Interessi auto 20% capitazionazione? No

Ditta individuale in contabilità “ordinaria”, acquista un’autovettura, bene non strumentale che verrà scaricato al 20% nel limite fiscalmente riconosciuto di 18.076,00.
Per pagare l’auto viene concesso un finanziamento di 3.500,00€ della durata di 5 anni.
La fattura globale emessa esente art.10 D.P.R. 633/72 della finanziaria contiene le seguenti voci:
interessi di finanziamento
-commissione finanziaria
-bollo
-spese presentazione rid

1) mi risulta che gli interessi passivi siano deducibili al 20%, ma mi risulta anche che gli stessi “possono o devono” essere imputati come onere accessorio all’immobilizzazione materiale (l’auto). Dato che se li imputo nel conto dell’immoblizzazione materiale (CESPITE) potrò scaricare solo il 20% di quegli interessi attraverso l’ammortamento, posso scaricarli ed imputarli direttamente nel conto economico come oneri finanziari deducibili, sempre al 20%? oppure c’è qualcosa che mi sfugge?
2) per le altre voci (commissione, bollo, spese pres.rid) le devo mettere nel conto dell’immobilizz.materiale ed ammortizzarle via via, ovvero devo metterle nel conto economico e scaricarle in base alla durata del finaziamento (alias risconti attivi da spalmare)?.

In ultimo, ipotizzando invece che ci troviamo di fronte ad un contribuente in semplificata 2017 (regime di cassa!), come si dovrà agire con le stesse domande di cui sopra? 

Grazie con stima e buon lavoro.

rispostaRisposta

In linea generale, gli interessi passivi “per l’acquisto” di una immobilizzazione non vanno capitalizzati (a differenza di quanto previsto per la loro “costruzione”).  Pertanto, interessi passivi sul finanziamento dell’acquisto dell’autovettura verranno ordinariamente contabilizzati a conto economico (e dedotti per il solo 20% del loro importo, come correttamente evidenziato).

Discorso del tutto analogo vale per le spese di gestione del finanziamento.

Per quanto attiene i contribuenti che accedono al nuovo regime “di cassa” per i semplificati dal 2017, la deduzione opererà in ragione di quanto effettivamente pagato, nel senso che:
*) l’autovettura sarà ordinariamente ammortizzata per competenza
*) gli interessi passivi ed oneri finanziari accessori risulteranno deducibili in quanto “pagati” (sempre limitatamente al 20% del loro importo).

Cordiali saluti

Quesito auto professionista

domandaDomanda

Un professionista ha acquistato l’auto come privato prima di aprire la partita iva. Si chiede se adesso che ha aperto la partita Iva può scaricarsi i seguenti costi: – il 40% di schede carburanti, pedaggi, manutenzioni, – il 40% sugli interessi pagati nell’anno per le rate dell’auto acquistata come privato con un finanziamento? Grazie

rispostaRisposta

Con riferimento: a) al costo di acquisto: non si ritiene possibile procedere all’ammortamento, considerato che la procedura che lo autorizza (art. 65 c. 3-bis Tuir) è prevista nel solo reddito d’impresa (e non anche in quello di lavoro autonomo) b) alle spese di gestione (schede carburanti,ecc.): è certamente ammesso (nei limiti del 40%) c) interessi per finanziamento: sono certamente deducibili, in quanto genericamente inerenti (nel limite sempre del 40%)

Permessi, Ferie ed ex festività Expertup

Per liquidare permessi ed ex festività, deve accedere dentro il contratto che ha applicato al dipendente, nella sezione ratei e mensilità aggiuntive, dentro il differenziatore agganciato al dipendente e verificare quali sono le causali di liquidazione, dopo di che imputarle dentro il cedolino.
 
Ovviamente queste causali liquideranno il totale che lei ha nello storico del dipendente nella colonna ratei residui.

IVA DA COMPENSARE EXPERTUP e ratei ferie permessi e perdite esercizio

Il giorno dell’anno n+2 di approvazione dell’utile e copertura perdite, quindi se la perdita è del 2021 la copertura è il giorno della delibera di approvazione del bilancio nel 2023 (es. 30/04/2023) dove si approva il bilancio e si dispone la copertura delle perdite portate a nuovo con l’utile di esercizio 2022

LE SCRITTURE CONTABILI DEL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

L’articolo 2120, cod. civ. prevede che, in ogni caso di cessazione del rapporto, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto (comunemente, Tfr). Tale trattamento si calcola sommando – per ciascun anno di servizio – una quota pari (e comunque non superiore) all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Inoltre, il trattamento di fine rapporto – con esclusione della quota maturata nell’anno – è incrementato (su base composta) con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Ne deriva, pertanto, che la quota annua accantonata al fondo avrà 2 componenti:

  • la quota maturata sulle retribuzioni del periodo;
  • la quota (finanziaria) di rivalutazione di quanto già accantonato nel passato.
A partire dal 2007 al dipendente è riservata una duplice scelta:·      mantenere il Tfr all’interno dell’azienda;·      scegliere di destinare il Tfr (per le quote maturate dal 2007 in avanti) a fondi pensione appositamente costituiti, con la finalità di creare un trattamento pensionistico integrativo.Nelle aziende con oltre 50 dipendenti, tuttavia, la prima scelta comporta che la quota accantonata sia destinata ad apposito fondo presso l’Inps; pertanto, da tale momento il Tfr non viene più mantenuto in azienda, quantomeno per i soggetti di rilevanti dimensioni.

L’accantonamento: scritture contabili nel caso di Tfr in azienda

Ipotizziamo che ci si trovi nella situazione del Tfr che permane in azienda, secondo quanto sopra rappresentato. Al termine dell’esercizio, si compilerà la seguente scrittura:

Accantonamento Tfr (Ce)aTfr lavoro subordinato (Sp) 100

Come abbiamo precisato, una componente della quota accantonata può avere natura finanziaria, vale a dire di rivalutazione degli importi già accantonati al precedente anno; su tale quota, viene applicata una tassazione sostitutiva del 17%.

Tale tributo viene trattenuto e versato dal datore di lavoro:

  • in acconto alla scadenza del 16 dicembre;
  • a saldo alla scadenza del 16 febbraio dell’anno successivo a quello di maturazione.

Contabilmente si procederà, al mese di dicembre, a rilevare il versamento con riduzione del fondo, in modo tale che il medesimo (con la successiva quota di accantonamento lorda) rimanga movimentato per la quota corretta. Si può utilizzare come contropartita direttamente la banca, ovvero, evidenziare il debito verso Erario per le ritenute dovute e, successivamente, esporre il pagamento con presentazione del modello F24.

Tfr lavoro subordinato (Sp)aErario c/ritenute Tfr (Sp) 5
Erario c/ritenute Tfr (Sp)aBanca c/c (Sp) 5

Al 31 dicembre, poi, si stimerà l’ulteriore quota di saldo dell’imposta sostitutiva con articolo identico al primo tra i due che precedono, salvo estinguere il debito alla scadenza del febbraio successivo.

Nell’ipotesi in cui, in corso d’anno, un dipendente dovesse cessare il rapporto con il datore di lavoro, si dovrà procedere ad una duplice rilevazione:

  • imputare a Conto economico la quota di trattamento maturata (proporzionalmente) nell’anno, comprensiva di eventuale rivalutazione del pregresso, se spettante (per comodità omessa nell’esempio);
  • imputare, a storno di Stato patrimoniale, il decremento del fondo (già alimentato sino all’anno precedente) per la quota di spettanza del dipendente stesso.
DiversiaDipendenti c/retribuzioni (Sp) 1.010
Tfr lavoro subordinato (Sp)  10 
Accantonamento Tfr in corso d’anno (Ce)  1.000 

Al momento della corresponsione al beneficiario, poi, si dovrà provvedere alle trattenute fiscali del caso, con il meccanismo della tassazione separata.

Nel caso di corresponsione di anticipazioni, nelle ipotesi in cui la legge lo consente, si potrà provvedere:

  • a lasciare inalterato il fondo, iscrivendo una voce di credito nell’attivo (modalità che richiede poi una esposizione “al netto” in sede di bilancio, al fine di dare conto dell’effettivo debito esistente);
  • a decurtare direttamente il fondo, che così sarà già correttamente esposto in sede di bilancio.

L’accantonamento: scritture contabili nel caso di Tfr ai fondi o all’Inps

Diversamente da quanto sopra rappresentato, è possibile che parte del Tfr sia accantonato in gestione presso il fondo tesoreria dell’Inps, ovvero presso fondi pensione appositamente costituiti.

Ciò, per le aziende di più storiche radici, determinerà la permanenza in azienda del solo fondo Tfr maturato sino all’anno 2006, che subirà le seguenti movimentazioni:

  • rivalutazione annua;
  • decrementi per effetto di corresponsioni ai beneficiari.

Per gli accantonamenti ai fondi, invece, l’azienda funge solo da collettore delle somme che saranno poi gestite da tali enti.

Pertanto, la scrittura sarà la seguente (ipotesi di gestione fondo tesoreria Inps):

Accantonamento Tfr (Ce)aDebiti v/so Inps (Sp) 100

Va notato che, in tal caso, il riversamento della quota spettante avviene con cadenza mensile all’Inps, congiuntamente al versamento dei contributi dovuti dall’azienda, anche per conto del dipendente.

Per la quota di adesione da parte dei dipendenti ad eventuali fondi pensione, si avrà:

Accantonamento Tfr (Ce)aDebiti v/so Fondo (Sp) 100

Contributo dello 0,50%

Fatte 100 l’ammontare delle retribuzioni, applicando il divisore 13,5 si ottiene il carico percentuale, pari al 7,41%.

