Compensi e provvigioni erogati ai forfetari nella Certificazione Unica 2020

La compilazione della Certificazione Unica 2020 interessa i soggetti in regime forfetario sotto due profili:
– quali destinatari della certificazione rilasciata dai sostituti d’imposta che abbiano corrisposto loro compensi o provvigioni nel corso del 2019;
– quali obbligati al rilascio della certificazione ai contribuenti-sostituiti cui abbiano erogato somme assoggettate a ritenuta alla fonte nel corso del 2019.

In relazione ai compensi e alle provvigioni erogati a persone fisiche esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo che si sono avvalse nel 2019 del regime forfetario ex L. 190/2014 (oppure del regime di vantaggio ex DL 98/2011), i sostituti d’imposta sono tenuti a rilasciare e trasmettere la Certificazione Unica 2020, anche se non sono state operate ritenute.

A tale riguardo, in base alle istruzioni alla compilazione della modulistica, deve essere compilata la parte relativa alla certificazione dei redditi di lavoro autonomo, delle provvigioni e dei redditi diversi:
– specificando la tipologia reddituale cui afferiscono le somme corrisposte (es. A – prestazioni di lavoro autonomo rientranti nell’esercizio di arte o professione abituale; Q o R – provvigioni corrisposte ad agente o rappresentante di commercio; W – corrispettivi per prestazioni relative a contratti d’appalto);
– indicando il medesimo importo nel punto 4 “Ammontare lordo corrisposto” e nel punto 7 “Altre somme non soggette a ritenuta”.
Si ricorda che da tale ammontare è escluso il contributo integrativo alle Casse previdenziali private, mentre va computata la maggiorazione del 4% addebitata ai committenti in via definitiva dai professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS.

Per quanto concerne gli adempimenti in qualità di sostituto d’imposta, i contribuenti in regime forfetario non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al Titolo III (artt. 23-30) del DPR 600/73, ad eccezione, a decorrere dal 1° gennaio 2019, delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati di cui agli artt. 23 e 24 del DPR 600/73 (art. 1 comma 69 della L. 190/2014, come modificato dall’art. 6 del DL 34/2019).
Per le somme corrisposte aventi natura diversa dai redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati, i soggetti in regime forfetario hanno comunque la facoltà di operare le ritenute alla fonte, senza che ciò costituisca comportamento concludente per la fuoriuscita dal regime forfetario (circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2019, § 4.2).

Da tale quadro si ricava come i soggetti in regime forfetario siano obbligati al rilascio della Certificazione Unica 2020 ai soggetti cui abbiano erogato nel 2019:
– somme a titolo di redditi di lavoro dipendente o a questi assimilati, riportando, oltre ai dati previdenziali e assistenziali, anche quelli fiscali;
– somme a diverso titolo sulle quali è stata facoltativamente operata la ritenuta alla fonte (es. sul compenso per la prestazione resa nel 2019 al forfetario dal professionista in regime ordinario).

Invece, la Certificazione Unica non deve essere rilasciata con riferimento a quelle somme per le quali il soggetto forfetario non abbia rivestito la qualifica di sostituto d’imposta, non operando la ritenuta alla fonte ordinariamente prevista in forza della specifica dispensa riconosciuta dall’art. 1 comma 69 della L. 190/2014.
Per tali somme, nel quadro RS del modello REDDITI PF (righi da RS371 a RS373 nel modello REDDITI 2019), il contribuente forfetario indicherà il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi.

Il prospetto deve essere compilato facendo riferimento ai redditi e ai compensi pagati nel periodo d’imposta oggetto di dichiarazione, indipendentemente dal motivo per cui la ritenuta non sia stata effettuata. La compilazione dei righi preposti deve avvenire, ad esempio, anche quando il soggetto percipiente sia a sua volta un soggetto forfetario per il quale la ritenuta non si applica ex art. 1 comma 67 della L. 190/2014 (circ. Agenzia delle Entrate n. 10/2016, § 4.2.3).

Fattura medico. Indicazione rivalsa ENPAM (NO!)

Domanda – Ferme restando le indicazioni previste in materia di fatturazione elettronica, un medico in regime “ordinario” che fattura le prestazioni ad una struttura privata (società) è tenuto ad applicare la ritenuta d’acconto? Per quanto concerne, invece, la rivalsa della cassa ENPAM (4%) il suo inserimento è solo facoltativo?

Risposta – Prima di rispondere al suo quesito è opportuno richiamare le indicazioni operative previste in materia di fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie; per il periodo d’imposta 2019, come da art. 9-bis del D.L. 135/2018 e ss.mm.ii, gli “operatori sanitari” hanno dovuto rispettare il divieto di emettere fattura in formato elettronico per le prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche indipendentemente dall’obbligo o meno dell’invio dei dati di spesa al S.t.s.; il decreto fiscale (D.L. 124/2019) ha esteso il divieto in parola anche per il periodo d’imposta 2020.

In termini pratici, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n° 78/2019:

  • le prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di persone fisiche non devono mai essere fatturare elettronicamente via SdI, a prescindere, sia dal soggetto (persona fisica, società, ecc.) che le eroga, sia dall’invio o meno, dei relativi dati al Sistema tessera sanitaria;
  • qualora, nell’erogare la prestazione, come nel suo caso, la struttura privata si avvalga di soggetti terzi esterni (ad esempio i medici), che fatturano il servizio reso alla struttura e non direttamente all’utente, gli stessi soggetti, fermi eventuali esoneri che li riguardino (cfr. l’articolo 1, comma 3, sesto periodo, del d.lgs. n. 127 del 2015), devono documentare la prestazione a mezzo fattura elettronica via SdI.

Venendo al suo quesito, per quanto riguarda la ritenuta d’acconto, il medico che fattura a una struttura privata deve puntualmente indicarla; il compenso percepito sarà dunque al netto della ritenuta con scomputo della stessa nella dichiarazione dei redditi.

In merito all’eventuale rivalsa, art. 8 comma 3 D.Lgs 103/96, in vigore per le altre casse di previdenza private, la stessa non deve essere indicata in fattura in quanto la cassa di previdenza di medici ed odontoiatri (ENPAM) non prevede alcun contributo a carattere di rivalsa.

