Bollo auto per cassa e non competenza

Le spese relative alla tassa automobilistica (c.d. “bollo auto”) vanno annoverate tra le spese di impiego degli autoveicoli e seguono, quindi, il trattamento fiscale del relativo veicolo in base all’art. 164 del TUIR (in tal senso, Vasapolli G., Vasapolli A. “Dal bilancio d’esercizio al reddito d’impresa”, RT Editore, 2020, § 3.14.31).
Il costo sostenuto per il bollo auto è deducibile secondo il principio di cassa.

IRAP

Così come ai fini delle imposte sui redditi, anche in ambito IRAP le spese relative alla tassa automobilistica (c.d. “bollo auto”) vanno annoverate tra le spese di impiego degli autoveicoli e seguono, quindi, il trattamento fiscale del relativo veicolo.

Società di capitali

Al pari delle altre spese relative agli autoveicoli, le società di capitali, gli enti commerciali e i soggetti IRPEF che determinano il valore della produzione netta ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 446/97 possono dedurre la tassa automobilistica integralmente (o, comunque, in misura superiore alle soglie fissate dal TUIR), atteso che il principio di inerenza applicabile ai fini IRAP è quello civilistico, desumibile dalla corretta applicazione dei principi contabili (circ. Agenzia delle Entrate 16.7.2009 n. 36, § 1.2, e 22.7.2009 n. 39, Cass. 11.6.2018 n. 15115).

Società di persone e imprenditori individuali

Per le società di persone commerciali e gli imprenditori individuali che, per obbligo o per scelta, determinano la base imponibile IRAP ai sensi dell’art. 5-bis del DLgs. 446/97, la tassa automobilistica è deducibile secondo le stesse regole applicabili ai fini della determinazione del reddito d’impresa.

Esercenti arti e professioni

In capo agli esercenti arti e professioni, la tassa automobilistica è deducibile secondo la medesima disciplina prevista ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo ai fini IRPEF (art. 8 del DLgs. 446/97).

Polizze Fideiussorie appalti

Deducibilità delle polizze ( ITALIAOGGI)

I costi sostenuti per le polizze fideiussorie a garanzia degli obblighi inerenti alla partecipazione a gare di appalto di opere pubbliche, sono deducibili nell’esercizio in cui si sostengono? E con quale voce di costo?

Sossio Farina – Frattamaggiore (Napoli)

Risponde Christina Feriozzi

Se la partecipazione a gare di appalto configura operazioni di gestione nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa, tale costo può ritenersi inerente alla stessa e quindi deducibile.

Per quanto concerne, inoltre, la tempistica di deducibilità dello stesso bisognerà valutare se il costo sostenuto può essere considerato a valenza pluriennale e per quanti esercizi può protrarsi l’influsso dello stesso o se, invece, tale costo può essere considerato spesa dell’esercizio in quanto andrà a esaurire i propri effetti nell’ambito dello stesso anno di sostenimento.

All’art. 2424 c.c..’, punto b.1.7) è prevista, nell’ambito delle immobilizzazioni immateriali, la voce residuale ´altre’ deputata ad accogliere gli altri eventuali costi capitalizzabili che non trovano collocazione specifica. In questa voce, come specificato nel documento n. 24 dei principi contabili statuiti dai consigli nazionali dei dottori e ragionieri commercialisti, possono rientrare i ´costi per l’acquisizione di commesse e relativi costi preoperativi’ i quali includono anche le spese per partecipazioni a gare. Essi debbono essere imputati al conto economico dell’esercizio in cui vengono sostenuti in quanto rappresentano costi per attività di natura ricorrente e necessaria per lo svolgimento della normale attività gestionale o di procacciamento degli affari dell’impresa.

Come contabilizzare ratei ferie del personale dipendente

FERIE MATURATE E NON GODUTE

Alla chiusura dell’esercizio deve procedersi alla contabilizzazione del costo relativo alle ferie non godute dal personale dipendente, che rappresentano un costo di competenza dell’esercizio in cui sono maturate, e non dell’esercizio in cui siano liquidate o fruite.

L’importo dovrà essere determinato, per ciascun dipendente, prendendo in considerazione: (i) il numero di giorni di ferie maturati sino alla data di chiusura dell’esercizio, e (ii) il costo giornaliero del dipendente. Il costo da rilevare dovrà tenere conto sia della retribuzione lorda, che dei contributi previdenziali e assistenziali a carico della società.

