(Versione aggiornata al 23.8.2019)
Spese di trasporto (Imposte dirette)
Nel caso in cui il dipendente o il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare, per una specifica trasferta, un proprio automezzo o un veicolo a noleggio, le relative spese di trasporto sono deducibili, dal reddito d’impresa, per un importo massimo pari, ai sensi dell’art. 95 co. 3 del TUIR:
- al costo della percorrenza, determinato in base alle tariffe ACI (comprensive di costi proporzionali al chilometraggio e fissi secondo l’interpello Agenzia delle Entrate n. 954-59477/2011);
- alle tariffe di noleggio
relativi ad automezzi di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, in caso di motore a benzina, o a 20 cavalli fiscali, se con motore diesel.
Qualora vengano utilizzati autoveicoli con una potenza superiore alle suddette cilindrate, le relative spese di trasporto risulteranno deducibili solo fino a concorrenza del limite previsto per autoveicoli di potenza inferiore.
Spese di viaggio (imposte dirette)
Le spese di viaggio rimborsate ai dipendenti, tra cui possono rientrare anche quelle relative al taxi, sono interamente deducibili dal reddito d’impresa, non essendo previste, per tali spese, limitazioni particolari dall’art. 95 co. 3 del TUIR (nota Fondazione Accademia Romana di ragioneria n. 15/2015 e AA.VV. “Rimborsi analitici delle spese di trasferta”, Il fisco, 3, 2013, p. 321 ss.).
Le spese sostenute dall’impresa per le trasferte dei propri dipendenti o collaboratori riguardano, essenzialmente, i seguenti tipi di servizi:
- trasporto di persone (spese di viaggio sostenute per raggiungere il luogo in cui il dipendente o collaboratore svolgerà le proprie mansioni in trasferta);
- prestazioni alberghiere (spese per il pernottamento);
- somministrazioni di alimenti e bevande (spese per i pasti consumati durante il periodo di trasferta).
Indetraibilità delle spese di viaggio (IVA)
L’art. 19-bis1 co. 1 lett. e) del DPR 633/72 esclude la detrazione dell’IVA assolta in relazione agli acquisti di prestazioni di trasporto di persone, a meno che le stesse non formino oggetto dell’attività propria dell’impresa. Per cui, nella generalità dei casi, l’imposta assolta in relazione all’acquisto di biglietti ferroviari, aerei, ecc. per il viaggio dei dipendenti o collaboratori in trasferta non è detraibile per il datore di lavoro (si vedano, tuttavia, in senso contrario, Cass. 22332/2018; Corte di Giustizia UE 18.7.2013 causa C-124/12 e 16.10.97 causa C-258/95).
Detraibilità delle spese di vitto e alloggio
L’indetraibilità oggettiva dell’imposta relativa alle spese di vitto e alloggio (prestazioni alberghiere e di ristorazione) di cui al previgente art. 19-bis1 co. 1 lett. e) del DPR 633/72 è venuta meno a partire dall’1.9.2008, per effetto dell’art. 83 co. 28-bis del DL 112/2008.
Pertanto, l’IVA assolta in relazione all’acquisto di tali servizi da parte del datore di lavoro a favore di dipendenti e collaboratori in trasferta è detraibile in base alle regole generali di cui all’art. 19 del DPR 633/72 (vale a dire, a condizione che i servizi acquistati siano inerenti ad operazioni che consentono l’esercizio della detrazione e che siano adeguatamente documentate).
Obblighi documentali IVA
Ai fini della detrazione IVA, è necessario che le spese sostenute per la trasferta del dipendente o collaboratore siano documentate da fattura.
Tuttavia, poiché le prestazioni alberghiere e di ristorazione rientrano fra le operazioni per le quali l’emissione della fattura è obbligatoria soltanto se richiesta tempestivamente dal cliente, quest’ultimo dovrà aver cura di avanzare la relativa richiesta non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.
Secondo i chiarimenti forniti, in un primo tempo, dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 5.9.2008 n. 53, nell’ipotesi in cui la prestazione alberghiera o di ristorazione fosse stata fruita da un soggetto diverso dall’effettivo committente del servizio (è appunto il caso del servizio acquistato dal datore di lavoro e fruito dal dipendente o collaboratore in trasferta) ai fini della detrazione sarebbe stata necessaria la cointestazione della fattura al committente e al soggetto beneficiario.
