BUONI OMAGGIO NATALIZI o buoni spesa MONOUSO E MULTIUSO – Trattamento fiscale degli omaggi natalizi 2021

BUONI OMAGGIO NATALIZI MONOUSO E MULTIUSO

L’art. 2425-ter C.C. distingue gli sconti di natura commerciale dagli omaggi, imponendo la loro indicazione in bilancio come elementi rettificativi dei ricavi, sia pure avendo natura differenziata. Gli omaggi, invece, devono essere indicati nella voce B.14 del conto economico, tra gli oneri …

  • L’art. 2425-ter C.C. distingue gli sconti di natura commerciale dagli omaggi, imponendo la loro indicazione in bilancio come elementi rettificativi dei ricavi, sia pure avendo natura differenziata. Gli omaggi, invece, devono essere indicati nella voce B.14 del conto economico, tra gli oneri diversi di gestione, sia nel caso siano destinati a soggetti terzi, sia ai dipendenti. E’ necessario verificare se esiste un accordo contrattuale alla base dello sconto applicato e se la cessione gratuita è conseguenza di un comportamento commerciale o di un atto di mera liberalità.
  • In alternativa al regalo tradizionale, è sempre più diffusa la pratica di consegnare un buono che attribuisce il diritto a ricevere un bene o un servizio con valore facciale pari a quello del buono stesso. Gli articoli 6-ter e 6-quater, D.P.R. 633/1972 distinguono i buoni monouso da quelli multiuso ai fini Iva:
    • buono monouso: la sua consegna è rilevante ai fini dell’imposta:
    • buoni multiuso: la rilevanza è rinviata al momento della spesa, in cui sarà nota l’aliquota Iva del bene o servizio ottenuto a fronte del buono.

La gestione fiscale e amministrativa dei buoni alimentari distribuiti dai Comuni

a cura di: Meli e Associati

PDFLa gestione fiscale e amministrativa dei buoni alimentari distribuiti dai Comuni

A seguito della grave emergenza sanitaria ed economica, molti enti locali hanno attivato misure a sostegno delle fasce più deboli.

Ma anche in tale contesto sono sorti dubbi di natura commerciale e fiscale.

L’Istituto IFEL (una Fondazione per la Finanza e l’Economia Locale istituita nel 2006 dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani – ANCI) ha pubblicato una interessante nota.

L’articolo 2, comma 4, dell’Ordinanza del Capo della Protezione civile n. 658/2020 stabilisce che ciascun Comune è autorizzato all’acquisizione, in deroga al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50:

  1. di buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune;
  2. di generi e prodotti di prima necessità.

Le scelte applicative dei Comuni possono essere decise con ampia discrezionalità, in deroga alle norme del Codice degli appalti: dall’acquisto di strumenti tipo “buoni pasto” di ampia spendibilità locale, a convenzioni con esercizi commerciali, all’acquisto diretto di generi alimentari e relativa distribuzione.

Diversi Comuni, in prevalenza di medie e piccole dimensioni, si stanno orientando alla “emissione diretta” di documenti del tipo “buoni spesa”, spendibili presso gli esercizi commerciali di generi alimentari, resisi disponibili a questo tipo di collaborazione. Questa modalità, pur non espressamente prevista dall’Ordinanza, appare secondo l’IFEL certamente ammissibile e risponde alle istanze di celerità e flessibilità per l’utilizzo del contributo in particolare per quanto riguarda i Comuni di minori dimensioni.

Sotto il profilo strettamente fiscale, in caso di emissione “diretta” di buoni spesa, lo strumento si può configurare quale voucher multiuso ai sensi dell’articolo 6-quater del DPR n. 633 del 1972.

In questo caso, l’acquisto dei generi alimentari viene effettuato direttamente dal soggetto beneficiario e l’intervento del Comune si limita alla regolazione finanziaria dell’operazione, attraverso il pagamento previa presentazione, da parte dell’esercente, dei buoni trattenuti dal beneficiario, accompagnati dalle copie degli scontrini giustificativi dell’operazione.

Per i buoni multiuso, l’IVA si applica solo al momento del riscatto, ovvero, quando il buono viene consegnato al negoziante dal cittadino indigente beneficiario del buono, in luogo del pagamento in denaro.

