Recupero ritenuta d’acconto in regime forfettario. Ecco come fare. RS40 LM41 od UNICO RN33 EDILIZIA

Il regime forfettario non ha la ritenuta d’acconto.

Dove indicare le ritenute subite da forfettario?

Recuperare in dichiarazione le ritenute subite  Dovrai indicare il valore delle ritenute al rigo RS 40 (SE FORFETTARIO) del Modello Redditi e riportarlo poi per lo scomputo al rigo RN 33, colonna 4 e/o nel rigo LM41.

Ricordiamo che il regime forfettario non è assoggettato alla ritenuta d’acconto da parte del committente/sostituto d’imposta. Il contribuente rilascia al committente stesso un’apposita dichiarazione in cui gli comunica che opera appunto in regime forfettario e che il compenso che gli verrà erogato non deve essere soggetto alla ritenuta d’acconto.

La fattura deve essere sempre fatta senza ritenuta d’acconto. La dicitura di legge apparirà in automatico con le fatture emesse con . In alternativa va precisata in fattura la dicitura.

Operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, commi da 54 a 89 della Legge n. 190/2014 – Regime forfettario – come modificato dall’art. 1 comma 9 della Legge 145/2018 e, pertanto, non è soggetto ad IVA e a ritenute d’acconto

Ritenute erroneamente subite

Tuttavia potrebbe capitare che, nonostante la dichiarazione rilasciata, il committente applichi comunque la ritenuta d’acconto. Ciò può essere ad esempio il caso della ritenuta dell’8% operata dalla banca/posta sui bonifici che l’impresa (operante in regime forfettario) riceve per gli interventi di ristrutturazione o riqualificazione energetica eseguiti a favore di terzi soggetti.

• se il committente che ha diritto alla detrazione è una persona fisica non titolare di partita IVA, non si verifica alcun problema

• se il committente che esegue i lavori e ha diritto alla detrazione ed è soggetto titolare di partita IVA, l’impresa esecutrice di lavori applicherà la ritenuta o non applicherà la ritenuta in fattura a seconda che operi in regime ordinario (applicherà la ritenuta) o in forfettario.

Il problema si pone con la banca o il conto in posta in cui l’impresa che ha eseguito i lavori ha il conto. La normativa vigente infatti prevede che al momento del pagamento del bonifico, le banche e Poste Italiane Spa deebbano operare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta pari all’8%.

Se l’impresa esecutrice dei lavori opera in regime forfettario deve rilasciare alla banca/posta l’apposita dichiarazione in cui gli chiede di non applicare la ritenuta (senza emettere alcuna fattura alla banca). Nonostante ciò potrebbe accadere che l’istituto comunque operi la ritenuta.

Recupero ritenuta d’acconto regime dei minimi o forfettari

Il recupero delle ritenute subite avviene in Dichiarazione dei Redditi. Dovrai indicare nell’apposito campo in TaxMan l’importo totale e allegare la certificazione della banca/posta delle ritenute operate.

In particolare, l’impresa sarà interessata dalla compilazione del rigo RS40 e del rigo LM41.

In sintesi:

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Di seguito sono proposti alcuni esempi di compilazione del modello Redditi 2018 per il recupero della ritenuta subita.

Esempio 1: Ritenute applicate dalla Banca/Posta per bonifici relativi alle agevolazioni per il risparmio energetico/ristrutturazione edilizia.

Un contribuente che adotta il regime di vantaggio dei contribuenti minimi effettua nel 2017 una prestazione per una ristrutturazione edilizia.

La Banca, all’atto del pagamento del bonifico applica la ritenuta (prevista attualmente nella misura dell’8%) per le agevolazioni relative al recupero edilizio.

La Banca rilascia al contribuente la certificazione attestante l’ammontare delle ritenute effettuate nel corso del 2017, pari a 200,00 euro.

In sede di dichiarazione, nel Modello Redditi 2018, il contribuente indicherà l’importo totale delle ritenute subite afferenti il regime dei minimi, al rigo:

  • RS 40 di “Redditi 2018-PF”, denominato “Ritenute regime di vantaggio e regime forfetario – Casi particolari”;
  • LM41 “Ritenute consorzio”, l’importo delle ritenute subite ai fini dello scomputo dall’imposta sostitutiva.

