare dell’acconto dovuto con il codice relativo al metodo utilizzato per la sua determinazione.

Nel caso in cui l’invio, l’integrazione o la correzione, comporti la compilazione senza dati (es. liquidazioni tutte pari a zero e nessun importo in acconto da versare), il quadro VH deve essere comunque presentato, barrando la casella “VH” posta in calce al quadro VL nel riquadro “Quadri compilati”.

Qualora, però, i dati omessi, incompleti o errati, non rientrino tra quelli da indicare nel quadro VH, detto quadro non deve essere compilato.

Poniamo, quindi, l’ipotesi di un mero errore di compilazione dei righi VP2 o VP3, dedicati rispettivamente al totale delle operazioni attive e al totale delle operazioni passive, all’interno di una comunicazione della liquidazione periodica Iva; in tale ipotesi, considerato che l’errore non può essere evidenziato nel quadro VH, detto quadro non deve essere compilato.

Si evidenzia, come indicato dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 104/E/2017, che la correzione o l’integrazione di una comunicazione della liquidazione periodica Iva comporta il pagamento di una sanzione base di 500 euro per l’invio delle LI.PE. oltre i 15 giorni.

In particolare, la sanzione dovuta deve essere versata utilizzando il codice tributo 8911 e l’anno di riferimento (2023).

Si evidenzia, con la seguente tabella, quali sono gli importi dovuti per ravvedimenti oltre i 15 giorni, tenendo presente che il termine finale va computato con riferimento al termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva.

Scadenza Entro 90 giorni
– lett. a-bis) –

Entro invio dichiarazione n
– lett. b) –

Entro invio dichiarazione n+1
– lett. b-bis) –

Oltre 2 anni
– lett. b-ter) –

31.5.2023 55,56 euro (1/9)
entro il 29.8.2023

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2024

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2025

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2029

16.9.2023 55,56 euro (1/9)
entro il 15.12.2023

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2024

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2025

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2029

30.11.2023 55,56 euro (1/9)
entro il 29.2.2024

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2024

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2025

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2029

29.2.2024 55,56 euro (1/9)
entro il 30.4.2024

62,50 euro (1/8)
entro il 30.4.2025

71,43 euro (1/7)
entro il 30.4.2026

83,33 euro (1/6)
entro il 31.12.2030

Nell’ipotesi di regolarizzazione dopo la constatazione della violazione, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 lett. b-quater), D.Lgs. 472/1997, la sanzione è pari a 100 euro (riduzione a 1/5).

Si ricorda, infine, che le comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva 2023 possono essere integrate, corrette e inviate fino alla data di invio, ovvero alla scadenza, della dichiarazione annuale Iva 2024.

Ritenute d’acconto, quando? 2024

Le ritenute a titolo di acconto che i “sostituti di imposta” hanno l’obbligo di effettuare sui redditi corrisposti a talune categorie di persone fisiche percipienti (cosiddetti “sostituìti”), tra i quali i professionisti, i rappresentanti, o i dipendenti, devono essere versate entro il 16 del mese successivo a quello di pagamento. A tale regola esiste un’eccezione, nata con lo scopo di semplificare gli obblighi di quei sostituti di imposta definiti in gergo “minimi”, ossia il cui volume di ritenute effettuate nell’anno solare è abbastanza esiguo.

In base all’articolo 2 del DPR n. 445/1997, come modificato dall’articolo 3 comma 2 del DPR 14/10/99, n. 542, i sostituti di imposta che nell’anno erogano esclusivamente compensi di lavoro autonomo a non più di tre soggetti ed effettuano ritenute d’acconto per un importo complessivo non superiore a € 1.032,91 (pari a 2 milioni di lire) effettuano i versamenti delle ritenute operate distintamente per ciascun periodo di imposta entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi.

Qualora nel corso del periodo di imposta venga superato anche uno dei limiti suindicati (numero dei percettori di reddito di lavoro autonomo, e limite quantitativo dell’importo complessivo delle ritenute effettuate ), il sostituto di imposta è tenuto, a partire dalla prima scadenza utile, ad effettuare i versamenti nei termini ordinari previsti dal DPR n. 602/73 La norma impone alcune notazioni.

