Alimenti e bevande (trattamento fiscale IVA ed Imposte)

Ai sensi dell’art. 19-bis1 co. 1 lett. f) del DPR 633/72, non è ammessa in detrazione l’imposta assolta per l’acquisto di alimenti e bevande, tranne che per i beni:

  • oggetto dell’attività propria dell’impresa;
  • destinati alle prestazioni di somministrazione in mense scolastiche, mense aziendali o interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali dell’impresa.

Secondo l’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72, non è ammessa in detrazione l’IVA relativa alle spese di rappresentanza (come definite ai fini delle imposte sui redditi), ad eccezione dell’imposta assolta sull’acquisto di beni omaggio di costo unitario non superiore a 50 euro.
Non è più previsto, invece, il regime di indetraibilità “oggettiva” dell’IVA afferente le prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande di cui al previgente art. 19-bis1 co. 1 lett. e) del DPR 633/72 (modificato dall’art. 83 co. 28-bis del DL 112/2008).
L’imposta relativa alle prestazioni di ristorazione è, dunque, integralmente detraibile, secondo le regole ordinarie, ossia “nella misura in cui i servizi stessi risultino inerenti ad operazioni che consentono l’esercizio del diritto alla detrazione e siano documentati con fattura” (circ. Agenzia delle Entrate 19.5.2010 n. 25).
Quanto alle spese di ristorazione, per la detraibilità integrale dell’imposta, è dunque necessaria:

  • l’inerenza della prestazione all’esercizio dell’attività di impresa, arte o professione del fruitore del servizio, ai sensi dell’art. 19 co. 1 del DPR 633/72;
  • la richiesta della fattura.

Aliquota applicabile

Alla somministrazione di alimenti e bevande si applica l’aliquota IVA del 10%, a norma del n. 121 della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72.
Considerato che la somministrazione di alimenti e bevande ai fini IVA è qualificata come “prestazione di servizi” ex art. 3 co. 2 n. 4 del DPR 633/72, deve ritenersi esclusa l’aliquota agevolata del 10% per la cessione di piatti “da asporto” (cfr. R.M. 20.9.98 n. 107), ivi applicandosi l’aliquota prevista per i singoli prodotti che compongono il piatto. Detta esclusione riguarda anche i servizi di “food delivery”, intesi come la consegna a domicilio di piatti già preparati, il cui acquisto è avvenuto via internet (cfr. interpello DRE Lombardia n. 904-46/2016).
L’aliquota del 10% si applica, altresì, alle somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante l’utilizzo di distributori automatici, indipendentemente dal luogo in cui è ubicato il distributore.
Si applica, invece, l’aliquota IVA del 4% alla somministrazione di alimenti e bevande presso mense aziendali e interaziendali, secondo il disposto del n. 37 della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, se rese a titolo oneroso, anche qualora siano eseguite sulla base di contratti di appalto o di apposite convenzioni.
Se rese a titolo gratuito, invece, le somministrazioni di pasti nelle mense aziendali esulano dal campo di applicazione dell’IVA ex art. 3 co. 3 del DPR 633/72.

 

Impianto domotico (vantaggio fiscale)

Preso da internet, segue:

Finalmente, la Domotica viene presa in considerazione anche a livello normativo.
Dal primo settembre scorso sono infatti entrate in vigore alcune rilevanti novità che riguardano la certificazione degli impianti elettrici.
La normativa di riferimento è la CEI 64/2008, che ora oltre ad alcune modifiche della norma stessa comprende un’importante variante nell’Allegato A “Ambienti residenziali – Prestazioni dell’impianto elettrico”.
Le modifiche interessano quindi il settore residenziale e introducono il nuovo concetto di prestazione dell’impianto, i cui requisiti stabiliti ora per legge sono suddivisi in tre differenti livelli prestazionali: L1, L2 e L3 da applicarsi agli impianti elettrici di unità immobiliari a uso residenziale situate all’interno di condomini o abitazioni.
Il livello prestazionale L3 è appunto quello domotico.
Riassumendo ai minimi termini, la norma classifica un impianto domotico quando sono presenti e tra loro integrate almeno quattro delle seguenti funzionalità:

1. antifurto e antintrusione
2. controllo di carichi energetici
3. gestione dell’illuminazione
4. gestione della temperatura (riscaldamento/raffrescamento)
5. gestione di scenari
6. controllo remoto
7. gestione della diffusione sonora
8. rilevazione d’incendio (secondo UNI 9795)
9. rilevazione di perdite d’acqua e/o fughe di gas.

