SPESE LEGALI SE SI PERDE DEDUCIBILITA’

SPESE LEGALI

La Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 35/E del 15.03.2019 ha precisato che se manca la distrazione delle spese, la ritenuta d’acconto va versata dalla parte vittoriosa, anche se il legale richiede di incassare direttamente le somme liquidate in sentenza in forza di un mandato all’incasso.

Se la sentenza non dispone la «distrazione» gli onorari professionali del difensore vittorioso, i rimborsi spese, il contributo previdenziale integrativo alla Cassa professionale e l’Iva della fattura del difensore vanno pagati dal suo cliente vittorioso (e non dalla parte soccombente).

Il cliente vittorioso successivamente verrà poi rimborsato dalla controparte che ha perso la causa per onorari, spese, contributo, mentre l’iva verrà rimborsata solo se la parte vittoriosa non può detrarla.

Se la sentenza non dispone la «distrazione ma la parte soccombente paga direttamente il legale, in forza del mandato all’incasso, dovrà pagare onorari, spese, contributo e l’iva solo se la parte vittoriosa non può detrarla. Non dovrà operare alcuna ritenuta di acconto in quanto la stessa dovrà essere versata dal cliente vittorioso.

Se la sentenza ha disposto la distrazione, invece gli onorari del difensore di parte vittoriosa, i rimborsi, spese anticipate, il contributo integrativo (al netto della ritenuta d’acconto del 20%) e l’IVA (solo se la parte vittoriosa non la detrae) vanno pagati al difensore direttamente dal soccombente.

Il soccombente inoltre deve versare anche la ritenuta di acconto con l’F 24, tranne nel caso in cui non sia sostituto di imposta ad esempio: sia un soggetto privato o non residente (Risoluzione n 649/1980).

In tutti i casi il legale dovrà fare fattura al suo cliente vittorioso e mai alla parte soccombente.

La parte soccombente è legittimata alla deduzione della spese, anche senza documento, perché l’onere trova giustificazione nella sentenza che lo obbliga al risarcimento.

IMU – deducibilità dal 2022 al 100%

La modalità di esposizione varia se il contribuente è impresa in contabilità semplificata ovvero un lavoratore autonomo, i quali si limitano ad indicare, tra i componenti negativi di reddito, la quota deducibile.

• Quadro RF: impresa in contabilità ordinaria
La variazione in aumento si indica a rigo RF16 «Imposta indeducibili o non pagate», mentre la variazione in diminuzione si colloca a rigo RF55 (codice 38).
 Quadro RG: impresa in contabilità semplificata
Va indicato l’importo deducibile a rigo RG22 «Altri componenti negativi» (codice 23).
• Quadro RE: lavoratori autonomi
L’Imu pagata nel 2022 va riportata nel campo 3 («Imu») del rigo RE19 «Altre spese documentate».

n vista della scadenza del 18 giugno, chiariamo quali sono i soggetti obbligati al pagamento dell’IMU, con particolare focus su alcune situazioni particolari quali cittadini italiani residenti all’estero, eredi, diritto di abitazione del coniuge superstite e diritto di abitazione del coniuge separato, contratto preliminare di compravendita ed espropriazione.

Ai fini della soggettività passiva dell’Imu, è necessario precisare che la disposizione relativa alla soggettività passiva del tributo non è contemplata nell’art. 13 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, ma la si ricava tacitamente per effetto del generico rinvio operato dal comma 1, art. 13 del D.L. n. 2014 agli artt. 8 e 9 del D.L. n. 23 del 14 marzo 2011 recante “Disposizioni in materia di federalismo municipale”; in base al tenore letterale dell’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, quindi, con particolare riferimento agli immobili, costituisce soggetto passivo dell’IMU:

  • il proprietario, ossia colui che, in base all’art. 832 del Codice Civile, ha il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico;
  • l’usufruttuario, cioè colui che ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica. Secondo l’art. 981 del Codice civile, inoltre, l’usufruttuario può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare, fermi i limiti stabiliti dalle disposizioni relative all’usufrutto. Con riferimento all’usufrutto, si ricorda che esso può essere costituito:
    • per legge, ai sensi dell’art. 324 del Codice Civile, come per il caso di diritto costituito in favore dei genitori sui beni dei figli minori. In tali casi, soggetto passivo potrà essere il figlio minore, con l’adempimento eseguito dal genitore in nome e per conto del figlio minore se l’immobile ad esempio sia stato acquistato dal figlio con i proventi del suo lavoro, ovvero nei casi di beni che non rientrano nell’usufrutto (si consultino le fattispecie fissate dall’art. 324 del Codice Civile). In tutti gli altri casi il genitore del minore è soggetto passivo dell’IMU e, in nome e per conto proprio, deve effettuare tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa sull’IMU;
    • per volontà del proprietario; in tal caso, mediante atto stipulato tra vivi, il proprietario restringe il suo diritto sul bene in favore di un altro soggetto. Pertanto il primo diviene nudo proprietario, mentre il secondo diviene usufruttuario;
  • l’usuario, cioè colui che, ai sensi dell’art. 2021 del Codice Civile, ha il diritto di servirsi di una cosa e, se fruttifera, di raccogliere i frutti per quanto occorre ai propri bisogni e a quelli della propria famiglia;
  • il titolare del diritto di abitazione, cioè colui che, ai sensi dell’art. 1022 del Codice Civile, ha diritto di godere di una casa limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia;
  • l’enfiteuta rappresenta il soggetto che, secondo quanto disposto dall’art. 957 e segg. del Codice Civile, ha i medesimi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo dietro l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone periodico;
  • il titolare del diritto di superficie, ossia colui che ha il diritto di fare, mantenere al di sopra del suolo altrui, una costruzione che rimane di proprietà del medesimo. In altri termini, nel diritto di superficie, la proprietà del suolo rimane al concedente, mente quella del fabbricato rimane in capo al concessionario.

Nei casi innanzi descritti, il nudo proprietario non è tenuto al pagamento del tributo che di conseguenza grava sul titolare del diritto reale di godimento. Ne consegue che, in generale, i soggetti privi di diritti reali non sono soggetti passivi del tributo.

È necessario precisare che la prova del diritto di proprietà o più in generale della titolarità dell’immobile non è data dalle iscrizioni catastali ma dalle risultanze dei registri immobiliari e in presenza di difformità il soggetto passivo è il colui che risulta titolare in base agli stessi.

Situazioni particolari

Se quelle fino ad ora delineate possono essere considerate come le situazioni ordinarie di soggettività passiva all’imposta, analizziamo ora alcune situazioni più particolari.

  • diritto di abitazione del coniuge superstite: ai sensi dell’art. 540 del Codice Civile, “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota riservata ai figli”. Soggetto passivo del tributo sarà esclusivamente il coniuge che vanta tale diritto di abitazione, lasciando esclusi dall’assoggettamento al tributo gli altri eventuali contitolari dell’immobile (D.L. n. 16 del 2 marzo 2012, convertito con modificazione dalla L. n. 44 del 26 aprile 2012);
  • diritto di abitazione del coniuge separato: il diritto riconosciuto al coniuge, non titolare di un diritto di proprietà o di godimento sulla casa coniugale, con il provvedimento giudiziale di assegnazione di detta casa in sede di separazione o divorzio, ha natura di atipico diritto personale di godimento e non già di diritto reale. Il coniuge assegnatario è pertanto l’unico soggetto passivo dell’IMU in quanto in applicazione dell’art. 8 del D.Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011, e successive modificazioni, nonché all’art. 13, D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011, e successive modificazioni, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione;
  • cittadini italiani residenti all’estero: l’art. 13, comma 10 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011 dispone che “I Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale […] l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata”.
    A partire dall’anno 2015, ai sensi dell’art. 9-bis D.L. n. 47 del 28 marzo 2014, convertito dalla L. n. 80 del 23 maggio 2014, è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso; in tale caso dovrà essere presentata l’apposita dichiarazione Imu;
  • eredi: la soggettività passiva decorre dalla data del decesso del contribuente venuto meno. Gli eredi sono obbligati anche al versamento che il defunto non abbia effettuato alla data del decesso, versamento che che dovrà essere effettuato a loro nome e ciascuno per la propria quota stabilita in base alla successione legittima, ovvero in base alla successione testamentaria;
  • assegnatario di alloggio di edilizia pubblica con patto di futura vendita: è titolare solamente di un diritto personale di credito nei confronti del locatore e non anche di un diritto reale. Ne deriva che, poiché il suddetto soggetto non è proprietario e nemmeno titolare di alcun diritto reale sull’immobile assegnatogli, non può essere tenuto al pagamento dell’imposta. Il soggetto passivo d’imposta è l’Ente quale persona giuridica;
  • contratto preliminare di compravendita: solo gli effetti prodotti dal contratto definitivo sono in grado di integrare i presupposti impositivi previsti ex lege, poiché gli effetti obbligatori nascenti dal preliminare, non comportando il trasferimento del bene, né il mutamento qualitativo di patrimoni o il realizzo di un reddito, non assumono alcuna rilevanza sotto il profilo tributario;
  • espropriazione: l’espropriazione si perfeziona soltanto una volta emesso il decreto di esproprio e dalla data di tale decreto la titolarità del bene si trasferisce dall’espropriato all’espropriante. Le sentenze n. 1430/2000 e n. 10687/1998, hanno sancito che la soggettività dell’imposta rimane in capo al soggetto espropriato anche nel caso di occupazione d’urgenza da parte della Pubblica Amministrazione in quanto l’occupazione comporta soltanto la privazione della detenzione e non lo spossessamento del bene.