In particolare :

  • non si fa alcuna distinzione in base al soggetto che effettua la ritenuta, e quindi la norma si applica al sostituto di imposta in generale, sia che esso sia persona fisica, sia società, sia altro;
  • le ritenute oggetto della semplificazione sono solo quelle effettuate a redditi di lavoro autonomo, di cui all’articolo 25 del DPR n. 600/73, ad esclusione quindi degli altri tipi di ritenute quali quelle per lavoro dipendente, provvigioni, ecc.;
  • non occorre solamente fare attenzione al numero dei percettori dei compensi di lavoro autonomo, ma occorre anche avere riguardo al fatto che essi siano i soli soggetti a cui è stata effettuata la ritenuta nel periodo di imposta.

È il caso di rilevare come la dilazione gratuita permessa dalla norma consenta di ritardare il versamento fino a più di un anno: si pensi al caso in cui un compenso venga pagato, ad esempio, nel mese di gennaio; poichè la relativa ritenuta dovrà,  essere pagata entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi (attualmente il 3o giugno) dell’anno successivo, e non entro il 16 febbraio, la dilazione sarà pari a sedici mesi.
Nel caso in cui invece gli stessi soggetti corrispondessero nello stesso anno anche dei redditi di lavoro dipendente, o delle provvigioni, si avrà che tutte le ritenute (e quindi anche quelle dell’avvocato e del commercialista, potenzialmente rinviabili) dovranno essere versate nei termini ordinari.

La norma in commento ha carattere opzionale, e non è quindi obbligatoria. L’eventuale scelta deve essere indicata nella dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale essa è stata effettuata.
Il codice tributo per il versamento della ritenuta nei termini più ampi permessi è comunque sempre il 1040. Il periodo di riferimento è invece quello dell’anno di effettuazione, ossia quello di pagamento del compenso.
La semplificazione non esonera i sostituti di imposta dalla presentazione del Mod. 770, che dovrà essere compilato avendo cura di inserire al campo “note” di cui al quadro ST (relativo ai versamenti), il codice apposito (“A”) che indica che il versamento è stato effettuato avvalendosi appunto della semplificazione in esame.

Soggetti sostituti minimi: Si precisa che tale norma non interferisce, non avendo nulla in comune, con quella di cui all’art. 2 comma 1 del Dpr n. 445/1997, che riguarda i cc.dd. sostituti minimi, ossia coloro i quali durante l’anno hanno corrisposto soltanto compensi di lavoro autonomo a non più di tre soggetti, per un totale di ritenute inferiore ad euro 1.032,91, i quali possono effettuare i versamenti di tali ritenute entro il termine stabilito per il versamento a saldo delle imposte sui redditi del relativo anno (anziché entro il canonico termine del 16 del mese successivo).

Chi: Sostituti d’imposta che durante l’anno corrispondono soltanto compensi di lavoro autonomo a non piu’ di tre soggetti ed effettuano ritenute inferiori ad euro 1.032,91 che si avvalgono della facolta’ di effettuare i versamenti entro il trentesimo giorno successivo al termine previsto ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 435/2001.

Cosa: Versamento delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo operate nell’anno 2019 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo nel mese di luglio 2020

Modalità: Modello F24 con modalita’ telematiche, direttamente (utilizzando i servizi “F24 web” o “F24 online” dell’Agenzia delle Entrate, attraverso i canali telematici Fisconline o Entratel oppure ricorrendo, tranne nel caso di modello F24 a saldo zero, ai servizi di internet banking messi a disposizione da banche, Poste Italiane e Agenti della riscossione convenzionati con l’Agenzia delle Entrate) oppure tramite intermediario abilitato

Codici Tributo:

  • 1040 – Ritenute su redditi di lavoro autonomo: compensi per l’esercizio di arti e professioni

Tipologie tributi:

  • ritenute

Categorie contribuenti:

  • Imprenditori artigiani e commercianti, agenti e rappresentanti di commercio, ecc.
  • Lavoratori autonomi, professionisti titolari di partita Iva iscritti o non iscritti in albi professionali
  • Societa’ di persone, societa’ semplici, Snc, Sas, Studi Associati
  • Societa’ di capitali ed enti commerciali, SpA, Srl, Soc. Cooperative, Sapa, Enti pubblici e privati diversi dalle societa’
  • Istituti di credito, Sim, altri intermediari finanziari, societa’ fiduciarie
  • Enti che non svolgono attivita’ commerciali

Editori, IVA

L’Iva da applicare alle operazioni riguardanti i prodotti editoriali assume il carattere di un’imposta monofase: non colpisce l’incremento di valore dei beni nei vari passaggi ma l’Iva rimane in carico ad un unico soggetto passivo, l’editore.