Nell’applicazione della norma è importante verificare, oltre alla realizzazione delle funzionalità descritte, anche la loro integrazione funzionale, che come noto dovrebbe essere uno dei principali compiti affidati alla Domotica.
La normativa prevede anche una dotazione minima, in quantità, per le singole voci componenti l’impianto.
L’introduzione in modo esplicito del “sistema domotico” tra le dotazioni impiantistiche, prescritte ora col livello L3, non può che rappresentare una grande opportunità per tutti gli attori della filiera in contatto con le evoluzioni del settore elettrico (costruttori, progettisti, architetti, ingegneri, rivenditori, installatori e integratori di sistemi).
Ricordo che la certificazione dell’impianto elettrico/domotico è obbligatoria e spetta all’impresa che realizza i lavori.

 

spese_domotiche_1_2017 Appunti

spese_domotiche_2_2017 Manuale ENEA 2018

Configurare vpn client

## qnap VPN

client
dev tun2001
script-security 3
proto udp
float
remote INDIRIZZO_SERVER 1194
redirect-gateway def1
resolv-retry infinite
ca /etc/openvpn/openvpnfavara/ca.crt
auth-user-pass
reneg-sec 0
cipher AES-256-CBC
tls-cipher TLS-SRP-SHA-RSA-WITH-3DES-EDE-CBC-SHA:TLS-DHE-RSA-WITH-AES-128-CBC-SHA:TLS-DHE-RSA-WITH-AES-256-CBC-SHA
comp-lzo

 

il comando per lanciare la configurazione è:

sudo openvpn –config /etc/openvpn/client.conf

Fatturazione elettronica: operatività prima del1 luglio 2018

n effetti, nell’introduzione della nuova modalità di predisposizione, trasmissione e ricezione della fattura elettronica alcune prassi aziendali (quali ad esempio l’invio di note di debito da parte del cliente per richieste di abbuoni o sconti per merce non corrispondente all’ordine) non del tutto conformi alle regole vigenti non si potranno più fare.

Andando per ordine, cerchiamo partendo dalla normativa di riferimento di individuare i passi e le scelte che bisogna fare per essere pronti alle nuove procedure di emissione e gestione della fattura elettronica.

Il quadro di riferimento
Sul piano normativo e regolamentare proprio negli ultimi mesi si è completata l’emanazione dei provvedimenti che costituiscono la cornice di riferimento all’implementazione della fattura elettronica. A dire il vero il percorso di realizzazione dell’impianto giuridico di riferimento è partito da oltre 15 anni, ma trovato la sua attuazione nazionale con la legge finanziaria del 2008 (legge 244/2007) che per la prima volta ha configurato un obbligo di emissione della fattura elettronica nei confronti della pubblica amministrazione, un altro passo importante è stato il recepimento della direttiva 2010/45/Ue con cui si è fornito la definizione europea di fattura elettronica. L’obbligo effettivo con le regole che conosciamo si è definito anche sul piano regolamentare per gestire i rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e gli enti di interesse nazionale nel 2014 e con le pubbliche amministrazioni locali nel 2015. Per i privati gli ultimi provvedimenti approvati sono stati la legge di bilancio del 2018 (legge 205/2017), il provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate 89757 del 30 aprile 2018 con allegate le specifiche tecniche di adeguamento (documento fondamentale per la corretta implementazione del sistema) e la circolare 8/E dello steso 30 aprile con cui è stata fornita una prima interpretazione per chiarire alcuni aspetti relativi al primo appuntamento del 1° luglio che riguarderà l’intera filiera dei carburanti con specifico riferimento alla benzina e al gasolio destinato all’autotrazione.

Il processo di fattura elettronica
È subito importante chiarire che quando si parla di fattura elettronica obbligatoria si intende che la fattura deve essere predisposta in un formato Xml predefinito ovvero in uno dei formati europei approvati dal Comitato europeo di normalizzazione. Proprio sul formato, si evidenzia che in attuazione della direttiva 2014/55/Ue entro il 18 aprile 2019 avremo un unico formato europeo di fattura elettronica che dovrà essere accettato per la partecipazione a tutti i bandi pubblici dell’Ue. Questa regola, in particolare per i gruppi e le imprese che operano nel mercato europeo è un’opportunità per gestire in modo più semplice e integrato tutti gli scambi intraunionali

Il file così strutturato dovrà essere trasmesso e ricevuto utilizzando il sistema d’interscambio dell’agenzia delle Entrate (Sdi). La fattura dovrà essere gestita in elettronico e, in base alle regole imposte dall’articolo 39 del Dpr 633/72 dovrà essere conservato elettronicamente.