Opzioni ancora possibili con spese entro il 30 marzo documentate per lavori effettuati

La finalità del legislatore, con il comma 5 dell’art. 1 del DL 39/2024, è quella di “disapplicare la disapplicazione” del “blocco” delle opzioni di sconto o cessione, di cui all’art. 121 del DL 34/2020, per le spese detraibili ai fini del superbonus e degli altri bonus edilizi, sostenute successivamente al 30 marzo 2024, che sono relative a quegli interventi che, al 30 marzo, risultano essere ancora “soltanto su carta”, ossia soltanto su titoli edilizi abilitativi ed eventuali delibere assembleari (quando relativi a parti comuni di edifici condominiali).

Per fare questo, viene introdotta una implicita presunzione assoluta della sussistenza di tale circostanza (intervento ancora solo “su carta”) quando alla medesima data non risultano ancora esservi spese sostenute documentate da fattura per lavori già effettuati.

I presupposti di applicazione del comma 5 dell’art. 1 del DL 39/2024 (e, quindi, i presupposti di disapplicazione dei commi 2 e 3 dell’art. 2 del DL 11/2023) sono infatti che, alla data del 30 marzo 2024, non sia ancora “stata sostenuta alcuna spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati”.

La richiamata locuzione normativa si presta a non pochi dubbi di natura interpretativa e sarebbero state certamente auspicabili modifiche, in sede di conversione in legge del decreto, che ne migliorassero la qualità, sia dal punto di vista terminologico, sia in rapporto alla già richiamata ratio sottostante all’introduzione della disposizione medesima.

Non essendo sopravvenute tali auspicabili modifiche, risulta necessario confrontarsi con una norma che:
– facendo riferimento al fatto che, alla data del 30 marzo 2024, ci debba essere almeno una spesa “sostenuta”, potrebbe rendere necessario valutare la sussistenza o meno di questo presupposto alla luce dei criteri comunemente seguiti nella costante prassi interpretativa e applicativa, sia dell’Agenzia delle Entrate che della generalità della dottrina, per individuare il momento di sostenimento di una spesa agevolata ai fini del superbonus o degli altri bonus edilizi (ossia che la spesa, alla data del 30 marzo 2024, risulti sostenuta in base al principio di cassa o di competenza fiscale, a seconda della natura del soggetto che la sostiene);

– facendo riferimento al fatto che, alla data del 30 marzo 2024, la spesa sostenuta debba essere “documentata da fattura”, rende necessario valutare la sussistenza o meno di questo presupposto in funzione dell’avvenuta emissione o meno di un documento con i requisiti di cui all’art. 21 del DPR 633/72 (avendo riguardo, si ritiene, alla data della fattura, piuttosto che a quella di sua trasmissione a mezzo SdI; si veda “Per la fattura con sconto integrale superbonus vale la data inserita nel file” del 14 maggio 2024);

– facendo riferimento al fatto che, alla data del 30 marzo 2024, la spesa sostenuta, documentata da fattura, debba essere “per lavori già effettuati”, esclude la sussistenza di questo presupposto quando le spese sostenute e documentate da fattura si riferissero esclusivamente ad acconti finanziari rispetto a lavori che non sono ancora stati effettuati (pare però corretto ritenere che il presupposto sussista quando le spese sostenute e documentate da fattura si riferiscono ad acconti finanziari che “coprono” in parte anche “lavori già effettuati”, la cui liquidazione a titolo definitivo è rinviata al conseguimento di una determinata percentuale di stato di avanzamento lavori, o direttamente al termine dei lavori, sulla base degli accordi contrattuali esistenti tra le parti).

