E’ necessario dichiarare la cartella ricevute case sensitive in windows. Supponiamo che fec.py sia installato in C:\ADE e la cartella Ricevute sia in C:\ADE\Ricevute . Seguendo questo tutorial (https://www.howtogeek.com/354220/how-to-enable-case-sensitive-folders-on-windows-10/) basta dare il seguente comando: fsutil.exe file setCaseSensitiveInfo C:\ADE\Ricevute enable.
Se vi viene dato un messag. di errore, dovrete dare i seguenti comandi
Non è più necessario arrivare alla definizione del procedimento di convalida di sfratto dell’inquilino moroso per non dover dichiarare i canoni d’affitto non percepiti, sarà infatti sufficiente che sia stato intimato lo sfratto o che ci sia un’ingiunzione di pagamento.
Questo quanto introdotto dall’art. 3-quinquies, D.L. n. 34/2019, c.d. Decreto Crescita, che ha riformulato il testo dell’art. 26, TUIR, con riferimento ai contratti di locazione:
esclusivamente di immobili ad uso abitativo;
stipulati a partire dal 1° gennaio 2020.
Nella nuova formulazione dell’art. 26 è inoltre stabilito che i canoni non dichiarati, o dichiarati fruendo del relativo credito d’imposta, ed incassati in anni successivi devono essere assoggettati a tassazione separata.
La precedente disciplina, ancora applicata ai contratti di locazione stipulati fino al 31 dicembre 2019, prevedeva che il locatore potesse non dichiarare i canoni non percepiti solo se vi era stata la conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Con le novità apportate dal Decreto Crescita, il locatore può non dichiarare i canoni non effettivamente incassati purché la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o da un’ingiunzione di pagamento.
Resta ferma la possibilità di richiedere il riconoscimento di un credito d’imposta relativamente alle imposte versate su affitti non percepiti ma solo se questo è accertato nell’ambito di un procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità.
L’articolo 2, comma 6-quinquies, D.Lgs. 127/2015prevede, per gli anni 2019 e 2020, la fruizione di un contributo sotto forma di credito d’imposta fissato in misura pari al 50% della spesa sostenuta per l’acquisto o l’adattamento di ogni singolo registratore telematico, con un massimo di:
250 euro, in caso di nuovo acquisto;
50 euro in caso di adattamento.
Con il provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 49842 del 28 febbraio 2019 sono state definite le modalità attuative per la fruizione del beneficio e con la risoluzione AdE 32/E/2019 è stato istituito il codice tributo (6899) – Credito d’imposta per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti mediante i quali sono effettuate la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri – articolo 2, comma 6-quinquies, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 – per l’utilizzo con F24.
In effetti il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione nel modello F24, mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate (Fisconline / Entratel):
a decorrere dalla prima liquidazione Iva periodica successiva al mese di annotazione della fattura d’acquisto o di adattamento;
dopo che sia stato pagato, con modalità tracciabili, il corrispettivo della fattura d’acquisto o di adattamento.
il credito in esame va indicato nella dichiarazione dei redditi dell’anno d’imposta in cui è stata sostenuta la spesa e nelle dichiarazioni successive, fino alla conclusione dell’utilizzo.
Se la disciplina che regola la spettanza, nonché il funzionamento, del beneficio in questione non presenta particolari criticità, lo stesso non può dirsi in relazione al relativo trattamento contabile e ai fini delle imposte sul reddito e Irap.
Sul tema non si rinvengono chiarimenti ufficiale né il dato normativo se ne interessa. Occorre, quindi, rifarsi ai principi di ordine generale.
Il corretto trattamento contabile di un credito d’imposta dipende dalla sua origine. A tal riguardo si distingue tra:
crediti d’imposta generati da un investimento;
crediti d’imposta derivanti da altre cause (ad esempio il credito d’imposta pari al 10% dell’Irap, peraltro abrogato dal 2019).
Pare evidente che il credito d’imposta in esame debba essere ricondotto alla prima categoria, correlata all’effettuazione di un investimento (acquisto del registratore telematico).
A ben vedere, i crediti d’imposta da includere nella prima fattispecie si dovrebbero ritenere assimilabili ai contributi in conto impianti e, quindi, seguire le medesime regole di contabilizzazione: risconto del provento lungo la durata della vita dell’investimento con imputazione nella voce di conto economico “A5 – Altri ricavi e proventi” della relativa quota di competenza.
Se si decide di aderire a tale interpretazione, siccome la norma non ne prevede l’esclusione da imposizione, il credito d’imposta non può che assumere rilevanza, come componente positivo, per la quota imputata in conto economico, ai fini delle imposte dirette (Irpef/Ires) nella determinazione del reddito d’impresa. Ciò sia se l’impresa applica la derivazione rafforzata sia se applica la derivazione semplice, nonché se adotta la contabilità semplificata e quindi calcola il reddito in base al regime per cassa.
A tal ultimo riguardo, infatti, si deve tener conto che anche in tale regime, improntato alla cassa, i contributi in conto impianti vanno tassati per competenza, poiché le istruzioni alla compilazione del modello Redditi, in corrispondenza del rigo RG10, in cui vanno dichiarati gli altri componenti positivi che concorrono a formare il reddito, prevedono che vada indicata con il codice 13 “la quota dei contributi destinati all’acquisto di beni ammortizzabili, nell’ipotesi in cui il costo dei beni sia registrato al lordo dei contributi ricevuti”.
Per quanto riguarda l’Irap, occorre considerare che gli articoli 5 e 5-bis D.Lgs. 446/1997 prevedono che i contributi spettanti in base a norma di legge, quale che ne sia la natura, sono sempre destinati a concorrere alla formazione della base imponibile del tributo regionale, rispettivamente, delle imprese che la determinano secondo il cosiddetto metodo da bilancio e delle imprese che applicano il metodo fiscale (si vedano, al riguardo, i precedenti contributi “L’imponibilità Irap dei contributi delle imprese Irpef” e “L’imponibilità Irap dei contributi nel metodo da bilancio”).
L’esclusione dall’Irap opera solo per i contributi correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione, nonché per i contributi la cui detassazione è prevista dalle singole leggi istitutive ovvero da altre disposizioni di carattere speciale.
Siccome il credito d’imposta in analisi dovrebbe essere inquadrato come contributo spettante in base a norma di legge, non applicandosi alcuna “causa di esclusione”, si dovrebbe concludere che esso debba essere considerato imponibile anche ai fini Irap.
Si applica il regime monofase art. 74 co. 1 lett. c) DPR 633/72. articolo agg. al 29/12/2019
Le operazioni riguardanti i prodotti editoriali sono assoggettate ad IVA con un particolare regime monofase (art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72). L’imposta non è applicata nei singoli passaggi commerciali con il meccanismo rivalsa-detrazione, ma è dovuta unicamente a monte dall’editore sulla base del “prezzo di copertina”.
Il prezzo di vendita al dettaglio di un libro (c.d. “prezzo di copertina”), pari a 50 euro, include l’IVA assolta dall’editore con aliquota del 4%. Applicando al prezzo di copertina il coefficiente di scorporo (1 + 4%) è possibile determinare quanto segue:
imponibile: 50 euro / (1 + 0,04) = 48,08 euro;
IVA: 48,08 euro x 4% = 1,92 euro.
Ambito di applicazione
L’editore è il soggetto che realizza un’iniziativa economica editoriale o, comunque, assume in concreto il rischio della realizzazione dell’opera per il successivo sfruttamento economico. Per i prodotti editoriali oggetto di acquisto intra UE o di importazione, il soggetto passivo tenuto all’applicazione del regime speciale va individuato, in linea di principio, nel cessionario e importatore che acquista tali beni per la successiva commercializzazione nel territorio dello Stato (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23). I prodotti editoriali che devono essere stampati su carta o registrati su qualsiasi supporto fisico (es. CD-rom) sono i seguenti (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23 e C.M. 24.12.97 n. 328, § 7.1.2):
giornali quotidiani: insiemi di fogli che riportano notizie di cronaca, politica, economia, ecc.;
periodici: prodotti con una periodicità definita (settimanale, mensile, ecc.) e un carattere divulgativo;
giornali e periodici pornografici: intendendosi per tali i prodotti di carattere osceno vietati ai minori (di anni 16);
libri: lavori stampati dell’arte libraria, di qualsiasi dimensione, anche se solo illustrati o di carattere informativo;
cataloghi: elenchi di beni con i rispettivi prezzi realizzati per finalità commerciale, depliants, ecc.
Sono incluse nel regime monofase anche le cessioni di:
supporti integrativi (nastri, dischi, DVD, ecc.) ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, ivi inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che per il loro contenuto non siano commercializzabili separatamente;
beni diversi dai supporti integrativi (c.d. “gadget”), se il loro costo non è superiore al 50% del prezzo della confezione.
Sono esclusi dal regime, invece, i prodotti editoriali diffusi online che si considerano prestazioni di servizi rientranti nel regime IVA ordinario.
Modalità di determinazione dell’imposta
La determinazione dell’imposta può avvenire in base a due diversi sistemi (art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72 e DM 9.4.93).
