Inversione contabile, edilizia e general contractor e 110 ed IVA

Resta ben inteso che, quando le prestazioni rese nel settore edile nei confronti del “general contractor” consistono in prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici, l’applicazione dell’IVA con il meccanismo del reverse charge rimane dovuta ai sensi della lett. a-ter) dell’art. 17 comma 6 del DPR 633/72.
Per queste prestazioni di servizi, infatti, la norma non circoscrive l’applicazione del reverse charge ai soli subappalti, né prevede disapplicazioni quando le prestazioni sono rese nei confronti di un “general contractor”.

La figura del contraente generale (c.d. “general contractor”) ha trovato una propria tipizzazione normativa solo nell’ambito del Codice dei contratti pubblici (art. 194 del DLgs. 50/2016), ma la prassi di affidare l’intera attività di progettazione ed esecuzione delle opere a un unico soggetto vede un crescente ricorso anche da parte di committenti privati, tanto più nel settore edilizio, a seguito anche dell’introduzione del superbonus del 110% e della generalizzazione delle opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta, ai sensi degli artt. 119 e 121 del DL 34/2020.

In presenza di un contraente generale di un committente pubblico, appare pacifico che le prestazioni dei subappaltatori nei suoi confronti richiedano l’applicazione dell’IVA in fattura (e non, quindi, il meccanismo del reverse charge), salvo il caso in cui si tratti di prestazioni rientranti tra quelle contemplate dalla lett. a-ter) dell’art. 17 comma 6 del DPR 633/72 (ad esempio, opere di completamento relative a edifici).

La lett. a) del medesimo art. 17 comma 6 del DPR 633/72 prevede, infatti, che le prestazioni di servizi “rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti di imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore” siano soggette a reverse charge, ma “la disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori”.

Non altrettanto pacifico è ritenere disapplicata la disposizione anche in presenza di un contraente generale di un committente privato. Tuttavia, la formulazione letterale della norma sembrerebbe consentire di pervenire a questa conclusione, perché “un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori” è un’espressione definitoria che identifica in modo chiaro la fattispecie, senza comprimerla in alcun modo ai casi in cui il committente che affida la totalità dei lavori sia un soggetto pubblico.

La ratio della disposizione sembrerebbe quella di assimilare il rapporto nei confronti del contraente generale (definito come il soggetto cui viene affidata la totalità dei lavori) a un rapporto di appalto diretto, piuttosto che a un subappalto.

Pur nell’assenza di chiarimenti specifici, un’impostazione di questo tipo sembra evincersi, in qualche misura, dalla ris. Agenzia delle Entrate n. 111/2008.
Nel documento di prassi, riferito a una fattispecie contrattuale più complessa, si afferma, difatti, che il rapporto giuridico tra il contraente generale e i suoi prestatori di servizi appare “più vicino ad un contratto atipico di committenza” in virtù del quale con le imprese terze sono posti in essere “dei veri e propri contratti di appalto” e non di subappalto.
In ogni caso, pare evidente che, a distanza di molti anni dall’introduzione della disciplina del reverse charge in edilizia, il punto non risulta ancora essere stato sufficientemente chiarito e meriterebbe di esserlo.Reverse charge dovuto per le prestazioni della lettera a-ter)

Resta ben inteso che, quando le prestazioni rese nel settore edile nei confronti del “general contractor” consistono in prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici, l’applicazione dell’IVA con il meccanismo del reverse charge rimane dovuta ai sensi della lett. a-ter) dell’art. 17 comma 6 del DPR 633/72.
Per queste prestazioni di servizi, infatti, la norma non circoscrive l’applicazione del reverse charge ai soli subappalti, né prevede disapplicazioni quando le prestazioni sono rese nei confronti di un “general contractor”.

IVA

Il recente incremento di lavori finalizzati al recupero del patrimonio edilizio ha spinto le imprese, sia per comodità di gestione ed organizzazione che, soprattutto, per la possibilità di avere un unico soggetto al quale richiedere, in sede di pagamento, lo sconto sul corrispettivo ex art. 121 del DL 34/2020, a far confluire tutti gli interventi sotto un unico “general contractor” che si interfaccia sia con il committente (solitamente condominio o privato) che con il soggetto che finanzierà l’operazione acquistando il credito corrispondente alla detrazione fiscale.

