Autovetture, professionisti ed imprese

Si chiede se un professionista/ditta individuale possa utilizzare il rimborso kilometrico della propria auto detenuta a titolo personale?

Risposta
Per gli esercenti attività professionale la disciplina sulla deducibilità dei costi relativi ai veicoli deriva dal combinato disposto dell’art. 54 e dell’art. 164 del TUIR.
Il presupposto per la deducibilità dei costi relativi ai veicoli risiede nella circostanza che il bene sia strumentale all’esercizio della professione. Al riguardo, si osserva che, a differenza di quanto previsto dall’art. 65 del TUIR per gli imprenditori individuali, nell’ambito della determinazione del reddito professionale non è prevista una disposizione in base alla quale si considerano beni relativi all’impresa (e non beni personali) quelli indicati nell’inventario (cfr. circ. CNDCEC 1/2008, § 2). Di conseguenza, ciò che conta è l’effettivo utilizzo come bene strumentale all’attività svolta.
Oltre a ciò, tuttavia, assume rilievo il rispetto degli obblighi di documentazione e registrazione delle spese; tali obblighi, ancorché non espressamente stabiliti dall’art. 54, si desumono dal principio dell’onere della prova e della relative limitazioni vigenti in ambito tributario (cfr. Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 679 ss).
Con riferimento al requisito della documentazione dei componenti negativi del reddito professionale, ai sensi dell’art. 3 del DPR 696/96, ai fini della deducibilità delle spese sostenute è quindi necessaria la ricevuta o la fattura.
Per quanto sopra, nonostante l’autovettura sia stata acquistata a titolo personale, si ritiene che i relativi costi di funzionamento (quali, ad esempio, costi di carburante, manutenzione) siano deducibili ove correttamente documentati e registrati nella contabilità del professionista.
In merito all’imprenditore individuale si osserva, invece, che l’art. 65 del TUIR dispone che il passaggio dalla sfera personale a quella imprenditoriale dei beni avviene con l’iscrizione del bene nell’inventario tenuto a norma dell’art. 2217 c.c.
Pertanto l’imprenditore, ai fini della deducibilità dei costi relativi al veicolo, deve iscrivere il bene nell’inventario.

Calcolo Plusvalenza/Minusvalenza Foglio Excel da cessione bene strumentale

Nell’ipotesi di beni parzialmente deducibili (es. autovetture), le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato (circ. Agenzia delle Entrate 4.8.2006 n. 28, § 38). Viene, in tal modo, estesa anche ai professionisti l’analoga modalità di calcolo prevista per le imprese, secondo il seguente rapporto:

Ammortamento fiscalmente dedotto/Ammortamento complessivo

Le plusvalenze sono fiscalmente rilevanti al momento della percezione del corrispettivo (circ. n. 28/E/2006, § 38). Infatti, l’art. 54 del TUIR sancisce l’applicazione del criterio di cassa come principio generalmente applicabile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, che può esser derogato solo nei casi espressamente previsti dai successivi commi della medesima disposizione (ris. Agenzia delle Entrate 16.2.2006 n. 30).

L’art. 164 comma 1 lett. b) del TUIR prevede, limitatamente ai titolari di reddito di lavoro autonomo, un limite numerico alla rilevanza fiscale dei veicoli.

In base alla richiamata disposizione, nel caso di “esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella misura del 20 per cento, limitatamente ad un solo veicolo”. Inoltre, se l’attività è svolta da società semplici e da associazioni, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato.

In via generale, tale previsione normativa non deve essere interpretata come obbligo di dedurre i costi relativamente al medesimo veicolo; qualora il professionista decida, nel corso dell’anno, di sostituire l’autovettura, l’ammortamento è deducibile, nei limiti dell’art. 164 del TUIR, e per la quota parte riferibile al periodo che va dall’inizio del periodo d’imposta alla data di cessione (si ritiene applicabile quanto prospettato, in materia di reddito d’impresa, dalla ris. Agenzia delle Entrate 41/2002).
In altri termini, i costi relativi al nuovo veicolo sono deducibili, posto che la locuzione dell’art. 164 comma 1 lett. b) del TUIR “limitatamente ad un solo veicolo” deve intendersi diretta a vietare la deduzione dei costi di eventuali mezzi di trasporto aggiuntivi, mentre non ha alcun rilievo in caso di sostituzione dell’unico veicolo del professionista (si veda “Deducibile un solo veicolo per professionista” del 14 febbraio 2011).

Con riferimento all’ipotesi in cui un professionista utilizzi due autovetture per l’espletamento della propria attività, la Nota DRE Toscana 6 febbraio 2013 n. 911-4942 ha affermato che, per espressa disposizione normativa, il contribuente potrà portare in deduzione le spese relative all’utilizzo di un solo autoveicolo.

La scelta di quale dei due veicoli considerare fiscalmente rilevante sembra rimessa al contribuente, anche in considerazione del fatto che la norma introduce soglie alla deducibilità dei costi che impediscono eventuali arbitraggi.
In virtù di tale libertà di scelta, non sembrano sussistere impedimenti a che il titolare di reddito di lavoro autonomo proprietario di un’autovettura completamente ammortizzata ne acquisti una nuova senza cedere la prima e su questa seconda autovettura conteggi gli ammortamenti fiscalmente deducibili.

Più delicato è il caso in cui il professionista utilizzi in determinati periodi dell’anno un veicolo (ad esempio, lo scooter) e in altri periodi un altro (ad esempio, l’autovettura).
Premesso che, nella sostanza, gli effetti potrebbero essere non molto dissimili, una prima soluzione potrebbe essere quella di dedurre solo i costi dell’autovettura relativi all’intero periodo d’imposta, in accordo con la natura forfetaria dell’art. 164 del TUIR.
In linea teorica, si potrebbe anche voler optare per una ripartizione dei costi in funzione dell’effettivo utilizzo, ad esempio perché sono state stipulate assicurazioni temporanee su entrambi i veicoli.

In assenza di indicazioni ufficiali, si può ipotizzare il seguente ragionamento.
Come riportato, la norma vuole vietare che in capo al professionista vengano dedotti contemporaneamente i costi relativi a più veicoli. Ciò in quanto l’art 164 del TUIR forfettizza l’inerenza delle spese delle autovetture, sia con riferimento alla percentuale di deducibilità (attualmente il 20%), sia con riferimento al numero massimo di autovetture deducibili.

Tanto premesso, anche ripartendo i costi su base temporale, sembra che la ratio della norma non venga disattesa, posto che la deduzione spetterebbe pro quota, in relazione al periodo di effettivo utilizzo e ai costi relativi a ciascun veicolo utilizzato.

Per altro verso, si potrebbe sostenere che il requisito in parola debba essere verificato su base annua e che, quindi, i costi deducibili siano relativi solo ad un veicolo a periodo d’imposta.
Tale conclusione suscita alcune perplessità.
In primo luogo, la lettera della norma non contiene chiaramente una previsione di tale portata.
Secondariamente, si creerebbe una disparità di trattamento tra i veicoli in proprietà e quelli noleggiati, posto che nel caso in esame, fermi restando i limiti di cui all’art. 164 del TUIR, la successione del noleggio di due veicoli nell’arco dell’anno determinerebbe costi di noleggio deducibili.

Da segnalare che, in relazione ai profili IVA, l’art. 19-bis1 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 prevede che “l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di veicoli stradali a motore, diversi da quelli di cui alla lettera f) dell’allegata tabella B, e dei relativi componenti e ricambi è ammessa in detrazione nella misura del 40 per cento se tali veicoli non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione. La disposizione non si applica, in ogni caso, quando i predetti veicoli formano oggetto dell’attività propria dell’impresa nonché per gli agenti e rappresentanti di commercio”.

