Editori, IVA

L’Iva da applicare alle operazioni riguardanti i prodotti editoriali assume il carattere di un’imposta monofase: non colpisce l’incremento di valore dei beni nei vari passaggi ma l’Iva rimane in carico ad un unico soggetto passivo, l’editore.

L’editore è l’operatore che intraprende l’iniziativa economica editoriale, dove le operazioni interessate sono le seguenti cessioni: giornali quotidiani e periodici, libri, cataloghi e depliants, stampati su carta o registrati su supporti informatici o fisici (CD, CD-rom, ecc.).

Dall’altra parte sono esclusi dal regime dell’editoria i seguenti beni:

1) Cessioni dei prodotti editoriali unitamente a beni diversi dai supporti integrativi, con prezzo indistinto e in unica confezione, se il costo del bene ceduto congiuntamente alla pubblicazione è superiore al 50% del prezzo dell’intera confezione;

2) I prodotti editoriali oggetto di cessione intracomunitaria ed esportazione in quanto operazioni non imponibili iva;

3) Prestazioni di intermediazione;

4) I giornali periodici gratuiti quali veicoli per la diffusione di messaggi pubblicitari;

5) Prodotti editi on-line (es. E-book), ciò in quanto le cessioni telematiche sono da configurarsi quale “commercio elettronico diretto”, con l’impossibilità di estendere loro i benefici previsti per il settore editoriale dalla normativa Iva.

Per il calcolo dell’Iva nell’editoria sono applicabili due regimi che operano in base:

  • Alle copie effettivamente vendute.

Questo primo regime costituisce il sistema obbligatorio di determinazione dell’imposta per le cessioni di:

– Cataloghi;

– Giornali e periodici pornografici;

– Giornali quotidiani, periodici e libri con beni diversi dai supporti integrativi;

– Riviste periodiche da parte di associazioni sportive e pro-loco, che esercitano l’opzione per l’esonero degli obblighi di tenuta delle scritture contabili e che già applicano l’imposta in misura forfettaria.

L’Iva a carico dell’editore è determinata, per ognuna o per tutte le testate o titoli, in base al numero delle copie effettivamente vendute, quindi sulla differenza (base imponibile) tra quelle da lui consegnate o spedite e quelle restituitegli in quanto rimaste invendute. Dalle copie effettivamente vendute si procedere allo scorporo dell’imposta dall’ammontare dei corrispettivi. Sulla base imponibile così determinata si deve poi applicare l’aliquota (in genere quella del 4%).

Ciò comporta, anche al fine di superare la presunzione di cessione, che l’editore istituisca una speciale registro tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 del Dpr 633/1972, sul quale annotare, per ciascuna pubblicazione:

– la data di consegna o spedizione;

– le quantità consegnate o spedite;

– la descrizione del prodotto editoriale

– la data di restituzione;

– le quantità restituite;

– quelle cedute;

– il prezzo di copertina;

– la base imponibile

Per poter operare nel “Sistema delle copie vendute”, occorre manifestarne l’opzione, barrando l’apposito rigo del quadro VO, della dichiarazione annuale IVA da presentarsi l’anno successivo a quello in cui la scelta è stata operata, con effetto vincolante triennale. L’effetto dell’opzione varia in base alla diversa tipologia:

> Se è effettuata per l’intera testata o titolo, ha effetto fino a quando non è revocata, con le medesime modalità, ed è comunque vincolante per 3 anni;

> Se invece l’opzione è effettuata per singolo numero, essa è vincolata limitatamente al numero stesso e può essere comunicata cumulativamente per i numeri relativi all’intero anno, in sede di dichiarazione annuale.

  • Alle copie consegnate o spedite, con forfetizzazione delle rese.

Questo secondo regime si applica limitatamente al commercio di libri, giornali quotidiani, periodici diversi da quelli elencati nella prima parte del nostro articolo, per il quale costituisce il sistema di base salvo opzione per il regime delle copie effettivamente vendute (l’esercizio di tale opzione si desume dal comportamento concludente ed è comunicata all’Agenzia delle Entrate tramite il rigo VO6 della dichiarazione Iva).

L’iva sulle cessioni può essere determinata per ciascuna testata o titolo sulla base delle copie consegnate o spedite, diminuite di una percentuale di resa forfetizzata pari al:

– 70% per i libri;

– 80% per i giornali quotidiani e i periodici.