Ai fini IVA, dal punto di vista del rapporto tra il committente e il “general contractor”, le regole sono sufficientemente chiare. Infatti il general contractor, se il committente non è un soggetto passivo IVA, effettuerà un’operazione applicando l’imposta con aliquota pari al 10% o al 22%, a seconda della natura dell’intervento e della tipologia di immobile sul quale viene effettuato.

In linea generale, si renderà applicabile l’aliquota IVA del 10% relativa alle manutenzioni ordinarie e straordinarie su edifici a prevalente destinazione abitativa di cui all’art. 7 comma 1 lett. b) della L. 488/99, tenendo conto dell’eventuale apporto di beni significativi compresi nell’elenco del DM 29 dicembre 1999. In tale ipotesi, occorrerà valutare la necessità di scorporarne il valore secondo le regole definite, in ultimo, dall’art. 1 comma 19 della L. 205/2017, ai fini dell’applicazione dell’aliquota.

Un’altra riflessione, sempre in tema di IVA deve essere fatta nel caso in cui il general contractor riaddebiti le spese professionali sulla base di un mandato senza rappresentanza. Infatti, ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR 633/72, l’operazione di riaddebito integra, ai fini IVA, una prestazione di servizi avente la medesima natura “oggettiva” della prestazione di servizi che intercorre tra mandatario senza rappresentanza e terzo, per cui la prestazione manterrà “a valle” la medesima aliquota applicata “a monte” (cfr. risposta a interpello n. 623/2021).

Un discorso più complesso riguarda le operazioni “a valle”, vale a dire le prestazioni fornite dai subappaltatori al general contractor, in quanto in tale fattispecie l’applicazione dell’IVA, con le aliquote ordinaria o ridotte, per le prestazioni di servizi edili in forza di contratti di (sub)appalto, avviene generalmente con il meccanismo del reverse charge in luogo dell’ordinario meccanismo della rivalsa.

Per quanto le prestazioni in subappalto di cui all’art. 17 comma 6 lett. a) del DPR 633/72, rese nei confronti di un contraente generale cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori, siano escluse dal reverse charge, lo speciale meccanismo si applica per tutte le prestazioni edili (es. installazione di impianti e completamento di edifici) individuate dalla successiva lett. a-ter) dell’art. 17 comma 6 (si veda “Prestazioni edili al general contractor senza inversione contabile” del 26 luglio 2021).

In tal caso, è onere del committente applicare la corretta aliquota IVA (nella misura del 10% ovvero del 22%).
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 71/2000) ha confermato che alle prestazioni dipendenti da subappalto si applica lo stesso regime IVA previsto per l’appalto principale, posto che entrambe le prestazioni concorrono alla realizzazione dell’opera finale.

Tuttavia, nel caso di manutenzioni ordinarie e straordinarie (riconducibili alle lettere a) e b) dell’art. 3 del DLgs. 380/2001) su edifici a prevalente destinazione abitativa, le imprese subappaltatrici devono applicare l’aliquota IVA ordinaria (pari al 22%).
Secondo l’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 71/2000), la norma agevolativa di cui all’art. 7 della L. 488/99 (la quale prevede l’aliquota del 10%) si applica alla sola prestazione avente ad oggetto l’intervento nella sua unitarietà (e, dunque, nel rapporto tra committente e general contractor), ma non può essere replicata nei rapporti sottostanti.

Difatti, ai fini dell’aliquota agevolata, deve essere effettuata una verifica in merito alla presenza di beni significativi (i quali limitano l’applicabilità dell’agevolazione). Una tale verifica non è possibile nell’ambito del subappalto, non potendosi raffrontare il valore dei beni forniti nell’ambito del complessivo intervento di recupero ed il complessivo valore di questo ultimo.

Pertanto, l’aliquota agevolata potrà essere fatta valere, in linea generale, nelle sole prestazioni manutentive rese ai consumatori finali (o a condomini non soggetti passivi d’imposta), ferma la verifica in merito a eventuali beni significativi.
Le operazioni che configurano fasi intermedie nella realizzazione dell’intervento (tra cui le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti del primo appaltatore) saranno soggette ad aliquota IVA ordinaria qualora ricomprese nelle manutenzioni oppure ad aliquota del 10% qualora ricomprese negli interventi di ristrutturazione edilizia o restauro e risanamento conservativo.