Attenzione a non confondere il contributo in parola con quello previsto a carico di società professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e società di capitali, operanti in regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale; soggetti tenute a versare, un contributo pari al 2% del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale.

Deducibile il costo dell’acqua per i dipendenti

Una ditta acquista acqua minerale confezionata in bottiglie per il suo consumo, nel luogo di lavoro, da parte dei dipendenti e dei soci che vi prestano la loro opera. Detto costo si può considerare deducibile? L’Iva ad esso applicata è da considerare detraibile?L’Iva relativa all’acquisto o all’importazione di alimenti e di bevande non è ammessa in detrazione ad eccezione degli alimenti e bevande che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa o che sono somministrati in mense scolastiche, aziendali o interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali dell’impresa (articolo 19-bis1, lettera f) del Dpr 633/1972).Si ritiene che il costo dell’acqua destinata ai dipendenti sia deducibile ai sensi e nei limiti dell’articolo 100, comma 1 del Tuir come spese per finalità ricreative, mentre non risulta deducibile quella destinata ai soci.

caffe’ e boccioni acqua

Acquisto delle cialde di caffè
La risoluzione 103/E/2016 ha ritenuto corretto applicare l’aliquota Iva del 10%, affermando, però, la – non detraibilità in capo all’acquirente: affermazione che non pare in linea con il dettato dell’articolo 19-bis.1 del Dpr 633/72, secondo il quale l’indetraibilità dell’Iva per somministrazione di alimenti e bevande prevede l’eccezione dell’erogazione mediante distributori automatici. 
– Erogazione di acqua tramite boccionila detraibilità dell’Iva dovrebbe essere motivata dalla somministrazione tramite distributori automatici.
COSTOPer quanto concerne la deducibilità del costo delle cialde e dell’acqua, va segnalato che, in linea generale, l’articolo 54 del Tuir (Dpr 917/86) prevede che le somministrazioni di alimenti e bevande siano deducibili nella misura del 75%; ma, se vengono eseguite tramite distributori automatici, si ritiene che si possa dedurre la spesa nella misura integrale, in quanto inerente all’esercizio dell’attività professionale.
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Note di credito per merci difettose anche senza restituzione dei beni distrutti presso il cliente

In ambito commerciale può accadere che le merci acquistate da un soggetto passivo IVA presso un suo fornitore presentino vizi tali da rendere le stesse inutilizzabili e irrecuperabili.
Se il cessionario ha già pagato il corrispettivo pattuito, risultante dalla fattura di vendita, e rinuncia alla sostituzione dei beni, può comunque richiedere al fornitore il rimborso delle somme versate nonché di farsi carico delle spese di restituzione.

Tuttavia, è possibile che i costi di restituzione delle merci difettose o deteriorate siano tali da rendere più conveniente la distruzione delle merci medesime presso il cessionario, senza che i beni siano restituiti al cedente. In tale situazione, è necessario valutare quali siano gli obblighi a carico delle parti per la rettifica dell’operazione ai fini dell’IVA e se tali obblighi siano condizionati o meno alla restituzione dei beni dall’acquirente al fornitore.

Si osserva, in primo luogo, che la fattispecie descritta può essere ricondotta all’ipotesi in cui l’operazione viene meno a causa della risoluzione del contratto dovuta a inadempimento di una delle parti (art. 1453 c.c.), nello specifico, del cedente. Infatti, quest’ultimo è normalmente tenuto a garantire che i beni ceduti siano immuni da vizi, sia in forza dell’art. 1490 c.c., sia in base alle previsioni contrattuali.
Nella fattispecie, dunque, può ritenersi applicabile la procedura di variazione di cui all’art. 26 comma 2 del DPR 633/72 che, fra le cause giustificative per la rettifica in diminuzione dell’IVA addebitata, contempla anche quella della risoluzione del contratto. Il cedente può perciò emettere una nota di credito nei confronti del cessionario, a “storno” degli importi addebitati originariamente.

Ipotizzando che l’operazione originaria sia già stata annotata sul registro IVA delle vendite (artt. 23 del DPR 633/72), la rettifica potrà essere effettuata, alternativamente:

  • mediante specifica annotazione (con segno negativo) nel suddetto registro delle vendite o dei corrispettivi (come dispone l’art. 26 comma 8 del DPR 633/72);
  • mediante annotazione nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del DPR 633/72 (modalità riconosciuta dalla C.M. n. 27/1975 e C.M. 23 febbraio 1994 n. 13).
    Ad analoga e opposta rettifica procede il cessionario ove abbia già annotato l’operazione di acquisto sul registro di cui all’art. 25 del DPR 633/72.

La nota di variazione in diminuzione deve essere emessa al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui viene rilevato il vizio della merce consegnata, elemento che legittima la risoluzione del contratto e, dunque, presupposto al verificarsi del quale è possibile operare la variazione (circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, ris. Agenzia delle Entrate n. 85/2009).
La validità della procedura di rettifica qui descritta non appare condizionata alla circostanza che le merci difettose siano restituite al fornitore. Si ritiene, infatti, che le parti siano libere di stabilire contrattualmente se i beni debbano o meno essere restituiti dal cessionario al cedente.

La restituzione dei beni non costituirebbe una condizione essenziale neanche ai fini dell’esclusione da IVA dell’eventuale operazione di sostituzione dei beni eseguita dal cedente nel periodo di validità della garanzia.
Pertanto, se la restituzione dei beni, a seguito di una valutazione delle parti, risulta antieconomica e si procede alla distruzione delle merci difettose presso l’acquirente, la procedura di rettifica in diminuzione dovrebbe ritenersi comunque applicabile.

Occorrerà in ogni caso fornire prova della distruzione ai fini del superamento della presunzione di cessione di cui all’art. 1 del DPR 441/97.
Con riferimento alla distruzione di prodotti difettosi (sul territorio italiano), la prassi amministrativa (R.M. n. 561445/91) ha ritenuto ammissibile, ad esempio, una procedura nell’ambito della quale:

  • il cedente invia presso la sede del cessionario un ispettore che accerta i vizi delle merci, effettua sui beni modifiche tali da renderli invendibili e redige relativo verbale di constatazione, consegnandone copia sia al cliente che al cedente;
  • quest’ultimo emette una nota di credito;
  • il cessionario provvede direttamente alla distruzione dei beni.
    Il caso esaminato dal documento di prassi aveva ad oggetto distruzioni causate da eventi che si ripetono con regolarità.