Al momento della vendita il negoziante dovrà emettere lo scontrino elettronico/documento commerciale “non riscosso”. È opportuno che l’esercente effettui una doppia stampa dello scontrino, in modo da tenere agli atti copia di tutti gli scontrini riferiti ai buoni spesa del Comune.

Nel registro prima nota corrispettivi il commerciante dovrà evidenziare le vendite a credito riferite ai buoni spesa del Comune in una distinta colonna, in modo da avere un dettagliato riscontro.

La tipologia di documento fiscale che il negoziante dovrà poi emettere nei confronti del Comune per la riscossione del proprio credito deve essere verificata e concordata per ogni singolo Comune, in base a quanto deliberato dallo stesso.

Trattandosi di operazioni “fuori campo IVA”, la normativa prevede la NON obbligatorietà di emissione di fattura elettronica; ne consegue che il negoziante, se nulla osta da parte del Comune interessato, potrebbe emettere una nota di debito cartacea “fuori campo IVA art. 2 comma 3 lett.a)”, riportando nella stessa il dettaglio degli scontrini non riscossi a cui la stessa si riferisce, oppure il numero dei buoni spesa cartacei emessi dal Comune.

In caso contrario, il negoziante dovrà emetterà fattura elettronica PA (operazione fuori campo IVA art. 2 comma 3 lett.a) – codice N2); nel corpo della fattura dovrà dettagliare singolarmente gli scontrini a cui la fattura si riferisce.

IFEL, evidenzia ai Comuni l’opportunità di:

  • indicare espressamente sul buono che si tratta di un voucher multiuso, emesso secondo l’articolo 6-quater del Dpr 633/1972, al fine di attestare che la transazione avviene, sotto il profilo fiscale, tra l’esercente e il beneficiario del voucher/buono;
  • indicare sullo stesso buono le condizioni generali per il suo utilizzo, ad esempio il riferimento ai prezzi di vendita esposti, l’impossibilità di erogazione del resto, la durata del voucher (non più di 10 giorni, per evitare aumento rischi contraffazione), le condizioni di sostituibilità in caso di smarrimento, il termine per il pagamento da parte dell’ente.

Segnaliamo infine che l’ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione) con la deliberazione n. 313 del 9 aprile 2020 avente ad oggetto la citata “Ordinanza della Protezione Civile n. 658” ha precisato che l’erogazione dei buoni spesa legata all’emergenza Coronavirus precisando che è esente dall’obbligo di acquisizione del CIG (codice identificativo di gara) generato dal sistema SIMOG dell’ANAC.

In particolare la delibera n. 313/2020 prevede che “I buoni spesa e gli acquisti diretti di generi alimentari e prodotti di prima necessità consentiti in base all’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 658 del 29 marzo 2020 sono assimilabili ai voucher sociali, sostanziandosi in modalità di erogazione sostitutive di contributi economici in favore di soggetti che versano in stato di bisogno. Per l’effetto, alle erogazioni dirette di tali contributi da parte della pubblica amministrazione non si applicano le disposizioni contenute nella determina n. 556 del 31/5/2017 sulla tracciabilità dei flussi finanziari”.

Nel caso in cui, invece, il Comune affidi a soggetti terzi il servizio di gestione del processo di acquisizione, erogazione monitoraggio e rendicontazione dei buoni spesa (ad es. acquistando i voucher sociali sul MEPA), si configura un appalto di servizi. Tale affidamento, in applicazione della citata Ordinanza, potrà avvenire in deroga al decreto legislativo n. 50 del 2016, ma resterà assoggettato all’obbligo di acquisizione di un CIG semplificato (smartCIG), ai fini della tracciabilità, rimanendo esonerato da ogni altro obbligo contributivo e informativo verso l’Autorità.

iunti a questo periodo dell’anno potrebbe essere utile ripercorrere brevemente la normativa delle spese per omaggi a clienti e ai lavoratori dipendenti, sotto il profilo Iva e delle imposte dirette.