La somma su cui applicare la percentuale forfettizzata è determinata dal prezzo di copertina di tutte le copie consegnate o spedite, anche a titolo gratuito, in abbonamento o in esecuzione di contratti estimatori (sono escluse le copie esportate, in quanto non imponibili e quelle cedute a titolo di campione gratuito, purché riportino la relativa specifica indicazione espressa sia sopra il prezzo di vendita, che sulla copertina).

L’Iva a carico dell’editore si determina scorporando l’imposta sull’ammontare dei corrispettivi diminuiti della percentuale di resa forfetizzata. Sulla base così determinata si applica l’aliquota del 4%.

Le variazioni di prezzo intervenute successivamente alla consegna o spedizione, comportano corrispondenti rettifiche della base imponibile già assoggettata all’imposta.

Nel regime forfettario l’editore dovrà tenere un apposito registro, detto “registro delle tirature“, annotando entro il mese successivo quanto segue;

– il numero delle copie consegnate o spedite (con esclusione di quelle di cui alle successive lettere b) e c)

– il numero delle copie consegnate o spedite in abbonamento, con esclusione di quelle di cui alla successiva lettera c)

– il numero di copie cedute senza applicazione dell’imposta in esportazione o cessione intracomunitaria

– il numero di copie costituenti la resa forfetaria, calcolata sul numero di copie consegnate o spedite di cui alla precedente lettera a)

– il prezzo di vendita al pubblico, comprensivo dell’imposta, di ciascuna copia

– l’ammontare dei corrispettivi, determinato moltiplicando il prezzo di cui alla lettera e) per il numero delle copie consegnate o spedite di cui alla lettera a), diminuito di quelle costituenti la resa forfetaria di cui alla lettera d)

– l’ammontare dei corrispettivi, comprensivi dell’imposta, riscossi per le cessioni di pubblicazioni effettuate in abbonamento, ridotto delle percentuali di forfetizzazione della resa

– l’ammontare complessivo imponibile determinato sulla base dell’importo dei corrispettivi di cui alle lettere f) e g), diminuito, a norma del comma 4 dell’articolo 27, delle percentuali ivi indicate

– l’ammontare della relativa imposta.

Per entrambi i regimi è necessario che le pubblicazioni rechino sulla copertina l’indicazione del prezzo di vendita al pubblico comprensivo di Iva. In assenza di tale requisito, pur restando ferma l’applicazione del regime monofase sull’intero prezzo della confezione, si renderà applicabile l’aliquota ordinaria Iva del 22% anziché quella ridotta.

Detto questo, in merito alla detraibilità degli acquisti non vi sono eccezioni degne di nota: l’editore può detrarre regolarmente l’imposta assolta sugli acquisti o sulle importazioni di beni e servizi impiegati nella produzione, edizione o commercio registrando il quanto nel registro degli acquisti. L’unica particolarità è dovuta dall’indetraibilità dell’imposta pagata in dogana relativamente alle pubblicazioni in esame importate dall’estero.

Come sottolineato in apertura di articolo, il regime dell’editoria si riferisce esclusivamente all’attività svolta dagli editori. << Tutti gli altri soggetti che intervengono nei successivi passaggi (distributori, commercianti e rivenditori), fino alla vendita all’acquirente finale, restano fuori dall’imposta, sia dal punto di vista sostanziale sia da quello formale >>. A loro, tuttavia, non è preclusa la detrazione dell’IVA pagata per l’acquisto dei beni, diversi dai prodotti editoriali, utilizzati nello svolgimento dell’attività di commercializzazione di questi ultimi.

<< Nel campo dell’editoria, pertanto, l’IVA deve essere corrisposta unicamente dall’editore (contribuente di diritto) sul prezzo di copertina della pubblicazione e l’imposta rimane condensata nel prezzo di vendita della pubblicazione e non può essere separatamente addebitata in fattura >>.

Per quel che concerne distributori e rivenditori vi è da precisare che quanto prima esposto si riferisce a soggetti che agiscono in nome proprio, in esecuzione di un contratto estimatorio o di una vera e propria cessione;ciò in quanto, qualora agissero invece in nome e per conto dell’editore, in esecuzione di contratti di deposito con rappresentanza o di altre tipologie contrattuali similari, il corrispettivo afferente tale attività d’intermediazione sarebbe soggetto a IVA nei modi ordinari, con applicazione delle normali regole in tema di detrazione e rimborso.