Invece, in caso di distruzioni effettuate in ragione di eventi eccezionali, la prova della distruzione deve essere fornita:

  • con i mezzi previsti dall’art. 2 comma 4 del DPR 441/97 (invio di tempestiva comunicazione agli Uffici, redazione del verbale da parte dei funzionari ovvero, in taluni casi, della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, predisposizione del documento di trasporto per i beni risultanti dalla distruzione);
  • dal formulario di identificazione ex art. 193 del DLgs. 152/2006, se la distruzione è stata affidata a soggetti terzi, autorizzati allo smaltimento dei rifiuti.

Reverse Charge Tindeggiatura

L’attività di intonacatura e stuccatura e quella di tinteggiatura sono soggette a reverse charge. Il regime dell’inversione contabile si applica, infatti, anche alle prestazioni di completamento di edifici (lettera a-ter del sesto comma dell’articolo 17 del Dpr 633/1972). Il termine “completamento di edifici” è utilizzato dal legislatore in modo atecnico poichè l’articolo 3 del Testo unico dell’edilizia non menziona la nozione di completamento, ma fa riferimento a interventi quali manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia.

Ai fini dell’individuazione delle prestazioni rientranti nella nozione di completamento di edifici, pertanto, occorre fare riferimento alle classificazioni fornite dai codici attività Ateco 2007; vi rientrano anche le attività di intonacatura e stuccatura, codice Ateco 43.31.00, e quella di tinteggiatura, codice Ateco 43.34.00 (circolare 14/E del 2015).

Scaricamento Massivo fatture ricevute – script Python

Scraper per il servizio Fatture e Corrispettivi. Librerie da installare via pip: requests e pytz SOTTO LICENZA MIT

Dati di input in ordine:

CF (o codice Entratel) di FeC. PIN di FeC. Password di FeC. Partita IVA Data dal Data al

Es. py fec.py CRPSVT75H10A089C 123456PIN PASSWORD PARTITA_IVA 01012019 31032019

Nella sottocartella Ricevute troverai le tue FE e i relativi metadati.

Librerie da installare via pip: requests e pytz.

download massivo delle fatture

https://github.com/socrat3/FeCscraper/

E’ necessario dichiarare la cartella ricevute case sensitive in windows.
Supponiamo che fec.py sia installato in C:\ADE e la cartella Ricevute sia in C:\ADE\Ricevute .
Seguendo questo tutorial (https://www.howtogeek.com/354220/how-to-enable-case-sensitive-folders-on-windows-10/) basta dare il seguente comando: fsutil.exe file setCaseSensitiveInfo C:\ADE\Ricevute enable.

Se vi viene dato un messag. di errore, dovrete dare i seguenti comandi

Enable-WindowsOptionalFeature -Online -FeatureName Microsoft-Windows-Subsystem-Linux

Per verificare se una dir ha abilitato la funzione case sensitive digitare come amministratore

fsutil.exe file queryCaseSensitiveInfo C:\ADE

Per installare le librerie

python -m pip install requests
python -m pip install pytz

Per poter utilizzare il file fec_corrispettivi.py, occorre installare

python -m pip install python-dateutil

Se ci sono problemi di certificati SSL

pip install –trusted-host pypi.org –trusted-host files.pythonhosted.org requests
pip install –trusted-host pypi.org –trusted-host files.pythonhosted.org pytz

Per la decodifica del file procedere con il comando

openssl base64 -d -in “IT03632460485_1E50O.xml.p7m” -out “DECODED_IT03632460485_1E50O.xml.p7m”

Canoni d’affitto non percepiti: basta l’avvio del procedimento per non dichiararli

Non è più necessario arrivare alla definizione del procedimento di convalida di sfratto dell’inquilino moroso per non dover dichiarare i canoni d’affitto non percepiti, sarà infatti sufficiente che sia stato intimato lo sfratto o che ci sia un’ingiunzione di pagamento.

Questo quanto introdotto dall’art. 3-quinquies, D.L. n. 34/2019, c.d. Decreto Crescita, che ha riformulato il testo dell’art. 26, TUIR, con riferimento ai contratti di locazione:

esclusivamente di immobili ad uso abitativo;
stipulati a partire dal 1° gennaio 2020.
Nella nuova formulazione dell’art. 26 è inoltre stabilito che i canoni non dichiarati, o dichiarati fruendo del relativo credito d’imposta, ed incassati in anni successivi devono essere assoggettati a tassazione separata.

La precedente disciplina, ancora applicata ai contratti di locazione stipulati fino al 31 dicembre 2019, prevedeva che il locatore potesse non dichiarare i canoni non percepiti solo se vi era stata la conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Con le novità apportate dal Decreto Crescita, il locatore può non dichiarare i canoni non effettivamente incassati purché la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o da un’ingiunzione di pagamento.

Resta ferma la possibilità di richiedere il riconoscimento di un credito d’imposta relativamente alle imposte versate su affitti non percepiti ma solo se questo è accertato nell’ambito di un procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità.

È imponibile il credito d’imposta registratore telematico

L’articolo 2, comma 6-quinquies, D.Lgs. 127/2015 prevede, per gli anni 2019 e 2020, la fruizione di un contributo sotto forma di credito d’imposta fissato in misura pari al 50% della spesa sostenuta per l’acquisto o l’adattamento di ogni singolo registratore telematico, con un massimo di:

  • 250 euro, in caso di nuovo acquisto;
  • 50 euro in caso di adattamento.

Con il provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 49842 del 28 febbraio 2019 sono state definite le modalità attuative per la fruizione del beneficio e con la risoluzione AdE 32/E/2019 è stato istituito il codice tributo (6899) – Credito d’imposta per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti mediante i quali sono effettuate la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri – articolo 2, comma 6-quinquies, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 – per l’utilizzo con F24.