L’editore è l’operatore che intraprende l’iniziativa economica editoriale, dove le operazioni interessate sono le seguenti cessioni: giornali quotidiani e periodici, libri, cataloghi e depliants, stampati su carta o registrati su supporti informatici o fisici (CD, CD-rom, ecc.).

Dall’altra parte sono esclusi dal regime dell’editoria i seguenti beni:

1) Cessioni dei prodotti editoriali unitamente a beni diversi dai supporti integrativi, con prezzo indistinto e in unica confezione, se il costo del bene ceduto congiuntamente alla pubblicazione è superiore al 50% del prezzo dell’intera confezione;

2) I prodotti editoriali oggetto di cessione intracomunitaria ed esportazione in quanto operazioni non imponibili iva;

3) Prestazioni di intermediazione;

4) I giornali periodici gratuiti quali veicoli per la diffusione di messaggi pubblicitari;

5) Prodotti editi on-line (es. E-book), ciò in quanto le cessioni telematiche sono da configurarsi quale “commercio elettronico diretto”, con l’impossibilità di estendere loro i benefici previsti per il settore editoriale dalla normativa Iva.

Per il calcolo dell’Iva nell’editoria sono applicabili due regimi che operano in base:

  • Alle copie effettivamente vendute.

Questo primo regime costituisce il sistema obbligatorio di determinazione dell’imposta per le cessioni di:

– Cataloghi;

– Giornali e periodici pornografici;

– Giornali quotidiani, periodici e libri con beni diversi dai supporti integrativi;

– Riviste periodiche da parte di associazioni sportive e pro-loco, che esercitano l’opzione per l’esonero degli obblighi di tenuta delle scritture contabili e che già applicano l’imposta in misura forfettaria.

L’Iva a carico dell’editore è determinata, per ognuna o per tutte le testate o titoli, in base al numero delle copie effettivamente vendute, quindi sulla differenza (base imponibile) tra quelle da lui consegnate o spedite e quelle restituitegli in quanto rimaste invendute. Dalle copie effettivamente vendute si procedere allo scorporo dell’imposta dall’ammontare dei corrispettivi. Sulla base imponibile così determinata si deve poi applicare l’aliquota (in genere quella del 4%).

Ciò comporta, anche al fine di superare la presunzione di cessione, che l’editore istituisca una speciale registro tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 del Dpr 633/1972, sul quale annotare, per ciascuna pubblicazione:

– la data di consegna o spedizione;

– le quantità consegnate o spedite;

– la descrizione del prodotto editoriale

– la data di restituzione;

– le quantità restituite;

– quelle cedute;

– il prezzo di copertina;

– la base imponibile

Per poter operare nel “Sistema delle copie vendute”, occorre manifestarne l’opzione, barrando l’apposito rigo del quadro VO, della dichiarazione annuale IVA da presentarsi l’anno successivo a quello in cui la scelta è stata operata, con effetto vincolante triennale. L’effetto dell’opzione varia in base alla diversa tipologia:

> Se è effettuata per l’intera testata o titolo, ha effetto fino a quando non è revocata, con le medesime modalità, ed è comunque vincolante per 3 anni;

> Se invece l’opzione è effettuata per singolo numero, essa è vincolata limitatamente al numero stesso e può essere comunicata cumulativamente per i numeri relativi all’intero anno, in sede di dichiarazione annuale.

  • Alle copie consegnate o spedite, con forfetizzazione delle rese.

Questo secondo regime si applica limitatamente al commercio di libri, giornali quotidiani, periodici diversi da quelli elencati nella prima parte del nostro articolo, per il quale costituisce il sistema di base salvo opzione per il regime delle copie effettivamente vendute (l’esercizio di tale opzione si desume dal comportamento concludente ed è comunicata all’Agenzia delle Entrate tramite il rigo VO6 della dichiarazione Iva).