Al riguardo, la citata Nota DRE Toscana 6 febbraio 2013 n. 911-4942 ha affermato che, seppur ai fini IVA l’art. 19-bis1 non disciplini espressamente, così come previsto dall’art. 164 del TUIR, alcun limite numerico, la detrazione nella misura del 40% deve essere, in ogni caso, strettamente connessa alla sussistenza del requisito dell’inerenza, vale a dire alla dimostrazione da parte del contribuente dell’effettivo impiego del bene nell’ambito dell’attività esercitata.
In presenza di veicoli che rispondano a diverse finalità di utilizzo, comunque inerenti l’attività esercitata, non si può escludere quindi la possibilità di detrarre l’IVA per entrambi i veicoli.

Quante Autovetture? Per il professionista UNA

L’art. 164 comma 1 lett. b) del TUIR prevede, limitatamente ai titolari di reddito di lavoro autonomo, un limite numerico alla rilevanza fiscale dei veicoli.

In base alla richiamata disposizione, nel caso di “esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella misura del 20 per cento, limitatamente ad un solo veicolo”. Inoltre, se l’attività è svolta da società semplici e da associazioni, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato.

In via generale, tale previsione normativa non deve essere interpretata come obbligo di dedurre i costi relativamente al medesimo veicolo; qualora il professionista decida, nel corso dell’anno, di sostituire l’autovettura, l’ammortamento è deducibile, nei limiti dell’art. 164 del TUIR, e per la quota parte riferibile al periodo che va dall’inizio del periodo d’imposta alla data di cessione (si ritiene applicabile quanto prospettato, in materia di reddito d’impresa, dalla ris. Agenzia delle Entrate 41/2002).
In altri termini, i costi relativi al nuovo veicolo sono deducibili, posto che la locuzione dell’art. 164 comma 1 lett. b) del TUIR “limitatamente ad un solo veicolo” deve intendersi diretta a vietare la deduzione dei costi di eventuali mezzi di trasporto aggiuntivi, mentre non ha alcun rilievo in caso di sostituzione dell’unico veicolo del professionista (si veda “Deducibile un solo veicolo per professionista” del 14 febbraio 2011).

Con riferimento all’ipotesi in cui un professionista utilizzi due autovetture per l’espletamento della propria attività, la Nota DRE Toscana 6 febbraio 2013 n. 911-4942 ha affermato che, per espressa disposizione normativa, il contribuente potrà portare in deduzione le spese relative all’utilizzo di un solo autoveicolo.

La scelta di quale dei due veicoli considerare fiscalmente rilevante sembra rimessa al contribuente, anche in considerazione del fatto che la norma introduce soglie alla deducibilità dei costi che impediscono eventuali arbitraggi.
In virtù di tale libertà di scelta, non sembrano sussistere impedimenti a che il titolare di reddito di lavoro autonomo proprietario di un’autovettura completamente ammortizzata ne acquisti una nuova senza cedere la prima e su questa seconda autovettura conteggi gli ammortamenti fiscalmente deducibili.

Più delicato è il caso in cui il professionista utilizzi in determinati periodi dell’anno un veicolo (ad esempio, lo scooter) e in altri periodi un altro (ad esempio, l’autovettura).
Premesso che, nella sostanza, gli effetti potrebbero essere non molto dissimili, una prima soluzione potrebbe essere quella di dedurre solo i costi dell’autovettura relativi all’intero periodo d’imposta, in accordo con la natura forfetaria dell’art. 164 del TUIR.
In linea teorica, si potrebbe anche voler optare per una ripartizione dei costi in funzione dell’effettivo utilizzo, ad esempio perché sono state stipulate assicurazioni temporanee su entrambi i veicoli.

In assenza di indicazioni ufficiali, si può ipotizzare il seguente ragionamento.
Come riportato, la norma vuole vietare che in capo al professionista vengano dedotti contemporaneamente i costi relativi a più veicoli. Ciò in quanto l’art 164 del TUIR forfettizza l’inerenza delle spese delle autovetture, sia con riferimento alla percentuale di deducibilità (attualmente il 20%), sia con riferimento al numero massimo di autovetture deducibili.

Tanto premesso, anche ripartendo i costi su base temporale, sembra che la ratio della norma non venga disattesa, posto che la deduzione spetterebbe pro quota, in relazione al periodo di effettivo utilizzo e ai costi relativi a ciascun veicolo utilizzato.

Per altro verso, si potrebbe sostenere che il requisito in parola debba essere verificato su base annua e che, quindi, i costi deducibili siano relativi solo ad un veicolo a periodo d’imposta.
Tale conclusione suscita alcune perplessità.
In primo luogo, la lettera della norma non contiene chiaramente una previsione di tale portata.
Secondariamente, si creerebbe una disparità di trattamento tra i veicoli in proprietà e quelli noleggiati, posto che nel caso in esame, fermi restando i limiti di cui all’art. 164 del TUIR, la successione del noleggio di due veicoli nell’arco dell’anno determinerebbe costi di noleggio deducibili.

Da segnalare che, in relazione ai profili IVA, l’art. 19-bis1 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 prevede che “l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di veicoli stradali a motore, diversi da quelli di cui alla lettera f) dell’allegata tabella B, e dei relativi componenti e ricambi è ammessa in detrazione nella misura del 40 per cento se tali veicoli non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione. La disposizione non si applica, in ogni caso, quando i predetti veicoli formano oggetto dell’attività propria dell’impresa nonché per gli agenti e rappresentanti di commercio”.

Al riguardo, la citata Nota DRE Toscana 6 febbraio 2013 n. 911-4942 ha affermato che, seppur ai fini IVA l’art. 19-bis1 non disciplini espressamente, così come previsto dall’art. 164 del TUIR, alcun limite numerico, la detrazione nella misura del 40% deve essere, in ogni caso, strettamente connessa alla sussistenza del requisito dell’inerenza, vale a dire alla dimostrazione da parte del contribuente dell’effettivo impiego del bene nell’ambito dell’attività esercitata.
In presenza di veicoli che rispondano a diverse finalità di utilizzo, comunque inerenti l’attività esercitata, non si può escludere quindi la possibilità di detrarre l’IVA per entrambi i veicoli.

Stato emergenza e Cedolare secca e fondo perduto

Fondo perduto: spetta sempre il contributo minimo nelle zone colpite da calamità – cedolare secca al 10%.

Al fine di sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, il decreto Rilancio prevede all’art. 25, un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA in possesso di specifici requisiti. Nello specifico, il contributo spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

La deroga alla regola generale prevista per i comuni colpiti da eventi calamitosi – Ebbene, se di regola l’accesso al contributo a fondo perduto necessita la prova della sussistenza di una riduzione del fatturato del richiedente di circa un terzo tra aprile 2019 e lo stesso mese del 2020 la situazione per molti richiedenti potrebbe essere diversa.

Infatti, il comma 4 ultimo periodo del mentovato articolo 25 prevede delle deroghe alla regola generale illustrata in quanto così dispone: “Il predetto contributo spetta anche in assenza dei requisiti di cui al presente comma (ovvero anche in assenza del calo di fatturato testé indicato, ndr) ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché ai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19”.

In sostanza, attraverso la disposizione normativa testé richiamata, il legislatore riconosce la possibilità di godere dei fondi in parola, a prescindere dalla sussistenza del calo di fatturato richiesto quale regola generale per avanzare legittimamente l’istanza, a tutti quei contribuenti che abbiano il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti da eventi calamitosi (sismi, alluvioni o altri eventi naturali avversi) i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19 ovvero al 31 gennaio 2020.