All’interno di tale misura, invero, grava anche il contributo dello 0,5% che viene utilizzato per l’alimentazione del fondo di garanzia dell’Inps, che interviene per il versamento del Tfr ai dipendenti di aziende fallite.

In realtà, dunque, la quota che grava sull’azienda ammonta al 6,91% (pari a 7,41 – 0,5).

Le scritture contabili per dare conto di questa situazione sono le seguenti:

Oneri sociali (Ce)aDebiti v/so Inps (Sp) 100
Personale c/anticipazioni (Sp)aOneri sociali (Ce) 5

COME CONTABILIZZARE FERIE E PEMESSI

FERIE MATURATE E NON GODUTE

Alla chiusura dell’esercizio deve procedersi alla contabilizzazione del costo relativo alle ferie non godute dal personale dipendente, che rappresentano un costo di competenza dell’esercizio in cui sono maturate, e non dell’esercizio in cui siano liquidate o fruite.

L’importo dovrà essere determinato, per ciascun dipendente, prendendo in considerazione: (i) il numero di giorni di ferie maturati sino alla data di chiusura dell’esercizio, e (ii) il costo giornaliero del dipendente. Il costo da rilevare dovrà tenere conto sia della retribuzione lorda, che dei contributi previdenziali e assistenziali a carico della società.

Il debito per ferie non godute rappresenta l’importo che l’azienda dovrebbe corrispondere ai dipendenti e agli enti previdenziali nell’ipotesi in cui, alla data di chiusura dell’esercizio, cessasse il rapporto di lavoro (indennità sostitutiva delle ferie non godute).

LE SCRITTURE DI ASSESTAMENTO

Al termine dell’esercizio (anno t) si dovrà, quindi, procedere alla rilevazione delle relative scritture di assestamento.

a) Rilevazione del costo relativo all’indennità per ferie maturate ma non godute:

Si noti che l’indennità per ferie maturate e non godute rappresenta un debito, maturato in modo definitivo alla fine dell’esercizio, e non un rateo passivo.
L’importo sarà esposto in bilancio fra gli “Altri debiti” alla voce D.14 del Passivo dello Stato Patrimoniale.

LE SCRITTURE DI ASSESTAMENTO

Il costo confluirà nella voce B.9.a del Conto Economico.

b) Rilevazione del costo per contributi a carico dell’azienda:

L’importo sarà esposto in bilancio fra i “Debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale” alla voce D.13 del Passivo dello Stato Patrimoniale, mentre il costo confluirà nella voce B.9.b del Conto Economico.

L’indennità per ferie maturate e non godute è fiscalmente deducibile nell’esercizio di maturazione (cfr. Cassazione 871/2009).

LE SCRITTURE NELL’ESERCIZIO SUCCESSIVO

Nell’esercizio successivo (anno t+1), qualora il dipendente cessi il rapporto di lavoro senza aver fruito delle ferie maturate nell’esercizio precedente (t), l’azienda pagherà l’indennità sostitutiva e rileverà contabilmente l’uscita finanziaria.

Qualora, invece, il dipendente fruisca delle ferie maturate nell’esercizio precedente, il relativo debito sarà stornato rilevando un componente positivo di reddito, che confluirà nella voce A.5 «Altri ricavi e proventi» del Conto Economico e costituirà una sopravvenienza attiva imponibile (cfr. Cassazione 871/2009).

Nell’ipotesi, infine, in cui le ferie maturate nell’esercizio (t) non siano state ancora fruite dal dipendente alla fine dell’esercizio (t+1), il debito resterà iscritto in bilancio, e dovrà essere eventualmente adeguato in base alle retribuzioni correnti. Al termine dell’esercizio (t+1) si procederà comunque alla rilevazione delle ferie maturate e non godute in tale esercizio, come sopra illustrato.

FERIE GODUTE NON MATURATE

Nell’ipotesi in cui il dipendente abbia, invece, usufruito anticipatamente di ferie non maturate, alla chiusura dell’esercizio dovrà procedersi alla rilevazione delle scritture di assestamento per i relativi importi, determinati come sopra illustrato, di competenza dell’esercizio successivo.

a) Rilevazione del risconto attivo per ferie godute ma non maturate:

FERIE GODUTE NON MATURATE

b) Rilevazione del risconto attivo per contributi a carico dell’azienda per ferie godute ma non maturate:

Gli importi saranno esposti in bilancio alla voce D “Ratei e Risconti” dell’Attivo dello Stato Patrimoniale.

Barriere architettoniche indicazione in modello unico 2023/2022 e limite di spesa parti comuni

Riconoscendo, pertanto, la spettanza del bonus barriere 75% anche per gli interventi sulla singola unità immobiliare (non funzionalmente indipendente e priva di accesso autonomo dall’esterno), si rileva che, per detti interventi, spetta un autonomo limite di spesa (distinto da quello relativo agli interventi sulle parti comuni degli edifici plurifamiliari). Adottando un’interpretazione estensiva della lett. a) del co. 2 dell’art. 119-ter citato, parrebbe doversi ritenere che anche per tali interventi la detrazione spetti nel tetto massimo di spesa di 50.000,00 euro (ossia nel medesimo limite riconosciuto per gli edifici unifamiliari e per le unità immobiliari indipendenti e con accesso autonomo site all’interno di edifici plurifamiliari). Ai fini della compilazione dei righi E41-E43 del modello 730/2023, per detti interventi si ritiene, pertanto, vada indicato il codice “21” in colonna 2 (analogamente, nel modello REDDITI PF 2023 pare vada indicato il codice “21” nella colonna 2 dei righi RP41-RP47, mentre nel modello REDDITI SC 2023 pare debba indicarsi, nei righi RS521 e RS522, il codice “1” in colonna 2).

Il limite di spesa per il super ecobonus del 110% applicabile agli interventi indicati nell’articolo 16-bis, comma 1, lettera e), del Tuir, cioè quelli «finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche» è di 96.000 euro? In caso affermativo, si tratta di un nuovo plafond di spesa rispetto a quello per il bonus casa dell’articolo 16-bis del Tuir?

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 119 del decreto Rilancio, tra gli interventi “trainati” dagli interventi di efficienza energetica di cui al comma 1 rientrano anche quelli finalizzati «alla eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104», indicati nell’articolo 16-bis, comma 1, lettera e), del TUIR. Successivamente, il decreto legge n. 77 del 2021 ha inserito una analoga disposizione anche nel comma 4 del medesimo articolo 119 stabilendo che i predetti interventi sono ammessi al Superbonus anche nell’ipotesi in cui siano effettuati congiuntamente agli interventi antisismici di cui al medesimo comma 4. La disposizione si applica alle spese sostenute a partire dal 1° giugno 2021, data di entrata in vigore del citato decreto legge n. 77 del 2021.
Con riferimento al limite massimo di spesa ammesso al Superbonus, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del citato decreto legge n. 63 del 2013, per gli interventi di cui all’articolo 16-bis del TUIR è previsto che la detrazione si applichi nel limite di spesa di 96.000 euro riferito all’unità abitativa e alle sue pertinenze unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente. Nel caso di interventi sulle parti comuni dell’edificio, le relative spese, essendo oggetto di un’autonoma previsione agevolativa, devono essere considerate, dal condomino o dall’unico proprietario dell’intero edificio (fino a 4), in modo autonomo ai fini dell’individuazione del limite di spesa ammesso alla detrazione. Pertanto, nel caso in cui vengano effettuati sia interventi sulle parti comuni dell’edificio che sulla singola unità immobiliare all’interno di tale edificio, il Superbonus spetta nei limiti di spesa sopra riportati, applicabili disgiuntamente per ciascun intervento. In sostanza, qualora sia installato nel condominio un ascensore e un condòmino effettui interventi di eliminazione delle barriere architettoniche nel suo appartamento, potrà fruire del Superbonus per l’intervento sulla propria abitazione nel limite di spesa di 96.000 euro e per l’intervento sulle parti comuni del condominio per la quota a lui imputata nell’ulteriore limite di 96.000 euro. Nel caso di titolarità di più appartamenti, il limite massimo di spesa relativo ai lavori sulle parti comuni va considerato autonomamente per ciascuna abitazione e, in caso di più contitolari dell’unità abitativa, deve essere suddiviso tra gli stessi. Nel predetto limite occorre tener conto anche delle eventuali ulteriori spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio, ivi inclusi gli interventi antisismici, di cui all’articolo 16 del decreto legge n. 63 del 2013, realizzati sul medesimo immobile anche in anni precedenti. In tal caso, si ha diritto all’agevolazione solo se la spesa per la quale si è già fruito della relativa detrazione nell’anno di sostenimento non ha superato il predetto limite complessivo. Tale vincolo non opera in caso di interventi autonomi, ossia non di mera prosecuzione, fermo restando che, per gli interventi autonomi effettuati nel medesimo anno sullo stesso immobile, deve essere comunque rispettato il limite annuale di spesa ammissibile. L’intervento per essere considerato autonomamente detraibile, rispetto a quelli eseguiti in anni precedenti sulla medesima unità immobiliare, deve essere anche autonomamente certificato dalla documentazione richiesta dalla normativa edilizia vigente (cfr., da ultimo, circolare n. 7/E del 2021). In applicazione dei criteri sopra illustrati, qualora l’intervento di abbattimento delle barriere architettoniche sia “trainato”:
–    da un intervento “trainante” finalizzato all’efficientamento energetico, sono ammesse al Superbonus le spese nel limite di 96.000 euro come sopra precisato. Il predetto limite di spesa si somma a quello previsto per ciascuno degli interventi “trainanti” di cui al comma 1 dell’articolo 119;
–    da un intervento “trainante” antisismico, il limite di 96.000 euro va complessivamente considerato tenendo conto anche delle spese sostenute per tale intervento antisismico.
Anche per tali interventi, in alternativa alla fruizione diretta del Superbonus, può essere esercitata l’opzione di cui all’articolo 121 del decreto Rilancio per un contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dai fornitori (cosiddetto sconto in fattura), o per la cessione del credito corrispondente alla predetta detrazione.

