Comunicazione periodica, il caso dell’errore “a catena”

Comunicazione periodica, il caso dell’errore “a catena”.

Autore: SANDRA PENNACINII – da Fiscal Focus

Quesito – In sede di compilazione della prima Comunicazione periodica delle Liquidazioni IVA dell’anno, per errore è stato riportato un credito IVA dell’anno precedente superiore a quello effettivo. Ricalcolando le liquidazioni, considerando il credito corretto, risulta che il contribuente resta comunque sempre a credito, ma ovviamente il credito è inferiore a quello inizialmente comunicato in sede di LI.PE.

E’ possibile sanare tale situazione con la compilazione del quadro VH? Ed in tal caso, questo comportamento è comunque soggetto a sanzione?

Risposta – La risposta al quesito posto è da ricercarsi innanzi tutto nella Risoluzione 104/E del 28 luglio 2017, avente ad oggetto “Comunicazioni dei dati delle fatture e delle liquidazioni periodiche I.V.A. – Applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso alle sanzioni di cui all’articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997 – Articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997”.

Il D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, in Legge 225 del 1 dicembre 2016, ha introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2017, l’obbligo di comunicazione dei “dati di sintesi delle liquidazioni periodiche IVA” (articoli 21 e 21-bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122).

Soffermiamoci su tale primo assunto: la comunicazione obbligatoria riguarda i dati di sintesi delle liquidazioni, dei quali fanno anche parte il credito a riporto “IVA su IVA” derivante dall’anno precedente in sede di prima comunicazione e poi, a cascata, il riporto del credito eventualmente risultante dalla liquidazione precedente nella liquidazione successiva.

Quindi, ciò che rileva è l’interezza dei dati, e non la circostanza che ad essere esposto sia un credito piuttosto che un debito.

Chiaro è che se l’errore compiuto avesse anche determinato la circostanza che ad un certo punto il contribuente avesse chiuso la liquidazione a debito, invece che a credito, ciò avrebbe determinato anche un omesso versamento di imposta, ma tale omissione costituirebbe un ulteriore problema da trattarsi separatamente. Il punto, nella situazione descritta nel quesito, è che i dati esposti nelle LI.PE. non sono corretti, a partire dalla prima e poi, a cascata, in tutte quelle successive.

Con il D.L. n. 193 del 2016 sono stati anche determinati gli aspetti sanzionatori. E’ stato stabilito che in caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche è dovuta la sanzione amministrativa nella misura minima di 500 euro, e sino ad un massimo di 2.000 euro, sanzione che poi viene ridotta alla metà se la trasmissione dei dati corretta viene effettuata entro 15 giorni successivi alla scadenza (ma non è questo il nostro caso).

Per quanto riguarda la correlazione con la Dichiarazione Modello VH, le istruzioni al modello ben precisano la funzione assegnata al quadro a partire dai dati relativi al 2017: il quadro VH deve essere compilato esclusivamente qualora si intenda inviare, integrare o correggere i dati omessi, incompleti o errati nelle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA (cfr. risoluzione n. 104/E del 28 luglio 2017).

Viene inoltre precisato che nei righi da VH1 a VH16 devono essere indicati i dati (IVA a credito ovvero IVA a debito) risultanti dalle liquidazioni periodiche eseguite. Quindi, anche in questo caso troviamo conferma che (purtroppo) non è rilevante se il saldo della liquidazione sia un credito o un debito. Ciò che rileva è la circostanza che il saldo della LI.PE. presentata è diverso dall’effettivo saldo della liquidazione periodica. In questo caso ci troviamo di fronte ad una LI.PE. errata o, volendo ricalcare la terminologia della norma, infedele.

Nel caso prospettato, pertanto, ogni qualvolta la LI.PE. sia stata presentata con esposizione di un credito superiore a quello effettivamente spettante, seppure a seguito di un unico errore “originale” di riporto di credito di anno precedente, sarà ciascuna LI.PE. ad essere stata presentata con dati infedeli, e conseguentemente sanzionabile.

Occorre quindi rettificare la situazione, andando innanzi tutto ad indicare nel quadro VH i dati corretti.