Qualora la ditta esecutrice dei lavori ad esempio fosse titolare anche di altri redditi (si pensi ad esempio all’impiantista proprietario di vari appartamenti che sono in affitto), anziché scomputare le ritenute erroneamente subite direttamente dall’imposta sostitutiva (indicandolo, come visto in RS40 e poi LM41), potrebbe decidere di scomputarle dall’IRPEF dovuta (in tal caso le indicherà al rigo RS40 e al rigo RN33 in luogo del rigo LM41). Qualora, invece, non si dovesse procedere al recupero in sede di Modello Unico, è possibile percorrere la strada dell’istanza di rimborso da presentare all’Agenzia delle Entrate nelle modalità ordinarie. 

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INTRASTA aggiornamento 2022

La scadenza dei Modelli Intra slitta dal 25 alla fine del mese

Dopo il restyling dei modelli Intrastat di inizio anno (Determinazione prot. 493869/RU del 23.12.2021), con il Decreto Semplificazioni cambiano anche le scadenze di presentazione.

A differenza della pubblicazione dei nuovi modelli Intra 2022, ancora privi di adeguate “istruzioni per l’uso”, questa seconda novità concede di fatto qualche giorno in più ai contribuenti per adempiere all’obbligo di trasmissione degli elenchi riepilogativi Intrastat.

Con l’entrata in vigore del Decreto Semplificazioni fiscali (articolo 3, commi 2 e 3, D.L. 73/2022, pubblicato nella G.U. n.143 del 21.06.2022), l’obbligo di presentazione dei modelli Intrastat viene spostato alla fine del mese successivo al periodo di riferimento.

L’articolo 3 D.L. 73/2022 – rubricato alla voce “Modifiche al calendario fiscale” – varia l’articolo 50, comma 6-bis, D.L. 331/1993, prorogando (seppur di poco) la scadenza in argomento: i soggetti tenuti alla presentazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari, nonché delle prestazioni di servizi c.d. generiche di cui all’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972 (in ambito intra-Ue), devono comunicare i dati entro il mese successivo al periodo di riferimento.

La nuova scadenza riguarda tutti i soggetti passivi Iva che operano in ambito comunitario, con riferimento sia agli elenchi Intrastat mensili che a quelli trimestrali.

In precedenza la scadenza era ancorata al giorno 25 del mese successivo al periodo di riferimento. Restano immutate le “ordinarie” proroghe previste dall’articolo 7, comma 1, lettera h), D.L. 70/2011 secondo cui “i versamenti e gli adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo giorno lavorativo successivo”.

Nella tabella che segue riportiamo, in sintesi, le nuove scadenze Intrastat 2022 riepilogando le ulteriori novità introdotte da inizio anno.