PARERE EUTEKNE

Quesito del 5.4.2022
Condominio con più di 8 unità con amministratore. L’assemblea autorizza un condomino ad installare a propria cura e spese, un ascensore esterno sulla facciata del condominio ad uso esclusivo del condomino. Per il bonus 50% il limite è 96.000,00 euro.
Per il bonus del 75% il limite è 50.000,00 euro (per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e hanno un accesso autonomo dall’ esterno) o 30.000,00 euro moltiplicato per le unità? In quest’ultimo caso vanno considerate anche le pertinenze?
L’appartamento del condomino è funzionalmente indipendente ed ha un accesso comune a tutti gli altri appartamenti del condominio che sarebbe il portone d’entrata nell’androne (palazzo d’ epoca).
L’ascensore verrebbe installato ad uso esclusivo nella facciata (partecomune) del retro del palazzo non visibile dalla strada.
Il condomino troverà il fornitore e il tecnico per la sicurezza dei lavori. La comunicazione (Cila) in Comune la può fare a suo nome o la deve fare l’amministratore del condominio? Per il 50% il condomino procede direttamente a farsi fare le fatture e ai pagamenti? Per il 75% idem o le fatture vanno intestate al condominio e i pagamenti li fa l’amministratore che poi provvederà a fare la certificazione ai fini del bonus al condomino indicando che lo stesso ha sostenuto il 100% delle spese?
Il 75% spetta solo a installazioni di ascensori in condomini dove non sono presenti o anche in sostituzione di quelli già esistenti?