Sistema di forfettizzazione della resa
Il sistema di forfettizzazione della resa riguarda la cessione di libri, giornali quotidiani e periodici, con eccezione dei casi in cui si applica il sistema delle copie vendute per obbligo o su opzione dell’editore. La forfettizzazione della resa comporta una determinazione dell’imposta basata sulle copie consegnate o spedite ridotta di una certa percentuale forfettaria per le rese (70% per i libri e 80% per i giornali quotidiani e i periodici).
Si riportano, di seguito, due esempi di applicazione del sistema di forfettizzazione della resa.
Descrizione
Testata X – Periodico
Titolo Y – Libro
Prezzo di copertina
5,00 euro
15,00 euro
Copie consegnate (A)
1.000
500
Abbattimento per resa (B)
1.000 x 80% = 800
500 x 70% = 350
Copie su cui assolvere l’IVA (A-B)
200
150
Corrispettivi (C)
1.000,00 euro
2.250,00 euro
Imponibile (I = C / 1,04)
961,54 euro
2.163,46 euro
IVA (I x 4%)
38,46 euro
86,54 euro
Sistema delle copie vendute
Il sistema delle copie vendute è applicabile:
su opzione dell’editore da comunicare nel quadro VO della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno in cui si è attuato il comportamento concludente;
obbligatoriamente per i cataloghi, i giornali e i periodici pornografici e per le cessioni di libri, giornali e periodici unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.
Si tratta di una metodologia analitica che impone all’editore di applicare l’imposta sulla base del numero effettivo di copie vendute, al momento in cui riceve la notizia dal distributore centrale, scorporando l’imposta dai corrispettivi.
Si riportano, di seguito, due esempi di applicazione del sistema delle copie vendute.
Descrizione
Testata W – Periodico
Titolo Z – Libro
Copie vendute (A)
100
50
Prezzo di copertina (B)
20 euro
10 euro
Corrispettivi lordi (C = A x B)
2.000 euro
500 euro
Imponibile (I = C / 1,04)
1.923,08 euro
480,77 euro
IVA (I x 4%)
76,92 euro
19,23 euro
Aliquota d’imposta
A prescindere dalla circostanza che la commercializzazione dei prodotti editoriali sia riconducibile all’ambito del regime speciale monofase, l’aliquota IVA per le cessioni dei predetti beni è pari al 4% con alcune esclusioni (es. giornali e periodici pornografici e cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, ai quali si applica l’aliquota ordinaria). Nella tabella seguente è indicata l’aliquota IVA applicabile ai principali beni e servizi riguardanti il settore dell’editoria.
Prodotti sopra indicati su supporti audiomagnetici per non vedenti e ipovedenti (c.d. “disabili visivi”)
4%
n. 18
Giornali e periodici pornografici
Ordinaria
n. 18
Cataloghi diversi da quelli d’informazione libraria
Ordinaria
n. 18
Edizioni musicali a stampa
4%
n. 18
Carte geografiche, inclusi i globi stampati
4%
n. 18
Atti e pubblicazioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
4%
n. 18
Carta per la stampa dei prodotti con aliquota agevolata di cui sopra
4%
n. 35
Composizione, montaggio, duplicazione, legatoria e stampa dei prodotti con aliquota agevolata di cui sopra
4%
n. 18
Materiale tipografico e simile per campagne elettorali se commissionato da candidati, liste, partiti o movimenti di opinione politica
4%
Adempimenti a carico dell’editore
Oltre a essere soggetti agli adempimenti IVA ordinari (es. registrazione degli acquisti, liquidazioni periodiche, ecc.), gli editori sono destinatari di regole specifiche in base al metodo applicato per determinare l’imposta. A titolo esemplificativo:
per il metodo delle copie vendute: entro 15 giorni dal ricevimento della notizia dal distributore, deve essere emessa la fattura o un documento equipollente, senza separata indicazione dell’IVA, in relazione alle cessioni effettuate; in alternativa, le cessioni possono essere annotate sul registro dei corrispettivi (C.M. 24.12.97 n. 328);
per il metodo di forfettizzazione della resa: non è obbligatoria, di regola, l’emissione della fattura; è necessario operare specifiche annotazioni, per ciascuna testata o titolo, in un apposito registro numerato entro il mese successivo a quello in cui è stata effettuata la consegna o spedizione.
Note di variazione
Qualora l’imposta sia stata applicata con il sistema delle copie vendute, è ammessa la possibilità di effettuare le variazioni ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72 nei casi di sopravvenuta restituzione di copie di pubblicazioni già cedute, anche in esecuzione di rapporti di abbonamento, dagli editori ai distributori ovvero ai soggetti che effettuano la vendita al pubblico o ai consumatori finali (C.M. 24.12.97 n. 328). Al pari del citato sistema, anche quello di forfettizzazione della resa permette di operare le variazioni di cui all’art. 26 del DPR 633/72 nella specifica ipotesi di sopraggiunta insolvenza del cliente. La variazione dell’imposta è ammessa nei limiti del rapporto tra l’importo effettivamente a credito dell’editore e quello definitivamente non soddisfatto a seguito della procedura concorsuale rimasta infruttuosa (risposta interpello Agenzia delle Entrate 22.5.2019 n. 155).
Le variazioni previste dall’art. 26 del DPR 633/72 in caso di sopravvenuta insolvenza del cliente sono applicabili anche nell’ipotesi in cui il soggetto passivo, operante nel settore dell’editoria, abbia adottato il criterio della forfetizzazione della resa. Questo metodo, al pari di quello delle copie vendute, non osta all’emissione di una nota di variazione nell’ipotesi in cui l’operazione sia venuta meno per il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali. Sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni cui è giunta l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 22 maggio 2019 n. 155.
Per determinare l’IVA dovuta, gli editori soggetti al “regime speciale monofase” possono optare per una delle metodologie indicate dall’art. 74 comma 1 lett. c) del DPR 633/72. Attraverso il sistema di forfetizzazione della resa, l’imposta viene calcolata sulla base delle copie consegnate o spedite, ridotta di una percentuale forfetaria pari al 70% per i libri e all’80% per i giornali quotidiani e i periodici. Ipotizzando, a mero titolo esemplificativo, che l’editore consegni al distributore 10.000 copie di una rivista del valore di 1 euro, applicando l’abbattimento dell’80%, il corrispettivo sul quale calcolare l’imposta sarebbe pari a 2.000; scorporando l’IVA con aliquota del 4% si otterrebbe l’ammontare dell’imposta dovuta (pari, in questo caso, a 76,92 euro).
Il sistema delle copie vendute, applicabile su opzione dall’editore o per obbligo nelle ipotesi previste dall’art. 74, consta in un metodo analitico che impone di determinare l’imposta sulla base del numero di copie effettivamente vendute.
La questione da cui è originata la risposta a interpello pubblicata ieri dall’Agenzia concerne la facoltà di rettificare in diminuzione l’imposta nell’ambito del regime dell’editoria, in modo particolare laddove il soggetto passivo abbia scelto il criterio di forfetizzazione della resa.
Nel caso di specie una casa editrice (Alfa) affidava la diffusione e distribuzione delle proprie pubblicazioni a una società (Beta), alla quale consegnava le copie in conto vendita in forza di un contratto estimatorio. A seguito della dichiarazione di fallimento di Beta, il credito che Alfa aveva maturato per prodotti editoriali consegnati e mai restituiti veniva ammesso al passivo fallimentare. Nonostante i pagamenti ricevuti dalla procedura, tale credito risultava, in larga parte, definitivamente insoddisfatto, in conseguenza dell’intervenuta omologa del concordato fallimentare. A giudizio di Alfa, tale operazione avrebbe dovuto, quindi, considerarsi sostanzialmente annullata, nei limiti dell’importo non pagato dal distributore. Conseguentemente, attesa la peculiarità del regime applicato, all’editore dovrebbe poter essere concessa la possibilità di recuperare l’imposta corrispondentemente versata.
L’Amministrazione finanziaria sottolinea come la C.M. 23 dicembre 1997 n. 328 ammetta la facoltà di effettuare le variazioni previste ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72 nell’ipotesi in cui l’IVA dovuta dall’editore “sia determinata in base alle copie vendute”. Tuttavia la stessa Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 155/2019, riconosce che, al pari di tale criterio, anche il metodo della forfetizzazione della resa “non presenta caratteristiche tali” da far ritenere inapplicabile la variazione dell’imposta, la quale deve peraltro conseguire, come precisato dalla C.M. n. 328/97, al realizzarsi dei fatti previsti dal citato art. 26, verificabili attraverso la necessaria documentazione probatoria, “anche in assenza di fattura, trattandosi di sistema con tassazione unica alla fonte”.
Al fine di determinare la suddetta variazione è peraltro necessario stabilire un criterio che tenga conto sia dell’imposta effettivamente versata dall’editore sulla base del prezzo di vendita al pubblico, sia del credito corrispondentemente vantato dallo stesso nei confronti del distributore che risulta impossibile recuperare (espresso sulla base di un valore differente dal prezzo di vendita al pubblico). La variazione dell’imposta può dunque ritenersi ammessa nel limite del rapporto fra il credito rimasto definitivamente insoddisfatto e quello originariamente vantato. Nel caso di specie Alfa risultava originariamente creditrice di Beta per 6.206.096,99, mentre il credito “perduto” in via definitiva ammontava a 2.723.428,85. L’editore, secondo l’Agenzia delle Entrate, potrebbe quindi effettuare una variazione in diminuzione per un importo pari al 43,883% (2.723.428,85/6.206.096,99) dell’IVA versata mediante l’applicazione del regime monofase.