Modello IntrastatSemplificazioni/Novità 2022Nuove scadenze
(a decorrere dal 22 giugno 2022)
Modello INTRA 1 bis
Cessioni intracomunitarie di beni
Non imponibili Iva ai sensi dell’articolo 41 D.L. 331/1993
Il campo Natura della transazione viene diviso in 2 colonne:
– i soggetti che hanno realizzato nell’anno precedente, o in caso di inizio dell’attività di scambi intracomunitari, presumono di realizzare, nell’anno in corso, un valore delle spedizioni superiore a euro 20.000.000, devono indicare i dati relativi alla natura della transazione conformemente alla disaggregazione a 2 cifre (colonne A e B)
– i soggetti diversi da quelli di cui sopra possono indicare i dati relativi alla natura della transazione conformemente alla disaggregazione a 1 cifra (solo colonna A)Ai fini statistici, nel Modello INTRA 1 bis è stata introdotta l’informazione relativa al Paese di origine delle merci (colonna 15)Per le spedizioni di valore inferiore a euro 1.000 possibilità di utilizzo del codice unico 99500000 (colonna 7)
Entro il mese successivo alla periodicità (mensile o trimestrale) di riferimento
Modello INTRA 2 bis
Acquisti intracomunitari di beni
I soggetti Iva presentano gli elenchi riepilogativi degli acquisti intracomunitari di beni con riferimento a periodi mensili, qualora l’ammontare totale trimestrale di detti acquisti sia, per almeno uno dei quattro trimestri precedentiuguale o superiore a 350.000 euro.
Dal 2022 non è più prevista la presentazione del Modello INTRA 2 bis con cadenza trimestrale.Le informazioni relative allo Stato del fornitore, al codice Iva del fornitore ed all’ammontare delle operazioni in valuta non vengono più rilevate negli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti intracomunitari di beni.Il campo Natura della transazione viene diviso in 2 colonne:
– i soggetti che hanno realizzato nell’anno precedente, o in caso di inizio dell’attività di scambi intracomunitari, presumono di realizzare, nell’anno in corso, un valore di arrivi superiore a euro 20.000.000, devono indicare i dati relativi alla natura della transazione conformemente alla disaggregazione a 2 cifre (colonne A e B)
– i soggetti diversi da quelli di cui sopra possono indicare i dati relativi alla natura della transazione conformemente alla disaggregazione a 1 cifra (solo colonna A)Per le spedizioni di valore inferiore a euro 1.000 possibilità di utilizzo del codice unico 99500000 (colonna 8)
Entro il mese successivo al periodo (mese) di riferimento
Modello INTRA 2 quaterServizi ricevuti da prestatore UELe informazioni relative al codice Iva del prestatore, all’ammontare delle operazioni in valuta, alla modalità di erogazione, alla modalità di incasso e al Paese di pagamento non sono più rilevate negli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti intracomunitari di servizi.Dal 2022 non è più prevista la presentazione del Modello INTRA 2 quater con cadenza trimestraleEntro il mese successivo al periodo (mese) di riferimento
Modello INTRA 1 quaterPrestazioni di servizi verso UE
Non soggette Iva ai sensi dell’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972
Entro il mese successivo alla periodicità (mensile o trimestrale) di riferimento
Modello INTRA 1 sexiesContratto di call off stockLa sezione deve essere compilata a partire dagli elenchi riferiti a periodi decorrenti dal mese di gennaio 2022.Fatto salvo quanto stabilito per la compilazione di ciascuna colonna i soggetti che presentano gli elenchi riepilogativi con cadenza mensile o trimestrale devono compilare le stesse colonne.Entro il mese successivo alla periodicità (mensile o trimestrale) di riferimento

La correzione degli errori in bilancio e relativa rilevanza fiscale: novità 2022

aggiornato al 24 Giugno 2022

La correzione degli errori in bilancio e relativa rilevanza fiscale: novità

Durante la fase di rilevazione contabile dei fatti di gestione e in fase di redazione del bilancio d’esercizio, ci si trova di frequente nella necessità di dover correggere errori commessi nei precedenti esercizi: che siano errori matematici, dovuti ad erronee interpretazioni di fatti o dovuti a negligenza nel raccogliere le informazione ed i dati disponibili, è necessario da un lato conoscere il corretto comportamento contabile da seguire e dall’altro verificare la rilevanza fiscale della relativa correzione.

Dal punto di vista contabile il principio di riferimento è l’Oic 29, dedicato a “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, che definisce l’errore contabile come l’impropria o la mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni e i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili.

Il corretto trattamento contabile degli errori parte dalla distinzione tra errori rilevanti e non rilevanti, da valutare in relazione alla dimensione e alla natura degli stessi.

In particolare, definiamo come rilevante l’errore che può individualmente, o insieme ad altri errori, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio.

Facciamo un esempio limite in grado di chiarire il concetto e il fatto che la rilevanza vada appurata caso per caso: un semplice errore di calcolo relativamente modesto commesso nell’iscrivere in bilancio valori liquidi superiori al reale (di per sé non rilevante) potrebbe divenire tale se il mantenimento di un ammontare minimo di liquidità fosse una condizione essenziale di un contratto il cui mancato avverarsi comporterebbe rilevanti conseguenze economiche per l’impresa.