CU 2024 – fringe benefit

Entro il 18 marzo 2024 (il 16 marzo cade di sabato) i sostituti d’imposta sono tenuti a effettuare l’invio telematico della Certificazione Unica 2024 all’Agenzia delle Entrate, oltre a consegnare il modello al percipiente. Più tempo invece per le certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti, o non dichiarabili mediante la dichiarazione dei redditi precompilata, il cui termine di trasmissione è previsto per il 31 ottobre 2024.
Si ricorda che il modello della Certificazione Unica 2024, relativo al periodo d’imposta 2023, è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 8253 del 15 gennaio 2024, unitamente alle istruzioni per la compilazione (aggiornate poi il 7 febbraio 2024).

Diverse sono le novità che interessano il modello; tra queste, rientrano sicuramente i fringe benefit e il bonus carburante.

In particolare, rispetto allo scorso anno viene sdoppiata la sezione “Erogazioni in natura” (campi nn. 474 e 475) e confermata la casella relativa al bonus carburante, che assume però una nuova numerazione (n. 476).
Lo sdoppiamento in due caselle delle erogazioni in natura è il risultato delle differenti discipline sui fringe benefit previste per il periodo d’imposta 2023. Si ricorda, infatti, che l’art. 51 comma 3 terzo periodo del TUIR stabilisce che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore se il valore complessivo degli stessi non supera 258,23 euro.

In deroga all’art. 51 comma 3 prima parte del terzo periodo del TUIR, l’art. 40 del DL 48/2023 ha poi previsto, limitatamente al solo periodo d’imposta 2023:
– l’innalzamento a 3.000 euro del limite massimo di esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei fringe benefit;
– l’inclusione tra i fringe benefit concessi ai lavoratori anche delle somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

L’innalzamento a 3.000 euro della soglia di esenzione e l’inclusione tra i fringe benefit dei rimborsi delle bollette di acqua, luce e gas previsti dall’art. 40 del DL 48/2023 trovano però applicazione esclusivamente in favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. Come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 23/2023, § 2), l’art. 12 comma 2 del TUIR prevede che sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 2.840,51 euro (per il computo di tale limite si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili), mentre per i figli di età non superiore a 24 anni tale limite di reddito è elevato a 4.000 euro.

Sul punto, giova ricordare come la misura sia riconosciuta in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi.
In caso di superamento dei limiti di 258,23 euro o di 3.000 euro, l’intero valore dovrà essere assoggettato a tassazione ordinaria.

Ciò premesso, il sostituto d’imposta dovrà indicare nel punto:
– 474, i compensi in natura comunque erogati, indipendentemente dal loro ammontare, per i quali l’art. 51 comma 3 del TUIR ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se di importo non superiore a 258,23 euro;
– 475, i compensi in natura comunque erogati, indipendentemente dal loro ammontare, per i quali il citato DL 48/2023 ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se di importo non superiore a 3.000 euro.

Per quanto concerne il bonus carburante, l’art. 1 del DL 5/2023 prevede la non concorrenza alla formazione del reddito del lavoratore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l’acquisto di carburanti ceduti dai datori di lavoro privati ai dipendenti nel 2023 fino a 200 euro (tale esclusione non rileva ai fini contributivi). Tali somme vanno indicate nel punto 476 della CU 2024.

Nell’ipotesi in cui venga effettuata un’erogazione in natura o di buoni carburante in sostituzione del premio di risultato, l’intero importo del fringe benefit o del buono carburante deve essere riportato – oltre che nei punti sopra indicati – anche nella sezione denominata “Somme erogate per premi di risultato in forza di contratti collettivi aziendali o territoriali”. In particolare, nei punti 573 593 occorre riportare l’ammontare del premio di risultato corrisposto sotto forma di benefit e inoltre occorre riportare nei punti:
– 580 e 600, l’importo dei benefit costituiti da erogazioni in natura di cui all’art. 51 comma 3 del TUIR;
– 581 e 601, l’importo dei benefit erogati a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico per i quali l’art. 40 del DL 48/2023 ha previsto l’innalzamento della soglia a 3.000 euro e l’estensione della non imponibilità anche ai rimborsi delle bollette;
– 583 e 603, l’importo del benefit costituito da buoni carburante di cui al DL 5/2023.

Società immobiliari

Aspetti IVA e definizione di impresa ristrutturatrice

L’art. 10 del DPR 633/72, nell’individuare il trattamento impositivo delle cessioni e locazioni immobiliari, individua specificatamente il caso in cui a cedere o locare sia:

  • l’impresa costruttrice;
  • l’impresa c.d. “ristrutturatrice”, ovvero l’impresa che abbia eseguito sul fabbricato, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. art. 3 co. 1 lett. c), d) o f) del Testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001).