Proprio con riferimento ai predetti comuni a pag. 7 delle istruzioni alla compilazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto è riportata “a titolo indicativo e non esaustivo” una breve lista di comuni i cui richiedenti, per effetto di quanto appena illustrato, potranno richiedere di godere dei fondi anche in assenza di una flessione del proprio fatturato.

L’elenco citato richiama, ad esempio, i comuni interessati dal terremoto del centro Italia del 2016 che ha colpito in particolare le regioni dell’Abbruzzo, Lazio, Marche e Umbria o le province etnee colpite dal sisma del 2018.

Come precisato l’elenco non ha carattere esaustivo, per cui al fine di definire quali comuni siano interessati dal citato beneficio è necessario individuare per ciascuna regione e per ciascun singolo comune se per quel territorio al 31 gennaio 2020 (quindi alla dichiarazione di emergenza da Covid-19) era in essere uno stato d’emergenza.

In sostanza, verificata la presenza del proprio comune fra quelli oggetto delle delibere emergenziali, i contribuenti potranno presentare istanza per l’erogazione dei contributi a fondo perduto:
nella misura minima per i contribuenti che non hanno registrato alcun calo del fatturato tra 2019 e 2020;
nelle percentuali all’uopo previste (che vanno dal 10 al 20%) in presenza del calo medesimo.

La dichiarazione dello stato di emergenza – Sull’argomento si precisa che la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza è di competenza del Consiglio dei Ministri, mentre spetta al Capo del Dipartimento per la protezione civile il potere di ordinanza il quale deve essere oggetto di intesa con le regioni territorialmente interessate.

Gli eventi metereologici di particolare intensità del 2018 – Ad esempio, tra gli eventi calamitosi più recenti vanno annoverati, senza dubbio, gli eventi metereologici di particolare intensità che a partire dal 2 ottobre 2018 hanno interessato molte delle regioni italiane.

Proprio in relazione ai medesimi, la delibera del consiglio dei ministri dell’8 novembre 2018 al comma 1 prevedeva che fosse dichiarato per 12 mesi dalla data del citato provvedimento (quindi fino all’8 novembre 2019) lo stato di emergenza per i territori di alcune Regioni ovvero Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto e province autonome di Trento e Bolzano.

Successivamente, con delibera del 21 novembre 2019, il consiglio dei ministri ha esteso di ulteriori 12mesi (quindi sino al 8 novembre 2020) lo stato di emergenza per le regioni interessate dai precedenti provvedimenti.

È chiaro dunque che in applicazione di quanto previsto dal comma 4 dell’art. 25 per moltissimi comuni siti nelle regioni sopra elencate il contributo Covid a fondo perduto potrà essere chiesto, anche in mancanza del calo di fatturato, nella misura minima per effetto della vigenza dello stato d’emergenza al 31 gennaio 2020 nel comune in cui il richiedente ha il domicilio fiscale o la sede operativa.

Lo stato di emergenza in Sicilia – La regione Sicilia negli ultimi anni è stata interessata da diversi eventi naturali avversi.
Essa, infatti, è stata tra le Regioni interessate dagli intensi eventi metereologici di ottobre 2018, motivo per cui rientra tra i territori interessati dalla delibera dello stato di emergenza dell’8 novembre 2018, poi prorogato sino all’8 novembre 2020.

Inoltre, il Consiglio dei Ministri del 17 gennaio 2019, in considerazione degli ulteriori eventi metereologici eccezionali verificatisi nei giorni 8-11 novembre 2018, ha poi esteso gli effetti dello stato di emergenza dichiarato in data 8 novembre 2018 anche al territorio della provincia di Trapani.

Successivamente, nel settembre 2019 altri eventi calamitosi di natura climatica hanno interessato le province siciliane, motivo per cui un nuovo stato di emergenza della durata di 12 mesi è stato dichiarato con la delibera del consiglio dei ministri del 21 novembre 2019.

In considerazione di ciò molti comuni siciliani si trovano ancora ad oggi in stato di emergenza e tale condizione, come detto, assume particolare rilievo per i contribuenti interessati a richiedere l’erogazione del contributo a fondo perduto previsto dall’art.25 del DL Rilancio.

A tal fine, risulta indispensabile la puntuale individuazione dei Comuni effettivamente interessati dalle delibere emergenziali citate (sul punto cfr. risposta interpello Agenzia delle Entrate n. 470/2019).

Per effettuare correttamente tale individuazione bisogna fare riferimento agli atti emessi dalla giunta regionale siciliana. Ebbene, per quanto concerne gli eventi calamitosi del 2018 il documento cui fare riferimento per l’esatta individuazione dei comuni interessati è la deliberazione della giunta n. 201 del 30 maggio 2019 (vedi allegato) mentre con riferimento agli eventi del 2019 l’atto di riferimento sarà la deliberazione n. 386 del 1° novembre 2019.

Pertanto, i contribuenti che intendono richiedere il contributo a fondo perduto, seppur nella misura minima, potranno vagliare la legittimità della richiesta ai sensi del comma 4 dell’art. 25 verificando se il comune, in cui hanno il domicilio fiscale o la sede operativa, era interessato da una dichiarazione dello stato di emergenza alla data 31 gennaio 2020.

Valore Fiscale ISA e Beni Strumentali ammortamento, spese manutenzione

SPESE MANUTENZIONE

Per calcolare il valore delle spese di manutenzione è necessario avere il valore al 01 gennaio dei beni strumentali. In expertup per calcolare ciò è necessario stampare in definitivo il libro cespiti per l’anno osservato in DR.

VALORE BENI STRUMENTALI ISA AL 31/12/2019

Il valore da far riportare nel quadro ISA viene valorizzato in automatico, solo se in CESPITI/STRUMENTI/STAMPA FISCALE BENI STRUMENTALI. In conseguenza di tale operazione verrà riporto il valore nel quadro ISA (valore beni strumentali)

Spese manutenzione (appunti)

Quesito del 18.4.2018
Si chiede se il limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili di cui all’art. 102 co. 6 del TUIR debba essere inteso come limite massimo per la deduzione delle spese di manutenzione e, quindi, se il contribuente possa dedurre un importo inferiore al predetto limite, rinviando comunque la deduzione dell’eccedenza in quote costanti nei cinque esercizi successivi.

