Entro il 28 febbraio 2024 può essere ravveduta l’omessa presentazione delle dichiarazioni modelli REDDITI e IRAP 2023.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97, l’omessa dichiarazione può essere ravveduta solo entro 90 giorni dalla scadenza del relativo termine di presentazione. Ciò è in armonia con l’art. 2 comma 7 del DPR 322/98, secondo cui si considera omessa la dichiarazione presentata con un ritardo superiore a 90 giorni.
In considerazione del fatto che il termine di presentazione del modello REDDITI 2023 è spirato il 30 novembre 2023 (lo stesso vale per il modello IRAP 2023), il ravvedimento operoso per l’omessa presentazione scade il 28 febbraio 2024.
Ora, di norma l’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97 punisce la dichiarazione omessa con la sanzione proporzionale dal 120% al 240% delle imposte, con un minimo di 250 euro.
Ai fini del ravvedimento si applica però la “speciale” procedura indicata dalla circ. Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2016 n. 42, che, in coerenza con i precedenti di prassi (cfr. la circolare ministeriale 23 gennaio 1999 n. 23) equipara la dichiarazione tardiva alla dichiarazione omessa dalla quale non emergono imposte da versare, punita con una sanzione fissa da 250 euro a 2.000 euro.
Occorre in questo caso ravvedere anche gli eventuali omessi versamenti del saldo edegli acconti.
Dal punto di vista operativo, bisogna pertanto:
– presentare il modello REDDITI 2023;
– pagare 25 euro per la tardività (nel modello F24 è necessario indicare il codice “8911” per la sanzione e l’anno 2023, in cui è stata commessa la violazione, non avendo rilevanza né il fatto che la dichiarazione si riferisca al periodo di imposta 2022, né la circostanza che il ravvedimento avvenga nel 2024);
– pagare le imposte e gli interessi legali (si segnala che dal 1° gennaio 2024 il tasso di interesse legale è pari al 2,5% per effetto del DM 29 novembre 2023);
– ravvedere le sanzioni da tardivo versamento del saldo e degli acconti ex art. 13 del DLgs. 471/97.
Per quanto riguarda le violazioni sui versamenti, occorre pagare, per il saldo 2022 e il primo acconto 2023, le sanzioni del 30% ridotte a 1/8 (opera l’art. 13 comma 1 lett. b) del DLgs. 472/97).
In merito al secondo o unico acconto 2023 (il cui termine è anch’esso, di regola, scaduto il 30 novembre 2023, salvo beneficiare del differimento ex art. 4 del DL 145/2023), la sanzione, trattandosi di ritardo contenuto nei 90 giorni, è del 15%, da ridurre al nono (opera l’art. 13 comma 1 lett. a-bis) del DLgs. 472/97).
Spirato il termine del 28 febbraio, l’omessa dichiarazione non è più ravvedibile, ma ciò non significa che non sia opportuno presentarla.
Infatti, ai sensi dell’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97, ove la dichiarazione sia presentata entro il termine per l’invio di quella per il periodo d’imposta successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale, la sanzione è dimezzata, e diviene quindi dal 60% al 120% delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro.
Inoltre, l’invio della dichiarazione con pagamento integrale delle imposte sempre entro il termine di presentazione di quella per l’anno successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale/penale è una causa di non punibilità del reato di cui all’art. 5 del DLgs. 74/2000 (art. 13 del DLgs. 74/2000).
Si tratta del reato di omessa dichiarazione, i cui estremi si integrano al superamento della soglia di punibilità pari a 50.000 euro.
Omessi versamenti del saldo e degli acconti da sanare
Purtroppo, la sanzione proporzionale (con minimo del 120% o del 60%) non viene meno se le imposte, tardivamente, sono pagate.
È infatti da ritenersi superata la tesi della circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54, § 17, secondo cui se le imposte sono state pagate per l’intero ancorché tardivamente l’imposta dovuta sarebbe pari a zero, con susseguente applicazione della sanzione fissa e non proporzionale.
Nonostante le imposte siano pagate, il nuovo orientamento ritiene in ogni caso irrogabile la sanzione proporzionale (120% o 60%) ex art. 1 del DLgs. 471/97, riducibile sino alla metà ai sensi dell’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97 (Corte Cost. 17 marzo 2023 n. 46, con tesi ripresa nella risposta a interpello Agenzia delle Entrate 20 ottobre 2023 n. 450).
La sanzione potrà quindi essere del 60% o del 30%, sempre che gli uffici ritengano di applicare la menzionata riduzione alla metà del minimo.