Un ulteriore dubbio è se il requisito del sostenimento di spese documentate da fattura per lavori già effettuati possa considerarsi soddisfatto anche se le spese, sostenute e documentate da fattura alla data del 30 marzo 2024, siano relative esclusivamente a prestazioni professionali, quali quelle per la presentazione del titolo edilizio, per la predisposizione di studi preliminari di fattibilità e/o per la predisposizione dei progetti e di altra pertinente documentazione tecnica.

L’utilizzo da parte della norma del termine “lavori” potrebbe far dubitare, sul piano letterale, che, anche in tale caso, possa essere “disapplicata la disapplicazione del blocco delle opzioni”.
Tuttavia, se si considera che non è in discussione l’inclusione delle spese sostenute per le predette prestazioni professionali tra le spese agevolate per i lavori effettuati, al pari di quelle di materiale esecuzione degli interventi, diventa verosimile, in termini di coerenza del comma 5 dell’art. 1 del DL 39/2024 rispetto al contesto disciplinare nel quale va a inserirsi, che nel novero delle spese sostenute e documentate da fattura per lavori già effettuati possano essere ricondotte tutte le spese sostenute e documentate da fattura che attengono ad attività già effettuate e confluiscono tra quelle agevolabili per l’effettuazione dei lavori.
Viene da sé che per tutti gli operatori sarebbe a dir poco utile poter conoscere quanto prima gli orientamenti che l’Agenzia delle Entrate riterrà di fare propri su tutte le questioni interpretative che precedono.

SUbaffidamenti

Si chiede quale sia il regime Iva da applicare nell’ipotesi in cui, su un cantiere che beneficia di Iva agevolata (in caso di urbanizzazione/ ristrutturazione) si formalizzino dei subaffidamenti (non subappalti) aventi a oggetto lavorazioni (manodopera), esecuzione di servizi e noli a caldo.È corretta l’applicazione dell’Iva ordinaria o anche queste tipologie di contratto scontano l’Iva agevolata derivante dall’appalto principale?

Nel caso di specie, se si tratta di subaffidamenti di manodopera o di servizi, relativamente a interventi di costruzione ex novo di opere di urbanizzazione, l’aliquota è la stessa della prestazione principale, cioè quella del 10 per cento, a norma del n. 127 septies, tabella A, parte III, del Dpr 633/1972. Lo stesso vale anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia (diversi da quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria), in cui l’aliquota del 10% per i subaffidamenti è la stessa della prestazione principale, a norma del n. 127 quaterdecies, tabella A, parte III, del Dpr 633/1972.Ai fini fiscali, i subaffidamenti di servizi (diversi dalle forniture di beni con prestazione d’opera) sono sostanzialmente dei subappalti cui si rende applicabile il reverse charge (nei rapporti tra appaltatore e subprestatore, entrambi soggetti a Iva), a norma dell’articolo 17, comma 6, lettera a, del Dpr 633/1972, che prevede l’applicazione dell’inversione contabile per le prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti di imprese appaltatrici di costruzione.

Tassa concessione governativa – Ravvedimento

Entro il 18.03.2024 (perché il 16 cade di sabato) le società di capitali devono provvedere al versamento della tassa di vidimazione dei libri sociali per l’annualità 2024. I soggetti obbligati sono:

  • società di capitali (Spa, Srl, Sapa);
  • società in liquidazione ordinaria e quelle sottoposte a procedure concorsuali (escluso il fallimento);
  • enti commerciali pubblici e privati che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

Ai fini dell’adempimento, è opportuno tenere in considerazione che sono tenute al versamento della tassa anche le società inattive. I soggetti esonerati sono:

  • società cooperative o di mutua assicurazione;
  • consorzi che non assumono la forma di società consortile;
  • società di capitali dichiarate fallite;
  • società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza scopo di lucro affiliate ad una Federazione Sportiva Nazionale, ad una disciplina sportiva associata o ad un Ente di formazione sportiva (a condizione che il relativo atto costitutivo rispetti le condizioni previste dalla L. 289/2002).