Attenzione, tuttavia, a tenere in debita considerazione il fatto che la compilazione del quadro VH è un atto propedeutico a potersi avvalere della riduzione delle sanzioni, in caso di ravvedimento – come meglio approfondiremo nel seguito. Le sanzioni, quindi, sono certamente dovute, ma compilando il quadro VH possono essere mitigate di molto.

Per poter ridurre l’impatto delle sanzioni è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, come precisato dalla Risoluzione 104/E/2017. Intanto occorre precisare che si applicano disposizioni diverse nel caso in cui i dati delle liquidazioni periodiche siano ripresentate. In tal caso occorre quindi inviare una nuova comunicazione, che riporta i dati corretti, e poi procedere al ravvedimento operoso della sanzione dovuta. Tale soluzione risulta particolarmente interessante laddove ci si accorga dell’errore nell’arco dei 15 giorni successivi alla data di scadenza dell’adempimento ma, come abbiamo detto, non è il nostro caso.

Ricorre invece il caso di regolarizzazione direttamente con la dichiarazione IVA annuale. In questo caso non è necessario inviare una nuova LI.PE. con i dati corretti, che saranno invece esposti nel quadro VH del Modello IVA 2018.

Precisa la Risoluzione: “In particolare, se con la dichiarazione annuale sono inviati/integrati/corretti i dati omessi/incompleti/errati nelle comunicazioni periodiche, è dovuta la sola sanzione di cui all’articolo 11, comma 2-ter, del D.Lgs. n. 471 del 1997, eventualmente ridotta”. Dove con la terminologia “è dovuta la sola sanzione” si intende che occorre solo versare la sanzione (per ciascuna LI.PE.) senza necessità di ripresentarla.

Riassumendo, per ciascuna LI.PE. che sia stata presentata con evidenza di un saldo a credito o a debito non corrispondente alla liquidazione effettiva, potenzialmente è dovuta la sanzione da 500 a 2000 euro.

Laddove i dati corretti, come nel caso prospettato, siano correttamente esposti in dichiarazione IVA, è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso.

Ai sensi dell’articolo 13 comma 1, lettera b, sarà quindi possibile ravvedere ciascuna LI.PE. errata versando la sanzione minima, ridotta ad un ottavo, quindi euro 500 x 1/8 = Euro 62,50. Il tutto entro il 30 aprile 2018, termine di presentazione della dichiarazione annuale di riferimento.

Per quanto riguarda il IV trimestre 2017 è ovviamente consigliabile presentare la LI.PE., in scadenza al 28 febbraio 2018, già con i dati corretti, in modo tale da evitare, almeno con riferimento a tale invio, l’infedele trasmissione delle risultanze delle liquidazioni. Laddove si fosse già provveduto all’invio dei dati, entro la scadenza è possibile inviare una nuova comunicazione contenente i dati corretti. In questo caso la successiva comunicazione andrà a sostituire la precedente, automaticamente, e trattandosi di invio effettuato comunque nei termini, non sono dovute sanzioni.

Infortunio COLF INAIL

SUGGERIMENTI PER LA COMPILAZIONE DELLA DENUNCIA

1^ pagina:

– in tipologia del lavoratore si dovrà indicare: lavoratore domestico;

– in tipologia del contratto si dovrà indicare: determinato o indeterminato;

– in CCNL categoria lavoratori domestici (non serve scrivere nulla su CCNL settore lavorativo);

– in qualifica assicurativa si dovrà indicare: addetto ai servizi domestici e familiari;

– in voce professionale: colf o badante.

2^ pagina:

– nel primo riquadro si dovrà mettere la crocetta in servizi domestici e familiari e di riassetto e pulizia locali e indicare nome e cognome del datore, codice fiscale e codice Inps (si trova nei mav o nella denuncia di iscrizione del collaboratore domestico);

– nel riquadro indirizzo inserire l’indirizzo del datore di lavoro;

– nel riquadro unità produttiva indicare il luogo di lavoro del collaboratore domestico.

3^ pagina:

– compilare e descrivere l’incidente indicando come natura della lesione e sede della lesione una delle opzioni indicate nelle istruzioni per la compilazione.

4^ pagina:

– compilare solo in caso di testimone (prima parte);

– compilare solo in caso di incidenti causati dalla circolazione di veicoli a motore e di natanti.