Pagamenti INPS fissi maggio 2020, sospesi

A seguito dell’emergenza COVID-19 con il DL n. 23/2020, c.d. “Decreto Liquidità” (Informativa SEAC 10.4.2020, n. 108) sono state introdotte molteplici proroghe dei termini previsti per gli adempimenti fiscali, amministrativi e processuali. In particolare con l’art. 18 del citato Decreto è stata riconosciuta a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa / lavoro autonomo con domicilio fiscale / sede legale o operativa in Italia con una riduzione del fatturato / corrispettivi di almeno il 33% (con ricavi / compensi 2019 non sono superiori a € 50 milioni) ovvero il 50% (con ricavi / compensi 2019 sono superiori a € 50 milioni):

Superbonus e 110 con general contractor

l ribaltamento dei costi pagati dal general contractor in favore dei professionisti incaricati dai committenti segue regole ben precise che dipendono dalla tipologia di mandato sottoscritto.

Lo sconto in fattura porta con sé, oltre che un indescrivibile entusiasmo, problematiche da risolvere per poi beneficiare della stessa opzione e delle detrazioni fiscali note come superbonus.
Le risposte agli interpelli nn. 254, 261 e 480/2021 hanno stabilito le modalità da seguire in presenza del general contractor incaricato di completare l’intero progetto e occuparsi di tutti gli adempimenti connessi. Facciamo chiarezza.

In presenza di interventi ammessi a godere del superbonus, il committente che incarica la ditta appaltatrice deve provvedere ad incaricare anche i tecnici e i professionisti essenziali affinché l’agevolazione possa essere riconosciuta e si possa correttamente procedere allo sconto in fattura o alla cessione del credito.
Con riguardo al pagamento della parcella del professionista, il committente può decidere quindi di seguire 3 opzioni:

  • pagamento diretto;
  • mandato con rappresentanza;
  • mandato senza rappresentanza.

Nel primo caso (pagamento diretto), il professionista incaricato dal committente sulla base di apposito mandato di incarico professionale, emette una fattura nei confronti del cliente stesso, con l’applicazione dell’aliquota Iva del 22%. Il cliente, dopo aver pagato il professionista mediante bonifico parlante, potrà considerare l’onorario tra le spese ammesse all’agevolazione qualora fosse capiente rispetto ai massimali di spesa riconosciuti.

Nel secondo caso (mandato con rappresentanza):

  • il committente incarica il professionista e il general contractor;
  • il professionista emette la fattura nei confronti del committente;
  • il committente, con apposito mandato, incarica il general contractor di pagare il professionista;
  • il general contractor dopo aver pagato il professionista, riaddebita l’onorario professionale al committente quale rimborso spese.

In tal caso, il general contractor è esclusivamente un soggetto delegato al pagamento anticipato della prestazione professionale, in nome e per conto del committente. La fattura emessa dal general contractor per il riaddebito al committente/beneficiario della detrazione, non solo deve descrivere in maniera puntuale il servizio reso indicando anche il soggetto che ha reso la prestazione, ma deve essere emessa senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’art. 15, c. 1, n. 3 D.P.R. 633/1972.
Resta ancora dubbia però l’ipotesi se, essendo il riaddebito dei costi professionali un mero rimborso spese, possa essere applicato lo sconto in fattura da parte del general contractor.

La terza e ultima opzione riguarda la sottoscrizione di un mandato senza rappresentanza mediante il quale:

  • il committente incarica il general contractor;
  • è il general contractor a scegliere ed incaricare i professionisti;
  • il professionista pertanto fattura direttamente al general contractor, applicando un’aliquota Iva del 22%;
  • il general contractor, mediante ribaltamento, rifattura i costi professionali al committente applicando la medesima aliquota Iva del 22%, in quanto le prestazioni professionali intercorse tra mandante (committente), mandatario (general contractor) e professionista sono caratterizzate dalla medesima natura oggettiva.

Inoltre, nell’ipotesi di mandato senza rappresentanza, lo sconto in fattura è sempre riconosciuto anche sui compensi professionali ribaltati. Affinché il ribaltamento dei costi sia effettivo e inoppugnabile, è necessario che sia il general contractor a incaricare i professionisti, pena la decadenza dal beneficio fiscale.