Il debito per ferie non godute rappresenta l’importo che l’azienda dovrebbe corrispondere ai dipendenti e agli enti previdenziali nell’ipotesi in cui, alla data di chiusura dell’esercizio, cessasse il rapporto di lavoro (indennità sostitutiva delle ferie non godute).

LE SCRITTURE DI ASSESTAMENTO

Al termine dell’esercizio (anno t) si dovrà, quindi, procedere alla rilevazione delle relative scritture di assestamento.

a) Rilevazione del costo relativo all’indennità per ferie maturate ma non godute:

Si noti che l’indennità per ferie maturate e non godute rappresenta un debito, maturato in modo definitivo alla fine dell’esercizio, e non un rateo passivo.
L’importo sarà esposto in bilancio fra gli “Altri debiti” alla voce D.14 del Passivo dello Stato Patrimoniale.

LE SCRITTURE DI ASSESTAMENTO

Il costo confluirà nella voce B.9.a del Conto Economico.

b) Rilevazione del costo per contributi a carico dell’azienda:

L’importo sarà esposto in bilancio fra i “Debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale” alla voce D.13 del Passivo dello Stato Patrimoniale, mentre il costo confluirà nella voce B.9.b del Conto Economico.

L’indennità per ferie maturate e non godute è fiscalmente deducibile nell’esercizio di maturazione (cfr. Cassazione 871/2009).

LE SCRITTURE NELL’ESERCIZIO SUCCESSIVO

Nell’esercizio successivo (anno t+1), qualora il dipendente cessi il rapporto di lavoro senza aver fruito delle ferie maturate nell’esercizio precedente (t), l’azienda pagherà l’indennità sostitutiva e rileverà contabilmente l’uscita finanziaria.

Qualora, invece, il dipendente fruisca delle ferie maturate nell’esercizio precedente, il relativo debito sarà stornato rilevando un componente positivo di reddito, che confluirà nella voce A.5 «Altri ricavi e proventi» del Conto Economico e costituirà una sopravvenienza attiva imponibile (cfr. Cassazione 871/2009).

Nell’ipotesi, infine, in cui le ferie maturate nell’esercizio (t) non siano state ancora fruite dal dipendente alla fine dell’esercizio (t+1), il debito resterà iscritto in bilancio, e dovrà essere eventualmente adeguato in base alle retribuzioni correnti. Al termine dell’esercizio (t+1) si procederà comunque alla rilevazione delle ferie maturate e non godute in tale esercizio, come sopra illustrato.

FERIE GODUTE NON MATURATE

Nell’ipotesi in cui il dipendente abbia, invece, usufruito anticipatamente di ferie non maturate, alla chiusura dell’esercizio dovrà procedersi alla rilevazione delle scritture di assestamento per i relativi importi, determinati come sopra illustrato, di competenza dell’esercizio successivo.

a) Rilevazione del risconto attivo per ferie godute ma non maturate:

FERIE GODUTE NON MATURATE

b) Rilevazione del risconto attivo per contributi a carico dell’azienda per ferie godute ma non maturate:

Gli importi saranno esposti in bilancio alla voce D “Ratei e Risconti” dell’Attivo dello Stato Patrimoniale.

Esportazioni estero ed IntraCEE

a) Esempio di esportazione extra UE diretta

Supponiamo che un’impresa vende un bene ad soggetto residente in Cile (estero), curandone anche la spedizione. L’impresa in questione deve fare la fattura indicando in essa la dicitura “non imponibile IVA, ex articolo 8, comma 1, lettera a) del DPR n. 633/72”. Fatto ciò, è compito dell’azienda cedente conservare la bolletta doganale dei prodotti ceduti e destinati in Cile.

N3.1 fatturazione elettronica –

Non Imponibile Art. 8 lett. a D.P.R.26 – Cessione all’esportazione non imponibile

Causale Contabile 014

Tipo bene 001

causale iva 700 n3.1 – non imponibile art. 8

b) Esportazione indiretta extra ue

Si parla di esportazione indiretta quando il trasporto del bene è effettuato dal cessionario residente o per suo conto. La prerogativa principale di questa vendita è che, entro 90 giorni, la merce da destinare, deve uscire dal territorio UE. L’intermediazione, in questo caso, viene delegata ad imprese specializzate di trasporto.

Anche qua, per quanto riguarda la fatturazione, è necessario indicare in fattura  la dicitura “non imponibile IVA, ex articolo 8, comma 1, lettera b) del DPR n. 633/72”.