È da notare come la definizione di “impresa costruttrice” o di “impresa ristrutturatrice” fornita dalla norma non implichi un riferimento esclusivo alle società immobiliari, tenuto conto che non è necessario che la società abbia come oggetto esclusivo o prevalente dell’attività la costruzione (o il recupero) immobiliare per la vendita, bensì la definizione coinvolge anche le imprese che svolgano solo occasionalmente l’attività di costruzione o di ristrutturazione di fabbricati.


Ad esempio, la società immobiliare di gestione o di rivendita, che non abbia nè costruito nè ristrutturato l’immobile che intende locare o vendere, non rientra nei confini della dizione di “impresa costruttrice” recata dall’art. 10 del DPR 633/72. Invece, la società immobiliare di costruzione che abbia effettivamente costruito o ristrutturato l’immobile che intende cedere o locare rientra nella definizione di “impresa costruttrice” o “impresa ristrutturatrice” di cui all’art. 10 del DPR 633/72.

Locazione di fabbricati

A norma dell’art. 10 co. 1 n. 8 del DPR 633/72, la locazione:

  • di fabbricati abitativi è imponibile ad IVA su opzione del locatore se il locatore è l’impresa che ha costruito il fabbricato o che su di esso ha eseguito (anche tramite imprese appaltatrici) gli interventi di cui all’art. 3 co. 1 lett. c), d) ed f) del Testo unico dell’edilizia, ovvero se oggetto della locazione è un “alloggio sociale” ex DM 22.4.2008;
  • di fabbricati strumentali è imponibile ad IVA su opzione del locatore chiunque esso sia. 

In tutti gli altri casi, la locazione risulta esente da IVA.
Ove una società immobiliare lochi un fabbricato, si applica il seguente regime impositivo:

  • se si tratta di un immobile abitativo, la società immobiliare può optare per l’imponibilità IVA solo se essa stessa ha costruito o ristrutturato l’immobile da locare, ovvero se l’immobile ha natura di “alloggio sociale”;
  • se si tratta di un immobile strumentale, la società può in ogni caso esprimere l’opzione per l’imponibilità IVA.

In assenza di opzione, l’atto di locazione risulta esente da IVA.

Imposta di registro

Per quanto concerne l’imposta di registro, gli atti di locazione di fabbricati posti in essere da società immobiliari:

  • aventi ad oggetto fabbricati abitativi:
    • se imponibili ad IVA (su opzione), scontano imposta di registro in misura fissa (in ossequio al principio di alternatività IVA-registro);
    • se esenti IVA, scontano l’imposta di registro proporzionale (atteso che, a norma dell’art. 40 del DPR 131/86, in deroga al principio generale, non si considerano operazioni “soggette ad IVA”);
  • aventi ad oggetto fabbricati strumentali:
    • se imponibili ad IVA, in deroga al principio di alternatività IVA-registro, scontano contemporaneamente sia l’IVA che l’imposta di registro proporzionale;
    • se esenti IVA, scontano l’imposta di registro proporzionale (atteso che, a norma dell’art. 40 del DPR 131/86, in deroga al principio generale, non si considerano operazioni “soggette ad IVA”).

Omessa dichiarazione UNICO e dich Tardiva entro 90 gg

Entro il 28 febbraio 2024 può essere ravveduta l’omessa presentazione delle dichiarazioni modelli REDDITI e IRAP 2023.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97, l’omessa dichiarazione può essere ravveduta solo entro 90 giorni dalla scadenza del relativo termine di presentazione. Ciò è in armonia con l’art. 2 comma 7 del DPR 322/98, secondo cui si considera omessa la dichiarazione presentata con un ritardo superiore a 90 giorni.

In considerazione del fatto che il termine di presentazione del modello REDDITI 2023 è spirato il 30 novembre 2023 (lo stesso vale per il modello IRAP 2023), il ravvedimento operoso per l’omessa presentazione scade il 28 febbraio 2024.
Ora, di norma l’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97 punisce la dichiarazione omessa con la sanzione proporzionale dal 120% al 240% delle imposte, con un minimo di 250 euro.

Ai fini del ravvedimento si applica però la “speciale” procedura indicata dalla circ. Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2016 n. 42, che, in coerenza con i precedenti di prassi (cfr. la circolare ministeriale 23 gennaio 1999 n. 23) equipara la dichiarazione tardiva alla dichiarazione omessa dalla quale non emergono imposte da versare, punita con una sanzione fissa da 250 euro a 2.000 euro.
Occorre in questo caso ravvedere anche gli eventuali omessi versamenti del saldo edegli acconti.