In effetti il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione nel modello F24, mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate (Fisconline / Entratel):

  • a decorrere dalla prima liquidazione Iva periodica successiva al mese di annotazione della fattura d’acquisto o di adattamento;
  • dopo che sia stato pagato, con modalità tracciabili, il corrispettivo della fattura d’acquisto o di adattamento.

Si deve poi ricordare che:

  • l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in esame non è soggetto ai limiti di cui agli articoli 1, comma 53, L. 244/2007 (000 euro) e 34 L. 388/2000 (700.000 euro);
  • il credito in esame va indicato nella dichiarazione dei redditi dell’anno d’imposta in cui è stata sostenuta la spesa e nelle dichiarazioni successive, fino alla conclusione dell’utilizzo.

Se la disciplina che regola la spettanza, nonché il funzionamento, del beneficio in questione non presenta particolari criticità, lo stesso non può dirsi in relazione al relativo trattamento contabile e ai fini delle imposte sul reddito e Irap.

Sul tema non si rinvengono chiarimenti ufficiale né il dato normativo se ne interessa. Occorre, quindi, rifarsi ai principi di ordine generale.

Il corretto trattamento contabile di un credito d’imposta dipende dalla sua origine. A tal riguardo si distingue tra:

  • crediti d’imposta generati da un investimento;
  • crediti d’imposta derivanti da altre cause (ad esempio il credito d’imposta pari al 10% dell’Irap, peraltro abrogato dal 2019).

Pare evidente che il credito d’imposta in esame debba essere ricondotto alla prima categoriacorrelata all’effettuazione di un investimento (acquisto del registratore telematico).

A ben vedere, i crediti d’imposta da includere nella prima fattispecie si dovrebbero ritenere assimilabili ai contributi in conto impianti e, quindi, seguire le medesime regole di contabilizzazionerisconto del provento lungo la durata della vita dell’investimento con imputazione nella voce di conto economico “A5 – Altri ricavi e proventi” della relativa quota di competenza.

Se si decide di aderire a tale interpretazione, siccome la norma non ne prevede l’esclusione da imposizione, il credito d’imposta non può che assumere rilevanza, come componente positivo, per la quota imputata in conto economico, ai fini delle imposte dirette (Irpef/Ires) nella determinazione del reddito d’impresa. Ciò sia se l’impresa applica la derivazione rafforzata sia se applica la derivazione semplice, nonché se adotta la contabilità semplificata e quindi calcola il reddito in base al regime per cassa.

A tal ultimo riguardo, infatti, si deve tener conto che anche in tale regime, improntato alla cassa, i contributi in conto impianti vanno tassati per competenza, poiché le istruzioni alla compilazione del modello Redditi, in corrispondenza del rigo RG10, in cui vanno dichiarati gli altri componenti positivi che concorrono a formare il reddito, prevedono che vada indicata con il codice 13 “la quota dei contributi destinati all’acquisto di beni ammortizzabili, nell’ipotesi in cui il costo dei beni sia registrato al lordo dei contributi ricevuti”.

Per quanto riguarda l’Irap, occorre considerare che gli articoli 5 e 5-bis D.Lgs. 446/1997 prevedono che i contributi spettanti in base a norma di legge, quale che ne sia la natura, sono sempre destinati a concorrere alla formazione della base imponibile del tributo regionale, rispettivamente, delle imprese che la determinano secondo il cosiddetto metodo da bilancio e delle imprese che applicano il metodo fiscale (si vedano, al riguardo, i precedenti contributi “L’imponibilità Irap dei contributi delle imprese Irpef” e “L’imponibilità Irap dei contributi nel metodo da bilancio”).

L’esclusione dall’Irap opera solo per i contributi correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione, nonché per i contributi la cui detassazione è prevista dalle singole leggi istitutive ovvero da altre disposizioni di carattere speciale.

Siccome il credito d’imposta in analisi dovrebbe essere inquadrato come contributo spettante in base a norma di legge, non applicandosi alcuna “causa di esclusione”, si dovrebbe concludere che esso debba essere considerato imponibile anche ai fini Irap.

Editori, libri e riviste

Si applica il regime monofase art. 74 co. 1 lett. c) DPR 633/72. articolo agg. al 29/12/2019

Le operazioni riguardanti i prodotti editoriali sono assoggettate ad IVA con un particolare regime monofase (art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72). L’imposta non è applicata nei singoli passaggi commerciali con il meccanismo rivalsa-detrazione, ma è dovuta unicamente a monte dall’editore sulla base del “prezzo di copertina”. 

Il prezzo di vendita al dettaglio di un libro (c.d. “prezzo di copertina”), pari a 50 euro, include l’IVA assolta dall’editore con aliquota del 4%. Applicando al prezzo di copertina il coefficiente di scorporo (1 + 4%) è possibile determinare quanto segue:

  • imponibile: 50 euro / (1 + 0,04) = 48,08 euro;
  • IVA: 48,08 euro x 4% = 1,92 euro.

Ambito di applicazione

L’editore è il soggetto che realizza un’iniziativa economica editoriale o, comunque, assume in concreto il rischio della realizzazione dell’opera per il successivo sfruttamento economico. Per i prodotti editoriali oggetto di acquisto intra UE o di importazione, il soggetto passivo tenuto all’applicazione del regime speciale va individuato, in linea di principio, nel cessionario e importatore che acquista tali beni per la successiva commercializzazione nel territorio dello Stato (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23).
I prodotti editoriali che devono essere stampati su carta o registrati su qualsiasi supporto fisico (es. CD-rom) sono i seguenti (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23 e C.M. 24.12.97 n. 328, § 7.1.2):

  • giornali quotidiani: insiemi di fogli che riportano notizie di cronaca, politica, economia, ecc.;
  • periodici: prodotti con una periodicità definita (settimanale, mensile, ecc.) e un carattere divulgativo;
  • giornali e periodici pornografici: intendendosi per tali i prodotti di carattere osceno vietati ai minori (di anni 16);
  • libri: lavori stampati dell’arte libraria, di qualsiasi dimensione, anche se solo illustrati o di carattere informativo;
  • cataloghi: elenchi di beni con i rispettivi prezzi realizzati per finalità commerciale, depliants, ecc.