Causale Contabile 014

Tipo bene 001

causale iva 700 n3.1 – non imponibile art. 8

c) CESSIONI INTRACOMUNITARIE NON IMPONIBILI – art. 41 D.L. n. 331/93

Causale Contabile 133

Tipo bene 001

causale iva 041 n 3.2 – non imponibile art. 41 DL N 331/93

Comunicazione periodica, il caso dell’errore “a catena”

Comunicazione periodica, il caso dell’errore “a catena”.

Autore: SANDRA PENNACINII – da Fiscal Focus

Quesito – In sede di compilazione della prima Comunicazione periodica delle Liquidazioni IVA dell’anno, per errore è stato riportato un credito IVA dell’anno precedente superiore a quello effettivo. Ricalcolando le liquidazioni, considerando il credito corretto, risulta che il contribuente resta comunque sempre a credito, ma ovviamente il credito è inferiore a quello inizialmente comunicato in sede di LI.PE.

E’ possibile sanare tale situazione con la compilazione del quadro VH? Ed in tal caso, questo comportamento è comunque soggetto a sanzione?

Risposta – La risposta al quesito posto è da ricercarsi innanzi tutto nella Risoluzione 104/E del 28 luglio 2017, avente ad oggetto “Comunicazioni dei dati delle fatture e delle liquidazioni periodiche I.V.A. – Applicabilità dell’istituto del ravvedimento operoso alle sanzioni di cui all’articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997 – Articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997”.

Il D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, in Legge 225 del 1 dicembre 2016, ha introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2017, l’obbligo di comunicazione dei “dati di sintesi delle liquidazioni periodiche IVA” (articoli 21 e 21-bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122).

Soffermiamoci su tale primo assunto: la comunicazione obbligatoria riguarda i dati di sintesi delle liquidazioni, dei quali fanno anche parte il credito a riporto “IVA su IVA” derivante dall’anno precedente in sede di prima comunicazione e poi, a cascata, il riporto del credito eventualmente risultante dalla liquidazione precedente nella liquidazione successiva.

Quindi, ciò che rileva è l’interezza dei dati, e non la circostanza che ad essere esposto sia un credito piuttosto che un debito.

Chiaro è che se l’errore compiuto avesse anche determinato la circostanza che ad un certo punto il contribuente avesse chiuso la liquidazione a debito, invece che a credito, ciò avrebbe determinato anche un omesso versamento di imposta, ma tale omissione costituirebbe un ulteriore problema da trattarsi separatamente. Il punto, nella situazione descritta nel quesito, è che i dati esposti nelle LI.PE. non sono corretti, a partire dalla prima e poi, a cascata, in tutte quelle successive.

Con il D.L. n. 193 del 2016 sono stati anche determinati gli aspetti sanzionatori. E’ stato stabilito che in caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche è dovuta la sanzione amministrativa nella misura minima di 500 euro, e sino ad un massimo di 2.000 euro, sanzione che poi viene ridotta alla metà se la trasmissione dei dati corretta viene effettuata entro 15 giorni successivi alla scadenza (ma non è questo il nostro caso).

Per quanto riguarda la correlazione con la Dichiarazione Modello VH, le istruzioni al modello ben precisano la funzione assegnata al quadro a partire dai dati relativi al 2017: il quadro VH deve essere compilato esclusivamente qualora si intenda inviare, integrare o correggere i dati omessi, incompleti o errati nelle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA (cfr. risoluzione n. 104/E del 28 luglio 2017).

Viene inoltre precisato che nei righi da VH1 a VH16 devono essere indicati i dati (IVA a credito ovvero IVA a debito) risultanti dalle liquidazioni periodiche eseguite. Quindi, anche in questo caso troviamo conferma che (purtroppo) non è rilevante se il saldo della liquidazione sia un credito o un debito. Ciò che rileva è la circostanza che il saldo della LI.PE. presentata è diverso dall’effettivo saldo della liquidazione periodica. In questo caso ci troviamo di fronte ad una LI.PE. errata o, volendo ricalcare la terminologia della norma, infedele.

Nel caso prospettato, pertanto, ogni qualvolta la LI.PE. sia stata presentata con esposizione di un credito superiore a quello effettivamente spettante, seppure a seguito di un unico errore “originale” di riporto di credito di anno precedente, sarà ciascuna LI.PE. ad essere stata presentata con dati infedeli, e conseguentemente sanzionabile.

Occorre quindi rettificare la situazione, andando innanzi tutto ad indicare nel quadro VH i dati corretti.

Attenzione, tuttavia, a tenere in debita considerazione il fatto che la compilazione del quadro VH è un atto propedeutico a potersi avvalere della riduzione delle sanzioni, in caso di ravvedimento – come meglio approfondiremo nel seguito. Le sanzioni, quindi, sono certamente dovute, ma compilando il quadro VH possono essere mitigate di molto.