In ogni caso, appurato l’errore, questo va rilevato contabilmente nel momento in cui è individuato e sono disponibili le informazioni ed i dati per un suo corretto trattamento.

Se l’errore viene scoperto prima della chiusura dell’esercizio cui si riferisce non ci sono particolari problematiche da gestire: basterà annullare o correggere la scrittura contabile originaria; se invece l’errore è stato commesso in esercizi precedenti la correzione dipende dalla rilevanza o meno dello stesso, secondo la definizione sopra precisata.

Se l’errore non è rilevante, la relativa correzione deve essere contabilizzata tempestivamente nel conto economico dell’esercizio in cui è individuato in corrispondenza della voce a cui afferisce.

Se è rilevante, l’Oic 29 stabilisce la necessità:

  • di operare la correzione sul saldo di apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui se ne viene a conoscenza, generalmente negli utili portati a nuovo o in altra componente del netto se più appropriata;
  • e, ai soli fini comparativi:
  1. se l’errore è stato commesso nell’esercizio precedente, rideterminare gli importi comparativi per l’esercizio precedente;
  2. se l’errore è stato commesso prima dell’inizio dell’esercizio precedente, rideterminando i saldi di apertura di attività, passività e patrimonio netto dell’esercizio precedente;

salvo il caso in cui non sia fattibile determinare o l’effetto di competenza dell’esercizio precedente ovvero l’effetto cumulativo dell’errore.

Definito l’inquadramento contabile, dal punto di vista fiscale, in assenza di specifiche indicazioni per i sog­getti Oic-adopter dopo l’introduzione del principio di derivazione rafforzata, rifacendosi a quanto previsto per i soggetti Ias, e quindi alle circolari 7/E/2011 e 31/E/2011, era stato chiarito che la derivazione rafforzata non potesse mai determinare il riconoscimento fiscale della correzione degli errori contabili, anche se non rilevanti, essendo fuori competenza.

L’unica strada per attribuire rilevanza fiscale alla correzione di errori contabili era la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore, entro i termini previsti per l’accertamento.

Il contribuente doveva pertanto:

  • nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui era rilevato a conto economico l’errore non rilevante, apportare apposita variazione fiscale in aumento;
  • presentare, entro i termini dell’accertamento, una dichiarazione integrativa relativa all’anno in cui era stato commesso l’errore contabile in modo da far emergere fiscalmente il relativo componente di reddito.

La strada fin qui delineata è stata superata con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21.06.2022 del D.L. 73/2022 (c.d. “Decreto Semplificazioni fiscali”), che, semplificando la procedura già dal periodo d’imposta in corso (2022 per i soggetto solari), ha previsto che il criterio di derivazione rafforzata trova ora applicazione anche in relazione alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili: non è quindi più necessario presentare la dichiarazione integrativa per il loro riconoscimento fiscale.

Importante in ogni caso evidenziare che la nuova disposizione si applica solo ai componenti negativi di reddito relativi ad esercizi per i quali non è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa, che deve essere trasmessa entro i termini previsti per la decadenza dell’attività di accertamento, quindi entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ordinariamente presentata.

Per i soggetti che redigono il bilancio in base al codice civile, il documento OIC 29 stabilisce che la correzione di errori è contabilizzata, in caso di errori non rilevanti, nel Conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore, mentre, in caso di errori rilevanti, sul saldo di apertura del Patrimonio netto.

Sotto il profilo fiscale, come chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 31/2013, i componenti rilevati a seguito della correzione di errori derivanti dalla mancata imputazione di costi e ricavi nel corretto esercizio di competenza non possono assumere immediato rilievo fiscale, in quanto non presentano i presupposti legittimanti né per la deduzione delle sopravvenienze passive ex art. 101 del TUIR, né per l’assoggettamento a tassazione delle sopravvenienze attive ex art. 88 del TUIR.

Pertanto, nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui viene corretto l’errore, in caso di errori non rilevanti, è necessario operare una variazione in aumento/diminuzione per sterilizzare sul piano fiscale il componente transitato a Conto economico. In caso di errori rilevanti, invece, occorre astenersi dall’operare una variazione.