Sono incluse nel regime monofase anche le cessioni di:

  • supporti integrativi (nastri, dischi, DVD, ecc.) ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, ivi inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che per il loro contenuto non siano commercializzabili separatamente;
  • beni diversi dai supporti integrativi (c.d. “gadget”), se il loro costo non è superiore al 50% del prezzo della confezione.

Sono esclusi dal regime, invece, i prodotti editoriali diffusi online che si considerano prestazioni di servizi rientranti nel regime IVA ordinario.

Modalità di determinazione dell’imposta

La determinazione dell’imposta può avvenire in base a due diversi sistemi (art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72 e DM 9.4.93).

Sistema di forfettizzazione della resa

Il sistema di forfettizzazione della resa riguarda la cessione di libri, giornali quotidiani e periodici, con eccezione dei casi in cui si applica il sistema delle copie vendute per obbligo o su opzione dell’editore. La forfettizzazione della resa comporta una determinazione dell’imposta basata sulle copie consegnate o spedite ridotta di una certa percentuale forfettaria per le rese (70% per i libri e 80% per i giornali quotidiani e i periodici).

Si riportano, di seguito, due esempi di applicazione del sistema di forfettizzazione della resa.

DescrizioneTestata X – Periodico Titolo Y – Libro
Prezzo di copertina
5,00 euro15,00 euro
Copie consegnate (A)
1.000500
Abbattimento per resa (B)
1.000 x 80% = 800500 x 70% = 350
Copie su cui assolvere l’IVA (A-B)
200150
Corrispettivi (C)
1.000,00 euro2.250,00 euro
Imponibile (I = C / 1,04)
961,54 euro2.163,46 euro
IVA (I x 4%)38,46 euro86,54 euro

Sistema delle copie vendute

Il sistema delle copie vendute è applicabile:

  • su opzione dell’editore da comunicare nel quadro VO della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno in cui si è attuato il comportamento concludente;
  • obbligatoriamente per i cataloghi, i giornali e i periodici pornografici e per le cessioni di libri, giornali e periodici unitamente a beni diversi dai supporti integrativi. 

Si tratta di una metodologia analitica che impone all’editore di applicare l’imposta sulla base del numero effettivo di copie vendute, al momento in cui riceve la notizia dal distributore centrale, scorporando l’imposta dai corrispettivi.

Si riportano, di seguito, due esempi di applicazione del sistema delle copie vendute.

DescrizioneTestata W – PeriodicoTitolo Z – Libro
Copie vendute (A)
10050
Prezzo di copertina (B)
20 euro10 euro
Corrispettivi lordi
(C = A x B)
2.000 euro500 euro
Imponibile (I = C / 1,04)
1.923,08 euro480,77 euro
IVA (I x 4%)
76,92 euro19,23 euro

Aliquota d’imposta

A prescindere dalla circostanza che la commercializzazione dei prodotti editoriali sia riconducibile all’ambito del regime speciale monofase, l’aliquota IVA per le cessioni dei predetti beni è pari al 4% con alcune esclusioni (es. giornali e periodici pornografici e cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, ai quali si applica l’aliquota ordinaria). Nella tabella seguente è indicata l’aliquota IVA applicabile ai principali beni e servizi riguardanti il settore dell’editoria.

Tabella A, parte II, allegata al
DPR 633/72
Bene o servizio
Aliquota IVA
n. 18Giornali e notiziari quotidiani
4%
n. 18Dispacci delle agenzie di stampa
4%
n. 18Libri (su qualsiasi supporto fisico)
4%
n. 18Periodici
4%
n. 18Prodotti sopra indicati in scrittura braille
4%
n. 18Prodotti sopra indicati su supporti audiomagnetici per non vedenti e ipovedenti (c.d. “disabili visivi”)
4%
n. 18Giornali e periodici pornografici
Ordinaria
n. 18Cataloghi diversi da quelli d’informazione libraria
Ordinaria
n. 18Edizioni musicali a stampa
4%
n. 18Carte geografiche, inclusi i globi stampati
4%
n. 18Atti e pubblicazioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
4%
n. 18Carta per la stampa dei prodotti con aliquota agevolata di cui sopra
4%
n. 35Composizione, montaggio, duplicazione, legatoria e stampa dei prodotti con aliquota agevolata di cui sopra
4%
n. 18Materiale tipografico e simile per campagne elettorali se commissionato da candidati, liste, partiti o movimenti di opinione politica
4%

Adempimenti a carico dell’editore

Oltre a essere soggetti agli adempimenti IVA ordinari (es. registrazione degli acquisti, liquidazioni periodiche, ecc.), gli editori sono destinatari di regole specifiche in base al metodo applicato per determinare l’imposta. A titolo esemplificativo:

  • per il metodo delle copie vendute: entro 15 giorni dal ricevimento della notizia dal distributore, deve essere emessa la fattura o un documento equipollente, senza separata indicazione dell’IVA, in relazione alle cessioni effettuate; in alternativa, le cessioni possono essere annotate sul registro dei corrispettivi (C.M. 24.12.97 n. 328);
  • per il metodo di forfettizzazione della resa: non è obbligatoria, di regola, l’emissione della fattura; è necessario operare specifiche annotazioni, per ciascuna testata o titolo, in un apposito registro numerato entro il mese successivo a quello in cui è stata effettuata la consegna o spedizione.

Note di variazione

Qualora l’imposta sia stata applicata con il sistema delle copie vendute, è ammessa la possibilità di effettuare le variazioni ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72 nei casi di sopravvenuta restituzione di copie di pubblicazioni già cedute, anche in esecuzione di rapporti di abbonamento, dagli editori ai distributori ovvero ai soggetti che effettuano la vendita al pubblico o ai consumatori finali (C.M. 24.12.97 n. 328). 
Al pari del citato sistema, anche quello di forfettizzazione della resa permette di operare le variazioni di cui all’art. 26 del DPR 633/72 nella specifica ipotesi di sopraggiunta insolvenza del cliente. La variazione dell’imposta è ammessa nei limiti del rapporto tra l’importo effettivamente a credito dell’editore e quello definitivamente non soddisfatto a seguito della procedura concorsuale rimasta infruttuosa (risposta interpello Agenzia delle Entrate 22.5.2019 n. 155).