In ultimo, nel documento di prassi si ricorda che, al fine di poter esercitare la detrazione sulla maggiore imposta versata, la nota di variazione potrà essere emessa dall’editore, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui è passata in giudicato la sentenza di omologa del concordato, data in cui si è verificato il presupposto per esercitare la variazione in diminuzione.
Operazioni con l’estero
Il trattamento IVA delle operazioni effettuate con l’estero riguardanti i prodotti editoriali è quello descritto in estrema sintesi nella tabella seguente (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23, § 5).
Operazione
Trattamento IVA
Cessioni intracomunitarie
Cessioni non imponibili (non si applica il regime speciale per il commercio di prodotti editoriali).
Acquisti intracomunitari
In presenza di prezzo di vendita al pubblico:per i beni non destinati alla successiva commercializzazione, l’IVA è dovuta dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato;per i beni destinati alla successiva commercializzazione, occorre tenere conto del criterio di determinazione dell’IVA adottato dal cessionario (criterio delle copie vendute o di forfettizzazione della resa). L’IVA è assolta con il meccanismo dell’inversione contabile, ma l’imposta è indetraibile, pertanto, il cessionario non deve effettuare anche l’annotazione nel registro degli acquisti.
In mancanza di prezzo di vendita al pubblico o su opzione, l’acquisto è equiparato a quello di qualsiasi altro bene e soggetto alle ordinarie disposizioni e agli adempimenti per gli acquisti intracomunitari.
Importazioni
L’IVA è riscossa in dogana, in base al prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato. Se i prodotti editoriali sono importati per la successiva commercializzazione, il valore in dogana può essere ridotto della percentuale di resa forfettaria del 50% (se applicabile).
Esportazioni
Cessioni all’esportazione non imponibili (non si applica il regime speciale per il commercio di prodotti editoriali).
Libri acquistati all’estero su commissione di enti di formazione o ricerca
Sono soggetti ad IVA con l’applicazione, di regola, del regime monofase in esame, gli acquisti di libri presso fornitori UE o extra-UE da parte di una società italiana su commissione di enti di cui all’art. 2 co. 5 lett. g-bis) della L. 128/2011 come, per esempio, i centri di formazione legalmente riconosciuti (risposta interpello Agenzia delle Entrate 8.2.2019 n. 31).
Prodotti editoriali elettronici
Ai fini IVA, la cessione dei prodotti editoriali elettronici (es. gli e-book) presenta le seguenti peculiarità (circ. Agenzia delle Entrate 24.7.2014 n. 23, § 6):
costituisce una prestazione di servizi elettronici;
non rientra nel campo di applicazione del regime dell’editoria previsto dall’art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72;
è soggetta all’aliquota del 4%, per quanto concerne giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici identificati da codice ISBN o ISSN e veicolati attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica (art. 1 co. 667 della L. 23.12.2014 n. 190 e circ. Agenzia delle Entrate 18.5.2016 n. 20).
L’aliquota IVA del 4% (n. 18 della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72) è applicabile anche all’abbonamento a una banca dati bibliografica, le cui funzionalità di ricerca non costituiscono un valore aggiunto per il consumatore, che mette a disposizione prodotti editoriali aventi le caratteristiche di giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzia di stampa, libri e periodici, muniti di codice ISBN o ISSN (ris. Agenzia delle Entrate 28.9.2017 n. 120). L’aliquota IVA agevolata prevista dal legislatore nazionale per i prodotti editoriali elettronici era in contrasto con la normativa europea. L’art. 98 par. 2 della direttiva 2006/112/CE, infatti, escludeva espressamente che i servizi prestati in via elettronica potessero essere assoggettati a un’aliquota ridotta. La Corte di Giustizia dell’UE, per questo motivo, aveva censurato misure agevolative similari esistenti in altri Stati membri (Corte di Giustizia UE 5.3.2015 causa C-479/13; ;Corte di Giustizia UE 5.3.2015 causa C-502/13 e ;Corte di Giustizia UE 7.3.2017 causa C-390/15). La descritta incompatibilità con la normativa UE è da ritenere però superata, in quanto il Consiglio dell’UE ha adottato una direttiva che modifica, fra l’altro, gli artt. 98 e 99 della direttiva 2006/112/CE consentendo agli Stati membri di assoggettare ad aliquota IVA ridotta anche libri, giornali e periodici forniti per via elettronica (direttiva 6.11.2018 n. 1713/2018/UE).
Secondo quanto previsto dal n. 18 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, si applica l’aliquota IVA del 4% per le cessioni di:
giornali e notiziari quotidiani (prodotti che si caratterizzano per il requisito della cadenza quotidiana che soddisfino il requisito della registrazione presso il competente Tribunale);
dispacci delle agenzie di stampa (prodotti consistenti nell’invio giornaliero di informazioni desunte dalla stampa quotidiana e/o periodica);
libri (intendendo per tali tutti i lavori dell’arte libraria di qualsiasi dimensione, anche se solo illustrati o di carattere informativo, che si caratterizzano per avere una funzione divulgativa e scientifica);
periodici (intendendo per tali i prodotti editoriali, registrati come pubblicazioni ai sensi della L. 47/48, che presentano il requisito della cadenza periodica ed hanno contenuto divulgativo);
edizioni musicali a stampa;
carte geografiche, inclusi i globi stampati.
Inoltre, l’aliquota del 4% riguarda:
la carta occorrente per la stampa dei prodotti editoriali di cui sopra e degli atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
il materiale tipografico e simile attinente alle campagne elettorali se commissionato dai candidati o dalle liste degli stessi o dai partiti o dai movimenti di opinione politica.
Sono incluse nell’aliquota del 4% tutte le precedenti pubblicazioni anche in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti. L’aliquota del 4% si rende applicabile alle cessioni di tali beni anche se non acquistati direttamente dai soggetti non vedenti o ipovedenti, purché siano destinati ad essere utilizzati dai medesimi (circ. 1/E/2001, § 2.3.9).
Esclusioni
Sono espressamente esclusi dall’applicazione dell’aliquota ridotta:
i giornali e i periodici pornografici, intendendosi per tali i prodotti di carattere osceno vietati ai minori (di anni 16) e, in generale, i prodotti per la cui vendita, ai sensi della L. 355/75, i titolari e gli addetti a rivendita di giornali e riviste sono stati esonerati da responsabilità penali, purché gli stessi non siano esposti in modo da renderli immediatamente visibili al pubblico;
i cataloghi (intendendo per tali i prodotti editoriali costituiti da elenchi di beni e di prezzi o da comunicazioni di natura commerciale o da depliants o da opuscoli e simili aventi funzione meramente pubblicitaria e promozionale), fatta eccezione per i cataloghi di informazione libraria.
Editoria digitale
Ai sensi dell’art. 1 co. 667 della L. 190/2014, modificato con L. 208/2015, rientrano nell’ambito di applicazione dell’aliquota IVA del 4%, in quanto assimilati a giornali, notiziari quotidiani, dispacci, libri e periodici:
tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN;
veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.
Il “contenuto digitalizzato di libri e altre pubblicazioni elettroniche” si considerano come prestazioni di servizi elettronici (Allegato I al regolamento UE 282/2011). È condizione necessaria, ai fini dell’aliquota del 4%, che il prodotto editoriale abbia le caratteristiche distintive tipiche di uno dei prodotti di cui al n. 18 della Tabella A, Parte II (giornali, libri, periodici, ecc.), non essendo sufficiente l’identificazione mediante codice ISBN o ISSN (circ. 20/E/2016). La richiamata disposizione (art. 1 co. 667 della L. 190/2014) non risultava in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria (cfr. Corte di Giustizia UE 7.3.2017 causa C-390/15, RPO e Corte di Giustizia UE cause C-479/13 e C-502/13). Con l’approvazione della direttiva 2018/1713/UE, tale disallineamento è stato superato.
Banche dati editoriali
L’aliquota del 4% si applica anche alla messa a disposizione on line, mediante l’utilizzo di siti web ovvero piattaforme elettroniche (es. banche dati bibliografiche on line, biblioteche on line), di prodotti editoriali aventi le caratteristiche di giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici, muniti di codice ISBN o ISSN (circ. 20/E/2016, ris. 120/E/2017, risposta a interpello 69/E/2019).
Chiavi di accesso
Nella circ. 23/E/2014 (§ 6), è stato precisato che si applica l’aliquota IVA del 4%, prevista per i prodotti editoriali, anche alle cessioni di libri cartacei che all’interno contengono una chiave di accesso mediante la quale l’acquirente del prodotto cartaceo può acquisire, tramite collegamento a portale internet, copia in formato elettronico del libro cartaceo già acquistato, ovvero aggiornamenti dello stesso. In questa circostanza, infatti, la vendita del libro si qualifica come “cessione di beni”. Non si applica l’aliquota ridotta se l’acquirente è tenuto a pagare uno specifico corrispettivo per l’aggiuntivo servizio elettronico.