Successivamente, l’Agenzia ha rettificato la propria posizione sul punto, ammettendo l’esercizio della detrazione anche nell’ipotesi in cui la fattura relativa alle prestazioni alberghiere e di ristorazione fornite a un soggetto diverso dal committente risulti intestata al solo committente (circ. 6/E/2009).
Resta fermo l’obbligo di documentare i dati dei fruitori della prestazione; tuttavia, questi possono trovare spazio sia nella fattura, sia in apposita nota allegata.
Spese anticipate dal dipendente (IVA)
La detrazione dell’imposta da parte del datore di lavoro è ammessa anche con riferimento alle spese anticipate dal dipendente/collaboratore e successivamente rimborsate a questi ultimi, posto che, anche in questo caso, le operazioni siano appositamente documentate con fattura intestata al datore di lavoro e i nomi dei fruitori del servizio risultino dalla fattura stessa o da una nota allegata.
Mancato esercizio della detrazione (IVA)
In mancanza della fattura, con conseguente inammissibilità dell’esercizio della detrazione da parte del datore di lavoro, il costo dell’IVA non detratta è stato considerato deducibile ai fini dei redditi dall’Amministrazione finanziaria, sempre che lo stesso presenti la natura di “costo inerente” all’attività (circ. 25/E/2010).
Per contro, non è deducibile, ai fini dei redditi, l’IVA documentata mediante fattura per la quale l’impresa non ha esercitato il diritto alla detrazione, in quanto l’imposta volontariamente non detratta dal contribuente non può costituire costo deducibile.
Utilizzo del servizio taxi da parte di imprenditori e professionisti
In linea generale, il rimborso delle spese da parte del committente per l’utilizzo del servizio di taxi costituisce compenso per il professionista.
Sotto il profilo strettamente documentale, ai fini della deducibilità delle spese sostenute per l’utilizzo del taxi da parte del professionista, si dovrebbe richiedere fattura al tassista.
La circostanza che la ricevuta rilasciata ordinariamente dal tassista sia spesso senza intestazione e priva degli elementi di un documento fiscalmente probante (quale il percorso effettuato, il numero del taxi, l’orario di effettuazione del servizio) potrebbe infatti prestare il fianco a censure da parte dell’Amministrazione finanziaria (cfr. metodologie di controllo 3.3.2014 in relazione al servizio taxi).
Nel caso in cui il professionista sia in possesso di una semplice ricevuta priva dei predetti elementi probatori fiscalmente rilevanti, sembrerebbe possibile dedurre la relativa spesa soltanto laddove il professionista riaddebiti il costo in fattura al suo committente o, comunque, qualora sia evidente l’inerenza del costo sostenuto (ad esempio, per un commercialista, in caso di trasferta effettuata per partecipare ad un consiglio di amministrazione o ad un collegio sindacale).
Imprenditori individuali
I termini della questione valgono anche per gli imprenditori individuali. L’aspetto più delicato è la valenza probatoria delle ricevute in questione che, da sole, non sembrano sufficienti a documentare l’inerenza del costo.
Costo Taxi e spese trasporto in genere Iva ed indirette (IVA ESENTE per trasporto Urbano e/o entro 50 km)
Le prestazioni di trasporto urbano di persone e di bagagli al seguito effettuate mediante veicoli da piazza, quali i taxi, sono esenti da IVA ex art. 10 co. 1 n. 14) del DPR 633/72.
Ai fini dell’esenzione, sono considerati urbani i trasporti effettuati:
- nel territorio di un Comune;
- tra Comuni non distanti fra loro oltre 50 chilometri.
Le prestazioni di trasporto extraurbano sono soggette ad aliquota IVA del 10% (n. 127-novies) della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72).
Il regime di esenzione si applica anche alle prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate via acqua, purché rese con mezzi qualificabili come veicoli da piazza, ossia nella misura in cui le prestazioni eseguite siano assimilabili a quelle dei taxi (R.M. 21.11.88 n. 650613; ris. 50/E/2018).
(Versione aggiornata al 16.8.2019)