L’iva sulle cessioni può essere determinata per ciascuna testata o titolo sulla base delle copie consegnate o spedite, diminuite di una percentuale di resa forfetizzata pari al:

– 70% per i libri;

– 80% per i giornali quotidiani e i periodici.

La somma su cui applicare la percentuale forfettizzata è determinata dal prezzo di copertina di tutte le copie consegnate o spedite, anche a titolo gratuito, in abbonamento o in esecuzione di contratti estimatori (sono escluse le copie esportate, in quanto non imponibili e quelle cedute a titolo di campione gratuito, purché riportino la relativa specifica indicazione espressa sia sopra il prezzo di vendita, che sulla copertina).

L’Iva a carico dell’editore si determina scorporando l’imposta sull’ammontare dei corrispettivi diminuiti della percentuale di resa forfetizzata. Sulla base così determinata si applica l’aliquota del 4%.

Le variazioni di prezzo intervenute successivamente alla consegna o spedizione, comportano corrispondenti rettifiche della base imponibile già assoggettata all’imposta.

Nel regime forfettario l’editore dovrà tenere un apposito registro, detto “registro delle tirature“, annotando entro il mese successivo quanto segue;

– il numero delle copie consegnate o spedite (con esclusione di quelle di cui alle successive lettere b) e c)

– il numero delle copie consegnate o spedite in abbonamento, con esclusione di quelle di cui alla successiva lettera c)

– il numero di copie cedute senza applicazione dell’imposta in esportazione o cessione intracomunitaria

– il numero di copie costituenti la resa forfetaria, calcolata sul numero di copie consegnate o spedite di cui alla precedente lettera a)

– il prezzo di vendita al pubblico, comprensivo dell’imposta, di ciascuna copia

– l’ammontare dei corrispettivi, determinato moltiplicando il prezzo di cui alla lettera e) per il numero delle copie consegnate o spedite di cui alla lettera a), diminuito di quelle costituenti la resa forfetaria di cui alla lettera d)

– l’ammontare dei corrispettivi, comprensivi dell’imposta, riscossi per le cessioni di pubblicazioni effettuate in abbonamento, ridotto delle percentuali di forfetizzazione della resa

– l’ammontare complessivo imponibile determinato sulla base dell’importo dei corrispettivi di cui alle lettere f) e g), diminuito, a norma del comma 4 dell’articolo 27, delle percentuali ivi indicate

– l’ammontare della relativa imposta.

Per entrambi i regimi è necessario che le pubblicazioni rechino sulla copertina l’indicazione del prezzo di vendita al pubblico comprensivo di Iva. In assenza di tale requisito, pur restando ferma l’applicazione del regime monofase sull’intero prezzo della confezione, si renderà applicabile l’aliquota ordinaria Iva del 22% anziché quella ridotta.

Detto questo, in merito alla detraibilità degli acquisti non vi sono eccezioni degne di nota: l’editore può detrarre regolarmente l’imposta assolta sugli acquisti o sulle importazioni di beni e servizi impiegati nella produzione, edizione o commercio registrando il quanto nel registro degli acquisti. L’unica particolarità è dovuta dall’indetraibilità dell’imposta pagata in dogana relativamente alle pubblicazioni in esame importate dall’estero.

Come sottolineato in apertura di articolo, il regime dell’editoria si riferisce esclusivamente all’attività svolta dagli editori. << Tutti gli altri soggetti che intervengono nei successivi passaggi (distributori, commercianti e rivenditori), fino alla vendita all’acquirente finale, restano fuori dall’imposta, sia dal punto di vista sostanziale sia da quello formale >>. A loro, tuttavia, non è preclusa la detrazione dell’IVA pagata per l’acquisto dei beni, diversi dai prodotti editoriali, utilizzati nello svolgimento dell’attività di commercializzazione di questi ultimi.

<< Nel campo dell’editoria, pertanto, l’IVA deve essere corrisposta unicamente dall’editore (contribuente di diritto) sul prezzo di copertina della pubblicazione e l’imposta rimane condensata nel prezzo di vendita della pubblicazione e non può essere separatamente addebitata in fattura >>.