Tanto premesso, il contribuente può recuperare la deduzione del costo o assoggettare a tassazione il ricavo con riferimento al periodo d’imposta in cui è stata omessa l’imputazione, laddove i termini di decadenza di cui all’art. 43 del DPR 600/73 non siano ancora scaduti, mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa.

In particolare, nella dichiarazione integrativa, occorre operare una variazione in diminuzione per ottenere il riconoscimento del costo non dedotto e una variazione in aumento per tassare il ricavo non imputato.
Si consideri, ad esempio, il caso in cui a dicembre 2020 il contribuente si accorge di aver omesso l’imputazione di un costo di competenza dell’anno 2017, per un ammontare di 1.000 euro. Per correggere l’errore il contribuente rileva nel Conto economico 2020 un componente negativo di reddito.

Nella relativa dichiarazione (REDDITI 2021) occorre operare una variazione in aumento pari a 1.000,00 euro, da indicare, in mancanza di specifiche istruzioni, nel rigo RF31 (dedicato alle altre variazioni in aumento), con il codice 99.
Il contribuente può, poi, presentare una dichiarazione integrativa a favore REDDITI 2018:
– compilando, nel riquadro “Tipo di dichiarazione” del frontespizio, la casella “Dichiarazione integrativa” con il codice 1 (si tratta della c.d. integrativa “ultrannuale”, per la quale nel modello REDDITI 2021 è stata inserita la nuova casella “Dichiarazione integrativa errori contabili”);
– imputando il costo al periodo d’imposta 2017 attraverso una variazione in diminuzione, da indicare, in mancanza di specifiche istruzioni, nel rigo RF55 (dedicato alle altre variazioni in diminuzione), con il codice 99.

Se la dichiarazione integrativa è presentata nel corso del periodo d’imposta 2020 e comporta l’emersione di un credito, occorre, poi, compilare il quadro DI del modello REDDITI SC 2021.
Se l’errore commesso nel 2017 è rilevante (es. 500.000 euro) ed è, quindi, corretto con una rettifica del saldo iniziale del Patrimonio netto, non è necessario effettuare variazioni nella dichiarazione riferita al 2020 (ferma invece restando la variazione in diminuzione da operare nella dichiarazione integrativa).

Nella specie, nel periodo d’imposta di competenza può ritenersi rispettato il principio di previa imputazione a Conto economico ex art. 109 comma 4 del TUIR, anche se la correzione è stata contabilizzata a Patrimonio netto (risposta a  interpello Agenzia Entrate n. 12/2018). 

Si prenda a riferimento, ora, il caso in cui a dicembre 2020 il contribuente si accorge di aver omesso l’imputazione di un ricavo di competenza dell’anno 2019, per un ammontare di 1.000 euro. Per correggere l’errore il contribuente rileva nel Conto economico 2020 un componente positivo di reddito.
Il contribuente deve presentare una dichiarazione integrativa a sfavore REDDITI 2020:
– compilando, nel riquadro “Tipo di dichiarazione” del frontespizio, la casella “Dichiarazione integrativa” con il codice 1;
– imputando il ricavo al periodo d’imposta 2019 attraverso una variazione in aumento, da riportare nel rigo RF31, con il codice 99.
In questo caso, l’omissione ha effetti sanzionatori. Rimane comunque ferma la possibilità di fruire del ravvedimento operoso, in costanza dei requisiti di legge.
Successivamente, nella dichiarazione relativa al 2020 (REDDITI 2021), potrà operare una variazione in diminuzione pari a 1.000 euro, da indicare nel rigo RF55, con il codice 99.
Se l’errore commesso nel 2019 è rilevante (es. 200.000 euro) e comporta una rettifica del saldo iniziale di Patrimonio netto, non è necessario effettuare variazioni nella dichiarazione riferita al 2020 (ferma invece restando la variazione in aumento da operare nella dichiarazione integrativa).