Per poter ridurre l’impatto delle sanzioni è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, come precisato dalla Risoluzione 104/E/2017. Intanto occorre precisare che si applicano disposizioni diverse nel caso in cui i dati delle liquidazioni periodiche siano ripresentate. In tal caso occorre quindi inviare una nuova comunicazione, che riporta i dati corretti, e poi procedere al ravvedimento operoso della sanzione dovuta. Tale soluzione risulta particolarmente interessante laddove ci si accorga dell’errore nell’arco dei 15 giorni successivi alla data di scadenza dell’adempimento ma, come abbiamo detto, non è il nostro caso.

Ricorre invece il caso di regolarizzazione direttamente con la dichiarazione IVA annuale. In questo caso non è necessario inviare una nuova LI.PE. con i dati corretti, che saranno invece esposti nel quadro VH del Modello IVA 2018.

Precisa la Risoluzione: “In particolare, se con la dichiarazione annuale sono inviati/integrati/corretti i dati omessi/incompleti/errati nelle comunicazioni periodiche, è dovuta la sola sanzione di cui all’articolo 11, comma 2-ter, del D.Lgs. n. 471 del 1997, eventualmente ridotta”. Dove con la terminologia “è dovuta la sola sanzione” si intende che occorre solo versare la sanzione (per ciascuna LI.PE.) senza necessità di ripresentarla.

Riassumendo, per ciascuna LI.PE. che sia stata presentata con evidenza di un saldo a credito o a debito non corrispondente alla liquidazione effettiva, potenzialmente è dovuta la sanzione da 500 a 2000 euro.

Laddove i dati corretti, come nel caso prospettato, siano correttamente esposti in dichiarazione IVA, è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso.

Ai sensi dell’articolo 13 comma 1, lettera b, sarà quindi possibile ravvedere ciascuna LI.PE. errata versando la sanzione minima, ridotta ad un ottavo, quindi euro 500 x 1/8 = Euro 62,50. Il tutto entro il 30 aprile 2018, termine di presentazione della dichiarazione annuale di riferimento.

Per quanto riguarda il IV trimestre 2017 è ovviamente consigliabile presentare la LI.PE., in scadenza al 28 febbraio 2018, già con i dati corretti, in modo tale da evitare, almeno con riferimento a tale invio, l’infedele trasmissione delle risultanze delle liquidazioni. Laddove si fosse già provveduto all’invio dei dati, entro la scadenza è possibile inviare una nuova comunicazione contenente i dati corretti. In questo caso la successiva comunicazione andrà a sostituire la precedente, automaticamente, e trattandosi di invio effettuato comunque nei termini, non sono dovute sanzioni.

Infortunio COLF INAIL

SUGGERIMENTI PER LA COMPILAZIONE DELLA DENUNCIA

1^ pagina:

– in tipologia del lavoratore si dovrà indicare: lavoratore domestico;

– in tipologia del contratto si dovrà indicare: determinato o indeterminato;

– in CCNL categoria lavoratori domestici (non serve scrivere nulla su CCNL settore lavorativo);

– in qualifica assicurativa si dovrà indicare: addetto ai servizi domestici e familiari;

– in voce professionale: colf o badante.

2^ pagina:

– nel primo riquadro si dovrà mettere la crocetta in servizi domestici e familiari e di riassetto e pulizia locali e indicare nome e cognome del datore, codice fiscale e codice Inps (si trova nei mav o nella denuncia di iscrizione del collaboratore domestico);

– nel riquadro indirizzo inserire l’indirizzo del datore di lavoro;

– nel riquadro unità produttiva indicare il luogo di lavoro del collaboratore domestico.

3^ pagina:

– compilare e descrivere l’incidente indicando come natura della lesione e sede della lesione una delle opzioni indicate nelle istruzioni per la compilazione.

4^ pagina:

– compilare solo in caso di testimone (prima parte);

– compilare solo in caso di incidenti causati dalla circolazione di veicoli a motore e di natanti.

5^ pagina:

– nel riquadro servizi domestici si dovranno riportare le ore settimanali e la paga oraria lorda compresa della quota di 13esima e anche di vitto alloggio orario se il collaboratore é convivente (ossia la paga oraria effettiva che viene utilizzata nel pagamento del mav e che, in Webcolf, si trova nell’ultimo riepilogo dei contributi del menù cedolini);

– se il collaboratore lavora anche per altri datori va compilata anche la parte 1) e 2) con relative ore e retribuzione. 