Le variazioni previste dall’art. 26 del DPR 633/72 in caso di sopravvenuta insolvenza del cliente sono applicabili anche nell’ipotesi in cui il soggetto passivo, operante nel settore dell’editoria, abbia adottato il criterio della forfetizzazione della resa. Questo metodo, al pari di quello delle copie vendute, non osta all’emissione di una nota di variazione nell’ipotesi in cui l’operazione sia venuta meno per il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali. Sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni cui è giunta l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 22 maggio 2019 n. 155.

Per determinare l’IVA dovuta, gli editori soggetti al “regime speciale monofase” possono optare per una delle metodologie indicate dall’art. 74 comma 1 lett. c) del DPR 633/72.
Attraverso il sistema di forfetizzazione della resa, l’imposta viene calcolata sulla base delle copie consegnate o spedite, ridotta di una percentuale forfetaria pari al 70% per i libri e all’80% per i giornali quotidiani e i periodici.
Ipotizzando, a mero titolo esemplificativo, che l’editore consegni al distributore 10.000 copie di una rivista del valore di 1 euro, applicando l’abbattimento dell’80%, il corrispettivo sul quale calcolare l’imposta sarebbe pari a 2.000; scorporando l’IVA con aliquota del 4% si otterrebbe l’ammontare dell’imposta dovuta (pari, in questo caso, a 76,92 euro).

Il sistema delle copie vendute, applicabile su opzione dall’editore o per obbligo nelle ipotesi previste dall’art. 74, consta in un metodo analitico che impone di determinare l’imposta sulla base del numero di copie effettivamente vendute.

La questione da cui è originata la risposta a interpello pubblicata ieri dall’Agenzia concerne la facoltà di rettificare in diminuzione l’imposta nell’ambito del regime dell’editoria, in modo particolare laddove il soggetto passivo abbia scelto il criterio di forfetizzazione della resa.

Nel caso di specie una casa editrice (Alfa) affidava la diffusione e distribuzione delle proprie pubblicazioni a una società (Beta), alla quale consegnava le copie in conto vendita in forza di un contratto estimatorio. A seguito della dichiarazione di fallimento di Beta, il credito che Alfa aveva maturato per prodotti editoriali consegnati e mai restituiti veniva ammesso al passivo fallimentare. Nonostante i pagamenti ricevuti dalla procedura, tale credito risultava, in larga parte, definitivamente insoddisfatto, in conseguenza dell’intervenuta omologa del concordato fallimentare.
A giudizio di Alfa, tale operazione avrebbe dovuto, quindi, considerarsi sostanzialmente annullata, nei limiti dell’importo non pagato dal distributore. Conseguentemente, attesa la peculiarità del regime applicato, all’editore dovrebbe poter essere concessa la possibilità di recuperare l’imposta corrispondentemente versata.

L’Amministrazione finanziaria sottolinea come la C.M. 23 dicembre 1997 n. 328 ammetta la facoltà di effettuare le variazioni previste ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72 nell’ipotesi in cui l’IVA dovuta dall’editore “sia determinata in base alle copie vendute”. Tuttavia la stessa Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 155/2019, riconosce che, al pari di tale criterio, anche il metodo della forfetizzazione della resa “non presenta caratteristiche tali” da far ritenere inapplicabile la variazione dell’imposta, la quale deve peraltro conseguire, come precisato dalla C.M. n. 328/97, al realizzarsi dei fatti previsti dal citato art. 26, verificabili attraverso la necessaria documentazione probatoria, “anche in assenza di fattura, trattandosi di sistema con tassazione unica alla fonte”.

Al fine di determinare la suddetta variazione è peraltro necessario stabilire un criterio che tenga conto sia dell’imposta effettivamente versata dall’editore sulla base del prezzo di vendita al pubblico, sia del credito corrispondentemente vantato dallo stesso nei confronti del distributore che risulta impossibile recuperare (espresso sulla base di un valore differente dal prezzo di vendita al pubblico). La variazione dell’imposta può dunque ritenersi ammessa nel limite del rapporto fra il credito rimasto definitivamente insoddisfatto e quello originariamente vantato.
Nel caso di specie Alfa risultava originariamente creditrice di Beta per 6.206.096,99, mentre il credito “perduto” in via definitiva ammontava a 2.723.428,85. L’editore, secondo l’Agenzia delle Entrate, potrebbe quindi effettuare una variazione in diminuzione per un importo pari al 43,883% (2.723.428,85/6.206.096,99) dell’IVA versata mediante l’applicazione del regime monofase.

In ultimo, nel documento di prassi si ricorda che, al fine di poter esercitare la detrazione sulla maggiore imposta versata, la nota di variazione potrà essere emessa dall’editore, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui è passata in giudicato la sentenza di omologa del concordato, data in cui si è verificato il presupposto per esercitare la variazione in diminuzione.

Operazioni con l’estero

Il trattamento IVA delle operazioni effettuate con l’estero riguardanti i prodotti editoriali è quello descritto in estrema sintesi nella tabella seguente (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23, § 5).

OperazioneTrattamento IVA
Cessioni intracomunitarieCessioni non imponibili (non si applica il regime speciale per il commercio di prodotti editoriali).
Acquisti intracomunitari 
In presenza di prezzo di vendita al pubblico:per i beni non destinati alla successiva commercializzazione, l’IVA è dovuta dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato;per i beni destinati alla successiva commercializzazione, occorre tenere conto del criterio di determinazione dell’IVA adottato dal cessionario (criterio delle copie vendute o di forfettizzazione della resa).
L’IVA è assolta con il meccanismo dell’inversione contabile, ma l’imposta è indetraibile, pertanto, il cessionario non deve effettuare anche l’annotazione nel registro degli acquisti.
In mancanza di prezzo di vendita al pubblico o su opzione, l’acquisto è equiparato a quello di qualsiasi altro bene e soggetto alle ordinarie disposizioni e agli adempimenti per gli acquisti intracomunitari.
ImportazioniL’IVA è riscossa in dogana, in base al prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato. Se i prodotti editoriali sono importati per la successiva commercializzazione, il valore in dogana può essere ridotto della percentuale di resa forfettaria del 50% (se applicabile).
EsportazioniCessioni all’esportazione non imponibili (non si applica il regime speciale per il commercio di prodotti editoriali).