Il legislatore ha voluto proprio con la legge di bilancio del 2018 sottolineare che una fattura emessa e trasmessa con modalità diverse da quelle sopra indicate fa sì che la fattura si considera non emessa, con tutte le conseguenze sanzionatorie e operative che possono derivare (si pensi a un operatore che formi il documento in impresa per un’operazione divenuta esigibile a aprile del 2019 che invii e trasmetta la fattura, dapprima con un semplice email e poi ufficialmente tramite Sdi nel dicembre del 2019. La situazione produrrà sul piano sanzionatorio una sanzione per il cedente/prestatore (che varierà dal 90 al 180% dell’imposta relativa ovvero se l’ha fatta concorrere alla liquidazione da 250 a 2000 euro) per mancata emissione della fattura e per il cessionario una sanzione pari al 90% dell’imposta relativa per mancata regolarizzazione della fattura non ricevuta con emissione di una autofattura e con versamento della relativa Iva (ex articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/97).

Trasmissione e recapito della fattura
Proprio per le conseguenze connesse al mancato invio della fattura il contribuente deve già da subito fare delle scelte e alcuni passi operativi.
Per trasmettere e ricevere la fattura elettronica è necessario in primo luogo aprire o scegliere un canale con lo Sdi. la trasmissione può avvenire o con posta elettronica certificata (Pec) o con i sistemi informatici messi a disposizione dall’agenzia delle Entrate ovvero, in modo più integrato con sistemi di cooperazione applicativa o con sistemi di trasmissione dati tra terminale remoti basato su protocollo Ftp. Vogliamo chiarire subito che solo gli ultimi due necessitano di un accreditamento al Sdi e sono canali destinati prevalentemente ai grandi fatturatori o a coloro che si avvarranno per la trasmissione di un intermediario. L’intermediario nella specifica operazione sarà un agevolatore del processo di trasformazione. Per intermediario non si intende solo il provider informatico, ma anche il professionista abilitato che nel sistema della fattura elettronica ha un ruolo importante nel gestire alcuni adempimenti operativi e fiscali dell’intera operazione.

La scelta del canale, però, non riguarda solo l’emittente della fattura, ma anche il soggetto ricevente che dovrà comunicare al proprio fornitore l’indirizzo telematico dove vuole ricevere la fattura. In effetti, il recapito della fattura è forse il meccanismo più delicato del sistema e comporta un immediato contatto tra fornitore e cliente. Non a caso proprio in questi giorni gli operatori che gestiscono le cessioni di carburanti per autotrazione si stanno attivando presso i propri clienti per acquisire l’indirizzo informatico a cui recapitare la fattura. In effetti, il Sistema di interscambio (Sdi) si comporta esattamente come un postino (in questo caso elettronico) che per poter recapitare la fattura deve avere un indirizzo ben preciso. Nei rapporti con la Pa questo indirizzo è rappresentato dall’Ipa (indirizzo delle pubbliche amministrazioni) nei rapporti tra privati questo indirizzo è costituito dalla Pec ovvero da un codice identificativo SdI a 7 caratteri.

Un consiglio da dare a tutti coloro che devono ricevere delle fatture è di preregistrarsi (anche attraverso il proprio intermediario abilitato – colui che solitamente è delegato ad inviare le comunicazioni o le dichiarazioni fiscali) al Sdi. con questa preregistrazione il ricevente, anche se l’emittente non compila correttamente il campo destinatario ovvero il campo Pec destinatario, potrà tranquillamente ricevere la sua fattura all’indirizzo fornito a Sdi che sarà in grado di abbinare automaticamente il file ricevuto con la partita iva del cessionario/committente.

L’individuazione dell’indirizzo telematico del cliente comporta per il fornitore l’aggiornamento tempestivo delle anagrafiche nei propri sistemi.

Controlli preventivi e compilazione del file Xml
Scelto il canale è necessario verificare, sulla base delle specifiche tecniche, con attenzione il formato strutturato della fattura. L’operazione non è di per sé complessa, ma comporta numerose scelte anche per verificare quali informazioni sono necessarie per la trasmissione (quali i dati fiscali identificativi dell’emittente e del ricevente – partita Iva e/o codice fiscale ovvero la corretta e coerente indicazione dell’aliquota Iva, dell’imponibile e dell’imposta ovvero la natura dell’operazione che determina la non imponibilità dell’operazione ovvero l’unicità della fattura – il sistema non ammette due fatture con lo stesso numero) ovvero i dati commerciali o gestionali che si vogliono inserire in fattura (ad esempio il codice dell’ordine ovvero il Ddt, obbligatorio in caso di fattura differita).