Supporti integrativi
Il DL 63/2013, con effetti sui prodotti consegnati o spediti dall’1.1.2014, ha esteso la possibilità di fruire del regime speciale per l’editoria anche ai supporti integrativi ceduti unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università. A norma dell’art. 74 co. 1 lett. c) del DPR 633/72, per supporti integrativi si intendono “i nastri, i dischi, le videocassette e gli altri supporti sonori, videomagnetici o digitali ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione, unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, ivi inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che, per il loro contenuto, non siano commercializzabili separatamente”. Come indicato nella circ. 23/E/2014 (§ 4.2.2), per applicarsi l’aliquota del 4% prevista per le cessioni di prodotti editoriali, il supporto integrativo “deve avere carattere di complementarità rispetto al prodotto editoriale cui è abbinato. Tale circostanza può dirsi verificata, ad esempio, quando il supporto integra ed esplica una funzione illustrativa o didattica degli argomenti contenuti nel libro scolastico e l’acquirente del libro scolastico o universitario cartaceo non paghi uno specifico corrispettivo per acquisire la disponibilità dei contenuti digitali integrativi”. Nell’ipotesi in cui, invece, il contenuto digitale integrativo sia fruibile esclusivamente “on line” ovvero “scaricabile” da Internet, la fornitura del contenuto digitale integrativo è qualificabile come servizio prestato per via elettronica. Pertanto, in presenza di un corrispettivo per tale tipologia di servizio, la relativa operazione è soggetta ad IVA con aliquota ordinaria.
Beni ceduti congiuntamente ai prodotti editoriali
Nell’ipotesi di beni, che non possano qualificarsi come “supporti integrativi” come sopra individuati, ceduti congiuntamente ad uno dei prodotti editoriali cartacei di cui al n. 18 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, l’IVA si applica con l’aliquota di ciascuno dei beni ceduti ai sensi dell’art. 74 co. 1 lett. c) sesto periodo del DPR 633/72, anche sussistendo le condizioni per il regime speciale dell’editoria (perché i beni sono ceduti con confezione unitaria e prezzo indistinto e il costo del bene non è superiore al 50% dell’intera confezione). Dunque, si applica l’aliquota del 4% per il prodotto editoriale cartaceo e l’aliquota propria del bene ceduto anche gratuitamente in abbinamento al giornale quotidiano, periodico o libro (cfr. Portale R. “Imposta sul valore aggiunto”, Giuffrè, 2018, p. 2030).
Prestazioni di servizi
Il n. 35 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, dispone l’aliquota IVA del 4% anche per le prestazioni relative alla composizione, al montaggio, alla duplicazione, alla legatoria e alla stampa dei prodotti editoriali di cui sopra, inclusi quelli in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti. Si tratta dunque delle prestazioni relative a giornali e notiziari quotidiani, libri, periodici (esclusi i giornali e i periodici pornografici e i cataloghi diversi da quelli di informazione libraria), edizioni musicali a stampa, carte geografiche, atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
CORRISPETTIVI TELEMATICI – ESONERO MEMORIZZAZIONE E TRASMISSIONE (TEMPORANEA)
Art. 1 – Operazioni esonerate dall’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri
1.
In fase di prima applicazione, l’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, non si applica: a) alle operazioni non soggette all’obbligo di certificazione dei corrispettivi, ai sensi dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, e successive modificazioni e integrazioni, e dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 13 febbraio 2015 e 27 ottobre 2015; b) alle prestazioni di trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli e bagagli al seguito, con qualunque mezzo esercitato, per le quali i biglietti di trasporto, compresi quelli emessi da biglietterie automatiche, assolvono la funzione di certificazione fiscale; c) fino al 31 dicembre 2019, alle operazioni collegate e connesse a quelle di cui alle lettere a) e b) nonche’ alle operazioni di cui all’art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, effettuate in via marginale rispetto a quelle di cui alle lettere a) e b) o rispetto a quelle soggette agli obblighi di fatturazione ai sensi dell’art. 21 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Sono considerate effettuate in via marginale le operazioni i cui ricavi o compensi non sono superiori all’uno per cento del volume d’affari dell’anno 2018; d) alle operazioni effettuate a bordo di una nave, di un aereo o di un treno nel corso di un trasporto internazionale.
2.
Le operazioni di cui al comma 1 continuano ad essere annotate nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Per le operazioni di cui alle lettere c) e d) del medesimo comma 1 resta fermo l’obbligo di documentazione mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, con l’osservanza delle relative discipline.
3.
I soggetti che effettuano le operazioni di cui al comma 1 possono comunque scegliere di memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente i dati dei corrispettivi giornalieri di tali operazioni.
ENTRO IL 15 DEL MESE SUCCESSIVO ALLA DATA DI EMISSIONE PER LE FATTURE EMESSE (agg. articolo al 03-10-2019)
In linea generale, i soggetti passivi IVA annotano le fatture emesse sul registro delle vendite ai sensi dell’art. 23 del DPR 633/72. Alternativamente, i commercianti al minuto e i soggetti assimilati ai sensi dell’art. 22 del DPR 633/72 possono registrare le fatture eventualmente emesse sul registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del DPR 633/72. È prevista la possibilità di istituire registri sezionali per l’annotazione delle fatture, cui si aggiunge un registro riepilogativo contenente i risultati di tutti i sezionali. In alcuni casi, l’istituzione di detti registri è, di fatto, obbligatoria.
Procedura di registrazione
Ai sensi dell’art. 23 del DPR 633/72 (modificato dal DL 119/2018), le fatture devono essere annotate sull’apposito registro secondo l’ordine della numerazione e con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.
Tale riferimento temporale è necessario ai fini delle liquidazioni IVA periodiche, nell’ambito delle quali occorrerà tenere conto dell’imposta divenuta esigibile nel periodo di riferimento.
Dati della registrazione
Ai sensi dell’art. 23 co. 2 del DPR 633/72, per ciascuna fattura devono essere indicati:
il numero progressivo;
la data di emissione del documento;
l’ammontare imponibile e l’imposta, distinti secondo l’aliquota applicata (per le operazioni imponibili) o il titolo di inapplicabilità dell’imposta, ed eventualmente la relativa norma se indicata in fattura (per le operazioni non soggette, esenti o non imponibili di cui ai commi 6 e 6-bis dell’art. 21 del DPR 633/72);
le generalità del cessionario o committente (ditta, denominazione, ragione sociale, ecc., ovvero il nome e il cognome se si tratta di un privato).
Non sussiste l’obbligo di indicare le somme che, pur essendo incluse nella fattura, non concorrono al calcolo della base imponibile; tuttavia, è consigliabile provvedere alla loro annotazione distinta.
Nell’ipotesi in cui sia stata emessa fattura semplificata ai sensi dell’art. 21-bis del DPR 633/72, la stessa può essere registrata riportando la sola indicazione del numero di partita IVA o del codice fiscale del cessionario o committente, in luogo della ditta, denominazione o ragione sociale (circ. 18/E/2014).
Termini di registrazione
I termini di registrazione delle fatture emesse variano a seconda della modalità di fatturazione utilizzata (immediata, differita, ecc.) e al tipo di operazione effettuata.
In caso di omessa, tardiva o infedele registrazione si applica la sanzione nella misura prevista dall’art. 6 del DLgs. 471/97.
Fatture immediate
A partire dal 24.10.2018, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 12 del DL 119/2018, le fatture emesse sono annotate, nell’ordine della loro numerazione, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione.
In base alla disciplina previgente, invece, le fatture immediate dovevano essere annotate, nell’ordine della loro numerazione, entro quindici giorni dalla loro spedizione o consegna alla controparte, con riferimento alla data di emissione.
La novità normativa “va letta alla luce dei principi generali dell’ordinamento, tra cui quello di tenuta di un’ordinata contabilità, così che numerazione e registrazione dovranno sempre consentire di rinvenire con chiarezza il mese di riferimento (ossia di effettuazione dell’operazione) cui la fattura inerisce ed in relazione al quale sarà operata la liquidazione dell’imposta” (circ. 14/E/2019, § 3.2). Per effetto dei nuovi termini di emissione e registrazione delle fatture può accadere, ad esempio, che la fattura relativa a un’operazione di settembre sia emessa e registrata dopo una fattura relativa a un’operazione di ottobre. In tali ipotesi, i principi citati impongono che la fattura relativa al mese di settembre possa essere distinta da quelle emesse ad ottobre nelle more della registrazione. Il soggetto passivo è libero di scegliere la modalità per ottemperare all’obbligo (es. adottare una specifica codifica che consenta l’imputazione corretta dell’imposta nel periodo di riferimento, istituire registri sezionali, ecc.).