Libri acquistati all’estero su commissione di enti di formazione o ricerca

Sono soggetti ad IVA con l’applicazione, di regola, del regime monofase in esame, gli acquisti di libri presso fornitori UE o extra-UE da parte di una società italiana su commissione di enti di cui all’art. 2 co. 5 lett. g-bis) della L. 128/2011 come, per esempio, i centri di formazione legalmente riconosciuti (risposta interpello Agenzia delle Entrate 8.2.2019 n. 31).

Prodotti editoriali elettronici

Ai fini IVA, la cessione dei prodotti editoriali elettronici (es. gli e-book) presenta le seguenti peculiarità (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23, § 6):

  • costituisce una prestazione di servizi elettronici;
  • non rientra nel campo di applicazione del regime dell’editoria previsto dall’art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72;
  • è soggetta all’aliquota del 4%, per quanto concerne giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici identificati da codice ISBN o ISSN e veicolati attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica (art. 1 co. 667 della L. 23.12.2014 n. 190 e circ. Agenzia delle Entrate 18.5.2016 n. 20). 

L’aliquota IVA del 4% (n. 18 della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72) è applicabile anche all’abbonamento a una banca dati bibliografica, le cui funzionalità di ricerca non costituiscono un valore aggiunto per il consumatore, che mette a disposizione prodotti editoriali aventi le caratteristiche di giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzia di stampa, libri e periodici, muniti di codice ISBN o ISSN (ris. Agenzia delle Entrate 28.9.2017 n. 120).
L’aliquota IVA agevolata prevista dal legislatore nazionale per i prodotti editoriali elettronici era in contrasto con la normativa europea. L’art. 98 par. 2 della direttiva 2006/112/CE, infatti, escludeva espressamente che i servizi prestati in via elettronica potessero essere assoggettati a un’aliquota ridotta. La Corte di Giustizia dell’UE, per questo motivo, aveva censurato misure agevolative similari esistenti in altri Stati membri (Corte di Giustizia UE 5.3.2015 causa C-479/13; ;Corte di Giustizia UE 5.3.2015 causa C-502/13 e ;Corte di Giustizia UE 7.3.2017 causa C-390/15).
La descritta incompatibilità con la normativa UE è da ritenere però superata, in quanto il Consiglio dell’UE ha adottato una direttiva che modifica, fra l’altro, gli artt. 98 e 99 della direttiva 2006/112/CE consentendo agli Stati membri di assoggettare ad aliquota IVA ridotta anche libri, giornali e periodici forniti per via elettronica (direttiva 6.11.2018 n. 1713/2018/UE).

Secondo quanto previsto dal n. 18 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, si applica l’aliquota IVA del 4% per le cessioni di: 

  • giornali e notiziari quotidiani (prodotti che si caratterizzano per il requisito della cadenza quotidiana che soddisfino il requisito della registrazione presso il competente Tribunale);
  • dispacci delle agenzie di stampa (prodotti consistenti nell’invio giornaliero di informazioni desunte dalla stampa quotidiana e/o periodica);
  • libri (intendendo per tali tutti i lavori dell’arte libraria di qualsiasi dimensione, anche se solo illustrati o di carattere informativo, che si caratterizzano per avere una funzione divulgativa e scientifica); 
  • periodici (intendendo per tali i prodotti editoriali, registrati come pubblicazioni ai sensi della L. 47/48, che presentano il requisito della cadenza periodica ed hanno contenuto divulgativo);
  • edizioni musicali a stampa;
  • carte geografiche, inclusi i globi stampati.

Inoltre, l’aliquota del 4% riguarda:

  • la carta occorrente per la stampa dei prodotti editoriali di cui sopra e degli atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
  • il materiale tipografico e simile attinente alle campagne elettorali se commissionato dai candidati o dalle liste degli stessi o dai partiti o dai movimenti di opinione politica.

Sono incluse nell’aliquota del 4% tutte le precedenti pubblicazioni anche in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti.
L’aliquota del 4% si rende applicabile alle cessioni di tali beni anche se non acquistati direttamente dai soggetti non vedenti o ipovedenti, purché siano destinati ad essere utilizzati dai medesimi (circ. 1/E/2001, § 2.3.9).

Esclusioni

Sono espressamente esclusi dall’applicazione dell’aliquota ridotta:

  • i giornali e i periodici pornografici, intendendosi per tali i prodotti di carattere osceno vietati ai minori (di anni 16) e, in generale, i prodotti per la cui vendita, ai sensi della L. 355/75, i titolari e gli addetti a rivendita di giornali e riviste sono stati esonerati da responsabilità penali, purché gli stessi non siano esposti in modo da renderli immediatamente visibili al pubblico;
  • i cataloghi (intendendo per tali i prodotti editoriali costituiti da elenchi di beni e di prezzi o da comunicazioni di natura commerciale o da depliants o da opuscoli e simili aventi funzione meramente pubblicitaria e promozionale), fatta eccezione per i cataloghi di informazione libraria.

Editoria digitale

Ai sensi dell’art. 1 co. 667 della L. 190/2014, modificato con L. 208/2015, rientrano nell’ambito di applicazione dell’aliquota IVA del 4%, in quanto assimilati a giornali, notiziari quotidiani, dispacci, libri e periodici:

  • tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN;
  • veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.

Il “contenuto digitalizzato di libri e altre pubblicazioni elettroniche” si considerano come prestazioni di servizi elettronici (Allegato I al regolamento UE 282/2011).
È condizione necessaria, ai fini dell’aliquota del 4%, che il prodotto editoriale abbia le caratteristiche distintive tipiche di uno dei prodotti di cui al n. 18 della Tabella A, Parte II (giornali, libri, periodici, ecc.), non essendo sufficiente l’identificazione mediante codice ISBN o ISSN (circ. 20/E/2016).
La richiamata disposizione (art. 1 co. 667 della L. 190/2014) non risultava in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria (cfr. Corte di Giustizia UE 7.3.2017 causa C-390/15RPO e Corte di Giustizia UE cause C-479/13 e C-502/13). Con l’approvazione della direttiva 2018/1713/UE, tale disallineamento è stato superato.