Questi controlli comportano per il contribuente un’attenta analisi anche dei propri processi per verificare se tutte le informazioni sono contenute e gestite dal sistema e, in alcuni casi comportano degli accordi con i propri clienti (si immagini soggetti che dialoghino già oggi con sistemi di comunicazione elettronica Edi).

Tutti questi controlli evitano che il file che viene trasmesso venga scartato dal Sdi. La fattura quando viene trasmessa al Sdi viene automaticamente controllata (i controlli e i codici di errore sono espressamente indicati nelle specifiche tecniche) e se non è corretta viene scartata dal sistema. In questo caso la fattura si intende non emessa e il sistema invia un apposita notifica di errore all’emittente. Nel caso in cui la fattura sia corretta la fattura viene inviata direttamente al cliente e viene data una comunicazione al cedente/prestatore che la fattura è stata inviata e ricevuta.

Quindi il sistema di interscambio fornisce nelle diverse fasi degli esiti della fattura notificandoli direttamente al fornitore e al cliente. Proprio la gestione degli esiti è un’attività delicata da non sottovalutare perché a seconda degli esiti il contribuente dovrà attivarsi.

La data di emissione e di ricezione della fattura
Un punto chiarito dagli ultimi provvedimenti è quale si considera ai fini Iva e, in particolare ai fini della esigibilità dell’imposta e della detraibilità dell’imposta la data di emissione e di ricezione del documento. Sul punto il provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 prevede che la data di emissione coincide sempre con la data fattura inserita nella fattura, mentre la data di ricezione coincide con la data di consegna del file al cliente. Lato fornitore la scelta dell’Agenzia risponde, più che a una regola normativa, a delle esigenze rappresentate dagli operatori. In effetti i sistemi gestionali solitamente quando datano una fattura provvedono alla sua gestione contabile e alla rilevazione e registrazione dell’Iva a debito. Un problema che si può porre è che il file inviato a Sdi in data successiva alla data fattura ovvero in ragione del tempo che il Sdi si prende per verificare la fattura (il provvedimento indica un tempo fino a 5 giorni dalla spedizione) venga scartato dal sistema e rinviato al mittente. In questo caso il contribuente se ha già contabilizzato la fattura e ha già liquidato l’imposta sarà costretto ad effettuare una nota di variazione interna senza spedirla allo Sdi perché la fattura scartata si da per non emessa.
Per il destinatario la ricezione della fattura al momento della consegna ovvero in caso di mancato recapito al momento dell’accesso sull’area riservata dell’agenzia delle Entrate potrà comportare un differimento della detraibilità della fattura. Ad esempio se una fattura datata 30 maggio viene inviata allo Sdi il 1° giugno e, dopo i controlli, ricevuta dal cliente il 3 giugno, la sua detraibilità scatterà dal mese di giugno (e non di maggio).

Analisi e revisione dei processi
Come visto in precedenza il nuovo sistema di gestione delle fatture elettroniche comporta un adeguamento dell’impresa alle rigide regole del Sdi, ma comporta anche un’attenta analisi dei processi. Quest’analisi non può essere limitata ai processi di fatturazione perché coinvolge, anche per ulteriori regole previste dalla normativa, tutti i processi del ciclo attivo e passivo dell’impresa e non solo sul piano contabile (influenza sicuramente le relazioni tra cliente e fornitore).

Interessa, inoltre, l’area della tesoreria e dei pagamenti (almeno se si vuole ottenere il beneficio della riduzione di due anni dei termini di accertamento, in questo caso infatti i pagamenti devono essere tracciati se per importi superiori a 500 euro).

Infine interessa, oltre all’area fiscale, anche l’area del personale e questo per le nuove regole di deducibilità e detraibilità delle spese relative alle autovetture (articolo 164 del Tuir e 19-bis1 del Dpr 633/72) e per la gestione delle trasferte (alberghi e ristoranti). In effetti, per tali spese l’ufficio del personale dovrà necessariamente rivedere le proprie procedure interne e fornire tempestivamente ai dipendenti le relative istruzioni.

Fatture possedute registrate in ritardo, come non perdere il diritto alla detrazione

A seguito delle modifiche introdotte dal Dl 50/2017, l’articolo 19 del Dpr 633/1972 prevede che il diritto alla detrazione dell’Iva sui beni e servizi acquistati o importati sorge quando l’imposta diviene esigibile, e va esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui tale diritto alla detrazione è sorto (e alle condizioni esistenti in quel momento).