Richiamando l’esempio fornito dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 14/2019, si ipotizzi che l’operazione sia stata effettuata in data 28.9.2019 (es. data del pagamento della prestazione di servizi):
la fattura viene emessa l’8.10.2019 (rispettando il termine di 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione);
il documento deve essere registrato entro il 15.10.2019, con riferimento al mese precedente (settembre), concorrendo alla relativa liquidazione dell’IVA (ad esempio, per i contribuenti che liquidano l’imposta su base mensile, entro il 16.10.2019 con riferimento al mese di settembre).
La data della fattura da indicare nel registro delle vendite potrà essere quella riportata nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica, coerente con l’effettuazione dell’operazione, l’esigibilità dell’imposta e la relativa liquidazione. Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate, ciò sarà possibile anche nell’ipotesi di fattura cartacea o di fattura elettronica “extra SdI” (circ. 14/E/2019, § 3.2). Si ritiene, perciò, che anche per le fatture non trasmesse al SdI debba essere indicata, nel registro, la data del documento, purché corrisponda a quella di effettuazione dell’operazione.
In caso di avvenuta registrazione con successivo scarto del documento da parte del SdI saranno necessarie le conseguenti rettifiche, posto che la fattura si considera non emessa.
Fatture differite
Nulla cambia, per effetto del DL 119/2018, con riguardo ai termini di registrazione, per le fatture differite emesse a norma dell’art. 21 co. 4 terzo periodo, lett. a), c) e d) del DPR 633/72 per le quali era già previsto che l’annotazione avvenisse entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione (ossia entro il termine di emissione della fattura differita) e con riferimento al mese di effettuazione.
Con riguardo alle fatture di cui all’art. 21 co. 4 lett. b) del DPR 633/72 (emesse dal secondo cedente nell’ambito di operazioni triangolari), il DL 119/2018 specifica che la registrazione è effettuata entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione, con riferimento al medesimo mese di emissione.
Utilizzo congiunto dei sistemi di fatturazione immediata e differita
Se il soggetto passivo IVA utilizza sia la fatturazione immediata che la fatturazione differita e non è in grado di rispettare l’annotazione cronologica, le fatture relative a ciascun sistema devono essere numerate distintamente e registrate su due diversi registri o sezionali (C.M. 31.10.74 n. 42). Ciò non si applica se il soggetto è in grado di rispettare, in sede di registrazione, la progressione cronologica unica (R.M. 28.10.77 n. 360056).
Fatture ad esigibilità differita
Le fatture ad esigibilità differita emesse all’atto di effettuazione dell’operazione ai sensi dell’art. 6 co. 5 del DPR 633/72 sono soggette ai termini ordinari di registrazione. Le stesse dovranno essere evidenziate nel registro delle vendite, o in specifici registri sezionali, in modo da essere contabilizzate ai fini della liquidazione del periodo in cui si verifica l’esigibilità dell’imposta (ossia all’atto del pagamento del corrispettivo), fatta salva la facoltà di applicare le regole ordinarie in materia di esigibilità IVA.
Registrazione riepilogativa Le fatture di importo inferiore a 300 euro emesse nel corso dello stesso mese possono essere annotate cumulativamente, ai sensi dell’art. 6 co. 1 del DPR 695/96, mediante l’emissione di un documento riepilogativo, da registrarsi entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni. In tal caso, sul registro andranno distinti l’imponibile e l’imposta in base all’aliquota applicabile .
Casi particolari
L’art. 1 del DM 18.11.76 prevede che gli obblighi di fatturazione e registrazione possano essere assolti entro il mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione nell’ipotesi di:
operazioni effettuate da imprese a mezzo di sedi secondarie o altre dipendenze che non provvedono direttamente all’emissione e alla registrazione delle fatture;
operazioni effettuate da imprese, fuori dalla loro sede, tramite propri dipendenti ovvero ausiliari o intermediari;
cessioni di beni effettuate nell’ambito di un contratto estimatorio;
passaggi di beni dal committente al commissionario.
Specifiche regole di registrazione sono altresì previste per le operazioni effettuate da autotrasportatori per conto terzi, i quali possono annotare le fatture di vendita entro il trimestre solare successivo all’emissione del documento, con riferimento al mese di registrazione.
I richiamati termini speciali non dovrebbero subire variazioni per effetto della modifica del termine ordinario di registrazione delle fatture di cui all’art. 23 co. 1 del DPR 633/72 ad opera del DL 119/2018.
Reverse charge
In caso di operazioni interne soggette all’applicazione del reverse charge ai sensi dell’art. 17 co. 5 e 6 del DPR 633/72, la fattura viene emessa dal cedente o prestatore, senza applicazione dell’IVA e con l’annotazione “inversione contabile”; mentre il cessionario o committente è tenuto a integrare la fattura indicando l’aliquota e l’imposta.
Per il cedente o prestatore tale fattura è annotata secondo le regole ordinarie.
Il cessionario o committente, invece, è tenuto a registrare la fattura così integrata:
sul registro delle vendite, entro il mese di ricevimento, ovvero successivamente, ma comunque entro 15 giorni dalla data di ricevimento, con riferimento a quest’ultima;
sul registro degli acquisti di cui all’art. 25 del DPR 633/72.
Cessioni di beni e prestazioni di servizi verso soggetti UE
La fattura relativa a una cessione intracomunitaria viene emessa dal soggetto IVA entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, indicando, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile. Ai sensi degli artt. 46 co. 2 e 47 co. 4 del DL 331/93, tale fattura dovrà essere annotata sul registro delle vendite entro il termine di emissione (il giorno 15 del mese successivo all’effettuazione) con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione:
distintamente rispetto alle fatture interne;
secondo l’ordine progressivo della numerazione.
Per le prestazioni di servizi generiche effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA stabiliti in altro Stato membro possono applicarsi le medesime regole, nonché i medesimi termini di registrazione (cfr. art. 21 co. 4 lett. c) e art. 23 co. 1 del DPR 633/72).
Autofatture
L’autofattura emessa dal cessionario o committente ai sensi dell’art. 17 co. 2 del DPR 633/72, per l’acquisto realizzato in Italia di beni o servizi presso operatori extra-UE, deve essere:
annotata sul registro delle vendite (o dei corrispettivi) entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
annotata sul registro degli acquisti, entro gli ordinari termini per l’esercizio del diritto alla detrazione (circ. 37/E/2011).
La registrazione delle autofatture può essere effettuata anche mediante l’utilizzo di un unico registro sezionale, ovvero di un blocco sezionale unico, con relativa adozione di una distinta serie di numerazione, sempre nel rispetto dell’ordine progressivo delle operazioni. Tale registro assume il duplice ruolo di registro delle vendite e di registro degli acquisti.
Anche in presenza di un’unica annotazione, tuttavia, nelle liquidazioni e nelle dichiarazioni devono essere valorizzate distintamente sia l’imposta a debito che l’imposta a credito relative a tali operazioni.
Le autofatture emesse ai sensi dell’art. 46 co. 5 del DL 331/93, ai fini della regolarizzazione, devono essere annotate entro il termine della loro emissione (ossia entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione) e con riferimento al mese precedente l’emissione del documento.
Annotazione sul registro dei corrispettivi
In alternativa all’annotazione sul registro delle vendite, i commercianti al minuto e i soggetti assimilati di cui all’art. 22 del DPR 633/72 possono registrare gli importi dei corrispettivi (e delle relative imposte) certificati mediante fattura o autofattura nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del medesimo decreto.
È altresì opportuno che la registrazione delle fatture emesse sia effettuata indicando il numero iniziale e quello finale ad esse attribuito, riportando sul registro la dicitura: “comprese le fatture dal n. … al n. …” (C.M. 15.1.73 n. 3).
L’annotazione deve essere eseguita separatamente, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo.
In caso di operazioni non imponibili, esenti o fuori campo IVA, per le quali l’art. 21 co. 6 e 6-bis del DPR 633/72 impone di emettere fattura, gli importi devono essere annotati distintamente per ciascuna tipologia di operazione.
In caso di utilizzo della fatturazione differita, tali soggetti sono tenuti a istituire anche il registro delle fatture emesse, ex art. 23 del DPR 633/72.
Registrazione su supporti meccanografici
Laddove il soggetto IVA utilizzi macchine elettrocontabili o si avvalga di centri di elettrocontabili gestiti da terzi, possono applicarsi i più ampi termini di registrazione previsti dal DM 11.8.75, annotando le fatture entro 60 giorni dalla data di effettuazione delle operazioni, ferma restando la loro contabilizzazione nella liquidazione relativa al mese di effettuazione delle stesse.
Un’impresa in contabilità semplificata, con opzione per la presunzione “registrato = pagato”, a dicembre 2019 ha ricevuto tramite SdI una serie di fatture d’acquisto. È intenzione del titolare annotare alcune fatture datate dicembre 2019 nel mese di gennaio al fine di dedurre il relativo costo nel 2020. È possibile tale comportamento?