Banche dati editoriali

L’aliquota del 4% si applica anche alla messa a disposizione on line, mediante l’utilizzo di siti web ovvero piattaforme elettroniche (es. banche dati bibliografiche on line, biblioteche on line), di prodotti editoriali aventi le caratteristiche di giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici, muniti di codice ISBN o ISSN (circ. 20/E/2016, ris. 120/E/2017, risposta a interpello 69/E/2019).

Chiavi di accesso

Nella circ. 23/E/2014 (§ 6), è stato precisato che si applica l’aliquota IVA del 4%, prevista per i prodotti editoriali, anche alle cessioni di libri cartacei che all’interno contengono una chiave di accesso mediante la quale l’acquirente del prodotto cartaceo può acquisire, tramite collegamento a portale internet, copia in formato elettronico del libro cartaceo già acquistato, ovvero aggiornamenti dello stesso. In questa circostanza, infatti, la vendita del libro si qualifica come “cessione di beni”.
Non si applica l’aliquota ridotta se l’acquirente è tenuto a pagare uno specifico corrispettivo per l’aggiuntivo servizio elettronico.

Supporti integrativi

Il DL 63/2013, con effetti sui prodotti consegnati o spediti dall’1.1.2014, ha esteso la possibilità di fruire del regime speciale per l’editoria anche ai supporti integrativi ceduti unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università.
A norma dell’art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72, per supporti integrativi si intendono “i nastri, i dischi, le videocassette e gli altri supporti sonori, videomagnetici o digitali ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione, unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, ivi inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che, per il loro contenuto, non siano commercializzabili separatamente”.
Come indicato nella circ. 23/E/2014 (§ 4.2.2), per applicarsi l’aliquota del 4% prevista per le cessioni di prodotti editoriali, il supporto integrativo “deve avere carattere di complementarità rispetto al prodotto editoriale cui è abbinato. Tale circostanza può dirsi verificata, ad esempio, quando il supporto integra ed esplica una funzione illustrativa o didattica degli argomenti contenuti nel libro scolastico e l’acquirente del libro scolastico o universitario cartaceo non paghi uno specifico corrispettivo per acquisire la disponibilità dei contenuti digitali integrativi”.
Nell’ipotesi in cui, invece, il contenuto digitale integrativo sia fruibile esclusivamente “on line” ovvero “scaricabile” da Internet, la fornitura del contenuto digitale integrativo è qualificabile come servizio prestato per via elettronica. Pertanto, in presenza di un corrispettivo per tale tipologia di servizio, la relativa operazione è soggetta ad IVA con aliquota ordinaria. 

Beni ceduti congiuntamente ai prodotti editoriali

Nell’ipotesi di beni, che non possano qualificarsi come “supporti integrativi” come sopra individuati, ceduti congiuntamente ad uno dei prodotti editoriali cartacei di cui al n. 18 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, l’IVA si applica con l’aliquota di ciascuno dei beni ceduti ai sensi dell’art. 74 co. 1 lett. c) sesto periodo del DPR 633/72, anche sussistendo le condizioni per il regime speciale dell’editoria (perché i beni sono ceduti con confezione unitaria e prezzo indistinto e il costo del bene non è superiore al 50% dell’intera confezione).
Dunque, si applica l’aliquota del 4% per il prodotto editoriale cartaceo e l’aliquota propria del bene ceduto anche gratuitamente in abbinamento al giornale quotidiano, periodico o libro (cfr. Portale R. “Imposta sul valore aggiunto”, Giuffrè, 2018, p. 2030).

Prestazioni di servizi

Il n. 35 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, dispone l’aliquota IVA del 4% anche per le prestazioni relative alla composizione, al montaggio, alla duplicazione, alla legatoria e alla stampa dei prodotti editoriali di cui sopra, inclusi quelli in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti.
Si tratta dunque delle prestazioni relative a giornali e notiziari quotidiani, libri, periodici (esclusi i giornali e i periodici pornografici e i cataloghi diversi da quelli di informazione libraria), edizioni musicali a stampa, carte geografiche, atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

CORRISPETTIVI TELEMATICI – ESONERO MEMORIZZAZIONE E TRASMISSIONE (TEMPORANEA)

Art. 1 – Operazioni esonerate dall’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri 

1.
In fase di prima applicazione, l’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, non si applica:
a) alle operazioni non soggette all’obbligo di certificazione dei corrispettivi, ai sensi dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, e successive modificazioni e integrazioni, e dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 13 febbraio 2015 e 27 ottobre 2015;
b) alle prestazioni di trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli e bagagli al seguito, con qualunque mezzo esercitato, per le quali i biglietti di trasporto, compresi quelli emessi da biglietterie automatiche, assolvono la funzione di certificazione fiscale;
c) fino al 31 dicembre 2019, alle operazioni collegate e connesse a quelle di cui alle lettere a) e b) nonche’ alle operazioni di cui all’art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, effettuate in via marginale rispetto a quelle di cui alle lettere a) e b) o rispetto a quelle soggette agli obblighi di fatturazione ai sensi dell’art. 21 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Sono considerate effettuate in via marginale le operazioni i cui ricavi o compensi non sono superiori all’uno per cento del volume d’affari dell’anno 2018;
d) alle operazioni effettuate a bordo di una nave, di un aereo o di un treno nel corso di un trasporto internazionale.
2.
Le operazioni di cui al comma 1 continuano ad essere annotate nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Per le operazioni di cui alle lettere c) e d) del medesimo comma 1 resta fermo l’obbligo di documentazione mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, con l’osservanza delle relative discipline.
3.
I soggetti che effettuano le operazioni di cui al comma 1 possono comunque scegliere di memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente i dati dei corrispettivi giornalieri di tali operazioni.