Risposta
In via preliminare, si richiama che, ai sensi dell’art. 16-bis co. 1 lett. e) del TUIR e 16 co. 1 del DL 63/2013, viene riconosciuta una detrazione IRPEF per gli interventi di recupero edilizio pari al 50% delle spese sostenute dal 26.6.2012 al 31.12.2024 in relazione agli interventi “finalizzati alla eliminazione delle barrierearchitettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104″. La detrazione spetta fino ad un ammontare massimo complessivo delle spese pari a 96.000,00 euro per unità immobiliare, e prevede una ripartizione in dieci quote annuali di pari importo, relative all’anno di sostenimento delle spese ed a quelli successivi.
Ove si intenda fruire della detrazione IRPEF del 50% di cui all’art. 16-bis del TUIR occorre tenere presente che il tetto massimo di rilevanza della spesa, pari a 96.000,00 euro, deve essere riferito ad ogni distinto intervento agevolato compiuto su ogni singola unità immobiliare residenziale, comprensiva delle relative pertinenze, ancorché in comproprietà o contitolarità di diritti.
Quando gli interventi di cui all’art. 16-bis del TUIR vengono effettuati su particomuni di edifici composti da più unità immobiliari, i tetti massimi di spese detraibili vanno moltiplicati per il numero di unità immobiliari che compongono l’edificio, al fine di determinare il tetto massimo di spesa detraibile o detrazione fruibile riferito all’edificio nel suo complesso (nel caso di specie, ipotizzando che il condominio sia composto da 10 unità immobiliari residenziali, il limite massimo di spesa su cui calcolare la detrazione IRPEF del 50% sarebbe quindi pari a 960.000,00 euro).
In alternativa al c.d. “bonus casa 50%”, per le spese sostenute dall’1.1.2022 al 31.12.2022, l’art. 119-ter del DL 34/2020 riconosce una detrazione dall’imposta lorda sui redditi pari al 75% delle spese (da ripartirsi in cinque quote annuali di pari importo) “per la realizzazione di interventi direttamente finalizzati al superamento e all’eliminazione di barrierearchitettoniche in edifici già esistenti”, qualora rispettino i requisiti di cui al DM 14.6.89 n. 236.
Tale agevolazione dovrebbe senz’altro spettare non solo a tutti i soggetti IRPEF che sostengono tali spese, ma anche a tutti i soggetti IRES. Il co. 1 dell’art. 119-ter del DL 34/2020 non indulge infatti in alcun distinguo di tipo soggettivo o impositivo, limitandosi a statuire che “ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, ai contribuenti è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda”. Alla luce del fatto che le istruzioni di compilazione del modello REDDITI SC 2022 contemplano questa agevolazione, si può dunque concludere nel senso di ritenere compresi nel novero dei soggetti beneficiari dell’agevolazione tutti i soggetti passivi IRPEF e tutti i soggetti passivi IRES, esattamente come nel caso dell’ecobonus e del sismabonus di cui agli artt. 14 e 16 del DL 63/2013.
A norma dell’art. 119-ter co. 2 del DL 34/2020, la detrazione del 75% viene calcolata su un ammontare massimo di spesa pari a:
– 50.000,00 euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
– 40.000,00 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;
– 30.000,00 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.
In riferimento alla definizione di “unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno”, pare potersi fare rinvio a quanto precisato dal co. 1-bis dell’art. 119 del DL 34/2020. Tale disposizione, contenuta nella disciplina dell’agevolazione “superbonus al 110%”, prevede che:
– per “accesso autonomo dall’esterno” deve intendersi “un accesso indipendente, non comune ad altre unità immobiliari, chiuso da cancello o portone d’ingresso che consenta l’accesso dalla strada o da cortile o da giardino anche di proprietà non esclusiva”;
– per “unità immobiliare funzionalmente indipendente” deve intendersi l’unità “dotata di almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva: impianti per l’approvvigionamento idrico; impianti per il gas; impianti per l’energia elettrica; impianto di climatizzazione invernale”.
L’art. 119 co. 1-bis del DL 34/2020 individua le predette definizioni “ai fini del presente articolo”, ossia delle disposizioni dell’art. 119 del DL 34/2020.
La formulazione normativa contenuta nel co. 2 dell’art. 119-ter del DL 34/2020 ricalca in modo pedissequo quella del co. 1 dell’art. 119 del DL 34/2020, in materia di interventi di efficienza energetica “trainanti” ai fini del superbonus.
Proprio questa “identità strutturale” e il riferimento espresso della norma a “edifici unifamiliari” e “plurifamiliari” sembrerebbe preludere ad una interpretazione dell’Agenzia delle Entrate identica a quella adottata con riguardo ai predetti interventi di efficienza energetica, dalla quale conseguirebbe, quindi, la possibilità di applicare il bonus anti-barriere solo sugli interventi che hanno per oggetto edifici residenziali o a prevalente destinazione residenziale (con possibilità invece di fruizione della stessa solo da parte dei possessori di unità immobiliari a destinazione residenziale, nel caso di interventi su particomuni di edifici a prevalente destinazione non residenziale).
Le disposizioni recate dal co. 1-bis dell’art. 119 del DL 34/2020, peraltro, dovrebbero estendersi anche al bonus barrierearchitettoniche di cui all’art. 119-ter del DL 34/2020.
Ciò premesso, il primo quesito posto riguarda la facoltà di applicare la disciplina del computo dei limiti di spesa massimi detraibili dei condomìni anche qualora questi siano composti da “unità funzionalmente indipendenti con accesso autonomo”.
A tale quesito, si ritiene di dover rispondere affermativamente, in quanto non vi sono elementi del dettato dell’art. 119-ter del DL 34/2020 che ostano a tale conclusione.
Ciò anche considerato che, tanto per le agevolazioni con superbonus al 110% di cui all’art. 119 del DL 34/2020, quanto per il bonus barrierearchitettoniche di cui all’art. 119-ter del DL 34/2020, la ratio della previsione delle “unità funzionalmente autonome con accesso indipendente” pare potersi individuare in quella di facilitare l’accesso all’agevolazione per la singola unità immobiliare indipendente quando, in mancanza di interventi sull’intero edificio plurifamiliare, il proprietario non possa accedervi in qualità di “condomino”, e non invece quella di precludere l’applicazione della disciplina per gli interventi condominiali quando ne sussistano i presupposti (così Zanetti E., “Superbonus con tetti di spesa delle particomuni anche per unità indipendenti e autonome”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 7.10.2021).
Su tale punto non vi sono specifiche indicazioni di prassi riferite all’art. 119-ter del DL 34/2020. Tuttavia, dovrebbero poter trovare applicazione, in via analogica, le indicazioni rese per l’art. 119 del DL 34/2020, e in particolare quelle recate dalla risposta ad interpello Agenzia delle Entrate 6.10.2021 n. 665, nella quale è stato precisato che “la sussistenza dei requisiti dell’autonomia funzionale e della presenza di accesso autonomo dall’esterno rileva al solo fine di identificare le unità immobiliari unifamiliari o le unità immobiliari all’interno di edifici plurifamiliari ma non rileva, ovviamente, ai fini dell’individuazione degli edifici in condominio o composti da due a quattro unità immobiliari di un unico proprietario o in comproprietà tra persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti o professioni”. Da tale premessa l’Agenzia ha riconosciuto la facoltà dei proprietari delle unità funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo all’esterno di accedere al superbonus del 110%, relativamente ad interventi di isolamento termico, facendo riferimento, per la determinazione dei limiti massimi di spesa agevolata, alla disciplina propria degli interventi sulle particomuni di un condominio.
In sostanza, nel caso di specie, anche con riguardo al bonus barriere di cui all’art. 119-ter del DL 34/2020 dovrebbe poter trovare applicazione la disciplina propria dei condomìni, ancorché le unità immobiliari che compongono l’edificio siano funzionalmente indipendenti e dotate di accesso autonomo (cfr. Zanetti E. “Superbonus con tetti di spesa delle particomuni anche per unità indipendenti e autonome”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 7.10.2021).
Fatta tale premessa, in ogni caso nella vicenda in esame non parrebbero comunque sussistere le condizioni per ritenere integrata la fattispecie dell’unità immobiliare “situata all’interno di edifici plurifamiliari che sia funzionalmente indipendente e disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno”. Invero, viene affermato che, pur essendo funzionalmente indipendente, l’appartamento del condomino ha un accesso comune a tutti gli altri appartamenti del condominio, ossia il portone d’entrata dell’androne. Parrebbero pertanto mancare le condizioni per ritenere integrato il requisito dell’accesso autonomo dall’esterno.
Ciò detto, per quanto riguarda le modalità di computo del tetto massimo di spese riconosciute, si richiamano le indicazioni rese dell’Agenzia delle Entrate per gli interventi agevolati con superbonus al 110% ex art. 119 del DL 34/2020, che si ritiene possano trovare applicazione, data l’analogia delle disposizioni, per il bonus barriere 75% di cui all’art. 119-ter del DL 34/2020.
In particolare, secondo l’Agenzia delle Entrate la determinazione dei “tetti massimi”, quando gli interventi riguardano particomuni di edifici condominiali, avviene secondo un criterio per “scaglioni” (in tal senso circ. Agenzia delle Entrate 8.8.2020 n. 24, § 2.1.1 e 2.1.1). Trasponendo tali indicazioni per l’art. 119-ter del DL 34/2020 si ha che, per gli interventi sulle particomuni di edifici condominiali, il tetto massimo delle spese agevolabili con bonus barriere al 75% viene determinato dalla somma di due addendi:
– il primo uguale al prodotto delle prime otto unità immobiliari per il tetto massimo “unitario” più elevato di 40.000,00 euro;
– il secondo uguale al prodotto delle residue unità immobiliari per il tetto massimo meno elevato di 30.000,00 euro.
Nel caso di un edificio composto da più di 8 unità immobiliari, quindi, l’ammontare massimo di spese detraibili al 75% dovrebbe essere pari a:
– 40.000,00 euro per ciascuna delle prime 8 unità immobiliari;
– 30.000,00 euro per ciascuna delle unità immobiliari ulteriori rispetto alle prime 8.
Ad esempio, per un edificio composto da 10 unità immobiliari il limite massimo di spesa sarà pari a 380.000,00 euro (40.000,00 euro x 8 unità più 30.000,00 euro per le altre 2 unità).
A ciò deve aggiungersi che nel computo delle unità immobiliari sulla base delle quali determinare il tetto massimo delle spese per gli interventi condominiali dovrebbero essere conteggiate anche le relative pertinenze (in tal senso circ. Agenzia delle Entrate 22.12.2020 n. 30, § 4.4.4. e 4.4.5; conforme risposta interpello Agenzia delle Entrate 6.10.2021 n. 665).
Peraltro, a tali conclusioni non osta il fatto che le spese per gli interventi sulle particomuni dell’edificio condominiale sono sostenute da un solo condomino. Secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nei propri documenti di prassi, quando vengono effettuati interventi su particomuni di proprietà condominiale, i tetti massimi “unitari” di spese detraibili, calcolati computando ciascuna unità immobiliare sita nell’edificio, sono determinati esclusivamente in riferimento all’ammontare massimo riconosciuto “a livello di edificio”. Rimane poi fermo che ciascun singolo condomino potrà calcolare la detrazione a lui spettante in funzione della spesa a lui imputata in base ai millesimi di proprietà o ai diversi criteri di ripartizione applicati ai sensi dell’art. 1123 c.c., non rilevando tuttavia a tal proposito – lo si ribadisce – i tetti massimi “unitari” (in tal senso circ. Agenzia delle Entrate 8.8.2020 n. 24, § 4, e risposta a interpello Agenzia delle Entrate 27.10.2020 n. 499).
A tal proposito, deve rilevarsi che, tra le “diverse convenzioni” di ripartizione delle spese condominiali, alternative al criterio di ripartizione secondo le tabelle millesimali, di cui all’art. 1123 c.c., devono ricondursi appunto anche quelle di imputazione ad un singolo condomino della totalità delle spese (come nel caso in esame). Al riguardo, l’art. 10 co. 3 del DL 76/2020 precisa che “ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, [ossia interventi per l’eliminazione ed il superamento delle barrierearchitettoniche] e 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del codice civile”, (si rinvia sul punto alle analisi di Spina S., “Superbonus possibile anche in capo a un solo condomino”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 5.10.2020, e “Intera spesa sostenibile da uno o più condomini per il superbonus”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 28.1.2021).
Per completezza, occorre peraltro ancora rilevare, sempre in relazione alla circostanza che le spese sono interamente sostenute dal condomino cui è destinato l’utilizzo esclusivo dell’ascensore, che la circ. Agenzia delle Entrate 25.6.2021 n. 7 specifica che:
– “in caso di installazione, nel cavedio condominiale, dell’ascensore e di spesa sostenuta per intero da un solo condomino, a questo è riconosciuta la detrazione, da applicare entro il limite massimo consentito dalle disposizioni vigenti ratione temporis, con riferimento alla parte di spesa corrispondente alla ripartizione in base alla tabella millesimale del condominio o in base a altre modalità stabilite dall’assemblea dei condomini, in quanto l’ascensore diviene “oggetto di proprietà comune” e, quindi, è utile (e utilizzabile) per tutti i condòmini”;
– “per l’installazione di un montascale la detrazione, invece, spetta interamente al condomino disabile che ha sostenuto integralmente le spese, trattandosi di un mezzo d’ausilio utilizzabile dal solo condomino disabile” (in tal senso anche ris. Agenzia Entrate 1.8.2008 n. 336, ove viene rilevato che, nel caso esaminato, “gli altri condomini non hanno né la necessità e né l’interesse ad utilizzare detto mezzo d’ausilio che è necessario all’uso specifico del solo condomino disabile che ha sostenuto integralmente la spesa”).
Per quanto riguarda l’installazione di un ascensore esterno all’abitazione, la circ. Agenzia delle Entrate 25.6.2021 n. 7, richiamando la circ. Agenzia Entrate 26.1.2001 n. 7, risposta 3.2, si limita a rilevare che anche la realizzazione di un elevatore esterno all’abitazione rientra tra gli interventi di abbattimento delle barrierearchitettoniche.
Dalle indicazioni contenute nella circ. Agenzia delle Entrate 25.6.2021 n. 7, parrebbe dunque (anche in riferimento al termine “invece” utilizzato nel periodo ove viene riconosciuta la detrazione integrale) che il riconoscimento della detrazione “integrale” per il condomino che ha sostenuto integralmente le spese sia subordinato all’utilizzabilità (e non al mero utilizzo) esclusivo del mezzo di ausilio da parte del condomino.
Richiamando anche le indicazioni di prassi sopra illustrate, sembrerebbe pertanto doversi interpretare tali indicazioni dell’Agenzia delle Entrate nel senso che, in caso di “utilizzabilità” non esclusiva del mezzo di ausilio per il condomino che ha sostenuto le spese, non sia sufficiente, ai fini del riconoscimento integrale della detrazione, che le spese siano state effettivamente sostenute interamente da un solo condomino, ma occorra inoltre che vi sia stata una deliberazione condominiale che abbia disposto l’imputazione esclusiva delle spese in capo a tale condomino, in deroga ai criteri di ripartizione ordinari secondo le tabelle millesimali (circostanza che pare esservi stata nel caso di specie).
Ciò concluso, per quanto riguarda il secondo quesito, si richiama anzitutto che quello in esame è un condominio ordinario (o non minimo), ossia un edificio composto da un numero superiore a otto condomini, per il quale è obbligatoria la nomina dell’amministratore (art. 1129 c.c.) e l’attribuzione di un codice fiscale (in tal senso, specularmente, la circ. Agenzia delle Entrate 8.8.2020 n. 24, § 1.1, ove afferma che “al fine di beneficiare del Superbonus per i lavori realizzati sulle particomuni, i condomìni che, non avendone l’obbligo, non abbiano nominato un amministratore non sono tenuti a richiedere il codice fiscale”).
Ora, per quanto riguarda la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) di cui all’art. 6-bis del DPR 380/2001, si ritiene che debba essere presentata dall’amministratore di condominio delegato dall’assemblea all’esecuzione dei lavori, in quanto soggetto che possiede titolo per intervenire sulle particomuni condominiali.
Inoltre, data l’obbligatorietà della nomina dell’amministratore e dell’attribuzione del codice fiscale, le fatture (siano queste relative ad interventi agevolati con la detrazione di cui all’art. 16-bis del TUIR o all’art. 119-ter del DL 34/2020) dovranno essere intestate al condominio, mentre compete in capo all’amministratore l’adempimento degli obblighi previsti dalla legge ai fini della spettanza della specifica detrazione “edilizia”. Il versamento della spesa per gli interventi di installazione dell’ascensore dovrebbe essere effettuato dall’amministratore di condominio, utilizzando il conto condominiale; l’amministratore dovrà poi rilasciare a ciascun condomino, una certificazione dalla quale risulti, tra l’altro, l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento, e la quota parte delle predette spese imputata (sulla base della tabella millesimale o altro criterio derogatorio) al singolo condomino (nel caso di specie, con attribuzione esclusiva ad un solo condomino; sul punto, sia consentito il rinvio all’analisi di Zanetti E., “Profili comuni delle principali detrazioni “edilizie” “, in “Detrazioni per gli interventi “edilizi” e superbonus 110%”, Monografie on line, www.eutekne.it).
Infine, per quanto riguarda il terzo quesito posto, si ritiene che gli interventi di eliminazione delle barrierearchitettoniche, a prescindere dal fatto che siano agevolati al 50% delle spese sostenute, ex artt. 16-bis del TUIR e 16 co. 1 del DL 63/2013, o al 75% delle spese sostenute, ex art. 119-ter del DL 34/2020, non debbano essere circoscritti alla sola installazione di ascensori in edifici che ne sono privi. Si ritiene infatti che possano costituire oggetto d’agevolazione, quali interventi finalizzati al superamento o all’eliminazione delle barrierearchitettoniche, anche interventi di sostituzione o rifacimento di ascensori già presenti (così circ. Agenzia Entrate 6.2.2001 n. 13, cui rinvia la circ. Agenzia delle Entrate 25.6.2021 n. 7), purché i nuovi mezzi di ausilio, a differenza dei precedenti, presentino le caratteristiche tecniche previste dal DM 14.6.1989 n. 236.