Dal punto di vista operativo, bisogna pertanto:
– presentare il modello REDDITI 2023;
– pagare 25 euro per la tardività (nel modello F24 è necessario indicare il codice “8911” per la sanzione e l’anno 2023, in cui è stata commessa la violazione, non avendo rilevanza né il fatto che la dichiarazione si riferisca al periodo di imposta 2022, né la circostanza che il ravvedimento avvenga nel 2024);
– pagare le imposte e gli interessi legali (si segnala che dal 1° gennaio 2024 il tasso di interesse legale è pari al 2,5% per effetto del DM 29 novembre 2023);
– ravvedere le sanzioni da tardivo versamento del saldo e degli acconti ex art. 13 del DLgs. 471/97.

Per quanto riguarda le violazioni sui versamenti, occorre pagare, per il saldo 2022 e il primo acconto 2023, le sanzioni del 30% ridotte a 1/8 (opera l’art. 13 comma 1 lett. b) del DLgs. 472/97).

In merito al secondo o unico acconto 2023 (il cui termine è anch’esso, di regola, scaduto il 30 novembre 2023, salvo beneficiare del differimento ex art. 4 del DL 145/2023), la sanzione, trattandosi di ritardo contenuto nei 90 giorni, è del 15%, da ridurre al nono (opera l’art. 13 comma 1 lett. a-bis) del DLgs. 472/97).

Spirato il termine del 28 febbraio, l’omessa dichiarazione non è più ravvedibile, ma ciò non significa che non sia opportuno presentarla.
Infatti, ai sensi dell’art. 1 comma 1 del DLgs. 471/97, ove la dichiarazione sia presentata entro il termine per l’invio di quella per il periodo d’imposta successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale, la sanzione è dimezzata, e diviene quindi dal 60% al 120% delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro.

Inoltre, l’invio della dichiarazione con pagamento integrale delle imposte sempre entro il termine di presentazione di quella per l’anno successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale/penale è una causa di non punibilità del reato di cui all’art. 5 del DLgs. 74/2000 (art. 13 del DLgs. 74/2000).
Si tratta del reato di omessa dichiarazione, i cui estremi si integrano al superamento della soglia di punibilità pari a 50.000 euro.

Omessi versamenti del saldo e degli acconti da sanare

Purtroppo, la sanzione proporzionale (con minimo del 120% o del 60%) non viene meno se le imposte, tardivamente, sono pagate.
È infatti da ritenersi superata la tesi della circ. Agenzia delle Entrate 19 giugno 2002 n. 54, § 17, secondo cui se le imposte sono state pagate per l’intero ancorché tardivamente l’imposta dovuta sarebbe pari a zero, con susseguente applicazione della sanzione fissa e non proporzionale.

Nonostante le imposte siano pagate, il nuovo orientamento ritiene in ogni caso irrogabile la sanzione proporzionale (120% o 60%) ex art. 1 del DLgs. 471/97, riducibile sino alla metà ai sensi dell’art. 7 comma 4 del DLgs. 472/97 (Corte Cost. 17 marzo 2023 n. 46, con tesi ripresa nella risposta a interpello Agenzia delle Entrate 20 ottobre 2023 n. 450).
La sanzione potrà quindi essere del 60% o del 30%, sempre che gli uffici ritengano di applicare la menzionata riduzione alla metà del minimo.

Premio artigiano Inail a soci dipendenti e amministratori

Un soggetto è socio amministratore di una Srl, ma presta anche attività nella stessa e, dunque, percepisce un compenso come impresa artigiana. Si chiede se è corretto far pagare al socio amministratore il premio artigiano Inail determinato solo in misura fissa, e non anche in misura variabile, sulla base dell’entità del compenso da amministratore.?

La circolare Inail 66/2008 precisa che, se il socio risulta già assicurato all’Inail per l’esercizio di un’attività nell’ambito di un rapporto di dipendenza funzionale con la società, non si dovrà aprire una ulteriore posizione Inail per l’ulteriore attività svolta come amministratore, onorando il saldo del premio unicamente sul calcolo proprio delle società artigiane, come nel caso prospettato. Se invece l’amministratore non svolgesse attività lavorativa come socio, ma solo mansioni assicurabili come amministratore, sarebbe assicurato come lavoratore parasubordinato, osservando i minimali e i massimali previsti per questa categoria di collaboratori.