Risposta
In via preliminare, si ricorda che, ai sensi dell’art. 102 co. 6 del TUIR:
– le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, cioè non capitalizzate (manutenzione ordinaria), sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultanti all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili;
– l’eccedenza è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi;
– resta ferma la deducibilità nell’esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del suddetto limite percentuale.
In merito alla questione sottoposta alla nostra attenzione, non sono rinvenibili, a quanto ci consta, chiarimenti ufficiali, né interventi giurisprudenziali.
Secondo la dottrina che si è occupata della materia (Valacca R. “Le spese di manutenzione nella pianificazione fiscale”, Corriere Tributario, 48, 1993, p. 3179; Andreani G. “Chiusura dei conti, bilancio e dichiarazione dei redditi – Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione”, Il fisco, 44, 1996, p. 10715 ss.; Marcello R., Lucido N. “Le spese di manutenzione e riparazioni sui beni di terzi: l’ipotesi dei beni in leasing iscritti in bilancio secondo il metodo finanziario”, Il fisco, 3, 2012, p. I/316 ss.), in base al tenore letterale della norma (ai sensi della quale le spese in esame “sono deducibili nel limite del 5 per cento”), il plafond del 5% dovrebbe costituire un “limite massimo”, oltre il quale non risulta possibile effettuare alcuna deduzione. Dovrebbe, quindi, essere possibile dedurre le spese di manutenzione per un importo inferiore al 5%. In questo caso, l’eccedenza (“deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi”) dovrebbe essere calcolata rispetto all’ammontare dedotto e non rispetto allo stesso limite del 5%. Non sembrerebbe, per contro, corretto considerare il plafond come una “misura fissa” di deducibilità, che non può essere oggetto di deroghe e che deve essere necessariamente rispettata.
In questo senso sembrerebbero esprimersi anche Campi R. “I costi di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione prima e dopo l’entrata in vigore del Testo Unico delle imposte sui redditi”, Il fisco, 9, 1987, p. 1344 ss. e Renne V. “Reddito d’impresa – Le spese di manutenzione”, Il fisco, 33, 1987, pag. 5223 ss., laddove affermano che l’importo determinato ai sensi dell’art. 102 co. 6 del TUIR costituisce un “limite massimo”.
Aderendo all’orientamento dottrinale riportato e ipotizzando che le spese di manutenzione imputate a Conto economico nell’esercizio 2017 ammontino a 31.000,00 euro e il plafond del 5% sia pari a 11.000,00 euro, il contribuente potrebbe, ad esempio, dedurre le spese nel periodo d’imposta 2017 in misura pari a 1.000,00 euro (inferiore al plafond) e rinviare la deduzione dell’eccedenza (30.000,00 euro) ai periodi d’imposta 2018-2022 nella misura di 6.000,00 euro per ciascun anno.
Tale ricostruzione, per lo più molto risalente, non sembra pienamente appagante sotto il profilo della corretta imputazione temporale.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito sono inderogabili, sia per il contribuente che per gli uffici (da ultimo Cass. 18.1.2017 n. 1107). Pertanto, deve ritenersi rigorosamente preclusa, in tema di reddito d’impresa, la deduzione di costi in esercizi diversi da quello di competenza, “giacché il contribuente non può essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui registrare le passività” (da ultimo Cass. 21.3.2018 n. 7032, 16.12.2015 n. 25282, 24.1.2013 n. 1648, 31.1.2011 n. 2213, 18.2.2011 n. 3947, 15.11.2000 n. 14774).
Con riferimento al caso di specie, è opportuno sottolineare che la disciplina delle spese di manutenzione contenuta nell’art. 102 co. 6 del TUIR (ed, in particolare, la soglia del 5%) è riconducibile all’esigenza di garantire la certezza del rapporto tributario e, più in particolare, di evitare controversie in merito alla qualificazione di una spesa tra quelle di manutenzione ordinaria oppure di manutenzione straordinaria (Falsitta G. “Manuale di diritto tributario”, Wolters Kluwer, Milano, 2016, p. 528-529).
In linea con tale ratio, le spese di manutenzione ordinaria, una volta imputate a Conto economico, dovrebbero essere dedotte in base al principio di competenza e nel limite del 5% sopra indicato.
Dedurre un importo inferiore rispetto a quanto imputato a Conto economico sarebbe in linea con il dettato dell’art. 102 co. 6 del TUIR, ma non con la previsione dell’art. 83 o 109 del TUIR, a seconda della tipologia di impresa.
La questione, in ragione dell’orientamento dottrinale prevalente, appare oggettivamente delicata e, laddove l’Amministrazione ritenesse di aderire ad un orientamento più rigoroso, sembrano sussitere gli estremi per l’applicazione dell’art. 6 co. 2 del DLgs. 472/97, in base al quale “non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono”.

Medici e dentisti, aspetti IVA e contabilità

L’IVA e il medico

Principi a base dell’imposta – Classificazione delle operazioni – Detrazioni IVA su acquisti – Pro-rata di indetraibilità IVA – Inizio attività, variazioni e cessazioni – Fatturazione, Registri obbligatori ai fini IVA – Liquidazioni IVA – Comunicazione annuale dati IVA  Dichiarazione annuale dati IVA – Osservazioni e critiche all’IVA dei medici – Lo spesometro.

Ci si chiede in primis che cosa sia l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto).

L’IVA è essenzialmente un’imposta indiretta che colpisce sia il consumo di beni sia di servizi.

Grava sul consumatore finale e non sul professionista e/o sull’impresa che agiscono in qualità di “sostituti” dello Stato; tuttavia si vedrà che per i medici diventa quasi sempre un costo. Questa imposta è l’unica prevista in tutti i paesi membri dell’Unione Europea.

Principi a base dell’imposta

Un’operazione è soggetta ad IVA se si realizzano congiuntamente i seguenti presupposti:

1)       oggettivo: deve trattarsi di prestazione di servizi e/o di cessione di beni;

2)       soggettivo: le operazioni devono essere effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di una professione;

3)       territoriale: le operazioni di cessione e di prestazione di servizi devono essere effettuate nel territorio dello stato.

Non rientra dunque nel campo IVA un’operazione di cessione beni o di prestazione di servizi effettuata da un privato in quanto manca il presupposto soggettivo.

I medici, qualora svolgano la loro attività in forma autonoma, sono soggetti passivi dell’IVA. Non sono soggetti passivi dell’IVA se esercitano la loro professione in qualità di dipendenti.

Classificazione delle operazioni

Le operazioni effettuate dai medici possono essere così classificate:

1. Operazioni esenti

Sono operazioni che il legislatore, per varie ragioni socio economiche ritiene di non assoggettare ad IVA: tra queste rientrano tutte le prestazioni sanitarie di diagnosi, di cura e di riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e delle arti sanitarie soggette a vigilanza.

Di conseguenza, sia il medico sia il dentista, ma anche infermieri e odontotecnici, effettuano principalmente operazioni esenti ai sensi dell’art. 10 n. 18 DPR 633/1972.

Sono pure esenti le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati ed importati senza il diritto alla detrazione totale dell’IVA (art. 10 n. 27-quinquies).

2. Operazioni imponibili

Sono le operazioni su cui si applica l’IVA con le aliquote fissate dal legislatore (aliquote oggi in vigore: ordinaria 22% dal 1° luglio 2013; aliquote ridotte: 4% e 10%).

Le perizie medico legali, le prestazioni per corsi di formazione, i certificati legali fatti alle assicurazioni vanno fatturate con l’aliquota ordinaria. Sono pure soggette ad IVA al 22%, la cessione di clientela, la cessione di contratti di leasing a terzi (ad esempio, di un auto), la locazione di beni e/o di attrezzature e la messa a disposizione dello studio ad altri colleghi.

3. Operazioni escluse

Sono escluse tutte quelle operazioni per le quali manca uno dei presupposti (oggettivo, soggettivo e territoriale) o che sono considerate tali dalla legge.

Le principali operazioni escluse da IVA previste dal legislatore sono:

  • gli interessi moratori;
  • le somme a titolo di rimborso, le anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte;
  • le cessioni, le concessioni, le licenze e simili relative a diritti d’autore.

Rientra tra le operazioni escluse l’applicazione, sulla fattura, della marca da bollo di euro 2 euro.

Detrazioni IVA su acquisti

(Art. 19 comma 2 del D.P.R. 26/10/1972, n. 633)

Normalmente, nella quasi totalità dei casi, l’IVA sugli Acquisti pagata dai medici risulta indetraibile perché ai sensi dell’art. 19 comma 2 “non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta”. I medici, nel compimento delle prestazioni tipiche della loro attività, effettuano principalmente operazioni esenti ai fini IVA.

Tuttavia, nel caso svolgano servizi non esenti quali perizie legali, certificazioni alle assicurazioni, corsi di formazione e messa a disposizione di attrezzature e \ o locali, etc., queste operazioni dovranno essere fatturate con IVA al 21% (22% dal 1° luglio 2013), con la conseguenza che parte dell’IVA su acquisti (ad esempio, IVA su utenze, su servizi generali) diventa detraibile. È opportuno, a questo punto, spiegare e illustrare il meccanismo del pro-rata.