Il bonus barriere architettoniche,
in rapporto con altre agevolazioni

24 Maggio 2022

Con tre distinte risposte l’amministrazione fornisce i primi chiarimenti sulla nuova detrazione prevista per l’eliminazione degli ostacoli che impediscono la mobilità delle persone con difficoltà

immagine generica barriere architettoniche

Agevolazione per le spese sostenute nel 2022 quando l’intervento è iniziato nel 2021, modalità applicative in presenza del Superbonus, installazione dell’ascensore con limite di spesa autonomo rispetto ai lavori di ristrutturazione edilizia. L’Agenzia delle entrate, con le risposte n. 291, n. 292 e n. 293 del 23 maggio 2022 chiarisce alcuni dubbi sulla detrazione del 75% prevista dal decreto “Rilancio”.

I quesiti
1) Nel caso oggetto della risposta n. 291, l’istante è proprietario di un’unita abitativa in un condominio composto da dodici appartamenti. L’assemblea condominiale ha autorizzato l’installazione di una piattaforma elevatrice, al solo servizio dell’abitazione dello stesso istante, in cui risiede anche un suo familiare disabile in situazione di gravità (articolo 3, comma 3, legge n. 104/1992), posta al terzo piano, finalizzata ad abbattere le barriere architettoniche. Il predetto intervento – già avviato nel 2021 e per il quale l’interpellante ha versato in tale anno un acconto – rientra tra quelli per i quali spetta la detrazione prevista dall’articolo 16-bis, comma 1, lettera e) del Tuir.
Considerato, tuttavia, che la legge di bilancio 2022 ha inserito, nel decreto legge n. 34/2020 (Dl “Rilancio”), l’articolo 119-ter, che riconosce una detrazione dall’imposta lorda pari al 75% delle spese sostenute nel 2022 per interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti, l’istante chiede se può fruire di tale detrazione per le spese sostenute nel 2022, anche se l’intervento è iniziato nell’anno precedente.
2) Con la risposta n. 292, l’Agenzia si occupa dell’istanza del proprietario di una villetta (di categoria catastale A/7) dislocata su più piani, funzionalmente indipendente e con accesso autonomo dall’esterno, oggetto di interventi di isolamento termico delle superfici e sostituzione dell’impianto di riscaldamento invernale, rientranti tra gli interventi di efficientamento energetico di cui all’articolo 119, comma 1, Dl 34/2020 (il Superbonus), nonché interventi di abbattimento delle barriere architettoniche.
Nello specifico, con riferimento a tali ultimi interventi, nel 2021, è stata avviata la realizzazione di una piattaforma elevatrice all’interno dell’immobile, che si concluderà nel corso del 2022; inoltre, l’istante sta valutando di eseguire ulteriori interventi di abbattimento delle barriere architettoniche.
L’istante chiede di chiarire:
– se, con riferimento alla installazione della piattaforma elevatrice, avviata nel 2021, possa continuare a fruire del Superbonus anche per le spese sostenute nel 2022
– se realizzando dal 1° gennaio 2022 nuovi interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche e indipendenti da quello già avviato nel 2021, “trainati” da interventi di efficientamento energetico di cui all’articolo 119, comma 1, Dl 34/2020, possa portare in detrazione le relative spese, con l’aliquota del 110%, nel rispetto, tuttavia, del limite di spesa previsto dal citato articolo 119-ter, comma 2, del medesimo Dl 34/2020 e se tale limite sia autonomo rispetto a quello previsto per gli interventi “trainati” di cui al comma 2 del medesimo articolo 119
– in subordine, se per i nuovi interventi di abbattimento delle barriere architettoniche – seppure contestuali a interventi “trainanti” – sia possibile avvalersi della detrazione di cui al citato articolo 119-ter, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2022, in luogo di quella prevista dall’articolo 119, comma 2, rinunciando, quindi, ad applicare l’aliquota del 110% pur in presenza di interventi qualificabili come “trainati”.
3) Nel caso affrontato dalla risposta n. 293, infine, un “condominio minimo” a prevalente destinazione abitativa, composto da cinque unità immobiliari, intende effettuare sulle parti comuni dell’edificio e sulle singole abitazioni una serie di interventi di efficientamento energetico nonché di restauro e risanamento. Poiché i condomini hanno intenzione di eseguire anche opere per l’abbattimento delle barriere architettoniche, installando un ascensore, chiedono se tale intervento – effettuato ai sensi dell’articolo 119-ter Dl 34/2020 – goda di un ulteriore ed autonomo limite di spesa rispetto a quello previsto per gli interventi di cui all’articolo 16 bis del Tuir.

La normativa e la prassi di riferimento
Nell’affrontare i quesiti, l’Agenzia premette che l’articolo 16-bis del Tuir disciplina una detrazione dall’imposta lorda delle persone fisiche per le spese sostenute, tra l’altro, per la realizzazione degli interventi ivi indicati, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze, nonché sulle parti comuni degli edifici.
Ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del Dl 63/2013, la detrazione attualmente è pari al 50% delle spese sostenute ed è calcolata su un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96mila euro per unità immobiliare.
Il limite di spesa ammesso alla detrazione è annuale e riguarda il singolo immobile; le spese relative ai lavori sulle parti comuni dell’edificio, essendo oggetto di un’autonoma previsione agevolativa, devono essere considerate, dal condomino o dall’unico proprietario dell’intero edificio, in modo autonomo ai fini dell’individuazione del limite di spesa detraibile.
Pertanto, nel caso in cui vengano effettuati dal medesimo contribuente, anche nello stesso edificio, sia lavori sulle parti comuni che lavori sul proprio appartamento, la detrazione spetta nei limiti di spesa precedentemente riportati, applicabili disgiuntamente per ciascun intervento. Nel caso di titolarità di più appartamenti, il limite massimo di spesa relativo ai lavori sulle parti comuni va considerato autonomamente per ciascuna abitazione e, in caso di più contitolari dell’unità abitativa, deve essere suddiviso tra gli stessi.
Ai sensi del comma 1, lettera e), del citato articolo 16-bis  del Tuir, la detrazione spetta per le spese sostenute per gli interventi “finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi, alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap in situazioni di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104″ (cfr anche circolare 7/2021).
La detrazione, tra l’altro, spetta anche se l’intervento, finalizzato all’eliminazione delle barriere architettoniche, è effettuato in assenza di disabili nell’unità immobiliare o nell’edificio oggetto di lavori. Nella circolare n. 7/E richiamata è stato, inoltre, chiarito che in caso di installazione, nel cavedio condominiale, dell’ascensore e di spesa sostenuta per intero da un solo condomino, a questo è riconosciuta la detrazione, da applicare entro il limite massimo consentito dalle disposizioni vigenti ratione temporis, con riferimento alla parte di spesa corrispondente alla ripartizione in base alla tabella millesimale del condominio o in base a altre modalità stabilite dall’assemblea dei condomini, in quanto l’ascensore diviene “oggetto di proprietà comune” e, quindi, è utile (e utilizzabile) per tutti i condòmini.
Per l’installazione di un montascale la detrazione, invece, spetta interamente al condomino disabile che ha sostenuto integralmente le spese, trattandosi di un mezzo d’ausilio utilizzabile dal solo condomino disabile. Anche la realizzazione di un elevatore esterno all’abitazione rientra tra questa tipologia di spesa agevolabile.
L’articolo 119-ter del decreto Rilancio, introdotto dall’articolo 1, comma 42 legge 234/2021 (Bilancio 2022), inoltre, riconosce ai contribuenti, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute nell’anno 2022 “per la realizzazione di interventi direttamente finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti”.
La nuova agevolazione si aggiunge, tra l’altro, alla detrazione già prevista per gli interventi per l’abbattimento e l’eliminazione delle barriere architettoniche di cui al citato articolo 16-bis.
La detrazione, da ripartire in 5 quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 75% delle spese sostenute ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a:
– 50mila euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno
– 40mila euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da 2 a 8 unità immobiliari
– 30mila euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da più di 8 unità immobiliari.
Ciò implica che, ad esempio, nel caso in cui l’edificio sia composto da 15 unità immobiliari, il limite di spesa ammissibile alla detrazione è pari a 530mila euro, calcolato moltiplicando 40mila per 8 (320mila euro) e 30mila per 7 (210mila euro).
Inoltre, nel caso di interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio, considerato che il limite di spesa è calcolato in funzione del numero delle unità immobiliari di cui l’edificio è composto, l’ammontare di spesa così determinato costituisce il limite massimo di spesa agevolabile riferito all’intero edificio e non quello riferito alle singole unità che lo compongono. Ciascun condomino potrà calcolare la detrazione in funzione della spesa a lui imputata, in base ai millesimi di proprietà o ai diversi criteri applicabili, ed effettivamente rimborsata al condominio, anche in misura superiore all’ammontare commisurato alla singola unità immobiliare che possiede.