Credito Imposta e Industria 4.0 – contabilizzazione

Note teoriche aggiornate al 18-06-2021

Sono contributi in conto impianti (

Nonostante l’art. 1 commi 1051-1063 della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) non entri nel merito della modalità tecnica con cui effettuare l’investimento in beni strumentali nuovi ai fini del riconoscimento del relativo credito d’imposta, pare più che ragionevole ritenere che possano godere dell’agevolazione in esame non solo gli acquisti a titolo di proprietà, ma anche le acquisizioni attraverso contratti di locazione finanziaria, qualora si consideri che il comma 1054, relativamente ai predetti contratti, dispone che il costo agevolabile per l’utilizzatore è quello sostenuto dalla società locatrice per il relativo acquisto.

Ed è proprio l’acquisizione mediante contratto di leasing che richiede l’individuazione della corretta modalità di contabilizzazione del credito di imposta.
Le problematiche contabili che si devono affrontare riguardano, da un lato, la natura del componente economico da iscrivere a fronte del credito d’imposta e, dall’altro, l’imputazione temporale di detto componente economico, considerando che né la norma di legge, né i principi contabili nazionali disciplinano la tematica in questione.

Ci si potrebbe rifare a quanto previsto dal documento OIC 11 in tema di determinazione del trattamento contabile delle fattispecie non previste dagli OIC, il quale richiede all’impresa di sviluppare uno specifico trattamento contabile che si riferisca, in ordine gerarchicamente decrescente, alle disposizioni contenute in altri OIC che trattino casi simili e che si possano adattare alla fattispecie in esame e, successivamente, alle finalità e ai postulati del bilancio.

Nel caso qui esaminato, si potrebbe sostenere che il principio contabile applicabile per analogia sia il documento OIC 16, nella parte in cui disciplina l’iscrizione in bilancio dei contributi pubblici commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali.

Alla luce della predetta analogia, ed in considerazione della sua logica sottostante, il provento maturato in contropartita al credito d’imposta potrebbe essere assimilato ad un contributo in conto impianti, ovvero a fondi erogati “da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime” (OIC 16).

A tale conclusione si giungerebbe, sebbene il nostro sistema contabile non preveda ancora la rilevazione dei beni detenuti in locazione finanziaria nell’attivo di Stato patrimoniale, analizzando l’operazione di acquisizione in leasing (per la quale matura il contributo) da un punto di vista della prevalenza della sostanza economica della suddetta operazione (assimilabile ad un acquisto a titolo di proprietà), rispetto alla sua forma giuridica.

Il contributo in esame possiede, infatti, le stesse caratteristiche sostanziali di un incentivo ricevuto per l’acquisto in proprietà del medesimo bene, relativamente al quale (bene) la teorica mancanza di un costo di acquisto a cui commisurare il contributo (credito) spettante è normativamente compensata dalla previsione del comma 1054 sopra richiamato, che quantifica l’agevolazione alla luce del costo sostenuto dal locatore per l’acquisto del cespite.
Il secondo elemento da considerare al fine di contabilizzare correttamente il contributo in esame riguarda la competenza economica dello stesso.

Il documento OIC 16 prevede che i contributi in conto impianti siano rilevati a Conto economico con un criterio sistematico, gradualmente lungo la vita utile dei cespiti, mediante l’iscrizione a diretta riduzione del costo storico dell’immobilizzazione (metodo diretto), oppure attraverso l’imputazione a Conto economico nella voce “A.5 – Altri ricavi e proventi” e il successivo rinvio per competenza agli esercizi successivi, attraverso la tecnica dei risconti passivi (metodo indiretto).

Volendo applicare per analogia al contributo spettante per i beni acquisiti in leasing quanto previsto dal sopra richiamato OIC 16, ed in particolare avvalendosi del c.d. metodo indiretto, la società potrebbe iscrivere il suddetto contributo nella voce A.5 del Conto economico e, mediante la tecnica dei risconti passivi, imputare temporalmente tale contributo lungo la durata del contratto di leasing; in tal modo, si garantirebbe la correlazione costi-ricavi, elemento cardine del principio di competenza economica.

Ad una rappresentazione contabile similare si potrebbe giungere, peraltro, qualificando il credito di imposta in esame (in modo aderente al criterio di contabilizzazione delle operazioni di leasing previsto dal nostro ordinamento contabile) come un contributo in conto esercizio, in quanto finalizzato a ridurre l’onere sostenuto dal conduttore per le spese di esercizio rappresentate dai canoni di locazione finanziaria dovuti alla società concedente. Poiché i suddetti canoni si manifestano in diversi esercizi, alla luce del principio di competenza sopra richiamato, anche il contributo in oggetto andrà imputato a Conto economico in relazione alla durata del contratto di leasing (cfr. circolare Assonime n. 46/1999).