Per quel che concerne distributori e rivenditori vi è da precisare che quanto prima esposto si riferisce a soggetti che agiscono in nome proprio, in esecuzione di un contratto estimatorio o di una vera e propria cessione;ciò in quanto, qualora agissero invece in nome e per conto dell’editore, in esecuzione di contratti di deposito con rappresentanza o di altre tipologie contrattuali similari, il corrispettivo afferente tale attività d’intermediazione sarebbe soggetto a IVA nei modi ordinari, con applicazione delle normali regole in tema di detrazione e rimborso.

CU 2024 – fringe benefit

Entro il 18 marzo 2024 (il 16 marzo cade di sabato) i sostituti d’imposta sono tenuti a effettuare l’invio telematico della Certificazione Unica 2024 all’Agenzia delle Entrate, oltre a consegnare il modello al percipiente. Più tempo invece per le certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti, o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata, il cui termine di trasmissione è previsto per il 31 ottobre 2024.
Si ricorda che il modello della Certificazione Unica 2024, relativo al periodo d’imposta 2023, è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 8253 del 15 gennaio 2024, unitamente alle istruzioni per la compilazione (aggiornate poi il 7 febbraio 2024).

Diverse sono le novità che interessano il modello; tra queste, rientrano sicuramente i fringe benefit e il bonus carburante.

In particolare, rispetto allo scorso anno viene sdoppiata la sezione “Erogazioni in natura” (campi nn. 474 e 475) e confermata la casella relativa al bonus carburante, che assume però una nuova numerazione (n. 476).
Lo sdoppiamento in due caselle delle erogazioni in natura è il risultato delle differenti discipline sui fringe benefit previste per il periodo d’imposta 2023. Si ricorda, infatti, che l’art. 51 comma 3 terzo periodo del TUIR stabilisce che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore se il valore complessivo degli stessi non supera 258,23 euro.

In deroga all’art. 51 comma 3 prima parte del terzo periodo del TUIR, l’art. 40 del DL 48/2023 ha poi previsto, limitatamente al solo periodo d’imposta 2023:
– l’innalzamento a 3.000 euro del limite massimo di esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei fringe benefit;
– l’inclusione tra i fringe benefit concessi ai lavoratori anche delle somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

L’innalzamento a 3.000 euro della soglia di esenzione e l’inclusione tra i fringe benefit dei rimborsi delle bollette di acqua, luce e gas previsti dall’art. 40 del DL 48/2023 trovano però applicazione esclusivamente in favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. Come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 23/2023, § 2), l’art. 12 comma 2 del TUIR prevede che sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 2.840,51 euro (per il computo di tale limite si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili), mentre per i figli di età non superiore a 24 anni tale limite di reddito è elevato a 4.000 euro.

Sul punto, giova ricordare come la misura sia riconosciuta in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi.
In caso di superamento dei limiti di 258,23 euro o di 3.000 euro, l’intero valore dovrà essere assoggettato a tassazione ordinaria.

Ciò premesso, il sostituto d’imposta dovrà indicare nel punto:
– 474, i compensi in natura comunque erogati, indipendentemente dal loro ammontare, per i quali l’art. 51 comma 3 del TUIR ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se di importo non superiore a 258,23 euro;
– 475, i compensi in natura comunque erogati, indipendentemente dal loro ammontare, per i quali il citato DL 48/2023 ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se di importo non superiore a 3.000 euro.

Per quanto concerne il bonus carburante, l’art. 1 del DL 5/2023 prevede la non concorrenza alla formazione del reddito del lavoratore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l’acquisto di carburanti ceduti dai datori di lavoro privati ai dipendenti nel 2023 fino a 200 euro (tale esclusione non rileva ai fini contributivi). Tali somme vanno indicate nel punto 476 della CU 2024.