Il versamento può essere effettuato tramite modello F24 indicando quale codice tributo “7085” e quale anno di riferimento il 2024, eccezion fatta per il primo versamento per le società neo costituite che devono pagare la prima tassa di vidimazione dei libri attraverso bollettino postale n. 6007 intestato a: Agenzia delle Entrate – Centro Operativo di Pescara – Bollatura numerazione libri sociali. Il bollettino va versato prima della presentazione della dichiarazione di inizio attività ai fini Iva, su cui vanno riportati gli estremi di versamento.
Nella sezione del bollettino postale dovrà essere inserita la denominazione sociale della società, il codice fiscale, l’anno e l’indirizzo. L’importo della tassa è fissato in misura fissa e dipende dal valore del capitale sociale risultante al 1.01 dell’anno per il quale si effettua il versamento:

  • 309,87 euro se il capitale sociale è inferiore o uguale a 516.456,90 euro;
  • 516,46 euro se il capitale sociale è maggiore a 516.456,90 euro.

Questa tassa è deducibile ai fini Irap e Ires e può essere compensata con eventuali crediti disponibili.
Nel caso non si versasse nei tempi stabiliti, occorrerà effettuare un ravvedimento anomalo, poiché non avviene soltanto attraverso modello F24, ma prevede un calcolo degli interessi da versare attraverso modelli F24 e un calcolo delle sanzioni da versare attraverso modello F23.
Gli interessi vengono calcolati come di consueto considerando i giorni dal termine corretto al giorno del versamento. L’importo degli interessi viene aggiunto direttamente al codice tributo dalla tassa di vidimazione, ossia al 7085 e viene versato tramite modello F24.
Discorso differente invece è il calcolo della sanzione. Viene prevista una sanzione amministrativa che va dal 100% al 200% della tassa (ex art. 9, c. 1 D.P.R. 641/1972 e art. 8 D.Lgs. 473/1997) che se versata avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso scende a:

  • 0,1% per ogni giorno di ritardo dal 1° al 14° (1% di 1/10);
  • 1,5% (15% di 1/10) se il versamento viene effettuato entro 30 giorni dalla scadenza;
  • 1,67% (15% di 1/9) se il versamento viene effettuato entro 90 giorni dalla scadenza;
  • 3,75% (30% di 1/8) se il versamento viene effettuato entro 1 anno dalla scadenza;
  • 4,29% (30% di 1/7) se il versamento viene effettuato entro 2 anni dalla scadenza;
  • 5% (30% di 1/6) se il versamento viene effettuato entro il termine di accertamento.

Il versamento è da effettuare in banca o in posta o presso qualsiasi sportello degli agenti della riscossione, soltanto attraverso Modello F23 dove indicare nel campo 6 “Ufficio o Ente”: RCC, ossia l’Ufficio Unico delle Entrate di Roma, poi nel campo 9 la causale SZ, ossia sanzioni pecuniarie in materia di imposte dirette e indirette, nel campo “anno” l’anno 2024 e quale codice tributo: “678T”.

Pignoramento presso terzi – indicazione RM23

In caso di pignoramento presso terzi, il creditore pignoratizio deve indicare, nella propria dichiarazione, i redditi percepiti e le ritenute subite da parte del terzo erogatore, anche se si tratta di redditi soggetti a tassazione separata, a ritenuta a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva (cfr provvedimento 3 marzo 2010 e circolare n. 8/2011). Le ritenute subite possono essere scomputate dall’imposta risultante dalla dichiarazione. Le somme percepite a seguito della procedura di pignoramento presso terzi vanno indicate nel relativo quadro (ad esempio, se si tratta di redditi di lavoro dipendente, devono essere esposte nel quadro RC). Nel caso di redditi derivanti da Tfr, altre indennità connesse e arretrati di lavoro dipendente, soggetti a tassazione separata, va utilizzata la sezione XII del quadro RM della dichiarazione, relativa ai redditi corrisposti da soggetti non obbligati a effettuare le ritenute d’acconto. Le ritenute subite da parte del terzo erogatore devono invece essere indicate nel rigo RM23 (redditi presenti in dichiarazione), riportando il rigo della dichiarazione e l’eventuale modulo aggiuntivo nel quale è stato indicato il relativo reddito. Se, invece, il reddito percepito nell’ambito della procedura di pignoramento presso terzi non è compreso in alcun quadro della dichiarazione (in quanto ordinariamente non deve essere esposto) ovvero non è possibile riportarlo nella sezione XII del quadro RM, va compilato il rigo RM24 (redditi non presenti in dichiarazione), inserendo tutte le informazioni necessarie per la corretta liquidazione dell’imposta dovuta.