Le risposte dell’Agenzia
L’Agenzia ricorda che, ai sensi del comma 4 del citato articolo 119-ter, ai fini dell’accesso alla detrazione, gli interventi in questione devono rispettare “i requisiti previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno1989, n. 236”, con il quale è stato emanato il “Regolamento di attuazione dell’art. 1 della legge 9 gennaio 1989, n. 13 – Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata“.
Riferendosi la norma alle “spese documentate sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022”, senza altre condizioni volte a circoscrivere l’applicazione della detrazione alla data di avvio degli interventi, ai fini dell’imputazione delle spese stesse occorre fare riferimento per le persone fisiche, al criterio di cassa e, quindi, alla data dell’effettivo pagamento, indipendentemente dalla data di avvio degli interventi cui i pagamenti si riferiscono.
Quindi, nel caso della risposta n. 291, considerato che la piattaforma elevatrice – ancorché al servizio solo dell’abitazione dell’istante – è installata, a seguito dell’autorizzazione deliberata dall’assemblea del condominio, in un edificio composto da dodici unità immobiliari, il limite massimo complessivo di spesa, riferito all’intero edificio, ammesso alla detrazione è pari a 440mila euro ottenuto moltiplicando 40mila per 8 (320mila) e 30mila per 4 (120mila). L’interpellante potrà, pertanto, fruire della detrazione di cui all’articolo 119-ter citato per le spese a lui imputate dall’assemblea condominiale ed effettivamente sostenute nell’anno 2022 mentre, per le spese sostenute nel 2021, potrà, invece, fruire della detrazione di cui al citato articolo 16-bis, comma 1, lett. e) TUIR, pari al 50% delle spese medesime.

Inoltre, nel caso oggetto della risposta n. 293, l’istante potrà fruire – per le spese sostenute nel 2022 – della detrazione di cui all’articolo 119-ter del decreto Rilancio calcolata sul limite di spesa, autonomo rispetto a quanto previsto per gli interventi di cui all’articolo 16-bis del Tuir, di 200mila euro (5 x 40.000), nel presupposto che l’edificio sia composto da cinque unità immobiliari.
Resta fermo – conclude l’Agenzia – che, in considerazione della possibile sovrapposizione degli ambiti oggettivi previsti dalle normative richiamate, l’istante potrà avvalersi, per le spese di installazione dell’ascensore, di una sola agevolazione, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione alla stessa.

Detrazione del 75% e Superbonus del 110%
Nel fornire una risposta anche ai quesiti, oggetto della risposta n. 292, l’Agenzia scrutina anche la disciplina del Superbonus, previsto dall’articolo 119 Dl 34/2020, che disciplina la detrazione, nella misura del 110%, delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica nonché al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici (cfr anche circolare 24/2020 e risoluzione 60/2020).
Ciò posto, prosegue l’Agenzia, l’articolo 1, comma 66, lettera d) legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021), ha modificato il comma 2 del citato articolo 119 del decreto Rilancio, includendo tra gli interventi “trainati” dagli interventi “trainanti” di efficienza energetica di cui al comma 1 anche quelli “previsti dall’articolo 16 bis, comma 1, lettera e)” Tuir “anche ove effettuati in favore di persone di età superiore a sessantacinque anni”.
Pertanto, spiega l’Agenzia, la detrazione di cui al citato articolo 119-ter è da ritenersi aggiuntiva, tra l’altro, al Superbonus e, a differenza di quanto previsto per tale ultima detrazione, non è subordinata alla effettuazione degli interventi “trainanti” di cui al comma 1 dell’articolo 119 del decreto Rilancio.
Ciò implica che, nel caso di specie, con riferimento alle spese che saranno sostenute nel 2022, riguardanti l’intervento di abbattimento delle barriere architettoniche già avviato nel 2021l’istantepotrà, alternativamente, continuare a fruire del Superbonus nel limite di spesa di 96mila, comprensivo anche delle spese sostenute nel 2021 per il medesimo intervento, oppure fruire della detrazione di cui all’articolo 119-ter del Rilancio prevista nella misura del 75% delle spese sostenute e comunque nel limite di 50mila euro.
Questo, anche con riferimento alle spese che sosterrà nel 2022, per gli ulteriori interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche, a nulla rilevando che tali interventi – in quanto effettuati congiuntamente a lavori “trainanti” di efficienza energetica – possano essere astrattamente ricondotti tra quelli “trainati” per i quali spetta il Superbonus, nel limite di spesa previsto di 96mila euro, comprensivo anche delle spese sostenute per la realizzazione della piattaforma elevatrice. Ciò a condizione, tuttavia, che tali interventi “trainati” siano effettuati congiuntamente agli interventi “trainanti” di efficienza energetica.

Emissione di fattura in reverse charge con imponibile errato – Regolarizzazione del cessionario/committente – Modalità e ravvedimento operoso

Quesito del 26.5.2023
In un’operazione soggetta a reverse charge avvenuta nell’anno 2022, il cedente/prestatore emette la fattura indicando per errore un imponibile errato quindi più basso.
Si ipotizza che l’operazione sia stata regolarmente contabilizzata e dunque che non ci sia stato riflesso in tema di imposte sui redditi.
Il cessionario/committente intende regolarizzare l’operazione nel 2023 ai sensi dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97.
Che sanzioni si devono pagare?
In che modo l’operazione va regolarizzata relativamente alle liquidazioni IVA e alla dichiarazione IVA?
Precisamente, la regolarizzazione incide sulle liquidazioni/dichiarazione 2022 o 2023?