Nell’ipotesi in cui venga effettuata un’erogazione in natura o di buoni carburante in sostituzione del premio di risultato, l’intero importo del fringe benefit o del buono carburante deve essere riportato – oltre che nei punti sopra indicati – anche nella sezione denominata “Somme erogate per premi di risultato in forza di contratti collettivi aziendali o territoriali”. In particolare, nei punti 573 593 occorre riportare l’ammontare del premio di risultato corrisposto sotto forma di benefit e inoltre occorre riportare nei punti:
– 580 e 600, l’importo dei benefit costituiti da erogazioni in natura di cui all’art. 51 comma 3 del TUIR;
– 581 e 601, l’importo dei benefit erogati a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico per i quali l’art. 40 del DL 48/2023 ha previsto l’innalzamento della soglia a 3.000 euro e l’estensione della non imponibilità anche ai rimborsi delle bollette;
– 583 e 603, l’importo del benefit costituito da buoni carburante di cui al DL 5/2023.

Società immobiliari

Aspetti IVA e definizione di impresa ristrutturatrice

L’art. 10 del DPR 633/72, nell’individuare il trattamento impositivo delle cessioni e locazioni immobiliari, individua specificatamente il caso in cui a cedere o locare sia:

  • l’impresa costruttrice;
  • l’impresa c.d. “ristrutturatrice”, ovvero l’impresa che abbia eseguito sul fabbricato, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. art. 3 co. 1 lett. c), d) o f) del Testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001).

È da notare come la definizione di “impresa costruttrice” o di “impresa ristrutturatrice” fornita dalla norma non implichi un riferimento esclusivo alle società immobiliari, tenuto conto che non è necessario che la società abbia come oggetto esclusivo o prevalente dell’attività la costruzione (o il recupero) immobiliare per la vendita, bensì la definizione coinvolge anche le imprese che svolgano solo occasionalmente l’attività di costruzione o di ristrutturazione di fabbricati.


Ad esempio, la società immobiliare di gestione o di rivendita, che non abbia nè costruito nè ristrutturato l’immobile che intende locare o vendere, non rientra nei confini della dizione di “impresa costruttrice” recata dall’art. 10 del DPR 633/72. Invece, la società immobiliare di costruzione che abbia effettivamente costruito o ristrutturato l’immobile che intende cedere o locare rientra nella definizione di “impresa costruttrice” o “impresa ristrutturatrice” di cui all’art. 10 del DPR 633/72.

Locazione di fabbricati

A norma dell’art. 10 co. 1 n. 8 del DPR 633/72, la locazione:

  • di fabbricati abitativi è imponibile ad IVA su opzione del locatore se il locatore è l’impresa che ha costruito il fabbricato o che su di esso ha eseguito (anche tramite imprese appaltatrici) gli interventi di cui all’art. 3 co. 1 lett. c), d) ed f) del Testo unico dell’edilizia, ovvero se oggetto della locazione è un “alloggio sociale” ex DM 22.4.2008;
  • di fabbricati strumentali è imponibile ad IVA su opzione del locatore chiunque esso sia. 

In tutti gli altri casi, la locazione risulta esente da IVA.
Ove una società immobiliare lochi un fabbricato, si applica il seguente regime impositivo:

  • se si tratta di un immobile abitativo, la società immobiliare può optare per l’imponibilità IVA solo se essa stessa ha costruito o ristrutturato l’immobile da locare, ovvero se l’immobile ha natura di “alloggio sociale”;
  • se si tratta di un immobile strumentale, la società può in ogni caso esprimere l’opzione per l’imponibilità IVA.

In assenza di opzione, l’atto di locazione risulta esente da IVA.

Imposta di registro

Per quanto concerne l’imposta di registro, gli atti di locazione di fabbricati posti in essere da società immobiliari:

  • aventi ad oggetto fabbricati abitativi:
    • se imponibili ad IVA (su opzione), scontano imposta di registro in misura fissa (in ossequio al principio di alternatività IVA-registro);
    • se esenti IVA, scontano l’imposta di registro proporzionale (atteso che, a norma dell’art. 40 del DPR 131/86, in deroga al principio generale, non si considerano operazioni “soggette ad IVA”);
  • aventi ad oggetto fabbricati strumentali:
    • se imponibili ad IVA, in deroga al principio di alternatività IVA-registro, scontano contemporaneamente sia l’IVA che l’imposta di registro proporzionale;
    • se esenti IVA, scontano l’imposta di registro proporzionale (atteso che, a norma dell’art. 40 del DPR 131/86, in deroga al principio generale, non si considerano operazioni “soggette ad IVA”).