Pro-rata di detraibilità IVA

Nel caso l’attività esercitata comprenda sia operazioni imponibili sia operazioni esenti, il diritto alla detrazione d’imposta spetta in misura proporzionale alle operazioni che danno

diritto alla detrazione secondo la seguente proporzione (pro-rata)

Operazioni imponibili

Operazioni Imponibili + Operazioni esenti

In realtà la formula è più complessa in quanto tiene conto anche di altri dettagli che, nella quasi totalità dei casi, esulano dal normale svolgimento delle prestazioni mediche.

Per comprendere il funzionamento si faccia riferimento al seguente esempio:

un medico dentista acquista materiale medico (siringhe, disinfettanti, mascherine e guanti) per € 25.000.

Tale spesa dovrà essere registrata in contabilità tra gli acquisti per i quali non è ammessa la detrazione dell’imposta, poiché si tratta di spese “afferenti alle operazioni esenti”.

Riceve, inoltre, fatture di acquisto per servizi (commercialista, utenze, etc.), riferibili sia ad operazioni attive esenti che a operazioni attive imponibili, per € 20.000 su cui ha corrisposto IVA per € 4.200. Questa IVA seguirà il meccanismo del pro-rata di cui sopra.

Proseguendo nell’esempio si ipotizzi che il totale delle operazioni effettuate, nel periodo, sia così suddiviso:

Operazioni imponibili        €  5.000 (IVA a debito per € 1.100)

Operazioni esenti               € 95.000

Totale operazioni attive     €100.000

    5.000  = 5% (pro-rata di detraibilità pari al 5%)

100.000

In base ai dati sopra indicati si avranno i seguenti valori:

  • l’IVA su acquisti di materiale medico sarà indetraibile per destinazione e non verrà conteggiata nell’IVA su acquisti;
  • l’IVA su acquisti, riferiti sia ad operazioni esenti che imponibili, pari ad € 4.400 (20.000 x 22%) seguirà il meccanismo del pro-rata;
  • l’IVA detraibile secondo le regole del pro-rata è: 4.400 x 5% = € 220

Pertanto la liquidazione IVA sarà:

  • IVA a debito € 1.100   su fatture emesse
  • IVA a credito  €  220   su fatture acquisti
  • IVA da versare € 880

Inizio attività, variazioni e cessazioni

Entro trenta giorni dall’inizio dell’attività il professionista deve presentare all’Agenzia delle Entrate della provincia di residenza la relativa dichiarazione redatta su apposito modulo.

È opportuno espletare tale pratica mediante l’ausilio di un commercialista il quale potrà effettuare la richiesta della partita IVA anche telematicamente e consiglierà al professionista quale regime contabile scegliere.

Ogni attività economica è identificata da specifici codici che variano in relazione al settore e all’attività esercitata.

In ambito medico i principali sono i seguenti:

CodiceCodice 
Ateco 2004Ateco 2007Descrizione Ateco 2007
85.12.A86.22.01Prestazioni sanitarie svolte da chirurghi
85.12.BpC86.22.06Centri di medicina estetica
85.12.Bp86.22.09Altri studi medici specialistici e poliambulatori
85.12.C86.22.02Ambulatori e poliambulatori del Servizio Sanitario Nazionale
85.12.3p86.22.03Attività dei centri di radioterapia
85.12.3p86.90.11Laboratori radiografici
85.12.5p86.22.04Attività dei centri di dialisi
85.12.5p86.90.41Attività degli ambulatori tricologici
85.13.0086.23.00Attività degli studi odontoiatrici

Il sistema di codificazione viene aggiornato periodicamente.

Il codice Ateco 2004 era composto da 5 cifre ed è rimasto in vigore fino ai primi mesi dell’anno 2007. In tale anno i codici sopraccitati sono stati oggetto di revisione al fine di renderli più aderenti alla realtà economica e alla sua costante evoluzione, nonché specializzazione.

Attualmente sono in vigore i codici Ateco 2007 che sono composti da 6 cifre.

Contestualmente alla dichiarazione di inizio attività è opportuno che il professionista provveda alla predisposizione dei registri contabili in base al regime prescelto.

Il professionista è inoltre obbligato ad iscriversi o alla cassa di previdenza (Enpam) o alla gestione separata dell’Inps.

Fatturazione

I medici, i dentisti e tutti gli operatori in arti sanitarie sono obbligati ad emettere la fattura o la parcella o la notula per:

a) prestazioni professionali, tipiche dell’attività medica, che sono esenti IVA ai sensi art. 10 n. 18 DPR 633/1972;

b) cessione di beni acquistati nell’esercizio dell’attività (vendita di un ecografo, di un riunito, dei mobili, dei computer ecc). Tali cessioni sono esenti ex art. 10 n. 27-quinquies se per essi non era stata detratta l’IVA al momento dell’acquisto; in caso contrario sono soggetti all’IVA ordinaria al 22% . Se l’IVA su acquisti è stata detratta solo in parte, si dovrà emettere fattura parte in esenzione e parte con aliquota ordinaria;

c) prestazioni di servizi che non sono propriamente tipiche della normale attività esercitata, quali perizie legali, consulenze ad assicurazioni, certificati assicurativi, messa a disposizione a colleghi di studio e di attrezzature e corsi.

Tutte queste prestazioni sono soggette ad IVA con aliquota ordinaria.

Le fatture del medico e del dentista

La fattura va sempre emessa ed è obbligatoria indipendentemente se si tratta di privato, di impresa o di ente.

La fattura può assumere varie forme: per i medici avrà sicuramente la forma di parcella (quindi una fattura immediata).

I dati obbligatori da indicare nella fattura sono:

  • data di emissione;
  • numero progressivo per anno solare;
  • nome e cognome (in caso di impresa individuale), denominazione o ragione sociale (nome e cognome se non si tratta di imprese), residenza o domicilio dei soggetti fra cui è effettuata la prestazione;
    • la Partita IVA del cliente o il codice fiscale (prima era facoltativo) se questi non agisce nell’esercizio d’impresa arte o professione (ad esempio, se è un privato);
    • natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto delle prestazioni;
    • aliquota, ammontare dell’imposta e dell’imponibile: le prestazioni mediche (comprese quelle odontoiatriche) sono operazioni esenti IVA art 10 dpr 633/1972 n. 18;
    • numero e data degli eventuali d.d.t. (documenti di trasporto) in caso di emissione di fattura differita (esempio: il dentista che cede il riunito; prima emette il d.d.t. per il trasporto e poi emette fattura differita richiamando i dati del documento di trasporto).

Si precisa che tra il domicilio e la residenza vi è una distinzione giuridica ben precisa.

Ai sensi dell’art. 43 del codice civile il domicilio è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi.

La residenza, al contrario, è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale.

Inoltre non è obbligatorio, ma è opportuno, indicare l’eventuale ritenuta d’acconto.

Approfondiamo alcuni aspetti.

Data di emissione

Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo quindi i medici e dentisti emetteranno parcelle/fatture quando incasseranno l’importo dovuto. In genere l’incasso è dovuto quando la prestazione è completata ma la fattura può essere emessa anche prima dell’incasso.

Inoltre, in caso di pagamento anticipato totale o parziale del corrispettivo prima di tale termine, la fattura va emessa all’atto dell’incasso, per la parte incassata.

A questo proposito si segnala che si verificano numerose irregolarità nelle gestioni contabili di molti medici, specialmente di coloro che operano in più sedi.

Spesso, infatti, risulta il versamento in banca di somme riscosse mentre le corrispondenti fatture vengono emesse solo dopo alcuni giorni. In sede di verifica, questo comportamento potrebbe essere sanzionabile non solo formalmente ma, nel caso risulti difficile far coincidere i pazienti con i relativi pagamenti in contanti, sarebbe considerato evasione fiscale.