Pensione estera – Germania

Solo una parte della pensione tedesca è imponibile al fisco italiano. In Germania il fisco tedesco tassa i contributi previdenziali versati, pertanto solo una parte della pensione tedesca costituisce reddito da dichiarare all’Agenzia delle Entrate italiana, in applicazione dell’art.25 della Convenzione per evitare
le doppie imposizioni fiscali sottoscritta dall’Italia e dalla Germania e ratificata dalla Legge. 459/92, la quale prevede che non tutto il reddito da pensione deve essere tassato

Investimenti pubblicità asd, tassabile! Sconto in fattura CONTABILIZZAZIONE

Quesito del 2.5.2023
Con riferimento al credito d’imposta per investimenti in campagne pubblicitarie e sponsorizzazioni in società e associazioni sportive di cui all’articolo 81 del DL 104/2020, successivamente prorogato, si chiede se tale credito d’imposta concorra o meno alla formazione del reddito imponibile IRPEF/IRES ed al valore della produzione IRAP del beneficiario.

Risposta
L’art. 81 del DL 14.8.2020 n. 104 riconosce un credito d’imposta alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, nei confronti di leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell’ambito delle discipline olimpiche e paralimpiche ovvero società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI operanti in discipline ammesse ai Giochi olimpici e paralimpici e che svolgono attività sportiva giovanile.
Tale misura, inizialmente prevista per gli investimenti in campagne pubblicitarie effettuati dall’1.7.2020 al 31.12.2020, è stata prorogata:
– per gli investimenti 2021 dall’art. 10 co. 1 e 2 del DL 25.5.2021 n. 73;
– con riferimento agli investimenti pubblicitari effettuati dall’1.1.2022 al 31.3.2022 dall’art. 9 del DL 27.1.2022 n. 4;
– da ultimo, agli investimenti effettuati dall’1.1.2023 al 31.3.2023 dall’art. 1 co. 615 della L. 29.12.2022 n. 197.
A quanto ci consta, non sono stati forniti chiarimenti ufficiali in merito al trattamento fiscale del credito d’imposta per le sponsorizzazioni sportive.
In linea generale, concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini IRPEF/IRES e del valore della produzione ai fini IRAP tutti i contributi per i quali la disciplina istitutiva non prevede esplicitamente la non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
L’art. 10-bis del DL 28.10.2020 n. 137 (c.d. DL “Ristori”) prevede tuttavia che “I contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5″ del TUIR.
Nel rispetto dello spirito del legislatore, tale regime di esenzione è riconosciuto nel presupposto che i sostegni economici siano strettamente connessi all’emergenza pandemica (cfr. ex multis, risposta a interpello Agenzia delle Entrate 24.1.2023 n. 156).
Nel caso di specie, né l’art. 81 del DL 104/2020 né il DPCM 30.12.2020 n. 196 prevedono espressamente la non imponibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP del credito d’imposta.
Inoltre, le citate disposizioni agevolative non fanno alcuno specifico riferimento all’emergenza epidemiologica.
Si rileva altresì che, ai fini del credito d’imposta in esame, è richiesto il rispetto dei regolamenti “de minimis” e non, come per altre disposizioni agevolative legate alla pandemia, del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato COVID.
Nella relazione illustrativa all’art. 81 del DL 104/2020 viene affermato che “la disposizione è finalizzata ad incentivare le imprese che promuovono la propria immagine, ovvero i proprio prodotti e servizi, tramite campagne pubblicitarie effettuare da società ed associazioni sportive professionistiche e dilettantistiche che investono in settori giovanili e rispettano determinati limiti dimensionali. Tali ultimi soggetti, infatti, operano in un settore, come quello sportivo e in particolare locale, caratterizzato da un’alta visibilità e da una significativa funzione sociale, e che è attraversato da difficoltà finanziarie particolarmente acuite nel contesto dell’emergenza epidemiologica da “Covid-19″, tali da poter metterne in discussione la continuità aziendale. L’introduzione di un incentivo agli investimenti in campagne pubblicitarie è volto ad innescare un circolo virtuoso in cui l’attività di promozione e sponsorizzazione possa contribuire al sostegno degli operatori sportivi, promuovendo lo sviluppo dell’attività di advertising resa da tali soggetti anche in funzione del rispettivo brand, a livello locale e su scala più ampia”.
In senso conforme, nell’ambito del dossier all’art. 1 co. 615 della L. 197/2022 (che ha previsto il riconoscimento dell’agevolazione anche per il primo trimestre 2023) è stato rilevato che “Tali ultimi soggetti operano in un settore – quello sportivo, in particolare a livello locale – caratterizzato, come specificato dal Governo all’interno della Relazione illustrativa, da un’alta visibilità e da una funzione sociale, e tuttavia in condizioni di difficoltà finanziarie acuite prima dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dalle misure restrittive introdotte al fine di fronteggiare quest’ultima, poi dalla crisi energetica, al punto da rischiare di compromettere la continuità aziendale di molte di queste società”.
Tanto premesso, l’agevolazione riguarda soggetti che non necessariamente sono impattati dall’emergenza, in quanto spetta a tutti i soggetti che effettuano gli investimenti in campagne pubblicitarie nel mondo sportivo.
Di conseguenza, per questo legame solo mediato ed eventuale con la situazione emergenziale, non si ritiene possibile escludere l’imposizione ai sensi dell’art. 10 del DL 137/2020. In assenza di altra previsione normativa, il credito d’imposta si ritiene sia quindi fiscalmente rilevante.