Infatti le risposte agli interpelli rese dall’Agenzia delle Entrate hanno confermato la possibilità per il general contractor di riaddebitare i compensi professionali “a condizione che gli effetti complessivi siano i medesimi di quelli configurabili nell’ipotesi in cui i professionisti avessero direttamente effettuato lo sconto al committente beneficiario dell’agevolazione”.
Pertanto, nel caso in cui sia il committente a incaricare il professionista, l’istituto del mandato senza rappresentanza perderebbe la sua validità giuridica, con la naturale conseguenza che verrebbero meno anche tutti i presupposti legali per la detrazione fiscale e per l’applicabilità dello sconto in fattura.

Fatturazione servizi pubblici locali

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di Interpello n. 476 dell’8 novembre 2019, ha fornito chiarimenti in ordine alla fatturazione elettronica dei servizi di pubblica utilità rientranti nelle disposizioni del Dm. n. 370/2000.

Nel caso di specie il Comune istante, che gestisce in forma diretta il “Servizio idrico integrato”, ha ricordato che, fino al 31 dicembre 2018, ha addebitato la fornitura di acqua e diritti di depurazione e fognatura tramite bollette/fatture ai sensi del Dm. n. 370/2000.

Ai sensi dell’art. 1, del Provvedimento Agenzia delle Entrate 28 dicembre 2018, i soggetti che prestano i servizi disciplinati dal citato Decreto sono inclusi – ancorché emettano bollette/fatture – tra i destinatari dell’obbligo della fattura elettronica.

Ciò posto, il Comune istante ha chiesto di sapere se l’obbligo della fatturazione elettronica faccia venir meno la semplificazione prevista dall’art. 2 del citato Decreto in merito alla registrazione dei corrispettivi, che consente di annotare il totale dei corrispettivi riscossi e delle bollette/fatture non oltre il mese successivo a ciascun trimestre solare. Se venisse meno tale agevolazione i Comuni, come rilevato dall’istante, sarebbero infatti obbligati ad istituire e annotare nello specifico registro le fatture emesse e, soprattutto, ad anticipare all’Erario l’Imposta esigibile non riscossa.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che il Dm. n. 370/2000 – recante particolari modalità di applicazione dell’Iva nei confronti di contribuenti che gestiscono il “Servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati” ed il “Servizio di fognatura e depurazione”, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta (il Decreto riguarda anche in realtà il “Servizio di illuminazione votiva”, ma per tale Servizio il problema in esame non sussiste più essendo stato collocato, se svolto dai Comuni, all’interno dell’art. 22, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, e quindi tra i Servizi esonerati da fatturazione) – all’art. 1, comma 1, dispone che per l’addebito dei corrispettivi relativi, tra le altre, alle somministrazioni di acqua, nonché per le operazioni relative al “Servizio di fognatura e depurazione”, “possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture”, anche agli effetti previsti dall’art. 26 del Dpr. n. 633/1972, “sempreché contengano tutti gli elementi di cui all’art. 21 del medesimo Decreto”.

La Risoluzione n. 68/E del 21 settembre 2018 ha chiarito che, “stante il disposto dell’art. 1 del Dm. n. 370/2000, le bollette emesse per l’addebito dei corrispettivi relativi alle diverse somministrazioni (di acqua, gas, energia elettrica, ecc.) tengono luogo delle fatture e, dunque, sono da considerarsi tali sotto ogni profilo”.

L’equiparazione tra bollette e fatture implica, a parere dell’Agenzia che, con l’entrata in vigore degli obblighi di fatturazione elettronica, i soggetti (inclusi i Comuni) che prestano i servizi di cui al citato art. 1, comma 1 del Decreto, sono tenuti all’emissione di fatture elettroniche.

Tale obbligo è confermato dall’art. 1, comma 6-quater, del Dlgs. n. 127/2015, che dispone che, “al fine di preservare i servizi di pubblica utilità, con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono definite le regole tecniche per l’emissione delle fatture elettroniche tramite il ‘Sistema di interscambio’ da parte dei soggetti passivi dell’Iva che offrono i servizi disciplinati dai Regolamenti di cui ai Decreti del Ministro delle Finanze 24 ottobre 2000, n. 366, e 24 ottobre 2000, n. 370, nei confronti dei soggetti persone fisiche che non operano nell’ambito di attività d’impresa, arte e professione”.

In attuazione della norma citata, il predetto Provvedimento Agenzia delle Entrate 28 dicembre 2018 ha previsto specifiche disposizioni per le “fatture elettroniche, emesse nei confronti di persone fisiche residenti in Italia che non operano nell’ambito di attività d’impresa, arte e professione, riferite a prestazioni di servizi di pubblica utilità disciplinate (…) dal Decreto ministeriale 24 ottobre 2000, n. 370”, al fine di consentirne l’emissione anche in assenza del Codice fiscale del destinatario.