Risposta
Nel caso di specie si tratta di operazione soggetta a reverse charge, dunque la sanzione irrogabile, in luogo dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97, è quella del successivo co. 9-bis ultimo periodo.
Tale norma stabilisce:
“E’ punito con la sanzione amministrativa compresa fra 500 euro e 20.000 euro il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, omette di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile di cui agli articoli 1734, comma 6, secondo periodo, e 74, settimo e ottavo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e agli articoli 46, comma 1, e 47, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
Se l’operazione non risulta dalla contabilità tenuta ai sensi degli articoli 13 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, la sanzione amministrativa è elevata a una misura compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 5, comma 4, e dal comma 6 con riferimento all’imposta che non avrebbe potuto essere detratta dal cessionario o dal committente.
Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano anche nel caso in cui, non avendo adempiuto il cedente o prestatore agli obblighi di fatturazione entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o avendo emesso una fattura irregolare, il cessionario o committente non informi l’Ufficio competente nei suoi confronti entro il trentesimo giorno successivo, provvedendo entro lo stesso periodo all’emissione di fattura ai sensi dell’articolo 21 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, o alla sua regolarizzazione, e all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile”.
E’ quindi prevista una procedura di regolarizzazione simile a quella del precedente co. 8.
Trattasi di un obbligo di regolarizzazione posto a carico del cessionario/committente, autonomo rispetto alla violazione commessa dal cedente/prestatore.
Considerato che i trenta giorni dall’operazione fatturata con un imponibile errato sono ormai decorsi, la regolarizzazione non può più avvenire senza il pagamento di sanzioni, essendo nei fatti un ravvedimento operoso.
Da quanto emerge dal testo del quesito, sembra che la violazione commessa dalla controparte non abbia avuto effetto in tema di imposte sui redditi quindi la sanzione minima su cui applicare il ravvedimento operoso sembra quella fissa di 500,00 euro.
Quand’anche l’operazione non fosse stata contabilizzata dal cedente/prestatore, si tratta di un aspetto che ben può essere sconosciuto al cessionario/committente, quindi in ogni caso si ritiene corretta l’applicazione della sanzione fissa, sebbene sul tema difettino specifiche indicazioni di prassi.
Alla luce del fatto che la violazione commessa dal cessionario/committente consiste nella sola omessa regolarizzazione (salvo naturalmente il concorso nella violazione, principio generale contenuto nell’art. 9 del DLgs. 472/97), riteniamo che questi non abbia commesso violazioni in tema di comunicazioni delle liquidazioni periodiche né di natura dichiarativa.
Per prudenza e visti gli esigui importi in considerazione, è tuttavia opportuno sanare anche queste violazioni con riferimento alla dichiarazione IVA 2023, di cui in prosieguo.
Ciò specie se si considera che, in tema di reverse charge, secondo la prassi e la giurisprudenza il soggetto passivo è il cessionario/committente, quindi egli sarebbe tenuto, nel momento in cui regolarizza l’omessa/errata fatturazione della controparte, anche a sindacare le valutazioni giuridiche da questa effettuate (circ. Agenzia delle Entrate 19.2.2008 n. 12, § 10.3, proprio con riferimento all’obbligo di regolarizzazione, sia pure nel contesto ante DLgs. 158/2015; così anche la Cass. 4.5.2022 n. 14154).
In sostanza, saremmo in presenza di un obbligo dai connotati più incisivi rispetto a quello dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97.
Gli adempimenti IVA susseguenti alla regolarizzazione vanno a nostro avviso eseguiti “ora per allora”, facendo quindi riferimento all’anno 2022. Pertanto, pur in assenza di documenti di prassi sul tema, sembra necessario:
– effettuare l’inversione contabile con riferimento al maggior imponibile non fatturato dal cedente, emettendo la fattura con il sistema di interscambio indicando il codice “TD20”;
– registrare l’operazione nel registro delle vendite e nel registro degli acquisti, specificando, in apposito conto, che si tratta di operazione relativa al 2022, in modo che non venga intaccata la liquidazione periodica del 2023;
– presentare la dichiarazione IVA 2023 integrativa, relativa quindi all’anno 2022.
In tale dichiarazione, il maggior imponibile regolarizzato dovrà essere indicato nel quadro VJ e nel quadro VF.
Sarà anche necessario compilare il quadro VH per regolarizzare le errate comunicazioni delle liquidazioni periodiche (vedasi la ris. Agenzia delle Entrate 28.7.2017 n. 104).
Al fine di porre in essere la regolarizzazione dell’operazione descritta, l’emissione dell’autofattura (identificata dal “Tipo documento” TD20) dovrebbe riportare, quale data, il giorno in cui è stata effettuata ex art. 6 del DPR 633/72 la cessione da regolarizzare. Dunque, si tratterebbe di una data dell’anno 2022.
Dovrebbe, altresì, essere consentito il diritto alla detrazione dell’IVA con riferimento alla medesima data di emissione del documento rettificativo. Come già accennato, diversamente dalle ipotesi in cui la regolarizzazione è posta in essere dal cessionario o committente ex art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97 per operazioni con rivalsa dell’IVA, nel caso di specie a regolarizzare è il soggetto debitore d’imposta ai sensi dell’art. 17 co. 5 ss. del DPR 633/72 (e la norma sanzionatoria è individuata dall’art. 6 co. 9-bis del DLgs. 471/97).
In assenza di un chiarimento espresso da parte della prassi, non è comunque da escludere che l’Ufficio possa affermare che il diritto alla detrazione dell’IVA, da parte del soggetto passivo, decorre dalla materiale produzione del documento di regolarizzazione dell’inversione contabile (dunque, nell’anno 2023); nel caso di specie, infatti, dopo aver proceduto alla preliminare emissione di un file XML contraddistinto dal codice “TD20”, con indicazione di uno dei sottocodici della Natura “N6.” occorrerebbe procedere all’integrazione dello stesso che, se fatta per via elettronica, comporterebbe la trasmissione al SdI di un documento contrassegnato dal codice “TD16”.
Ciò però contrasterebbe con il principio di effettività, se si osserva che il termine ultimo per il diritto alla detrazione sarebbe decorso già alla data del 30 aprile u.s.
A livello operativo, se si segue la prima tesi, la regolarizzazione comporterebbe anche una rettifica della dichiarazione IVA per il 2022, includendo l’operazione sia nel quadro VJ (imposta a debito derivante dall’applicazione del reverse charge) sia nel quadro VF (imposta ammessa in detrazione).
Nei registri IVA del 2023 (data di materiale emissione del documento), dovrebbe essere costituito uno specifico sezionale per riferire l’operazione all’anno precedente (sia per il registro delle fatture emesse sia per il registro degli acquisti).
Coerentemente con la regolarizzazione effettuata e con le modalità di registrazione, dovrebbe essere necessario rettificare la comunicazione delle liquidazioni periodiche (art. 21-bis del DL 78/2010) con riferimento al trimestre 2022 in cui è datata la fattura, seppure la regolarizzazione non determini alcuna variazione in termini di IVA dovuta.
A titolo prudenziale, si ritengono commesse:
– la violazione da errata comunicazione delle liquidazioni periodiche, sanzionata da 500,00 euro a 2.000,00 euro ex art. 11 co. 2-ter del DLgs. 471/97;
– la dichiarazione inesatta, sanzionata da 250,00 euro a 2.000,00 euro ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 471/97.
Il ravvedimento avviene:
– ai sensi dell’art. 13 co. 1 lett. b-bis) del DLgs. 472/97 (entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo a quello in cui è stato commesso l’errore quindi entro il 30.4.2024) per l’omessa regolarizzazione e per l’errata liquidazione periodica, con riduzione delle sanzioni a 1/7 del minimo;
– ai sensi dell’art. 13 co. 1 lett. a-bis) del DLgs. 472/97 (entro i 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione), per la dichiarazione inesatta, sempre che il ravvedimento avvenga entro il 31.7.2023 con riduzione della sanzione a 1/9 del minimo.
Fermo quanto esposto, nel modello F24 occorre indicare quale anno di riferimento il 2022 e quale codice tributo “8904” nonchè pagare:
– 71,42 euro (500/7) per l’omessa regolarizzazione;
– 71,42 euro (500/7) per l’errata liquidazione periodica (in questo caso, quale codice tributo, potrebbe anche ritenersi corretto “8911”);
– 27,78 euro (250/9) per la dichiarazione inesatta.
In assenza di ravvedimento operoso, salvo limiti alla detrazione o contesti frodatori (esclusi nel caso di specie), l’Agenzia delle Entrate, senza recuperare alcuna imposta, notificherà l’atto di contestazione della sanzione ex art. 6 co. 9-bis ultimo periodo del DLgs. 471/97, definibile al terzo dell’irrogato ai sensi dell’art. 16 del DLgs. 471/97.

Comunicazione dell’opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura – Errori di compilazione – Indicazione di un importo del credito inferiore a quello spettante – Modalità di correzione – Applicazione della “remissione in bonis”

Quesito del 6.7.2023
Per la correzione di una comunicazione di opzione ex art. 121 del DL 34/2020 per intervento agevolato con superbonus al 110%, trasmessa entro il 31.3.2023, ove è stato indicato un importo del credito d’imposta inferiore al dovuto (solo il 100%), si domanda se è corretto il procedimento indicato nella circ. Agenzia delle Entrate 6.10.2022 n. 33 per la restante quota di credito del 10%.
Si domanda inoltre se occorre pagare la sanzione pari a 250,00 euro, tenuto conto che si tratta di errore formale di cui al paragrafo 5.2.2 della circolare.

Risposta
La circ. Agenzia delle Entrate 6.10.2022 n. 33 (§ 5.2.2) tratta della particolare tipologia di errore, relativo alla comunicazione di opzione ex art. 121 del DL 34/2020, concernente l’indicazione di un credito d’imposta ceduto al cessionario, o di un contributo fruito come sconto applicato dal fornitore, inferiore all’ammontare della detrazione effettivamente spettante.
Tale errore può verificarsi se:
– nella comunicazione di opzione è stato indicato un ammontare di spesa agevolata inferiore a quella effettivamente sostenuta e per la quale ci si è avvalsi dell’opzione per lo sconto sul corrispettivo o per la cessione del credito;
– nella comunicazione di opzione è stato indicato un ammontare di spesa agevolata corretto, ma si è poi riportato un importo del credito di imposta inferiore a quello che effettivamente si intende cedere al cessionario o al fornitore come sconto sul corrispettivo.
Il caso descritto nel quesito rientra nella seconda ipotesi, in quanto si assume che nella comunicazione di opzione:
– la spesa agevolata con superbonus con aliquota al 110% è stata indicata correttamente;
– è stato tuttavia riportato un importo del credito di imposta pari al solo 100% della spesa, e non al 110% (analogo discorso vale, in ogni caso, anche per le altre detrazioni fiscali diverse dal superbonus).
In questa ipotesi, la circ. 33/2022 consente di conservare gli effetti della comunicazione recante l’importo del credito inferiore, e di trasmettere, entro il termine previsto per l’invio delle comunicazioni relative all’anno della spesa, “un’altra comunicazione con le consuete modalità, indicando gli stessi dati, ma un ammontare del credito ceduto pari alla differenza tra l’importo corretto e quello indicato nella precedente Comunicazione”.
Pertanto, nel caso di specie va presentata “un’altra Comunicazione che riporti gli stessi dati della precedente, ad eccezione dell’ammontare del credito ceduto, che sarà, invece, pari al 10 per cento della spesa complessiva”.
Alla luce dei principi indicati nella stessa circ. Agenzia delle Entrate 6.10.2022 n. 33 (§ 5.4), se per la trasmissione dell’ulteriore comunicazione di opzione “integrativa” (riguardante la quota di credito spettante non già indicata nella precedente comunicazione) è ormai decorso il termine ordinario, deve ritenersi possibile trasmettere la comunicazione di opzione avvalendosi della remissione in bonis, purché in presenza dei requisiti e secondo i termini di cui all’art. 2 co. 1 del DL 16/2012.
In particolare, con la remissione in bonis la comunicazione di opzione può essere trasmessa entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile successiva all’ordinario termine annuale di trasmissione dell’opzione.
Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dunque, la comunicazione d’opzione riferita a spese sostenute nel 2022 (o per la cessione delle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2021 o nel 2020) può essere trasmessa, avvalendosi della remissione in bonis, oltre il termine ordinario del 31.3.2023 ed entro il 30.11.2023.
La circ. Agenzia delle Entrate 6.10.2022 n. 33 (§ 5.4), richiamando l’art. 2 co. 1 del DL 16/2012, precisa che il contribuente può avvalersi della remissione in bonis se al contempo:
– il contribuente presenta tutti i requisiti per beneficiare della detrazione fiscale per cui intende esercitare l’opzione ex art. 121 del DL 34/2020;
– il cedente ed il cessionario hanno tenuto un comportamento coerente con l’esercizio dell’opzione (ciò, in particolare, se l’esercizio dell’opzione risulta da un accordo o da una fattura precedenti al termine di invio della comunicazione; a tal proposito, si veda anche quanto disposto dall’art. 2-quinquies del DL 11/2023);
– non sono già state attuate attività di controllo con riferimento alla spettanza della detrazione;
– il contribuente abbia contestualmente versato, mediante il modello F24 “Elementi identificativi” (ELIDE), la sanzione minima di cui all’art. 11 co. 1 del DLgs. 471/97 (pari a 250,00 euro), non compensabile e non ravvedibile (secondo le modalità indicate dalla ris. Agenzia delle Entrate 11.10.2022 n. 58).
Nel caso di specie, dunque, se la comunicazione “integrativa” (riguardante la quota di credito spettante non già indicata nella precedente comunicazione) è stata presentata entro il 31.3.2023, nessuna sanzione deve essere versata, in quanto l’adempimento è stato correttamente effettuato nei termini “ordinari”.
Diversamente, se la comunicazione “integrativa” non è stata presentata entro il 31.3.2023, è necessario, entro il 30.11.2023 (se si tratta di soggetto “solare”), avvalersi della remissione in bonis ex art. 2 co. 1 del DL 16/2012 (ove vi siano tutti i requisiti richiesti). Il contribuente, pertanto, entro il 30.11.2023 dovrà presentare la comunicazione “integrativa” e versare contestualmente l’importo di 250,00 euro, pari alla misura minima della sanzione di cui all’art. 11 co. 1 del DLgs. 471/97, con il modello F24 ELIDE.