5^ pagina:

– nel riquadro servizi domestici si dovranno riportare le ore settimanali e la paga oraria lorda compresa della quota di 13esima e anche di vitto alloggio orario se il collaboratore é convivente (ossia la paga oraria effettiva che viene utilizzata nel pagamento del mav e che, in Webcolf, si trova nell’ultimo riepilogo dei contributi del menù cedolini);

– se il collaboratore lavora anche per altri datori va compilata anche la parte 1) e 2) con relative ore e retribuzione. 

6^ pagina:

nel riquadro che riguarda l’autocertificazione selezionare “il sottoscritto datore di lavoro” e inserire tutti i dati del datore compreso numero di telefono e nell’ultima riga indicare che si allega il certificato medico.

INDENNITA’ DI INFORTUNIO

A) I primi 3 giorni di calendario sono a carico del datore di lavoro e vanno retribuiti con la paga di fatto, cioé comprensiva di vitto alloggio per i collaboratori conviventi.

B) A decorrere dal 4° giorno successivo a quello dell’infortunio e fino alla guarigione, viene pagata un’indennità giornaliera dall’INAIL, che comprende i giorni festivi (e il vitto e alloggio per conviventi), pari al:

– 60% della retribuzione convenzionale per i primi 90 giorni di calendario;

– 75% della retribuzione convenzionale dal 91° giorno di calendario in poi.

esterometro

Gli acquisti da soggetti UE non stabiliti in Italia richiedono l’applicazione dell’IVA a cura del cessionario ivi residente, anche se il cedente è identificato ai fini IVA in Italia.

Nell’ambito aziendale capita sempre più spesso che l’impresa scelga di avvalersi del canale di approvvigionamento online perché
più economico e con rapidi tempi di consegna.
Altrettanto abitualmente l’ufficio amministrativo riceve una fattura emessa da un soggetto estero (comunitario o extra-comunitario) che riporta una partita IVA italiana.

In tal caso, chi deve registrare la fattura di acquisto dovrà porre attenzione alla descritta operazione, verificando la partita IVA in questione.
L’operazione, infatti, può configurare almeno due fattispecie distinte.

Soggetto estero stabilito in Italia

A volte la partita IVA italiana riportata tra i dati anagrafici del cedente estero corrisponde ad una stabile organizzazione italiana di tale soggetto: vale a dire che il fornitore estero ha aperto una società operativa in Italia, dalla quale è tenuto ad emettere regolari fatture con IVA.

In altri termini tale posizione equivale ad un soggetto stabilito in Italia tenuto ad emettere fatture elettroniche dalla propria partita IVA italiana, avvalendosi del Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle entrate.
Per il cessionario italiano l’operazione non desta particolari problemi: quest’ultimo riceve una fattura elettronica con IVA, da registrare regolarmente sul registro IVA acquisti.

È appena il caso di precisare che l’operazione non dovrà essere riepilogata nell’esterometro, trattandosi di una compravendita tra soggetti stabiliti in Italia soggetta a fatturazione elettronica.
Un esempio su tutti? Gli acquisti su Amazon, quando la fattura viene emessa dalla succursale italiana del colosso dell’e-commerce, con ragione sociale AMAZON EU SARL.
Soggetto estero non stabilito ma identificato in Italia A differenza del caso precedente, quando il fornitore estero non è stabilito in Italia ma semplicemente identificato in Italia, le cose si complicano leggermente.

Il soggetto estero identificato in Italia è titolare di una posizione IVA “leggera”, ossia non ha una sede operativa nel nostro paese; gli operatori esteri che hanno elevati volumi di vendita nei confronti di persone fisiche italiane che acquistano in qualità di privati consumatori (ossia senza P. IVA), aprono tale posizione IVA (per obbligo o per opzione) per applicare l’imposta italiana sull’operazione. Quando l’acquirente è un’impresa italiana (es. Gamma srl) il cedente estero non residente e non stabilito, anche se identificato in Italia, deve fatturare al proprio acquirente utilizzando la propria posizione IVA estera, senza applicare l’imposta: sarà il cessionario italiano ad applicare l’IVA in Italia tramite reverse charge (applicando l’IVA nel registro delle vendite e in quello degli acquisti). Come distinguere la stabile organizzazione italiana dall’identificazione diretta

Un utile strumento per controllare la partita IVA italiana esposta su una fattura emessa da una società con sede in un Paese membro UE è il Vies (VAT information exchange system).
Il sistema Vies fornisce, tra gli altri, l’informazione che trattasi di soggetto “identificato ma non residente in Italia”.
Tale fornitore quando cede dei beni ad un soggetto passivo italiano (anch’esso regolarmente iscritto al Vies) è tenuto ad emettere una fattura senza IVA; sarà il cessionario italiano ad applicare l’imposta tramite inversione contabile.
L’operazione sarà esclusa dall’obbligo di fatturazione elettronica e, conseguentemente, sarà da includere nell’esterometro.