Ai fini IVA le fatture d’acquisto vanno annotate anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno. Risulta quindi possibile “posticipare” ai mesi successivi, rispetto a quello di ricevimento, l’annotazione delle fatture d’acquisto. Nel particolare caso in cui il “differimento” dell’annotazione comporta la registrazione nel 2020 di fatture relative ad operazioni 2019 ricevute entro il 31.12.2019, è necessario provvedere, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 17.1.2018, n. 1/E, alla predisposizione di un apposito sezionale. Ai fini delle imposte sui redditi, per un’impresa in contabilità semplificata con l’opzione per la presunzione “registrato = pagato”, l’annotazione della fattura nel mese di gennaio 2020 determina l’imputazione del relativo costo in tale anno (come voluto, nel caso di specie, dal contribuente).
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La società [ALFA], di seguito istante, ha esposto quanto qui sinteticamente riportato.
L’istante, nello svolgimento della propria attività alberghiera con ristorante, ha sempre documentato i corrispettivi percepiti mediante emissione di ricevute o scontrini fiscali.
L’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 dispone, a partire dal 1° gennaio 2020, l’obbligo di memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente i corrispettivi all’Agenzia delle entrate, obbligo anticipato al 1° luglio 2019 per i contribuenti con volume d’affari superiore a 400.000 euro. Al riguardo pone il problema di come certificare le prestazioni rese nei confronti di clienti che prenotano il soggiorno e versano il corrispettivo tramite un’agenzia di viaggi (nazionale o estera), poiché al momento dell’ultimazione del soggiorno il cliente non corrisponde alcun importo.
A seguito di specifica richiesta di elementi integrativi, l’istante ha precisato che le agenzie di viaggio, alternativamente:
prenotano il soggiorno in nome e per conto del cliente, il quale versa il corrispettivo del servizio ricevuto al termine del soggiorno;
acquistano la disponibilità di una o più camere per un certo periodo e, all’atto della prenotazione, comunicano il nominativo del cliente cui è destinata la camera.
Nel primo caso l’istante certifica le prestazioni alberghiere e di ristorazione direttamente al cliente da cui incassa il corrispettivo.
Nel secondo caso, invece, il cliente paga direttamente all’istante solo gli eventuali servizi extra, mentre l’importo per le prestazioni alberghiere e di ristorazione è corrisposto dalle agenzie di viaggio. Pertanto, l’istante certifica al cliente solo i corrispettivi per i servizi extra, mentre il soggiorno e la ristorazione sono certificate alle agenzie di viaggio al momento del pagamento, che ha luogo nei termini previamente concordati.
In tale evenienza, al termine del soggiorno l’istante è solito emettere:
nei confronti delle agenzie di viaggio italiane una fattura;
nei confronti delle agenzie di viaggio estere una “ricevuta fiscale provvisoria con la dicitura corrispettivo non pagato (ricevuta che non viene registrata a corrispettivi)” e, all’atto del pagamento “un’altra ricevuta per l’importo incassato … registrata a corrispettivi”.
Atteso che, secondo l’istante, i nuovi misuratori fiscali memorizzano e trasmettono telematicamente i dati dei corrispettivi ma non consentono di distinguere tra importo pagato e importo non pagato, l’istante chiede come gestire i “sospesi” senza incorrere in irregolarità.
Con documentazione integrativa l’istante ha posto, infine, il medesimo dubbio circa la gestione dei “sospesi” con riferimento ai clienti abituali che usano frequentare il ristorante e saldare il corrispettivo a scadenze stabilite o a fine mese.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, considerato che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA), l’istante ritiene possibile:
rilasciare alle agenzie di viaggio, al termine del soggiorno dei clienti dalle medesime inviati, un “documento commerciale di cortesia che evidenzi l’importo totale speso e il dettaglio dei servizi ricevuti (giorni di soggiorno, pasti e bevande consumate ecc)”, senza tuttavia memorizzare alcun importo sul misuratore fiscale;
al ricevimento del pagamento (totale o parziale) “memorizzare e inviare tramite il misuratore fiscale un corrispettivo pari all’importo incassato e contestualmente produrre il corrispondente scontrino commerciale emesso dallo stesso misuratore fiscale da rilasciare all’agenzia.”.
In alternativa, l’istante ritiene di potere rilasciare all’agenzia di viaggio “una fattura proforma per l’importo totale delle prestazioni da non inviare tramite SDI e poi al ricevimento del pagamento emettere fattura definitiva questa volta da inviarsi tramite SDI e comprendere nella liquidazione IVA di quel mese”.
L’istante ritiene idonea la soluzione sub 1) anche con riferimento al caso dei clienti abituali che pagano le prestazioni a scadenze prestabilite o a fine mese.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 6 del decreto IVA, ai commi 3 e 4, dispone che “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo. Quelle indicate nell’articolo 3, terzo comma, primo periodo, si considerano effettuate al momento in cui sono rese, ovvero, se di carattere periodico o continuativo, nel mese successivo a quello in cui sono rese.
Se anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nei precedenti commi o indipendentemente da essi sia emessa fattura, o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data della fattura o a quella del pagamento.“.
L’articolo 22, primo comma, del decreto IVA dispone che “L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione… per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi…“. Quando, tuttavia, il servizio è destinato ad un soggetto passivo che lo acquista per lo svolgimento della sua attività l’operazione va documentata con fattura.
Pertanto, con riferimento al caso prospettato, quando le prestazioni sono acquistate direttamente dal cliente cui sono rese, anche se per il tramite delle agenzie che gestiscono la prenotazione, l’operazione va certificata in conformità a quanto disposto dall’articolo 22 del decreto IVA e, quindi:
fino al 31 dicembre 2019 mediante emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale di cui all’articolo 12, comma 1 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696;
dal 1° gennaio 2020 – termine anticipato al 1° luglio 2019 per i soggetti con volume d’affari superiore a 400.000 euro – con la memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, nonché con l’emissione del documento commerciale.
Resta salva in ogni caso la possibilità per il cliente di richiedere la fattura, da emettere tramite SdI e con obbligo di rilascio di una copia in formato analogico salvo rinuncia da parte del cliente medesimo. Va da sé che nell’ipotesi sopra richiamata con il medesimo documento potranno essere certificati il servizio alberghiero e di ristorazione ed i servizi aggiuntivi resi al cliente.
Quando, invece, i servizi sono acquistati dalle agenzie di viaggio in nome proprio per essere poi ceduti ai clienti fruitori, il corrispettivo deve essere documentato con fattura. Al riguardo si ricorda che, stante la particolare tipologia di servizi resi dall’istante, per i quali l’articolo 7-quater, comma 1, del decreto IVA prevede che “In deroga a quanto stabilito dall’articolo 7-ter, comma 1, si considerano effettuate nel territorio dello Stato:
[…]
c) le prestazioni di servizi di ristorazione e di catering diverse da quelle di cui alla successiva lettera d), quando sono materialmente eseguite nel territorio dello Stato;”., per conto dei clienti le prestazioni”, l’operazione è imponibile sia quando l’agenzia acquirente è residente sia quando non è residente.
In particolare, al momento del pagamento (anche parziale) del corrispettivo, va emessa:
fattura elettronica tramite SdI nei confronti di tutte le agenzie di viaggio residenti o stabilite nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 127 del 2015;
fattura ordinaria (cartacea e/o elettronica) nei confronti delle agenzie non residenti, con l’obbligo di tracciare l’operazione mediante il cd “esterometro”, salvo in ogni caso la possibilità di accordarsi con il destinatario per l’emissione tramite SdI al fine di ovviare all’esterometro.
Per rendicontare alle agenzie di viaggio i servizi resi al fine del pagamento del corrispettivo l’istante può utilizzare una fattura pro-forma o altro documento similare, compreso il documento commerciale con la dicitura “corrispettivo non riscosso”. In tale evenienza, come già chiarito in altre occasioni (cfr. risposta ad interpello n. 419 pubblicata il 23 ottobre 2019), confluendo tale dato tra i corrispettivi inviati all’Agenzia, e stante la rilevanza ai fini IVA dei corrispettivi relativi ai servizi solo al momento del loro incasso o, se antecedente, della loro fatturazione, tale principio sarà tenuto presente in caso di disallineamento tra i dati trasmessi telematicamente e l’imposta liquidata periodicamente.
Quanto, infine, all’ipotesi dei clienti abituali che usano pagare il corrispettivo dei servizi ricevuti con cadenze prestabilite o a fine mese, vale quanto sopra già chiarito, nel senso che ogni singolo servizio va tracciato mediante emissione di un documento commerciale con la dicitura “corrispettivo non riscosso”, mentre al momento dell’incasso va emesso un documento commerciale che riepiloghi l’ammontare dei servizi resi ovvero, se richiesta, una fattura riepilogativa.
IVA Non detraibile al 100% Costo Deducibile al 100% se sporadico
Nel silenzio della prassi ufficiale, è stato osservato che, relativamente a tale fattispecie, i limiti previsti dalla lett. b) del co. 1 dell’art. 164 del TUIR non dovrebbero trovare applicazione con riferimento alle spese sostenute in relazione a contratti di noleggio con conducente, poiché, nonostante il nome della fattispecie possa richiamare lo schema contrattuale del noleggio, nel caso di specie pare corretto ritenere che non ci si trovi di fronte ad un accordo negoziale riconducibile al novero dei contratti di noleggio (il cui oggetto principale è la messa a disposizione del bene a favore dell’utilizzatore), quanto piuttosto al novero dei contratti di trasporto di persone (il cui oggetto principale consiste nell’obbligo del conducente di trasferire persone e relativi bagagli da un luogo ad un altro) (cfr. Cerato S., Popolizio G. “Attività di noleggio con conducente”, Corriere Tributario, 48, 1999, p. 3609).