Trattamento fiscale degli omaggi natalizi 2021

È prassi ormai diffusa tra le imprese omaggiare clienti e dipendenti in occasione delle festività natalizie. Occorre distinguere:

  • omaggi a clienti:
    • di beni non oggetto dell’attività dell’impresa:
      • valore unitario non superiore a € 50,00;
      • valore unitario superiore a € 50,00;
    • di beni prodotti o rientranti nell’attività dell’impresa;
      • valore unitario non superiore a € 50,00;
      • valore unitario superiore a € 50,00;
  • omaggi ai lavoratori dipendenti.

Ma andiamo per gradi e analizziamo ogni casistica.

I costi sostenuti per gli omaggi a clienti di beni non oggetto dell’attività d’impresa:

  • se aventi un valore unitario non superiore a € 50,00 sono totalmente deducibili (ex art. 108, c. 2 del Tuir). Da notare che nel computo del costo complessivo di acquisto va considerata anche l’eventuale Iva indetraibile;
  • se aventi un valore unitario superiore a € 50,00 sono deducibili entro i limiti di cui all’art. 108, c. 2 del Tuir, e cioè pari:
    • all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a € 10 milioni;
    • allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente € 10 milioni e fino a 50 milioni;
    • allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente € 50 milioni.

Per quanto concerne gli omaggi a clienti di beni la cui produzione o scambio è oggetto dell’attività d’impresa, è necessario:

  • individuare il valore di mercato dell’omaggio: se non superiore a € 50,00 trattasi di “piccolo omaggio”, se superiore a € 50,00 trattasi di spese di rappresentanza;
  • individuare il costo di produzione sostenuto dall’impresa che rappresenterà il quantum deducibile.

Invece, il costo d’acquisto degli omaggi ai lavoratori dipendenti è deducibile come spesa per prestazione di lavoro (ex art. 95 del Tuir) in quanto rappresenta una retribuzione per il lavoratore. Allo stesso modo, tali omaggi non verranno tassati in busta paga al dipendente se, unitamente agli altri fringe benefits, non verrà superato il limite di € 516,46 (art. 112 D.L. 104/2020). Viceversa, tutto quanto erogato (e non solo la quota eccedente) concorrerà a formare il reddito del dipendente.

Ripercorriamo a questo punto la normativa dell’imposta sul valore aggiunto.
In primo luogo, l’Iva sugli omaggi a clienti di beni non oggetto dell’attività d’impresa si applica secondo i criteri seguenti:

  • è interamente detraibile se il valore unitario non è superiore a € 50,00 (art. 19-bis-1, c.1, lett. h), D.P.R. 633/1972);
  • è interamente indetraibile se il valore unitario è superiore a € 50,00.

In secondo luogo, l’Iva sugli omaggi a clienti di beni oggetto dell’attività d’impresa sarà interamente detraibile, non trovando applicazione il limite dell’art. 19 bis-1, c. 1, lett. h), D.P.R. 633/1972 (circ. 16.07.1998, n. 188/E, paragrafo 6).
In terzo luogo, l’Iva sugli omaggi ai lavoratori dipendenti è, stando alla tesi prevalente, interamente indetraibile (risoluzione n. 666305/1990) in caso di beni non rientranti nell’attività d’impresa e interamente detraibile in caso di beni la cui produzione e/o scambio rientra nell’attività dell’impresa.

Facciamo infine un breve cenno all’istituto della rivalsa che, ai sensi dell’art. 18, c. 3 D.P.R. 633/1972, non è obbligatoria per le cessioni di cui all’art. 2, c. 2, n. 4) D.P.R. 633/1972 e cioè per le cessioni a titolo gratuito.
L’operazione di vendita senza rivalsa Iva di beni prodotti e/o scambiati dall’impresa può essere certificata alternativamente con le seguenti modalità:

  • mediante l’emissione di un’“autofattura per omaggi” che dovrà indicare il prezzo d’acquisto dei beni ceduti, l’aliquota Iva applicabile e la relativa imposta;
  • mediante la predisposizione di un registro degli omaggi sul quale verranno annotati i prezzi d’acquisto dei beni ceduti gratuitamente riferiti alle cessioni effettuate giorno per giorno.

Qualora invece si intendesse effettuare la rivalsa, dovrà essere emessa una normale fattura con l’indicazione che trattasi di “cessione per omaggi”.

You must be logged in to post a comment.