Registrazione IRES ed IRAP – società capitali RISERVE

In Expertup causale libera 099 – IMPOSTE CORRENTI IL 31-12-N

  1. Mettere in DARE (COSTO Ires 370.1.1) ed in AVERE il conto Debito per IRES (240.23.1), oltre (EVENTUALMENTE) Il conto Acconti IRES 160.9.9 AVERE ed Acconti IRAP 160.9.10 in AVERE (versati nel periodo precedente 30/11/n-1) oltre al conto (eventuale) Erario C/Ritenute subite.

AL 31/12/N, in Expertup la registrazione:

In dottrina, esempio:


Per l’IRAP anno n al 31/12/n e poi imposte anticipate e differite con modulo software IMPOSTE ANTICIPATE E DIFFERITE


A GIUGNO N+1 O LUGLIO N+1 (CON LO 0.40%)

In sede di versamento al 30/06/n+1 puo’ capitare che le imposte siano appostate in bilancio:

a) correttamente, allora registri il pagamento

b) imposte in bilancio inserire in misura inferiore

c) Imposte in bilancio inserite in misura superiore

A GIUGNO N+1 O LUGLIO N+1 (CON LO 0.40%)

CODICE 365.2.1 – Imposte relative ad esercizi precedenti INDEDUCIBILE in DARE

CODICE 160.9.7 – ERARIO C/IRES, CODICE 160.9.8 ERARIO C/IRAP

VERSAMENTO ACCONTI

Acconti IRES 160.9.9 – Acconti IRAP 160.9.10 (DARE ) AVERE BANCA C/C 180.1.1

Interessi su posticipato pagamento di imposte (interessi di dilazione 0.40%) 350.1.11 (in bilancio E.c. 17 s05)

L’art. 2430 del c.c. prevede – e qualcuno sicuramente lo ricorderà – l’obbligo per gli amministratori delle società di capitali di procedere all’accantonamento a riserva legale di una parte dell’utile netto conseguito.

L’obbligo sussiste sia per la srl [quindi con capitale non inferiore ad euro 10.000] che per la srl c.d. semplificata, che – come abbiamo rilevato un paio di volte – è una forma di srl la cui costituzione è agevolata sia dal punto di vista dell’ammontare del capitale sociale necessario (può essere infatti anche di € 1) ma anche, un particolare non trascurabile, per i minori costi da sostenere.

Con la previsione di un obbligo di accantonamento a riserva legale di una porzione degli utili, il legislatore ha voluto preservare l’interezza del capitale dalle eventuali perdite che si dovessero registrare nel corso degli esercizi annuali.

Quanto all’entità dell’accantonamento, per la srl l’art. 2430 del c.c. prescrive che debba essere pari a una somma corrispondente almeno alla ventesima parte dell’utile netto conseguito [quindi almeno al 5%], e tale obbligo sussiste fino a quando il suo ammontare complessivo non sarà pari al quinto del capitale sociale.

Diversamente, per la srl semplificata l’art. 2463 prevede che “La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari ad un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente articolo in caso di suo utilizzo”.

Pertanto:

– la società con capitale sociale uguale o superiore ad euro 10.000 (srl) procederà all’accantonamento di un importo non inferiore al 5% degli utili netti conseguiti fin quando non avrà raggiunto 1/5 del capitale sociale;

– la srls, invece, accantonerà una quota non inferiore al 20% degli utili netti conseguiti fino al raggiungimento del capitale sociale di euro 10.000 e solo successivamente [e fino a quando non avrà raggiunto 1/5 del capitale sociale] procederà all’accantonamento di un importo non inferiore al 5% degli utili netti.

È fatta salva, si badi bene, la possibilità in entrambi i casi di procedere

ad accantonamenti superiori rispetto a quelli minimi previsti.