Esercizio delle opzioni nel quadro VO entro il 30 aprile 2021

l 30 aprile 2021 è il termine per la presentazione della dichiarazione IVA 2021 relativa al 2020, come previsto in via ordinaria dall’art. 8 comma 1 del DPR 322/98.
Nell’ambito del modello di dichiarazione annuale IVA, è previsto, tra gli altri, il quadro VO, ove comunicare le opzioni e le revoche in materia di IVA e di imposte dirette, come disposto dagli artt. 1 e 2 del DPR 442/97.

Nelle ipotesi di esonero dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA 2021 relativa al 2020, il quadro VO dovrà essere trasmesso in allegato al modello REDDITI 2021, entro il termine del 30 novembre 2021 se la dichiarazione è inviata in modalità telematica.
Si rammenta che, in linea generale, per effetto dell’art. 1 e dell’art. 3 del DPR 442/97, le opzioni per i regimi di determinazione dell’imposta sono manifestate mediante comportamento concludente e vincolano il soggetto passivo per un triennio.

Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, se non viene esercitata la revoca nel quadro VO, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, in presenza dei requisiti necessari, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

Ad esempio, le imprese minori che avevano esercitato l’opzione per la tenuta dei registri IVA senza annotare le date dei singoli incassi e pagamenti (art. 18 comma 5 del DPR 600/73) nella dichiarazione IVA 2018 relativa al 2017 sono vincolate al mantenimento dell’opzione esercitata sino al compimento del triennio, vale a dire l’anno d’imposta 2019.
Nel quadro VO del modello IVA 2021 (rigo VO26) dovrà essere indicata l’eventuale revoca, trattandosi della prima dichiarazione IVA successiva alla scelta operata (art. 2 comma 1 del DPR 442/97).

È da rammentare che il vincolo triennale dell’opzione persiste in costanza di applicazione del regime di cassa, mentre viene meno in caso di transito a un diverso regime “naturale”, come nel caso in cui il soggetto minore decida di applicare il regime forfetario di cui all’art. 1 comma 54 ss. della L. 190/2014 (si veda la ris. Agenzia delle Entrate 14 settembre 2018 n. 64).

Tra le novità più significative del quadro VO, per la dichiarazione IVA 2021, si evidenzia l’introduzione del rigo VO16, dedicato ai soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici (c.d. “TTE”). Nello specifico, il rigo è riservato ai soggetti nazionali che, pur potendo beneficiare della deroga prevista dall’art. 7-octies comma 3 del DPR 633/72, e quindi applicare l’IVA in Italia in relazione ai servizi “TTE” resi a privati consumatori di altri Stati membri, decidono di applicare l’IVA nello Stato membro del committente.

Infatti, l’art. 7-octies del DPR 633/72, introdotto nell’ordinamento nazionale con il DLgs. 45/2020, a partire dal 10 giugno 2020 (anche se la relativa disciplina è efficace dal 1° gennaio 2019 ai sensi della direttiva 2017/2455/Ue) consente ai soggetti passivi nazionali di optare per l’applicazione dell’imposta nello Stato membro dell’Unione europea ove è domiciliato (o residente senza domicilio all’estero) il committente del servizio.
Nel rigo VO16 vi è, quindi, la possibilità di comunicare l’opzione esercitata con riferimento al periodo d’imposta 2020, individuando il singolo Stato membro di “destinazione” del servizio prestato.
L’opzione ha effetto dall’anno in cui è esercitata, fino a revoca, e comunque per almeno due anni. Il modello dichiarativo, però, non riporta ancora una specifica casella per comunicare la revoca dell’opzione in quanto, come evidenziato, quest’ultima è esercitabile soltanto dal 2020.La compilazione può riguardare anche i forfetari

La compilazione del quadro VO della dichiarazione IVA può interessare anche i soggetti che sono transitati dal regime forfetario (L. 190/2014) al regime ordinario o viceversa.
Nello specifico, i soggetti che, essendo in possesso dei requisiti per avvalersi del regime forfetario, hanno optato nell’anno 2020 per la determinazione dell’IVA e del reddito nei modi ordinari devono barrare la casella 1 del rigo VO33. L’opzione rimane valida per almeno un triennio (ossia fino al 2022) e, successivamente, per ciascun anno successivo fino a revoca.