In sostanza, risultano dunque invariate le regole che disciplinano la nascita del diritto all’agevolazione, ancorata all’esigibilità dell’imposta; mentre viene ridotto il termine entro cui tale detrazione si può esercitare.

L’articolo 25 del Dpr 633/1972 (anch’esso modificato dal Dl 50/2017) prevede ora che la fattura debba essere annotata in un apposito registro prima della liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione dell’Iva, e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura, e con riferimento al medesimo anno.

Novità coordinate
Per il corretto coordinamento delle due norme – vale a dire l’articolo 19 (che consente l’esercizio della detrazione al più tardi nella dichiarazione relativa all’anno in cui l’operazione è stata effettuata) e l’articolo 25 (che impone la registrazione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura è stata ricevuta) – vale quanto precisato dall’agenzia delle Entrate nella circolare 1/E/2018.

Secondo l’amministrazione finanziaria, il termine per l’esercizio della detrazione decorre dal giorno in cui, in capo al cessionario/committente, si verifica la duplice condizione:

– sostanziale, cioè l’avvenuta esigibilità dell’imposta;

– formale, cioè il possesso di una valida fattura.

A partire da tale momento, previa registrazione della fattura, si può dunque operare la detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti, entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si verificano entrambi i presupposti citati (e con riferimento al medesimo anno).

Annotazione e registro Iva
In altre parole, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato nell’anno in cui il soggetto passivo, essendo venuto in possesso della fattura, la annota in contabilità, facendola confluire nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre del periodo di competenza.

A parere dell’Agenzia, quindi, l’Iva esposta su una fattura di acquisto datata 2017 e ricevuta nello stesso anno – e che, per vari motivi, non sia stata annotata in contabilità alla sua ricezione o in un momento successivo, all’interno di una liquidazione relativa al 2017 – potrà essere detratta al massimo entro il 30 aprile 2018 (termine per la dichiarazione Iva relativa al 2017).

Per poterlo fare, tuttavia, la registrazione di tale fattura nei primi quattro mesi del 2018 dovrà essere effettuata in un’apposita sezione del registro Iva (o con altre soluzioni gestionali e informatiche), al fine di evidenziare che l’imposta – non computata nelle liquidazioni periodiche relative al 2018 – concorre appunto a determinare il saldo della dichiarazione annuale Iva 2017.

Esempi e termini
Tornando al quesito del lettore, la circolare 1/E/2018 ipotizza il caso di un imprenditore (con liquidazioni dell’imposta mensili) che acquista dei beni il 20 dicembre 2017, con consegna della merce e della relativa fattura nello stesso mese. L’imposta a credito su tale cessione di beni confluisce, previa registrazione della fattura di acquisto nel 2017, nella liquidazione Iva relativa al mese di dicembre 2017 (da eseguire il 16 gennaio 2018).

Se invece quest’imprenditore, avendo ricevuto la fattura relativa allo stesso acquisto entro il 31 dicembre 2017, non l’abbia annotata nel 2017, potrà registrare il documento contabile, al più tardi, entro il 30 aprile 2018 (termine di presentazione della dichiarazione per l’anno 2017) in un’apposita sezione del registro Iva. In tal caso, spiegano le Entrate, il credito Iva concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale relativa al 2017.

Compilazione dichiarativa
Con riferimento al caso in esame, dunque, nella dichiarazione Iva 2018 (relativa al 2017) andrà riportata nel quadro VF non solo l’imposta delle fatture di acquisto registrate nel 2017 (e fatte concorrere alle liquidazioni periodiche 2017), ma anche quella sugli acquisti effettuati nel 2017, per i quali si sia verificata l’esigibilità dell’imposta in quell’anno, si sia in possesso della fattura, e l’annotazione del documento sia avvenuta nel registro Iva degli acquisti nel 2018 (entro il 30 aprile 2018), in apposito sezionale (o secondo le altre modalità che rispettino i requisiti previsti dalla circolare 1/2018).

Secondo quanto riportato nelle istruzioni alla dichiarazione Iva 2018, infatti, nei righi da VF1 a VF13 devono essere indicati gli acquisti soggetti a imposta, per i quali si è verificata l’esigibilità ed è stato esercitato, nel 2017, il diritto alla detrazione.

Invece, nel caso in cui il cessionario/committente non eserciti il diritto alla detrazione nella dichiarazione Iva 2018, potrà recuperare l’imposta presentando l’integrativa entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione stessa (vale a dire entro il 31 dicembre 2023).