La fattura va sempre emessa in duplice esemplare: una copia va consegnata al cliente mentre l’altra deve essere archiviata preso lo studio; nulla vieta l’emissione di più copie: è opportuno però indicare, con l’ausilio di un timbro, la dicitura “copia per uso interno”. (procedura consigliata per chi affida la contabilità al commercialista).

Per l’emissione di copie conformi alle originali va applicata la marca da bollo (2 euro) ed occorre indicare la dicitura “copia conforme all’originale” (nel caso in cui il cliente smarrisca la fattura).

Numero progressivo

Le fatture vanno numerate progressivamente per anno solare; è consentito avere più serie di numerazioni: è il caso tipico di chi ha più studi.

Per i medici di famiglia che operano in regime di convenzione con le ASL non è obbligatoria l’emissione della fattura in quanto il prospetto di liquidazione mensile emesso dall’ASL sostituisce a tutti gli effetti la fattura. Tuttavia, siccome tali prospetti vanno numerati progressivamente tra le fatture e ciò potrebbe generare confusione nella numerazione, si consiglia di emettere la normale fattura allegando ad essa il prospetto rilasciato dall’ASL.

Natura, qualità e quantità delle prestazioni

È fatto obbligo indicare e descrivere sulla fattura la natura, la qualità e la quantità della prestazione.

È opportuna una precisazione in merito alla descrizione dell’operazione in fattura: il fisco ritiene inadeguate le diciture quali: “ciclo di cure medico odontoiatriche specialistiche” e “ prestazioni professionali per intervento chirurgico”, in quanto considerate generiche.

È necessario, infatti, descrivere il tipo di prestazione che il medico o il dentista effettua al paziente. Alcuni autori e alcune Associazioni di professionisti tra cui l’Andi sostengono che la descrizione analitica della fattura violi la legge sulla privacy poiché espone in modo dettagliato alcuni dati sensibili. Per superare la questione sulla privacy si può indicare sulla fattura la dicitura generica purché si indichi, ad esempio:

  • “Prestazione effettuata come da preventivo allegato”
  • “…………………….  come da cartella clinica allegata”
  • “…………………….  come da piano di cura allegato”

È tuttavia consentita analoga espressione per cure di ortodonzia, limitatamente agli apparecchi.

Per quanto riguarda le fatture emesse nei confronti dei colleghi per prestazioni svolte nelle loro sedi, il fisco ritiene insufficiente la descrizione: “compenso per prestazioni odontoiatriche svolte presso il Vostro studio nel mese di…” e potrebbe arrivare alla conclusione che tali costi sono indeducibili per lo studio o professionista ospitante.

Per ovviare a ciò sono possibili alcune alternative, tra le quali:

  1. utilizzare una descrizione che indichi come oggetto della prestazione una giornata (o più) di sostituzione (situazione che si verifica spesso per medici di base in ferie o ammalati): “compenso per N°…. giornate di sostituzione presso il Vostro studio”;
  2. inserire una descrizione che si fondi sul numero delle ore di lavoro svolte, tenendo fermo l’importo orario e facendo variare il numero di ore: “compenso per n°…. ore lavorate presso il Vostro studio come da accordo”.

Occorre prestare attenzione alla seconda alternativa, la quale potrebbe essere intesa come prestazione di lavoro subordinato: si consiglia di stipulare un accordo o contratto scritto che evidenzi l’autonomia del prestatore di lavoro e la sua indipendenza dall’organizzazione dello studio professionale.

Base imponibile

Per quanto riguarda il valore della prestazione bisogna indicare a parte anche eventuali sconti e abbuoni.

Ritenuta d’acconto

Se il medico o il dentista emette fatture nei confronti di altri professionisti, imprese o cliniche e/o enti, viene assoggettato ad una ritenuta d’acconto del 20%, che è opportuno sia evidenziata sulla parcella (anche se non obbligatorio), sul totale della prestazione.

In pratica dal compenso spettante il cliente trattiene la ritenuta a titolo d’acconto d’imposta che verserà per conto del medico o dentista.

Imposta di bollo

L’imposto di bollo (marca da bollo da euro 2) viene applicata da tutti i soggetti che effettuano prestazioni esenti IVA come medici e dentisti. L’imposta è dovuta se la fattura supera l’importo di Euro 77,47 e deve essere applicata in calce alla fattura originale.

L’obbligo è posto a carico del soggetto emittente la fattura; quindi il soggetto obbligato all’adempimento è in ogni caso il professionista. Si precisa che solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta sono entrambe le parti (professionista e cliente): quindi sono entrambi sanzionabili in caso di omesso pagamento dell’imposta. Detto questo, si pone il problema di come considerare, ai fini dell’imponibilità IRPEF, l’acquisto dei bolli ed il relativo addebito alla clientela.

In aggiunta, può verificarsi il caso del professionista che sceglie di non addebitare al cliente l’importo dell’imposta di bollo, che rimane a proprio carico.

Consideriamo i seguenti casi:

1. Professionista che si avvale della facoltà di rivalsa, addebitando il bollo al cliente

Dal punto di vista dell’imponibilità IRPEF l’acquisto ed il successivo recupero dell’imposta di bollo deve considerarsi un’operazione complessivamente neutra.

Pertanto, l’imponibilità IRPEF sul bollo è legata al comportamento tenuto dal professionista all’atto dell’acquisto del bollo:

  • a) Se ha detratto il costo all’atto dell’acquisto: Il bollo sulla fattura emessa è imponibile IRPEF
  • b) Se non ha detratto il costo all’atto dell’acquisto: Il bollo sulla fattura emessa non è imponibile IRPEF

La soluzione più corretta è quella di cui alla lettera b).

  • Nel caso a) il compenso tassabile sarà costituito dall’intero importo;
  • Nel caso b) l’importo tassabile sarà di Euro 200,00 (mentre l’importo di Euro 2 sarà considerato compenso non tassabile).
2. Professionista che NON si avvale della facoltà di rivalsa e che si accolla l’onere dell’imposta di bollo.

Il professionista non fa pagare al cliente l’importo di Euro 2, a titolo di rivalsa dell’imposta di bollo.

Considerato che sostiene una spesa, sicuramente inerente alla propria attività, e che tale spesa rimane a proprio carico, il costo relativo all’acquisto dei bolli è deducibile.

Il professionista, nell’emettere fattura, potrà così evidenziare solamente:

Non addebiterà al cliente alcun importo a titolo di imposta di bollo, proprio perché l’imposta non viene “ribaltata” sul cliente.

Dovrà comunque avere cura di indicare su entrambe le copie della fattura la dicitura “bollo su originale: Euro 2” oppure “imposta di bollo Euro 2 assolta sull’originale”, proprio per attestare di avere regolarmente adempiuto all’obbligo posto a suo carico dalla norma fiscale.

3. Professionista che addebita formalmente al cliente l’imposta di bollo ma che riscuote “cifra tonda”, al netto del bollo.

Supponiamo che la prestazione sia di valore pari a 200 Euro, a cui va aggiunto il bollo.

Se il professionista riscuote solamente 200 Euro, occorrerà diminuire l’importo della prestazione in misura pari all’imposta di bollo, procedendo alla seguente fatturazione:

NOTA BENE: al fine di evincere qualsiasi presunzione di evasione dell’imposta di bollo è necessario che in contabilità risultino acquisti di bolli in linea con il numero delle fatture emesse.