In contabilità ordinaria è necessaria la ripresa essendo questi crediti irrilevanti ai fini IRPEF, IRES, IRAP e del ROL, tale iscrizione in bilancio comporta l’obbligo di rilevare delle rettifiche dal punto di vista fiscale che:

  • nel quadro RF trovano allocazione nel rigo RF55 (Mod. Redd. PF, SP, SC) “Altre variazioni in diminuzione”.
    Riprendendo quindi l’esempio del paragrafo precedente, stante il credito d’imposta pari ad €. 15.000, nel rigo RF55 in colonna 1 andrà inserito il codice 99, mentre in colonna 2 bisognerà inserire l’importo relativo alla quota parte del credito spettante per l’anno (15.000 diviso 5 = 3.000).
    Di conseguenza la compilazione dovrebbe avvenire come di seguito rappresentato.

PARERE:

Secondo l’opinione prevalente, il credito d’imposta 4.0 costituisce un beneficio economico riconducibile alla fattispecie dei contributi in conto impianti, essendo finalizzato ad agevolare l’acquisto di beni strumentali attraverso una sovvenzione (da utilizzare in compensazione). Peraltro, il credito d’imposta 4.0 è utilizzabile non solo ad abbattimento (tramite compensazione) delle imposte sul reddito, ma di tutti i debiti fiscali che transitano, in termini di modalità di pagamento, sul modello F24. Tale caratteristica conferma la natura del credito d’imposta quale contributo in conto impianti piuttosto che come voce che va ad abbattere direttamente le imposte sul reddito alla voce E22 del conto economico. Pertanto, il credito d’imposta 4.0 va contabilizzato come un contributo in conto impianti (principio contabile Oic 16, paragrafi 86 e 88) nel momento in cui vi è la -certezza del relativo diritto nell’ambito dei risconti passivi, con imputazione all’esercizio della quota di competenza corrispondente al periodo di durata del leasing in tale esercizio rispetto alla durata complessiva, e così via per gli esercizi successivi. L’imputazione della quota di credito d’imposta di competenza nel singolo esercizio avviene a mezzo appostazione dello stesso nella voce A5 di conto economico (altri ricavi). Il credito d’imposta così imputato sarà poi oggetto di variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi, essendo non imponibile.

I contributi in conto esercizio devono essere divisi per la durata del leasing

Acquisto impianto con contabilizzazione metodo diretto EXPERTUP contabilità ordinaria

Operazioni in leasing

CREDITO IMPOSTA 12.600 AUMENTA UTILE E QUINDI POI SI EFFETTUA UNA VARIAZIOWE IN DIMINUZIONE RF55 PER IL CONTRIBUTO C/ESERCIZIO NON DI COMPETENZA

Omaggi a dipendenti e clienti

Fattura emessa da fornitore per cesto natalizio a cliente (esempio emessa), METTERE N.2.2 FUORI CAMPO IVA

(Versione aggiornata al 15.12.2023) Le cessioni gratuite di beni, seppure prive del requisito di onerosità, sono assimilate alle cessioni di beni “in senso stretto”, come tali soggette alla disciplina dell’IVA (art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72).
A tale regola, tuttavia, fanno eccezione (e sono quindi escluse dal campo di applicazione del tributo):

  • le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, se di costo unitario non superiore a 50 euro;
  • le cessioni gratuite di beni per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta ex art. 19 del DPR 633/72, anche se per effetto dell’opzione di cui all’art. 36-bis del medesimo decreto.

Omaggi di beni non rientranti nell’attività propria d’impresa

Dal coordinamento tra l’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72 e il successivo art. 19-bis1 co. 1 lett. h) deriva che, per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produzione o commercio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA.
Infatti, l’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72 prevede che sia indetraibile l’IVA assolta su beni e servizi che danno luogo a spese che si qualificano come di rappresentanza agli effetti delle imposte sul reddito, tra cui rientrano gli omaggi, salvo che per i beni di costo unitario non superiore a 50 euro.
Pertanto, gli omaggi di beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa non integrano mai una cessione soggetta ad IVA:

  • o perché si tratta di beni di costo unitario non superiore a 50 euro;
  • o perché, pur essendo di costo unitario superiore a 50 euro, riguardano beni per i quali non è detraibile l’imposta assolta sull’acquisto.