Da ultimo ricordiamo che l’omessa previsione dell’accantonamento a riserva legale rende nulla la delibera assembleare di approvazione del bilancio, con conseguenze – secondo i casi – anche molto onerose in capo agli amministratori, perché ad es. è previsto addirittura l’arresto fino ad un anno per l’amministratore che procede alla ripartizione di utili che invece

PASSAGGI IN EXPERTUP

a) Registrazione delle imposte IRES ed IRAP correnti dal modulo VER della contabilità, le imposte sono di competenza ma vanno ad aumentare la base fiscale. Sono deducibili solo le imposte pagate

b) nel modulo Imposte anticipate e differite vengono calcolate e riportate in bilancio con le registrazioni (menu’ utilità) considera compenso amministratore non pagato ed altro. Il riporto delle perdite vale solo ai fini IRES e non IRAP ed è pari al 80% delle perdite fiscali pregresse (salvo i primi 3 anni per neo società o nuova unità produttiva)

Imposte e sanzioni e interessi IRPEF IRAP IRES deducibilità

Le sanzioni sono SEMPRE INDEDUCIBILI fiscalmente (ade), ANCHE SE NON MANCANO PARERI CONTRARI.

In Expertup il conto da usare per le sanzioni imposte dirette (IRES / IRAP) relative ad esercizi precedenti ed esercizi correnti (comprese sanzioni ed interessi) è il conto 365.02.1 (Imposte relative ad esercizi precedenti indeducibili) in bilancio CE 20.b o CE B.14 (315.1.17 ONERI DIVERSI DI GESTIONE)

Al momento di ricezione della cartella di pagamento dovrebbero essere state movimentate le rispettive voci: in Avere la voce D.12) – Debiti Tributari in contropartita a una voce costo indeducibile dal punto di vista fiscale (al punto 20 del Conto economico), rappresentato da imposte e tasse di competenza di esercizi precedenti non pagate e quindi non iscritte in bilancio, oggetto dell’atto di riscossione.

Per registrare la quota relativa agli interessi di mora invece dovrebbe essere stata utilizzata la voce di costo C.17 del Conto Economico (350.1.13), mentre quanto agli oneri di riscossione e le spese di notifica (315.003.004) dovrebbe essere state contabilizzate nella sezione B.7 del Conto Economico tra i costi per servizi (315.003.004).

Per le imposte indirette (multe ammende) periodi precedenti “oneri diversi di gestione” codice “345.1.27”

Gli interessi per dilazione di pagamento imposte il codice è 350.1.11 (Interessi su posticipato pagamento di imposte) sono sempre deducibili

Le sanzioni comminate all’impresa per violazioni di carattere tributario:

  • IMPOSTE DIRETTE PERIODO CORRENTE devono essere rilevate nella voce “20 – Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate” del Conto economico, se attinenti ad imposte dirette correnti o relative ad esercizi precedenti (documento OIC 12, § 101 e sub Motivazioni alla base delle decisioni assunte; documento OIC 25, § 27); EXPERTUP CONTO
  • devono essere rilevate nella voce “B.14 – Oneri diversi di gestione” del Conto economico, se attinenti ad imposte indirette relative all’esercizio in corso o ad esercizi precedenti (documento OIC 12, sub Motivazioni alla base delle decisioni assunte).

La contropartita patrimoniale deve essere rilevata, a seconda dei casi:

  • nella voce “D.12 – Debiti tributari”, se la passività deriva da dichiarazioni dei redditi, accertamenti definitivi o contenziosi chiusi ed è, quindi, certa e determinata;
  • nella voce “B.2 – Fondi per imposte”, se la passività deriva, ad esempio, da accertamenti non definitivi o contenziosi in corso e altre fattispecie similari ed è, quindi, solo probabile.

La scrittura contabile è la seguente:

Sanzioni (20/B.14 CE)aDebiti tributari/Fondi per imposte (D.12/B.2 SP)

Le sanzioni amministrative comminate all’impresa devono, invece, essere rilevate nella voce B.14 del Conto economico, che comprende costi ed oneri diversi di natura non finanziaria, tra i quali gli “oneri per multe, ammende e penalità” (documento OIC 12, § 84).
La scrittura contabile è la seguente:

Sanzioni (B.14 CE)aDebiti verso altri (D.14 SP)

Affinché le sanzioni siano rilevate in bilancio e, quindi, concorrano a determinare l’utile di periodo, devono rappresentare una conseguenza di un comportamento correlato a finalità imprenditoriali (requisito di inerenza) (circ. Agenzia delle Entrate 16.7.2009 n. 36 e 22.7.2009 n. 39).
Non possono essere imputate a Conto economico, ad esempio, le sanzioni che attengono alla sfera personale degli amministratori o dei soci.