Casi particolari

In genere il medico e/o dentista emettono fattura in esenzione IVA ai sensi dell’art 10 n. 18 dpr 633/72 ma:

  • se vende beni strumentali ha l’obbligo di emettere la fattura esente IVA in base all’ art. 10 n. 27 quinquies del dpr 633/72 (se per tali beni non aveva recuperato l’IVA sugli acquisti);
  • può capitare di emettere fatture con IVA: ad esempio, per consulenze che non rientrano nel campo sanitario o perizie medico legali;
  • se vengono fatti acquisti intracomunitari: in questo caso va applicato il regime del reverse charge. Ovvero la fattura di acquisto viene integrata con l’IVA registrata e viene registrata sia negli acquisti sia (autofattura) sul registro delle
  • emesse. In pratica si andrà a debito di Imposta IVA (in quanto quella degli acquisti è indetraibile) che andrà liquidata nella prima liquidazione.

Esempio di fattura intracomunitaria: se acquisto un riunito dalla Germania per 20.000 euro, la fattura del fornitore viene integrata dal dentista attribuendo l’IVA al 22%.

Registri obbligatori ai fini IVA

Sono essenzialmente due:

  1. registro acquisti;
  2. registro fatture (o parcelle) emesse.

1 Registro acquisti: il professionista deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali, relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio della professione, comprese le autofatture.Nel registro devono essere indicati i seguenti dati:

  • data della fattura;
  • numero progressivo attribuito;
  • ditta, denominazione o ragione sociale del cedente del bene o del prestatore del servizio (nome e cognome se non si tratta di imprese);
  • ammontare imponibile suddiviso per aliquota;
  • ammontare dell’imposta suddiviso per aliquota.

Se il medico effettua tutte operazioni attive esenti dovrà indicare tutte le sue fatture ricevute nella colonna “Acquisti per i quali non è ammessa la detrazione IVA”.

2 Registro fatture emesse: il professionista deve annotare, entro 15 giorni dalla data di emissione, le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla data di emissione, indicando per ciascuna i seguenti dati:

  • data di emissione;
  • numero progressivo attribuito;
  • nome e cognome del paziente e/o del committente;
  • ammontare imponibile distinto per aliquota;
  • ammontare dell’imposta distinto per aliquota.

Il medico in realtà, nella maggior parte dei casi, registrerà le sue fatture nella colonna operazioni esenti ex art. 10 punto 18 D.P.R. 633/1972.

Liquidazioni IVA

I medici sono obbligati alla determinazione mensile e/o trimestrale anche qualora abbiano effettuato solo operazioni esenti.

Non sono obbligati i soggetti che hanno fatto richiesta di esonero ai sensi art. 36 bis Dpr 633/1972 nonché i professionisti che rientrano nel regime delle nuove iniziative professionali (valevole per tre anni purché il volume d’affari sia inferiore a 30.987, euro).

L’IVA risultante dalle liquidazioni periodiche deve essere versata, se a debito, mensilmente o trimestralmente.

Per eseguire e versare l’IVA dovuta, con cadenza trimestrale, è necessario aver realizzato nell’anno precedente un volume d’affari non superiore ad euro 400.000 e optare per la liquidazione trimestrale, nella dichiarazione annuale IVA allegata al modello Unico.

L’opzione ha validità per almeno un triennio e sugli importi da versare nei primi tre trimestri è dovuto un interesse dell’1% (tali interesse non è deducibile dal reddito).

Non vi è più alcun obbligo di effettuare, anche se è opportuno, le annotazioni sui registri IVA delle liquidazioni eseguite.

Qualora il professionista superi il limite di 400.000 euro nel corso dell’anno sarà obbligato alle liquidazioni mensili dall’anno successivo.

Termini versamenti liquidazioni periodiche

Mensili:

entro il 16 del mese successivo; nel caso il giorno 16 cada di sabato e/o in un giorno festivo il versamento viene posticipato al primo giorno lavorativo successivo. Esempio: L’IVA del mese di gennaio dovrà essere versata entro il 16 febbraio.

Trimestrali:

1° trimestre, 16 maggio; 2° trimestre, 16 agosto; 3° trimestre,16 novembre; annuale il 16 marzo e/o in Unico.  

Esempio: l’IVA dovuta per il 1° trimestre dovrà esser versata entro il 16/5.

Modalità di calcolo IVA da versare e modalità di versamento

Occorre fare una semplice differenza: l’IVA dovuta sulle prestazioni effettuate – IVA detraibile sugli acquisti. Ovviamente, per questa regola di fondo, si devono fare opportune precisazioni:

l’IVA sugli acquisti riferiti esclusivamente a materiale usato per prestazioni mediche è indetraibile per destinazione; per l’IVA legata ad acquisti vari si deve tenere conto del meccanismo del pro-rata.

Nella liquidazione periodica si tiene conto dell’eventuale credito risultante dalla liquidazione precedente. Il versamento viene fatto attraverso modello F24 da trasmettere solo per via telematica (tramite internet e/o tramite intermediario).

Si devono usare degli appositi codici tributo che sono:

CODICI TRIBUTOVERSAMENTO IVA MENSILE RELATIVO A
6001GENNAIO
6002FEBBRAIO
6003MARZO
6004APRILE
6005MAGGIO
6006GIUGNO
6007LUGLIO
6008AGOSTO
6009SETTEMBRE
6010OTTOBRE
6011NOVEMBRE
6012DICEMBRE
CODICI TRIBUTOVERSAMENTO ACCONTO
6013ACCONTO IVA (CONTRIB. MENSILI)
6035ACCONTO IVA (CONTRIB. TRIMESTRALI)
CODICE TRIBUTOVERSAMENTO IVA TRIMESTRALE RELATIVO A
6031I TRIMESTRE
6032II TRIMESTRE
6033III TRIMESTRE

Comunicazione annuale dati IVA

È un adempimento imposto dall’Unione Europea che non ha finalità liquidatorie.

In tale comunicazione, da farsi obbligatoriamente per via telematica, vengono riassunte le operazioni attive e passive eseguite nell’anno precedente.

La scadenza è il giorno 28 febbraio di ogni anno.

Occorre ricordare che sono esonerati:

  • i professionisti che hanno effettuato esclusivamente operazioni esenti (di conseguenza molti medici e dentisti sono esonerati da tale adempimento);
  • i soggetti (persone fisiche) che seppur titolari di partita IVA hanno realizzato nell’anno un volume d’affari inferiore ai 25.000 euro, anche se obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale dei dati IVA con modello IVA;
  • i soggetti che rientrano nel regime dei minimi e coloro che hanno aderito al regime delle nuove iniziative imprenditoriali.

È possibile non trasmettere la Comunicazione annuale dati IVA se viene presentata la Dichiarazione annuale IVA entro il 28 febbraio.

Dichiarazione annuale IVA

La Dichiarazione annuale IVA, in sostanza, rappresenta il riepilogo delle operazioni attive e passive eseguite nell’anno precedente.

Sono esonerati i soggetti che effettuano esclusivamente operazioni esenti; di conseguenza la stragrande maggioranza dei medici e dentisti è esonerata da tale adempimento. Anche i contribuenti che si sono avvalsi del regime dei contribuenti minimi (nuovo e vecchio che sia) previsto dalla legge n. 244 del 2007 sono esonerati dalla Dichiarazione annuale IVA al contrario dei professionisti che si sono avvalsi del regime delle nuove iniziative ex art.13 della legge 388 del 2000.

Osservazioni critiche dell’IVA dei medici

Il meccanismo di applicazione dell’IVA nei confronti dei medici e dei dentisti è iniquo e penalizzante per la categoria e per tutti i cittadini. Chi ci guadagna è solo lo Stato!

Infatti, per la maggior parte dei medici che hanno effettuato solo operazioni esenti, scatta l’intera indeducibilità dell’IVA pagata sugli acquisti di beni e servizi che diviene pertanto un vero e proprio costo.