Per quanto concerne le modalità di registrazione dei corrispettivi, l’art. 2 del Dm. n. 370/2000 dispone che “l’ammontare complessivo dei corrispettivi riscossi e delle bollette-fatture emesse in ciascun giorno sono annotate nel registro previsto dall’art. 24 del Dpr. n. 633/1972, e s.m., con le modalità ivi previste. Le annotazioni devono essere effettuate comunque non oltre il mese successivo a ciascun trimestre solare, con riferimento al giorno di effettuazione dell’operazione…2. Entro lo stesso termine le bollette-fatture emesse possono essere singolarmente annotate, anziché nel registro di cui al comma 1, in quello previsto dall’art. 23 del Dpr. n. 633/1972, e s.m., con le modalità ivi indicate…3. I soggetti di cui all’ultimo comma dell’art. 1 possono effettuare le prescritte annotazioni indicando i totali delle distinte meccanografiche di fatturazione relative alle bollette-fatture emesse nel corso di ciascun trimestre solare, entro il mese successivo al trimestre stesso con riferimento alla data della loro emissione”.

Le semplificazioni previste dalla norma citata si applicano ai servizi i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta/fattura.

Alla luce di quanto precede, l’Agenzia ha chiarito che l’assimilazione delle bollette/fatture alle fatture elettroniche – con conseguente obbligo di fatturazione elettronica in capo al Comune istante – non fa venir meno la loro sostanziale riconducibilità all’ambito applicativo del Dm. n. 370/2000.

Ciò in quanto, come già chiarito in precedenti Documenti di prassi, la disciplina in materia di fattura elettronica “non ha creato una categoria sostanziale nuova o diversa dalla fattura ‘ordinaria’, con la conseguenza che, pur nel limite della compatibilità con gli elementi che le caratterizzano, continuano a trovare applicazione tutti i chiarimenti già in precedenza emanati con riferimento generale alla fatturazione, nonché le deroghe previste da specifiche disposizioni normative di settore” (vedasi Risoluzioni n. 88/E del 19 ottobre 2015 e n. 98/E del 25 novembre 2015).

Ne deriva – conclude l’Agenzia – che, in mancanza di un’abrogazione espressa delle semplificazioni di cui all’art. 2 del Dm. n. 633/1972, le stesse possono continuare ad applicarsi alle bollette/fatture emesse in base all’art. 22 del Dpr. n. 633/1972”.

Ma il richiamo esplicito all’art. 22, del Dpr. n. 633/72, norma che esonera i soggetti Iva da fatturazione – ma che per ciò che concerne specificamente gli Enti Locali è collegata anche all’esonero da certificazione di cui all’art. 2, comma 1, lett. qq), del Dpr. n. 696/1996 (tranne che per l’attività delle Farmacie e per le attività spettacolistiche di volume d’affari sopra Euro 25.000 annui) – parrebbe significare 2 cose, ossia che:

  1. (come è nell’intento primario della Risposta in esame) laddove il Comune dal 1° gennaio 2019 abbia deciso di emettere, conformemente alle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria aventi valenza generale, bollette/fatture in formato elettronico per la riscossione delle tariffe del “Servizio idrico integrato”, possa comunque continuare ad applicare la disciplina agevolativa di cui al sopra richiamato art. 2 del Dm. n. 370/2000 (in merito alle modalità e tempi di annotazione dei corrispettivi ivi previste, evitando così di anticipare Iva all’Erario);
  2. (implicitamente) il Comune possa limitarsi all’emissione di avvisi di pagamento o bollettini di pagamento cartacei, evitando dunque l’emissione di fatture o bollette/fatture elettroniche, in virtù del “combinato disposto” dell’art. 22, comma 2, del Dpr. n. 633/1972, del Dm. n. 370/2000, e della Circolare Mef n. 18/1976, in base al quale l’Ente Locale è esonerato da fatturazione – e quindi anche da certificazione dei corrispettivi ex art. 2, comma 1, lett. qq), Dpr. n. 696/1996 e da trasmissione telematica dei corrispettivi (Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 10 maggio 2019) – potendo pertanto procedere alla registrazione dei corrispettivi del Servizio idrico integrato o al momento dell’emissione del ruolo (se più agevole, ma anticipando così Iva all’Erario), o al momento dell’incasso, in virtù delle caratteristiche di “uniformità, frequenza, importo limitato” delle entrate di tale Servizio, “tali da rendere particolarmente onerosa l’osservanza dell’obbligo di fatturazione e degli adempimenti connessi”.