6^ pagina:

nel riquadro che riguarda l’autocertificazione selezionare “il sottoscritto datore di lavoro” e inserire tutti i dati del datore compreso numero di telefono e nell’ultima riga indicare che si allega il certificato medico.

INDENNITA’ DI INFORTUNIO

A) I primi 3 giorni di calendario sono a carico del datore di lavoro e vanno retribuiti con la paga di fatto, cioé comprensiva di vitto alloggio per i collaboratori conviventi.

B) A decorrere dal 4° giorno successivo a quello dell’infortunio e fino alla guarigione, viene pagata un’indennità giornaliera dall’INAIL, che comprende i giorni festivi (e il vitto e alloggio per conviventi), pari al:

– 60% della retribuzione convenzionale per i primi 90 giorni di calendario;

– 75% della retribuzione convenzionale dal 91° giorno di calendario in poi.

esterometro

Gli acquisti da soggetti UE non stabiliti in Italia richiedono l’applicazione dell’IVA a cura del cessionario ivi residente, anche se il cedente è identificato ai fini IVA in Italia.

Nell’ambito aziendale capita sempre più spesso che l’impresa scelga di avvalersi del canale di approvvigionamento online perché
più economico e con rapidi tempi di consegna.
Altrettanto abitualmente l’ufficio amministrativo riceve una fattura emessa da un soggetto estero (comunitario o extra-comunitario) che riporta una partita IVA italiana.

In tal caso, chi deve registrare la fattura di acquisto dovrà porre attenzione alla descritta operazione, verificando la partita IVA in questione.
L’operazione, infatti, può configurare almeno due fattispecie distinte.

Soggetto estero stabilito in Italia

A volte la partita IVA italiana riportata tra i dati anagrafici del cedente estero corrisponde ad una stabile organizzazione italiana di tale soggetto: vale a dire che il fornitore estero ha aperto una società operativa in Italia, dalla quale è tenuto ad emettere regolari fatture con IVA.

In altri termini tale posizione equivale ad un soggetto stabilito in Italia tenuto ad emettere fatture elettroniche dalla propria partita IVA italiana, avvalendosi del Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle entrate.
Per il cessionario italiano l’operazione non desta particolari problemi: quest’ultimo riceve una fattura elettronica con IVA, da registrare regolarmente sul registro IVA acquisti.

È appena il caso di precisare che l’operazione non dovrà essere riepilogata nell’esterometro, trattandosi di una compravendita tra soggetti stabiliti in Italia soggetta a fatturazione elettronica.
Un esempio su tutti? Gli acquisti su Amazon, quando la fattura viene emessa dalla succursale italiana del colosso dell’e-commerce, con ragione sociale AMAZON EU SARL.
Soggetto estero non stabilito ma identificato in Italia A differenza del caso precedente, quando il fornitore estero non è stabilito in Italia ma semplicemente identificato in Italia, le cose si complicano leggermente.

Il soggetto estero identificato in Italia è titolare di una posizione IVA “leggera”, ossia non ha una sede operativa nel nostro paese; gli operatori esteri che hanno elevati volumi di vendita nei confronti di persone fisiche italiane che acquistano in qualità di privati consumatori (ossia senza P. IVA), aprono tale posizione IVA (per obbligo o per opzione) per applicare l’imposta italiana sull’operazione. Quando l’acquirente è un’impresa italiana (es. Gamma srl) il cedente estero non residente e non stabilito, anche se identificato in Italia, deve fatturare al proprio acquirente utilizzando la propria posizione IVA estera, senza applicare l’imposta: sarà il cessionario italiano ad applicare l’IVA in Italia tramite reverse charge (applicando l’IVA nel registro delle vendite e in quello degli acquisti). Come distinguere la stabile organizzazione italiana dall’identificazione diretta

Un utile strumento per controllare la partita IVA italiana esposta su una fattura emessa da una società con sede in un Paese membro UE è il Vies (VAT information exchange system).
Il sistema Vies fornisce, tra gli altri, l’informazione che trattasi di soggetto “identificato ma non residente in Italia”.
Tale fornitore quando cede dei beni ad un soggetto passivo italiano (anch’esso regolarmente iscritto al Vies) è tenuto ad emettere una fattura senza IVA; sarà il cessionario italiano ad applicare l’imposta tramite inversione contabile.
L’operazione sarà esclusa dall’obbligo di fatturazione elettronica e, conseguentemente, sarà da includere nell’esterometro.