  

Debiti per fatture da ricevere – Eliminazione del debito a causa del mancato ricevimento della fattura – Trattamento contabile e fiscale – 2015

Quesito del 30.3.2015
Una srl ha contabilizzato e dedotto, negli esercizi 2005, 2007 e 2012, costi per acquisti di materie prime.
Al 31.12.2014 i relativi importi sono ancora presenti in contabilità tra le fatture da ricevere. Le fatture non perverranno mai.
Qual è il comportamento contabile e fiscale più prudente ai fini della redazione del bilancio 2014?
In particolare, la srl può contabilizzare una sopravvenienza attiva a fronte dell’eliminazione contabile (anche parziale, ad esempio relativa all’anno 2005, poiché sono già trascorsi 10 anni) delle fatture da ricevere? Tale sopravvenienza concorre a formare il reddito imponibile?
In caso di controllo effettuato su un periodo d’imposta ancora accertabile, l’Agenzia delle Entrate può, dopo aver controllato le schede contabili, recuperare a tassazione i costi per acquisti di materie prime?

Risposta
Le partite da liquidare sono costi o ricavi interamente di competenza dell’esercizio in chiusura, la cui collegata manifestazione numeraria avrà luogo nel successivo periodo amministrativo, al momento del ricevimento o dell’emissione dei rispettivi documenti contabili. La rettifica relativa alle partite da liquidare si origina, infatti, dalla differenza temporale che intercorre tra il momento di effettuazione dell’operazione e il ricevimento o l’emissione del documento contabile giustificativo. Se tra i due indicati momenti si verifica la chiusura dell’esercizio, le operazioni sono interamente di competenza dell’esercizio in chiusura. Cfr. Ferrero G., Dezzani F., Pisoni P., Puddu L. “Contabilità e bilancio d’esercizio”, Giuffrè, Milano, 2000, p. 259.
Con specifico riferimento alle fatture da ricevere, al termine del periodo amministrativo, l’azienda si trova nella seguente situazione: l’entrata della merce nei magazzini è stata registrata, ma l’ufficio contabilità non ha potuto accertare il relativo costo per mancanza della specifica documentazione (es. la fattura del fornitore non è stata ancora ricevuta). In tale caso, occorre imputare per competenza il costo stimato delle merci, rilevando in contropartita un debito presunto nei confronti del fornitore (attraverso il conto “Fornitori c/fatture da ricevere”).
Peraltro, il documento OIC 19 (§ 17) stabilisce che i debiti per fatture da ricevere devono essere rilevati nella voce “D.7 – Debiti verso fornitori” dello Stato patrimoniale, nella misura in cui i rischi, gli oneri e i benefici significativi connessi alla proprietà dei beni acquisiti sono stati trasferiti all’impresa.
“Per i beni acquistati (magazzino ed immobilizzazioni), detto trasferimento si realizza con il passaggio del titolo di proprietà, ed in particolare alla data di ricevimento del bene, ovvero alla data di spedizione nel caso in cui i termini siano consegna franco stabilimento o magazzino fornitore” (documento OIC 19, § 33).
La merce corrispondente al costo stimato può trovarsi in stato di acquisto oppure in corso di lavorazione o nello stato di prodotto finito presso l’azienda; in questa ipotesi, la merce viene rilevata come rimanenza di magazzino in sede di chiusura dei conti. In alternativa, la merce può essere stata venduta. In entrambe le situazioni, a Conto economico viene rilevato un componente positivo di reddito (storno di costo o ricavo di vendita), che trova contropartita nel costo rilevato per competenza nell’esercizio in chiusura mediante la rettifica di imputazione connessa alle fatture da ricevere. Cfr. Ferrero G., Dezzani F., Pisoni P., Puddu L. “Contabilità e bilancio d’esercizio”, Giuffrè, Milano, 2000, p. 261 e 262.
Generalmente, nel successivo esercizio, al momento del ricevimento del documento contabile giustificativo dell’operazione, risulta possibile prendere visione dell’effettivo valore dei beni ricevuti, verificando così le stime effettuate in sede di chiusura. In tale sede, occorre stornare il conto “Fornitori c/fatture da ricevere” e iscrivere il debito verso il fornitore. Le eventuali differenze tra il valore stimato in sede di chiusura e il valore effettivo del documento contabile devono essere imputate a Conto economico, a titolo di sopravvenienze.
Nel caso di specie, i documenti giustificativi relativi alle materie prime acquistate non saranno mai ricevuti dall’impresa. Per quanto si desume dal testo del quesito, non sorgerà, quindi, alcuna obbligazione, da parte dell’impresa, a pagare al fornitore l’ammontare di denaro corrispondente alle merci acquistate.
Pertanto, ai fini della redazione del bilancio relativo all’esercizio 2014, occorre stornare l’importo rilevato nel conto “Fornitori c/fatture da ricevere”, a prescindere dal fatto che i debiti in esame siano prescritti.
La mancata emissione della fattura potrebbe, infatti, essere determinata anche da altri fattori. A tal riguardo, assume rilievo quanto evidenziato dal documento OIC 19 (§ 82), secondo cui “i debiti possono subire modifiche a causa di resi o di rettifiche di fatturazione. Le cause possono essere molteplici: merci difettose, merci eccedenti le ordinazioni, differenze di qualità, ritardi di consegna, applicazione di prezzi diversi da quelli concordati, errori di conteggi nelle fatture, conguagli e rettifiche per collaudi e così via. Per questi fatti, se rilevanti e certi, il valore nominale dei debiti in bilancio viene rettificato nella misura corrispondente all’ammontare definito con la controparte”.
In contropartita, occorre rilevare una sopravvenienza attiva, da classificare nella voce “A.5 – Altri ricavi e proventi” del Conto economico, in quanto conseguente all’aggiornamento di stime compiute in precedenti esercizi.
La sopravvenienza attiva in esame concorre a formare il reddito d’impresa ex art. 88 del TUIR, ai sensi del quale “si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi”.
Quanto detto si basa sul presupposto che le operazioni che hanno determinato la rilevazione delle fatture da ricevere siano effettivamente esistenti e, quindi, le scritture contabili registrate non conseguano a frodi o errori. Nel qual caso, a fronte dello storno dell’importo rilevato nel conto “Fornitori c/fatture da ricevere”, dovrebbe essere rilevata una sopravvenienza attiva, da classificare tra i proventi straordinari del Conto economico, secondo le indicazioni contenute nel documento OIC 29.
Sotto questo profilo, si ricorda che, come precisato dalla circ. Agenzia delle Entrate 24.9.2013 n. 31 (§ 1), i componenti di reddito rilevati a seguito della correzione di errori contabili non possono assumere immediato rilievo fiscale, in quanto non presentano i presupposti legittimanti né per la deduzione delle sopravvenienze passive ai sensi dell’art. 101 del TUIR, né per l’assoggettamento a tassazione delle sopravvenienze attive di cui all’art. 88 del TUIR.
La sopravvenienza attiva rilevata nell’esercizio 2014 per correggere l’errata imputazione delle fatture da ricevere non dovrebbe, quindi, essere attratta a tassazione, salvo l’obbligo di presentare, ove possibile in considerazione dei termini per l’accertamento stabiliti dall’art. 43 del DPR 600/73 e ferma restando l’applicazione delle sanzioni e dell’art. 13 del DLgs. 472/97, apposita dichiarazione integrativa a sfavore ex art. 2 co. 8 del DPR 322/98, espungendo i costi erroneamente dedotti.
Infine, in relazione ai profili di natura accertativa, si ricorda che l’Amministrazione finanziaria potrebbe recuperare a tassazione, in relazione ai periodi d’imposta ancora accertabili, i costi per acquisti, qualora l’impresa non fosse in grado di dimostrare, attraverso idonea documentazione, l’effettiva consegna delle materie prime.