Quesito del 8.2.2022
Si chiede quale sia il trattamento contabile che deve adottare la società commissionaria di un intervento 110%, che riconosce lo sconto in fattura ai propri clienti e provvede (dopo la chiusura dell’esercizio) alla cessione dei bonus fiscali, senza usufruire della compensazione quinquennale, agli istituti di credito.
Prendendo a riferimento un intervento con totale compreso IVA pari a 120 e sconto sull’intero corrispettivo pari a 120, si prospettano le seguenti casistiche:
– ipotesi a) valore di mercato del bonus fiscale pari a 122;
– ipotesi b) valore di mercato del bonus non desumibile.
In particolare, nell’ipotesi a), si chiede se il componente positivo di reddito pari a 2 rilevato a fronte dell’iscrizione del credito tributario in misura maggiore rispetto al totale fattura debba essere classificato nella voce A.5 oppure nella voce C.16 del Conto economico e quale sia l’opzione più prudenziale dal punto di vista fiscale.
Si chiede, inoltre, se il predetto componente possa non essere riscontato sul periodo di fruizione del bonus, considerato che la società che ha concesso lo sconto in fattura provvederà a cedere il bonus fiscale per il suo intero importo non appena possibile e, comunque, nell’esercizio successivo a quello di emissione della fattura con sconto.
Nell’ipotesi b), considerato che il documento OIC agosto 2021 stabilisce che, nel caso in cui non sia desumibile il valore di mercato del bonus fiscale, il credito tributario deve essere rilevato in misura pari allo sconto in fattura concesso, si chiede se il credito tributario debba essere rilevato contabilmente per un importo pari al totale della fattura (nel caso di specie 120, peraltro coincidente con lo sconto applicato) oppure per un importo pari al credito d’imposta utilizzabile in compensazione (nel caso di specie 132).