È stato rilevato che tale considerazione pare condivisibile solo a condizione che, con riferimento alla fattispecie concreta, possa essere effettivamente ritenuta prevalente la causa di trasporto sulla causa della messa a disposizione del bene. In termini esemplificativi:
se in relazione a un contratto di noleggio con conducente che prevede la disponibilità di una vettura con conducente per una determinata giornata, o comunque per un numero di giornate limitato, può in effetti evincersi la prevalenza della causa del trasporto di persone su quella della disponibilità del bene;
viceversa, in relazione a un contratto di noleggio con conducente di durata prolungata, svincolato da esigenze di trasporto contingenti in stretta dipendenza delle quali l’accordo è stipulato, pare tornare a prevalere la causa della disponibilità del bene su quella del trasporto.
In questo secondo caso, ai fini di quanto previsto dalla lett. b) del co. 1 dell’art. 164 del TUIR, parrebbe corretto assimilare il noleggio con conducente a un’ipotesi di noleggio “full service” e quindi:
considerare il costo complessivo deducibile solo nella misura percentuale ammessa dalla richiamata disposizione;
inoltre, applicare i limiti al riconoscimento fiscale delle spese sostenute per canoni di noleggio, ferma restando la possibilità di applicare detto limite solo con riferimento alla componente del costo complessivo rappresentata dal mero noleggio del veicolo (purché detta componente risulti specificamente quantificata a parte).
Domanda
Detraibilità dell’IVA relativa ai costi di trasporto di clienti con servizio di NCC (noleggio con conducente) in occasione di visite agli stabilimenti produttivi.Risposta
L’art. 19-bis1, art. 1 lettera e, sancisce che l’imposta sul trasporto di persone è indetraibile, salvo che non rientrino nell’oggetto proprio dell’impresa. Nel caso proposto dall’istante, vi è un’indetraibilità di tipo oggettivo sull’IVA relativa al trasporto delle persone pertanto, anche se tali spese sono state sostenute in occasione di visite agli stabilimenti produttivi l’imposta non è detraibile poiché si prescinde dalla destinazione effettiva dei servizi medesimi. La risoluzione ministeriale n° 361729 del 10 novembre 1979 riconosce la detraibilità dell’IVA sul trasporto di persone nella particolare circostanza in cui vi è un contratto di appalto stipulato tra un’impresa ed il vettore. Nel caso prospettato si precisa che i dipendenti trasportati pagavano un corrispettivo determinato forfettariamente per poter usufruire del servizio. Alla luce di quanto esposto e considerando l’assenza di altre sentenze o risoluzioni si può affermare che l’IVA relativa al trasporto di persone così come prospettata dall’istante è indetraibile.
Le causali precaricate che gestiscono la casistica sono: 034 – IMPORTAZIONE UE 033 – ACQUISTO UE X REGISTRO VEND.
Prerequisito essenziale è che sul Fornitore sia indicato come Comune lo Stato estero di appartenenza.
La causale prevede l’inserimento dei dati relativi al modello Intrastat (ammontare, natura transazione, nomenclatura/codice servizio, ecc.) tramite il tasto Intra sulla registrazione di Prima nota.
Al salvataggio della Causale – 034 verrà proposta la registrazione fittizia per il registro delle vendite (Causale – 033) e la prima volta viene proposta la creazione del Cliente con il nominativo del Fornitore.
Nota Bene: sull’acquisto è necessario indicare il Codice Iva – 322 (IVA 22% PER ACQUISTI INTRA-UE) mentre sulla registrazione fittizia deve indicare il Codice Iva – 222 (IVA 22% VENDITE INTRA-UE FITTIZIA). Per distinguere l’acquisto di Beni da quello dei Servizi è necessario utilizzare rispettivamente il Codice Bene – 001 per l’acquisto di beni e 017 per gli acquisti di Servizi Esteri.
In allegato le immagini delle causali contabili/codici iva/categorie di bene da utilizzare.
Entro la fine del mese prox deve essere inviato esterometro
Importazione intracee – causale 034 acquisti beni o servizi categoria beni 001 servizi 017. Codice Iva – 322 (IVA 22% PER ACQUISTI INTRA-UE), mentre sulla registrazione fittizia deve indicare il Codice Iva – 222 (IVA 22% VENDITE INTRA-UE FITTIZIA).
Quali causali si devono utilizzare per stornare le registrazioni di Importazione UE? NOTE CREDITO su acquisti Le causali precaricate che gestiscono la casistica sono: 37 – NOTA ACCREDITO ACQUISTO UE 39 – N.C. ACQUISTO UE X REG.VEN SOLO IVA
Al salvataggio della Causale – 037 verrà proposta la registrazione fittizia per il registro delle vendite (Causale – 039).
Nota Bene:
sulla NC è necessario indicare il Codice Iva – 322 (IVA 22% PER ACQUISTI INTRA-UE), mentre sulla registrazione fittizia deve indicare il Codice Iva – 222 (IVA 22% VENDITE INTRA-UE FITTIZIA).
Per distinguere l’acquisto di Beni da quello dei Servizi è necessario utilizzare rispettivamente:
il Codice Bene – 001 per l’acquisto di beni
il Codice Bene – 017 per gli acquisti di Servizi Esteri.
In allegato le immagini delle causali contabili d
Veniamo, a questo punto, alle modalità operative di regolarizzazione proponendo il seguente esempio.
La società Alfa Srl ha dimenticato di trasmettere 180 fatture di acquisto di beni da un fornitore Ue: le fatture sono state ricevute e registrate nel mese di luglio, pertanto, era necessario presentare l’esterometro entro il 2 settembre. In caso di regolarizzazione entro i 15 giorni successivi alla scadenza (17 settembre) trovano applicazione, come detto, le sanzioni dimezzate, nel limite massimo di 500 euro.
Qualora il contribuente voglia avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, potrà assolvere all’obbligo comunicativo entro il 17 settembre, versando le seguenti sanzioni ridottesecondo la tempestività della correzione:
Qualora la correzione avvenga oltre i suddetti 15 giorni dalla scadenza originaria, trova applicazione la sanzione ordinaria (2 euro a fattura) ridotta, in caso di ravvedimento, come segue:
40 euro, ossia sanzione base di 360 euro, ridotta ad 1/9entro il 1° dicembre 2019 (articolo 13, comma 1, lettera a-bis);
45 euro, ossia sanzione base di 360 euro, ridotta ad 1/8entro il 30 aprile 2020 (articolo 13, comma 1, lettera b);
51,43 euro, ossia sanzione base di 360 euro, ridotta ad 1/7entro il 30 aprile 2021 (articolo 13, comma 1, lettera b-bis);
60 euro, ossia sanzione base di 360 euro ridotta ad 1/6entro il 31 dicembre 2025 (articolo 13, comma 1, lettera b-ter);
72 euro, ossia sanzione base di 360 euro ridotta ad 1/5fino alla notifica dell’atto impositivo (articolo 13, comma 1, lettera b-quater).
Aggiornato al 2017, modificato a gennaio 2019. Attenzione al 01-2020
Le operazioni intracomunitarie senza iscrizione al Vies hanno un trattamento diverso ai fini dell’indicazione nello Spesometro a seconda che si tratti di acquisti o vendite. Vediamo i motivi per tale diverso trattamento.
Come sappiamo un contribuente italiano, soggetto passivo iva, che intenda effettuare operazioni intracomunitarie è normalmente tenuto a comunicare quest’intenzione tramite l’apposito modello dichiarativo dell’Agenzia delle Entrate, esercitando la relativa opzione e iscrivendosi così all’archivio VIES (VAT information exchange system, sistema di scambio delle informazioni sull’IVA).
Esiste tuttavia la possibilità che il soggetto passivo iva effettui queste operazioni, nell’esercizio della propra impresa, arte o professione, in mancanza dell’iscrizione al Vies. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 42/E/2012 esamina questa tipologia di fattispecie ribadendo, anche alla luce della circolare ministeriale n. 39/E del 01/08/2011, che l’inclusione nell’archivio summenzionato è la condizione che legittima un soggetto passivo ad effettuare operazioni del genere.
Tuttavia, viene poi spiegato, in caso di mancata inclusione nel Vies da parte di un cedente italiano, la controparte dovrebbe esimersi dal qualificare l’operazione come soggetta al regime fiscale degli scambi intracomunitari, ritenendola assoggettata ad imposizione in Italia; specularmente, nel caso di un soggetto passivo italiano non regloarmente iscritto al Vies che effettua un acquisto da soggetto passivo comunitario, il detto acquisto non può configurare un’operazione intracomunitaria, l’imposta non è dovuta in Italia bensì nel paese del fornitore.
In sostanza la rilevanza ai fini iva è, per tali operazioni, associata al territorio del soggetto cedente.