L’Agenzia ha precisato infine che resta ferma l’applicazione dell’art. 4 del Dm. n. 370/2000, ai sensi del quale, ai fini delle liquidazioni periodiche – che possono essere effettuate “entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare, ed entro lo stesso termine deve essere eseguito il versamento della relativa imposta senza corresponsione degli interessi” – deve tenersi conto di “tutte le operazioni per le quali l’imposta è divenuta esigibile nel trimestre solare”, ancorché non riscossa.

Conferimento ditta individuale in SAS

1. DOMANDA

In data odierna una ditta individuale è stata conferita in una costituenda Sas, per quanto attiene agli adempimenti IVA: la sas invierà la richiesta di attribuzione della propria partita iva con modello AA7/10, dove contestualmente si chiederà la cessazione della partita iva della ditta individuale. La sas nella sua liquidazione periodica terrà conto delle operazioni fatte dalle ditta individuale nel periodo della liquidazione. Stesse modalità saranno applicate nella dichiarazione annuale IVA. Si chiede se è corretta l’impostazione. Grazie Cordiali saluti

2. RISPOSTA

In relazione all’operazione prospettata è corretto che la variazione dati Iva sia effettuata esclusivamente dalla società conferitaria la quale, con la compilazione del quadro D del mod. AA7, comunica la P. Iva dell’impresa individuale conferente (che risulterà cessata da parte dell’agenzia delle entrate laddove in tale quadro si è barrato la casella relativa ad un evento che comporta la cessazione di tale soggetto dante causa).

Per quanto invece attiene la dichiarazione  annuale Iva, essa va presentata esclusivamente dalla società conferitaria con il criterio del cd. “doppio modulo”, nell’ambito dei quali andranno riportate tutte le operazioni effettuate nel 2015, suddivise tra i due moduli intestati alla società conferitaria ed l’impresa individuale conferente.

Da un punto di vista strettamente formale la società conferitaria è tenuta ad indicare nel proprio modulo tutte le operazioni effettuate dall’impresa individuale che non siano ricadute nell’ambito di una liquidazione periodica conclusa dallo stesso imprenditore individuale.

A titolo di esempio, si ponga il caso di una ditta individuale con liquidazione Iva trimestrale ed  in conferimento d’azienda con efficacia dal 15/05/2015: in tal caso si è chiusa una sola liquidazione periodica, il 1° trimestre 2015; dunque nel modulo intestato:

*) alla ditta individuale:  va riportato solo tale trimestre

*) alla società conferitaria: vanno riportate tutte le altre operazioni (e dunque anche quelle effettuate dal 1/04/2015 fino al 15/05/2015 da parte della ditta individuale, oltre alle proprie operazioni effettuate post conferimento).

L’Agenzia non ha mai chiarito se richieda anche il riporto di tali operazioni (1/04 – 15/05) nell’ambito delle liquidazioni periodiche; considerato che la norma nulla dice nel merito, si deve ritenere che ciò non risulti obbligatorio, anche se dal punto di vista meccanografico risulterà difficile poter effettuare il riporto “in automatico”  nel modulo corretto (in sostanza occorre effettuare una modifica manuale nell’ambito dei due moduli).

Dal punto di vista “sostanziale”, la compilazione dei due moduli rispettando la data di efficacia del conferimento non modifica la posizione di debito credito complessiva, nel presupposto che comunque la posizione provvisoria a debito/credito della ditta individuale transiti sulla società;  tuttavia ciò potrebbe comportare una contestazione da parte dell’Agenzia.

Si torni all’esempio sopra:  operare come indicato significherebbe effettuare una liquidazione Iva “straordinaria” al 15/05/2015 facendo transitare la posizione Iva di debito/credito sulla società.  Supponendo che la ditta individuale abbia registrato un debito del primo trimestre per € 5.000 ed un debito per le operazioni 1° aprile – 15 maggio per € 2.000, comporta che nel quadro VL del suo modulo risulterà un debito complessivo per € 2.000, in quanto a VL29 risulta solo versamento di € 5000 del primo trimestre.  Ciò potrebbe comportare una contestazione per tardivo versamento da parte dell’agenzia.