Risposta
Secondo il documento OIC agosto 2021 (§ 13 e 20.b), il fornitore che concede lo sconto in fattura al cliente rileva, in contropartita al ricavo:
– un credito corrispondente all’ammontare che sarà erogato tramite disponibilità liquide (fattispecie che non si verifica in ipotesi, come quella che costituisce oggetto del quesito sottopostoci, del superbonus del 110% ex art. 119 del DL 34/2020);
– un credito che, al verificarsi dei presupposti previsti dalla normativa di riferimento per il riconoscimento dello sconto in fattura, è iscritto nella voce “C.II.5-bis – Crediti tributari” dello Stato patrimoniale.
Il credito tributario è rilevato (§ 13 e 20.b):
– al valore di mercato del bonus fiscale che sarà ricevuto per effetto dello sconto in fattura (trattamento contabile principale), in applicazione del documento OIC 15 (§ 31), secondo cui “i crediti incassabili con un’attività diversa dalle disponibilità liquide sono valutati al valore corrente realizzabile di mercato di tali attività”;
– nel caso in cui non sia desumibile il valore di mercato, al costo sostenuto per il suo acquisto, che nella circostanza è pari all’ammontare dello sconto in fattura concesso così come risultante dalla fattura (trattamento contabile residuale).
Tanto premesso, il caso prospettato nel testo del quesito si caratterizza per il fatto che lo sconto concesso al cliente risulta inferiore rispetto al valore di mercato del credito d’imposta.
Posto che nella prassi si è formato un mercato attivo dei crediti in esame e che il valore di mercato è desumibile dalle offerte commerciali di acquisto formulate dai principali gruppi bancari, l’applicazione delle indicazioni del documento OIC determina la rilevazione del credito tributario per un importo corrispondente al valore di mercato del bonus fiscale (nel caso di specie, 122).
In contropartita, occorre rilevare:
– i ricavi di vendita, per un importo corrispondente al corrispettivo risultante dalla fattura;
– un componente positivo di reddito, pari al differenziale tra credito tributario e ricavi di vendita (nel caso di specie, 2).
Avuto riguardo alla classificazione in bilancio, sembrerebbe corretto rilevare tale componente nella voce “C.16 – Altri proventi finanziari” del Conto economico, in coerenza con la natura finanziaria dell’operazione.
Tale natura è, peraltro, espressamente prevista dal documento OIC per le altre componenti di reddito che si originano dall’operazione di sconto.
In riferimento all’imputazione temporale, sembrerebbe corretto rilevare il differenziale tra credito tributario e ricavi di vendita interamente nell’esercizio in cui si applica lo sconto, in quanto tale componente di reddito è interamente conseguito.
Diversamente, in relazione al differenziale tra credito d’imposta utilizzabile in compensazione (nel caso di specie, 132) e valore di mercato del bonus fiscale (nel caso di specie, 122), anch’esso da rilevare nella voce C.16 del Conto economico, la competenza economica è rinvenibile, in base a quanto previsto dal documento OIC (§ 10 e 20.d), nell’orizzonte temporale quinquennale di utilizzo del credito di imposta in compensazione (fattispecie che non si verifica comunque nel caso sottoposto alla nostra attenzione, posto che il credito viene ceduto).
Ciò detto, il trattamento contabile prospettato assume rilevanza fiscale in forza del principio di derivazione (art. 83 del TUIR), con quel che ne consegue in termini di sua imponibilità ai fini IRES (non invece ai fini IRAP, se si conviene sulla sua natura finanziaria).
Pare appena il caso di sottolineare che, al momento della cessione del credito d’imposta (che nella specie avverrà nell’esercizio successivo a quello di realizzazione degli interventi), occorrerà stornare il credito tributario, rilevando in contropartita il credito verso il cessionario o l’entrata di banca.
Posto che il credito tributario risulta rilevato contabilmente al suo valore di mercato (nella specie 122), al momento della cessione non dovrebbe determinarsi alcuni riflesso economico in capo all’impresa fornitrice/cedente.
Qualora, invece, il credito tributario fosse rilevato per un importo corrispondente al all’ammontare dello sconto in fattura concesso (nella specie, 120), ipotesi che, come evidenziato, risulta, allo stato attuale, residuale, in quanto si è formato un mercato attivo dei crediti in esame, i ricavi di vendita sarebbero iscritti ad un valore pari al corrispettivo risultante dalla fattura (nella specie, 109,09).
In tale ipotesi, al momento della cessione del credito, occorrerà presumibilmente rilevare, in contropartita al credito verso il cessionario o all’entrata di banca, oltre allo storno del credito tributario, anche un componente positivo di reddito (nella specie pari a 2, ove il credito sia ceduto al valore di mercato), da rilevare a Conto economico tra i proventi finanziari (documento OIC agosto 2021, § 15 e 16).
Si ritiene, peraltro, che il componente di reddito in esame dovrebbe essere interamente imputato all’esercizio in cui si cede il credi