Il vincolo triennale, però, non si applica alle imprese in contabilità semplificata, in quanto il regime di cassa e quello forfetario sono entrambi naturali per i contribuenti minori (cfr. ris. n. 64/2018 e circ. n. 9/2019, § 3.1). Il vincolo permane, invece, per gli imprenditori che abbiano optato per la contabilità ordinaria e per i professionisti.

La casella 2 del rigo VO33, infine, dovrà essere barrata dai soggetti che dal 2020 hanno applicato (o riapplicato) il regime forfetario, revocando l’opzione per quello ordinario. Tuttavia, poiché in tal caso opera l’esonero dalla presentazione della dichiarazione IVA, il quadro VO, come già ricordato, dovrà essere allegato al modello REDDITI 2021.

Contabilita’ – Come fare per registrare una fattura di acquisto in reverse charge? su Dylog Expertup


Le causali precaricate che gestiscono la casistica sono le seguenti:

108 – REVERSE CHARGE (ACQUISTO)
109 – REVERSE CHARGE X REGISTRO VEND.

Il programma prevede le seguenti tipologie di bene in reverse charge:

031 – Prestazioni servizi di pulizia, demolizione, installazione impianti edifici
032 – Trasferimento quote emissioni gas a effetto serra – 2003/87/CE
033 – Trasferimento altre unità e certificazione gas e energia elettrica – 2003/87/CE
034 – Cessioni gas e energia elettrica a soggetto passivo rivenditore – Art.7 bis c.3 lett.a
035 – Cessioni bancali in legno (pallet) recup. Cicli success. al primo
106 – Acq./Cess. Fabbricati Art. 17 c. 6
107 – ROTTAMI ART. 35 D.L. 269 !!! NO PER CONTAB. PROFESSIONISTI !!!
108 – SUBAPPALTO EDIL. ACQ. REVERSE CHARGE !!! NO PER CONTAB. PROFESSIONISTI !!!
212 – Telef. cellulari Art.17, comma 6, lett. b
213 – Microprocessori Art.17, comma 6, lett. c
214 – Telef. cellulari Art.17, comma 6 – Ammortizzabile
215 – Microprocessori Art.17, comma 6 – Ammortizzabile

I seguenti codici IVA devono essere utilizzati per l’acquisto (causale 108):

330 – IVA 20% ACQUISTI IN REVERSE CHARGE
331 – IVA 21% ACQUISTI IN REVERSE CHARGE
332 – IVA 22% ACQUISTI IN REVERSE CHARGE

I seguenti codici IVA devono invece essere utilizzati per la registrazione fittizia nelle vendite (causale 109):

230 – IVA 20% ACQUISTI FITTIZIA
231 – IVA 21% ACQUISTI FITTIZIA
232 – IVA 22% ACQUISTI FITTIZIA

Impugnazioni nelle delibere società di capitali

Verbalizzazione, statuto, clausole di tutela e tempistiche: il termine è di 90 giorni dalla data di adozione, con una finestra più ampia per il socio.

Anche in un periodo di tour de force come questo, un tempestivo aggiornamento dei libri sociali delle società clienti di studio, con il riporto delle delibere assembleari e consiliari fornite dal cliente, è senz’altro necessario e opportuno, sia in ottemperanza a disposizioni di legge, sia per l’eventuale necessità di impugnare una o più delibere.
Secondo l’art. 2388, c. 4, C.C., le delibere consiliari che non sono state prese in conformità alla legge o allo statuto sociale, possono essere impugnate entro il termine di 90 giorni dalla data della delibera, dal collegio sindacale nonché da ciascuno degli amministratori assenti o dissenzienti. Il socio può impugnare la delibera consiliare e inoltre esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o del cda, in caso di organo collegiale, per ottenere il risarcimento del danno direttamente subito in proprio. Il danno deve essere lesivo del patrimonio personale del socio, compresa la quota di partecipazione al capitale sociale, indipendentemente dall’entità.