Ne consegue, che sotto il profilo procedurale, l’acquirente italiano non regolarmente iscritto al Vies, riceverà la fattura dal fornitore europeo con applicazione dell’iva vigente nello Stato comunitario del cedente. Tale imposta va considerata come un costo fuori campo iva. La fattura andrà registrata (iva compresa) soltanto in contabilità generale. Se, in caso analogo, il ricevimento della fattura esterea avviene senza indicazione dell’iva estera (per errata valutazione del cedente) allora l’operatore italiano non potrà comunque applicare l’inversione contabile; anche tale fattura andrà registrata solamente in contabilità generale, altrimenti si determinerebbe un’illegittima detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, con applicazione della sanzione di cui all’art. 6, comma 6, del Dlgs. n. 471 del 1997.
Alla luce di tali considerazioni conviene domandarsi come possano tali operazioni essere inserite all’interno dello spesometro annuale di cui all’art. 21 del decreto legge n. 78 del 31/05/2010. Per quanto concerne le vendite intracomunitarie effettuate senza Vies non dovrebbero riscontrarsi particolari difficoltà: si tratta di operazioni rilevanti ai fini iva che vengono effettuate nei confronti di soggetti non residenti e possono pertanto essere inserite nel quadro BL o FN a seconda che la compilazione della comunicazioe polivalente avvenga in forma aggregata o analitica (Cfr. Anche comunicato dell’Agenzia delle Entrate del 19/11/2013, quesito n. 7). Per quanto riguarda le operazioni di acquisto intracomunitario, invece, utilizzare il quadri BL relativo ad acquisti da non residenti potrebbe apparire una soluzione appropriata solo di primo acchito. In realtà le istruzioni ministeriali relative all’adempimento in esame (lette sempre alla luce del comunicato dell’Agenzia delle Entrate del 19/11/2013, quesito n.6 stavolta), chiariscono che il quadro BL e il quadro SE sono relativi alle operazioni passive effettuate con non residenti, sia comunitari che extra comunitari, purché rilevanti in Italia e che non costituiscano importazioni od operazioni da indicare negli elenchi Intrastat.
Ora le operazioni di acquisto intracomunitario effettuate senza iscrizione al Vies, non possono essere considerate come rilevanti in Italia ai fini iva, sono quindi da considerare fuori campo iva (come commenta anche la pubblicazione del 2012, N. FR099 di Infofisco). A questo punto non resta che rifarsi al documento dell’Agenzia delle entrate del 22/12/2011, risposte ai quesiti in materia di […], pagina 8, dove si chiarisce che le operazioni che avvengono fuori dall’ambito di applicazione dell’iva sono escluse dallo Spesometro e non vanno inserite nel modello.
Quanto riportato sopra però è stato aggiornato in conseguenza di una sentenza della corte europea.
e cessioni intracomunitarie tra soggetti passivi scontano l’Iva nel paese di destinazione anche se il numero identificativo degli operatori coinvolti non è iscritto al Vies. La prassi contraria, pertanto, è da ritenersi superata. Per il momento: nel 2020, infatti, entrerà in vigore una modifica alla direttiva Iva che cambierà le carte in tavola. Il chiarimento, arrivato dall’Agenzia delle entrate nel corso del Videoforum di ItaliaOggi del 23 gennaio scorso, ufficializza per la prima volta gli effetti della giurisprudenza della Corte di giustizia Ue sulla precedente, contraria prassi nazionale.
La norma. Allo scopo di contrastare le frodi Iva, l’art. 27 del dl 78/2010 ha introdotto disposizioni volte a subordinare l’effettuazione di operazioni intracomunitarie, ossia gli scambi di beni e di prestazioni di servizi «generiche» con soggetti passivi stabiliti in altri paesi dell’Ue, all’autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate. L’art. 22 del Dlgs n. 175/2014 ha poi modificato la procedura per meglio allinearla alla normativa Ue, in particolare prevedendo che la richiesta di autorizzazione espressa mediante l’opzione determina l’immediata iscrizione dei soggetti passivi nell’archivio Vies. La normativa Ue (regolamento n. 904/2010), comunque, non prevede la possibilità di invalidare il numero identificativo del soggetto passivo soltanto agli effetti degli scambi intracomunitari, come invece prevede l’art. 35, comma 7-bis, del Dpr 633/72, mentre impone di invalidare il numero identificativo attribuito alla persona che non possiede (o ha perso) lo status di soggetto passivo dell’Iva, come previsto dal comma 15-bis dell’art. 35.
La prassi nazionale. Nel commentare le disposizioni introdotte dall’art. 27 del dl n. 78/2010, nella circolare n. 39/2011 l’agenzia osservava che la mancata iscrizione nell’archivio Vies determina il venire meno della possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie con l’applicazione del regime fiscale proprio di tali operazioni, in quanto il soggetto non può essere considerato come soggetto passivo Iva ai fini dell’effettuazione di tali operazioni. Pertanto, eventuali cessioni o prestazioni intraUe effettuate da un soggetto passivo nazionale non incluso nell’archivio, dovrebbero scontare l’imposizione in Italia. Quanto all’ipotesi speculare (soggetto italiano acquirente), nella circolare si osservava che la controparte comunitaria che abbia riscontrato la mancata validazione della partita Iva del soggetto italiano nel Vies, dovrebbe astenersi dall’applicare all’operazione il regime fiscale degli scambi intracomunitari ed assoggettare invece l’operazione al tributo. Coerentemente, la successiva risoluzione n. 42/2012 affermava che qualora un soggetto passivo italiano non iscritto al Vies effettui un acquisto da soggetto passivo comunitario, tale acquisto non può configurarsi come una operazione intracomunitaria, per cui l’Iva non è dovuta in Italia bensì nel paese del fornitore; l’acquirente italiano non iscritto al Vies, pertanto, non deve procedere all’integrazione della fattura del fornitore e all’annotazione della stessa nel registro delle fatture emesse e nel registro degli acquisti. Successivamente, però, la Corte di giustizia ha statuito che, nell’ambito della disciplina degli scambi intraUe, l’obbligo di disporre di un numero d’identificazione Iva è un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione dall’Iva qualora ricorrano le condizioni sostanziali della cessione intraUe (sentenza 6 settembre 2012, C-273/11). Più recentemente, la Corte ha dichiarato che, a maggior ragione, non costituisce condizione sostanziale per l’esenzione Iva della cessione intraUe l’iscrizione al Vies, la quale rappresenta un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione qualora sussistano i presupposti sostanziali, salvo il caso di frodi o salvo che la violazione formale abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.
La risposta al forum. L’agenzia prende atto che secondo l’orientamento della Corte di giustizia, formatosi successivamente alla circolare n. 39/2011 ed alla risoluzione n. 42/2012, l’iscrizione al Vies dell’operatore, in assenza di comportamenti fraudolenti, pur integrando una violazione formale, non costituisce una condizione sostanziale per l’applicazione del regime proprio delle operazioni intraUe, in presenza dei presupposti sostanziali, sicché devono intendersi superati i citati documenti di prassi. L’agenzia ricorda però che la direttiva Ue 2018/1910 del 4 dicembre 2018 ha modificato la direttiva Iva con effetto dal 1° gennaio 2020, prevedendo che «l’iscrizione del soggetto passivo nell’archivio Vies» (più precisamente, il numero di partita Iva) «diventi una condizione sostanziale per l’applicazione dell’esenzione anziché un requisito formale». La questione si riaprirà quindi tra un anno.
Gli acquisti da fornitori UE, devono quindi essere fatturati senza IVA. Una volta ricevuta la fattura estera, a quel punto tu avresti dovuto:
integrare la fattura con l’IVA italiana e versarla al fisco italiano;
Presentare il modello Intrastat.
Premesso ciò e considerando che ormai il “danno” è fatto, come procedere?
In questo caso sarebbe opportuno contattare il fornitore estero, fargli presente l’errore e quindi domandargli di produrre una nota di credito per stornare la fattura sbagliata. Ovviamente dovrà anche restituirti l’IVA che non era tenuto a incassare.
A questo punto potrai integrare la fattura con l’IVA italiana, applicata sull’importo stornato dall’IVA estera, che non era dovuta. Poi, dovrai compilare il modello Intrastat secondo le regolari scadenze.
Cosa fare invece, se non fosse possibile ottenere lo storno per la correzione della fattura? A quel punto, dovrai comunque rispettare quanto disposto dall’art. 38 D.L. n. 331/1993 e, quindi integrare la fattura con l’IVA italiana (ai sensi del reverse charge ex art. 17, co. 2 D.P.R. n. 633/72), poichè hai effettuato un’operazione intracomunitaria. L’Agenzia delle Entrate non ha ancora chiarito se l’IVA va applicata sul lordo (quindi costo + Iva estera) oppure solo sul costo al netto dell’IVA non dovuta.
Fino a quando non ci saranno precisazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, per ragioni di prudenza, è consigliabile calcolare l’IVA sull’importo totale (quindi costo + IVA estera).
Per quanto riguarda l’IVA non dovuta ma che hai comunque pagato, non potrai ovviamente chiedere il rimborso in Italia, ma dovrai rivolgerti al fornitore estero, che è il principale responsabile dell’errore.