Omaggi di beni oggetto dell’attività propria d’impresa

La cessione gratuita di beni alla cui produzione o alla cui commercializzazione è finalizzata l’attività dell’impresa è soggetta ad IVA indipendentemente dal costo (o valore) unitario dei beni (inferiore, pari o superiore a 50 euro) (art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72).
Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza (C.M. 16.7.98 n. 188/E). L’IVA assolta all’atto dell’acquisto è pertanto detraibile, non trovando applicazione la previsione di indetraibilità oggettiva di cui all’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72.

Omaggi ai dipendenti

I beni acquistati per essere ceduti a titolo di omaggio ai propri dipendenti non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono nemmeno essere qualificati come spese di rappresentanza. Di conseguenza:

  • la relativa IVA è indetraibile;
  • la loro cessione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72.

Se però gli omaggi sono rappresentati da beni oggetto dell’attività d’impresa:

  • spetta la detrazione dell’imposta;
  • la cessione gratuita è imponibile ex art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72.

Prestazioni di servizi gratuite

Ai sensi dell’art. 3 co. 3 del DPR 633/72, rientrano tra le operazioni rilevanti ai fini IVA le prestazioni di servizi gratuite:

  • di valore superiore a 50 euro;
  • sempreché l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile;
  • rese per finalità estranee all’esercizio dell’impresa (restano dunque escluse dal campo di applicazione dell’IVA le prestazioni rese gratuitamente per finalità proprie dell’impresa; cfr. risposta interpello 237/E/2019).

Dal tenore letterale dell’art. 3 co. 3 primo periodo del DPR 633/72, si desume che:

  • l’assoggettamento ad IVA riguarda solo le prestazioni gratuite rese da coloro che operano in regime di impresa;
  • sono, in ogni caso, escluse dall’ambito di applicazione dell’IVA le prestazioni gratuite rese dagli esercenti arti e/o professioni.

Base imponibile

La base imponibile IVA delle operazioni effettuate a titolo gratuito è costituita (art. 13 co. 2 lett. c) del DPR 633/72):

  • per le cessioni di beni, dal “prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni” (secondo circ. Assonime 13.10.2009 n. 42, potrebbe tenersi conto anche delle spese sostenute successivamente all’acquisto del bene, come quelle per migliorie, riparazioni o completamento, nonché del deprezzamento che il bene ha subito nel tempo);
  • per le prestazioni di servizi, dalle “spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione dei servizi medesimi”.

Obblighi documentali

La rivalsa dell’IVA non è obbligatoria per le cessioni di beni e prestazioni di servizi gratuite soggette ad imposta (art. 18 co. 3 del DPR 633/72).
In caso di applicazione della rivalsa, operano gli obblighi documentali ordinariamente previsti, mentre in assenza di rivalsa l’operazione può essere certificata, alternativamente (C.M. 27.4.73 n. 32/501388, § VI):

  • mediante autofattura emessa singolarmente per ciascuna cessione o mensilmente per le cessioni effettuate in un mese;
  • mediante annotazione nel registro degli omaggi.

Tali procedure, benché individuate per le sole cessioni di beni, dovrebbero potersi applicare anche per le prestazioni di servizi gratuite (cfr. circ. Assonime 1.8.96 n. 89).
È stato però chiarito che le modalità di documentazione delle operazioni gratuite senza rivalsa previste dalla citata C.M. 32/73 non sono ammesse per le operazioni soggette all’obbligo di memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi, per le quali l’art. 2 co. 5 del DLgs. 127/2015 impone l’emissione del documento commerciale o della fattura al momento dell’ultimazione dell’operazione (cfr. consulenza giuridica Agenzia delle Entrate n. 3/2022).

Fattura elettronica

Per quanto riguarda l’autofattura emessa in modalità elettronica tramite SdI per cessioni e prestazioni gratuite, essa deve riportare sia nel campo relativo al cedente/prestatore, sia in quello relativo al cessionario/committente, l’identificativo IVA del soggetto che emette il documento e, dall’1.1.2021, deve essere identificata dal codice documento “TD27” (cfr. Guida dell’Agenzia delle Entrate alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro e circ. 14/E/2019, § 6.4).

Registrazione

Le cessioni gratuite di beni, anche se imponibili IVA, vanno rilevate esclusivamente nel registro IVA delle vendite (cfr. ancora circ. 14/E/2019, § 6.4), e non anche nel registro degli acquisti, poiché incrementerebbero illegittimamente l’imposta detraibile (Cass. 9254/92).