Ritenuta Ristrutturazioni lato imprese effettuata dalla banca su fatture per opere edili

L’articolo 25 del Decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito in legge n. 122/2010, ha introdotto una ritenuta  (ora dell’ 8%) a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari di pagamenti relativi a bonifici disposti dai contribuenti in relazione a spese per le quali sono riconosciuti oneri deducibili o per le quali spetta la detrazione d’imposta. Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 giugno 2010, prot. n. 94288, è stato stabilito che la ritenuta va effettuata sui pagamenti relativi ai bonifici disposti per:

• spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio (con diritto alla detrazione del 36%);

• spese per interventi di risparmio energetico (con diritto alla detrazione del 55%).

La ritenuta è operata direttamente dalle banche o Poste al momento dell’accreditamento dei pagamenti. Le banche o Poste effettuano il versamento delle ritenute, tramite il modello F24 utilizzando il codice tributo “1039”, rilasciano la certificazione delle ritenute d’acconto eseguite al beneficiario stesso ed indicano nella dichiarazione dei sostituti d’imposta i dati concernenti i pagamenti effettuati.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5- 04177, è stata sollevata la problematica concernente la possibilità di utilizzare tali ritenute in compensazione a partire dal 1° gennaio 2011, mediante l’adozione di un apposito codice tributo. Nella risposta alla citata interrogazione è stata negata tale possibilità ed è stato specificato che la ritenuta d’acconto in esame non è diversa dalle altre ritenute che l’ordinamento tributario vigente pone a carico dei percettori di reddito d’impresa (come, ad esempio, la ritenuta del 4% di cui all’articolo 25-ter, DPR 600/73). Sulla base delle regole generali contenute nell’articolo 17, comma 1, decreto legislativo 241/97, il contribuente può utilizzare in compensazione i crediti d’imposta risultanti dal modello Unico dopo aver scomputato le ritenute d’acconto subite e gli acconti versati. Di conseguenza, ciò che costituisce oggetto di compensazione è il credito d’imposta eventualmente emergente dalla dichiarazione e non la ritenuta d’acconto subita nel relativo periodo di imposta. Questa, infatti, in sede di conguaglio, potrebbe anche non tradursi in un credito d’imposta. Quindi: il contribuente non può utilizzare in compensazione direttamente le ritenute subite, in quanto le stesse devono necessariamente transitare attraverso il modello Unico, cioè devono essere scomputate dall’imposta dovuta, al pari degli acconti versati. Come precisato nelle istruzioni al Modello Unico, il diritto alla compensazione può essere esercitato dal giorno successivo a quello in cui si è chiuso il periodo d’imposta nel quale si è formato il credito medesimo, purché ricorrano le seguenti condizioni:

a) il contribuente sia in grado di effettuare i conteggi relativi;

b) il credito utilizzato in compensazione sia quello effettivamente spettante sulla base delle dichiarazioni successivamente presentate.

Quindi, se il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il contribuente, in presenza delle suddette condizioni, può avvalersi della facoltà di compensare il credito d’imposta già a partire dal 1° gennaio dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi, se ha provveduto a conguagliare la propria posizione complessiva nei confronti dell’erario ed emerge un’eccedenza a credito. Nella risposta all’interrogazione, infine, è precisato che le medesime considerazioni valgono anche per le ritenute subite dalle società di persone (o dalle SRL in regime di trasparenza). Si ricorda, per completezza, che le ritenute subite da tali soggetti sono attribuite ai soci o associati, analogamente a quanto previsto per il reddito o perdita conseguiti (ai sensi dell’art. 22 TUIR). Sulla base di quanto esposto nell’interrogazione, i soci non possono utilizzare in compensazione direttamente le ritenute ad essi attribuite dalla società, ma devono far transitare le stesse nel quadro RN del modello Unico, portandole a scomputo dell’imposta risultante. Il socio potrà utilizzare in compensazione soltanto il credito eventualmente risultante dalla propria dichiarazione.