Questo maggior costo naturalmente ricade poi sui cittadini che si vedono sicuramente applicare delle tariffe e parcelle ben più onerose rispetto a quelle che si avrebbero con un sistema diverso di applicazione dell’IVA (l’IVA che il cittadino non versa sulla fattura dei medici è in un certo senso inclusa nella maggior parcella).

Per eliminare gli effetti negativi e penalizzanti che si riversano sugli operatori sanitari, derivanti dalla mancata detraibilità dell’IVA, sarebbe sufficiente che il nostro Legislatore, come già fatto per altri settori economici, emanasse dei provvedimenti finalizzanti a:

1) assoggettare le prestazioni mediche all’aliquota IVA più bassa, cioè del 4% finalizzata ad agevolare operazioni di primaria rilevanza di ordine sociale (tutela della salute): in questo modo il medico recupera l’intera IVA pagata ai propri fornitori e potrebbe ridurre le proprie parcelle (per il cittadino non vi sarebbe né un danno, né un vantaggio);

2) consentire ai medici di acquistare i loro beni e servizi in esenzione IVA cioè senza pagare ai fornitori l’IVA, inserendo tali acquisti all’art. 10 Dpr 633/72.

In entrambi i casi l’IVA sugli acquisti non diventerebbe un costo. È opportuno che gli ordini professionali e le associazioni si attivino per eliminare questo fenomeno distorsivo in quanto lo Stato non ha alcun interesse a farlo.

Lo spesometro (ex elenco clienti e fornitori)

Lo spesometro è uno strumento analitico che consentirà al Fisco di costruire una mappa dello “shopping” degli italiani, in modo da potere rilevare eventuali scostamenti significativi tra i comportamenti e il tenore di vita dei contribuenti e i loro effettivi redditi dichiarati.

In poche parole, nel caso in cui gli acquisti di un individuo siano sproporzionati al reddito dichiarato, scattano i controlli.

Tale argomento sarà trattato ampiamente in un apposito capitolo.

Vanno comunicate tutte le operazioni, attive o passive, per le quali è previsto l’obbligo di emissione della fattura, quindi tutte le fatture emesse e quelle di acquisto.

Sebbene precedentemente fosse stata fissata una soglia minima dal 2012 è stata tolta: conseguentemente proprio tutte le fatture andranno comunicate all’Agenzia delle Entrate.

Le operazioni per le quali non è previsto obbligo di emissione di fattura vanno, invece, comunicate solo se di importo non inferiore a 3.600 (es.: scontrini e ricevute fiscali nel settore commercio).

Tale comunicazione, non deve essere trasmessa quando il pagamento dei corrispettivi avvenga mediante carte di credito, prepagate, Pos, emesse da operatori finanziari con la specifica evidenza del codice identificativo di ciascun terminale.

Vanno altresì escluse tutte le operazioni effettuate nei confronti di privati purché il pagamento avvenga mediante moneta elettronica in quanto trattasi di operazioni tracciabili.

Vanno, infine, escluse dalla comunicazione le seguenti operazioni:

  • le compravendite di immobili (in quanto i notai provvedono d’ufficio a comunicarle);
  • le operazioni già comunicate al Fisco quali utenze, servizi di telefonia ed assicurazioni;
  • le operazioni soggette a compilazione modello intrastat e black list (in quanto già comunicate);
  • le importazioni e le esportazioni (art.8 c.1 a. e b. Dpr. 633/72).

Le comunicazioni dovranno essere inviate entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento per via telematica all’Agenzia delle Entrate mediante il software messo a disposizione dell’Agenzia con il servizio telematico Entratel, oppure attraverso gli intermediari abilitati alla trasmissione.

Sono esclusi dalla compilazione ed invio dello spesometro i contribuenti minimi.

Soggetti obbligati alla comunicazione Spesometro:

  • Società di persone e capitali;
  • Esercenti arti/professioni in forma autonoma o associata;
  • Contribuenti in regime di contabilità semplificata, ordinaria o in regime agevolato delle nuove iniziative produttive.

Per ogni operazione rilevante ai fini IVA, i soggetti interessati dall’obbligo di comunicazione dello Spesometro dovranno indicare:

  • Numero partita IVA o codice fiscale del cliente o fornitore;
  • Importo delle operazioni effettuate, con la relativa imponibile e imposta, oppure, andrà specificato che si tratta di operazioni non imponibili o esenti.

È opportuno richiedere sempre al paziente copia del codice fiscale per evitare errori dal momento che la comunicazione telematica viene effettuata l’anno successivo e si rischia di non trovare più il cliente nel frattempo.

Per i soggetti obbligati alla compilazione e alla trasmissione telematica dello Spesometro che omettono, o ritardano o falsificano la Comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA, è prevista una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di Euro 258 e un massimo di Euro 2065.

È consentita la possibilità di sanare la posizione inviando una dichiarazione integrativa e sostitutiva che vada a correzione di quella originalmente trasmessa entro e non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine previsto per la trasmissione dei dati.

Anticipazioni Cliente non imponibile

In ExpertUp per non avere l’imponibilità bisogna usare il conto:

Codice IVA 709 – art. 15 per aspetto Iva

Codice conto 870.1.1 _anticipi da clienti (non imponibile)

cid:image003.png@01D617C7.9F531000
In questo modo è possibile attivare il check su LORDO
cid:image004.png@01D617C7.9F531000

Registrazione di parcella con anticipo da cliente al lordo deve esserci una o più righe  Rimborso spese ovvero Anticipazione Cliente 870.1.1 con codice iva con tipo 5 Escluso art.15 (codice precaricato 709) e l’importo anticipo abbinato deve essere minore od eguale al totale di tali righe come da esempio sottostante>

TFR, acconto imposta sostitutiva (expertup Dylog)

Il conto viene derivato dal piano dei conti precaricato il codice 160.9.14 Altri Crediti Tributari (entro 12 mesi) e rinominato per la azienda in “Erario c/acconto imposta sostitutiva sul TFR voce bilancio (C.II.5-bis SP)” 160.009.014.

Si ipotizzi che le retribuzioni dell’esercizio di riferimento ammontino a 10.000 euro e il fondo preesistente ammonti a 30.000 euro.
L’incremento annuo dell’indice ISTAT è pari al 3%, per un coefficiente di rivalutazione pari a 3,75% = [1,5% + (3% x 75%)].
L’accantonamento al fondo TFR risulta pari a 1.865,74 euro, dato dalla somma:

  • della quota maturata nell’anno, pari a 740,74 euro;
  • della rivalutazione del fondo preesistente, pari a 1.125 euro.

Le scritture contabili sono le seguenti:

  • al 16 dicembre dell’esercizio di riferimento, versamento dell’acconto dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del fondo TFR ex art. 11 co. 3 del DLgs. 47/2000 nella misura del 90% delle rivalutazioni maturate nell’anno precedente (per ipotesi, pari a 99 euro):
Erario c/acconto imposta sostitutiva sul TFR (C.II.5-bis SP)aBanca c/c99,00
  • al 31 dicembre dell’esercizio di riferimento, accantonamento al fondo TFR:
Accantonamento al fondo TFR
(B.9.c CE)
aFondo TFR
(C SP)
1.865,74
  • al 31 dicembre dell’esercizio di riferimento, contabilizzazione dell’imposta sostitutiva (pari a 1.125 x 17% = 191,25 euro):
Fondo TFR
(C SP)
a191,25
aErario c/acconto imposta sostitutiva sul TFR
(C.II.5-bis SP)
99,00
aDebiti tributari
(D.12 SP)
92,25
  • al 16 febbraio dell’esercizio successivo a quello di riferimento, versamento del saldo dell’imposta sostitutiva al netto dell’acconto versato;
Debiti tributari
(D.12 SP)
aBanca c/c92,25