La disciplina in materia, dettata per le Spa dal citato art. 2388, c. 4, C.C., si applica per analogia anche ai consigli di amministrazione delle società a responsabilità limitata. Nonostante la norma non richieda la verbalizzazione della decisione, tale aspetto riveste un ruolo cruciale, poiché solo con la prova documentale scritta è possibile provare la decisione assunta, gli interventi dei presenti e attestare lo svolgimento dell’attività collegiale. Si ritiene peraltro opportuno, secondo il Consiglio nazionale del Notariato (quesito di impresa n. 253-2008/I), inserire nello statuto sociale una clausola che imponga la verbalizzazione delle delibere consiliari.

Per i tempi di redazione del verbale, è ammessa, così come avviene per le delibere assembleari (art. 2375 C.C. “Verbale delle deliberazioni dell’assemblea”), una verbalizzazione non contestuale e dunque successiva, ma è richiesta l’indicazione nel verbale, non solo della data di svolgimento della riunione, ma anche della data di redazione e sottoscrizione del verbale stesso. Si ritiene, in ogni caso, che la verbalizzazione della decisione e dunque l’ultimazione del verbale, non possa legittimamente protrarsi per un periodo di tempo ingiustificato e debba essere tempestiva e “senza indugio”: si vedano la Massima n. VIII (ante riforma) e la Massima n.45 (post riforma) del Consiglio Notarile di Milano.
Pertanto, ad eccezione delle delibere che sono soggette all’iscrizione al Registro delle Imprese, si ritiene che il termine ultimo per la verbalizzazione tardiva coincida con l’inizio della riunione successiva, per analogia con l’art. 2379-bis C.C. (sanatoria di nullità).
È evidente che la mancata tempestività della verbalizzazione potrebbe pregiudicare il diritto di impugnare la delibera da parte di tutti i soggetti legittimati (amministratori assenti o dissenzienti, sindaci e socio che si consideri leso dalla decisione presa). Stante il tenore letterale dell’art. 2388 C.C., come sopra accennato, è previsto un termine di decadenza di 90 giorni dalla data della delibera: pertanto, si ritiene che, qualora la verbalizzazione non sia contestuale all’adozione della delibera, il termine decorra comunque dalla data di quest’ultima.

Nel caso di impugnazione del singolo socio, ancor più qualora non rivesta la carica di amministratore, la decorrenza del termine di 90 giorni è dibattuta poiché spesso il socio ignora la delibera consiliare e potrebbe venirne a conoscenza oltre la data di adozione della stessa o forse, addirittura, dopo i 90 giorni utili dalla medesima, precludendogli la possibilità di impugnarla. Secondo l’opinione prevalente, il termine dovrebbe decorrere dalla data di iscrizione della delibera al Registro delle Imprese (qualora sia previsto l’obbligo) oppure, qualora tale adempimento non sia richiesto in relazione all’oggetto della delibera, dal momento in cui il socio ne sia venuto a conoscenza e sia in condizione di valutare se la delibera sia lesiva dei suoi interessi.

Una consulenza appropriata all’amministratore della società cliente di studio, al fine di prevenire conflitti tra gli organi sociali, oppure al cliente socio il cui patrimonio personale sia stato leso da una delibera dell’organo amministrativo, saranno sicuramente apprezzate, anche a titolo di compenso professionale.

Aliquote Iva dei lavori di recupero edilizio

  • L’aliquota Iva del 22% si applica alla fornitura con posa in opera di tende da sole o schermature solari, non effettuata nell’ambito dei lavori di recupero edilizio.
  • L’aliquota Iva del 10% si applica nell’ambito di un più ampio intervento di recupero agevolato, come la manutenzione ordinaria, straordinaria o la ristrutturazione edilizia di fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata, perché è possibile applicare l’agevolazione dell’art. 7, c. 1, lett. b), L. 488/1999.
  • Si può beneficiare del 10% se l’installazione avviene con un contratto di appalto o d’opera (non fornitura con posa in opera) su immobili di qualunque categoria catastale, nell’ambito delle ristrutturazioni o risanamenti e restauri conservativi.