Configurazione EXPERTUP disabile
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Assunzioni disabili, le agevolazioni
Al fine di realizzare una concreta promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, il legislatore ha introdotto, nel corso del tempo, diverse tipologie di incentivi volti ad aumentare l’occupabilità di tali soggetti riconoscendo, al contempo, ai datori di lavoro una riduzione del costo del lavoro.
Innanzitutto, l’art. 13 L. 68/1999, così come novellato dall’art. 10 D.Lgs. 151/2015, ha previsto, a favore dei datori di lavoro, un incentivo di tipo economico, rapportato alla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali, che varia in funzione del grado e della tipologia di riduzione della capacità lavorativa del soggetto assunto.
L’incentivo è riconosciuto a tutti i datori di lavoro privati,soggetti o meno all’obbligo di assunzione di cui alla L. 68/1999, a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno la natura di imprenditore.
Per quanto concerne la platea dei beneficiari, lo stesso può essere legittimamente fruito per l’assunzione delle seguenti categorie di lavoratori:
- lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 915/1978, e successive modificazioni;
- lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle già menzionate tabelle;
- lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.
L’incentivo spetta per le assunzioni a tempo indeterminatoe per le trasformazioni a tempo indeterminato di un rapporto a termine, anche a tempo parziale, decorrenti dal 1.01.2016.
Tuttavia, è opportuno ricordare che, per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, l’incentivo può essere riconosciuto, per tutta la durata del contratto, anche per le assunzioni a tempo determinato, purché tali rapporti abbiano una durata non inferiore a 12 mesi.
Quanto alla durata e all’entità dell’agevolazione le stesse variano in funzione del tipo di assunzione/trasformazione e delle caratteristiche della persona assunta; in particolare l’incentivo è pari al:
- 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori disabili assunti a tempo indeterminato che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra, per una durata di 36 mesi;
- 35% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori disabili assunti a tempo indeterminato che abbiano una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria delle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra, per una durata di 36 mesi;
- 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, per una durata di 60 mesi;nelle ipotesi di assunzione a tempo determinato, l’incentivo spetta per tutta la durata del rapporto, fermo restando che, ai fini del riconoscimento dell’incentivo, il contratto deve avere una durata non inferiore a 12 mesi.
Per quanto concerne le condizioni richieste per la fruizione del beneficio l’assunzione deve, innanzitutto, realizzare un incremento occupazionale netto del numero dei dipendenti assunti a tempo indeterminato secondo i criteri fissati dall’art. 31, c. 1, lett. f) D.Lgs. 14.09.2015, n. 150.
Inoltre, come per la generalità degli incentivi alle assunzioni, anche per tale agevolazione è richiesto il rispetto di quanto sancito dall’art. 1, cc. 1175 e 1176 L. 296/2006, ossia l’adempimento degli obblighi contributivi; l’osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro; il rispetto degli altri obblighi di legge; il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Quanto al rispetto dei principi generali in materia di fruizione degli incentivi all’occupazione, previsti dall’art. 31 D.Lgs. 150/2015, l’Istituto previdenziale ha precisato che per le assunzioni effettuate entro la cd. “quota di riserva” gli stessi non possono trovare applicazione, mentre per le assunzioni effettuate oltre la suddetta quota gli stessi dovranno essere rispettati.
Per poter fruire della misura in commento il datore di lavoro non deve rientrare tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in conto bloccato, gli aiuti individuali definiti come illegali o incompatibili della Commissione Europea (art. 46 L. 24.12.2012, n. 234); inoltre, il datore di lavoro non deve essere un’impresa in difficoltà, come definita dall’art. 2, par. 18 Regolamento (CE) 651/2014.
Da ultimo, sempre in riferimento alle assunzioni dei lavoratori disabili, il nuovo decreto Lavoro ha introdotto, in via transitoria, un incentivo all’assunzione, da parte di enti del Terzo settore e di altri enti a essi assimilabili, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di soggetti con disabilità e di età inferiore a 35 anni. Le assunzioni, per beneficiare dell’incentivo, devono essere o essere state effettuate nel periodo 1.08.2022-31.12.2023 per lo svolgimento di attività conformi allo statuto del datore di lavoro e riguardare soggetti con disabilità rientranti nell’ambito di applicazione del collocamento obbligatorio, di cui alla L. 12.03.1999, n. 68.
Le modalità di ammissione, quantificazione ed erogazione del contributo, le modalità e i termini di presentazione delle domande, nonché le procedure di controllo saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per le disabilità e del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro il 1.03.2024.
Poiché, ad oggi, il decreto non è stato ancora emanato l’agevolazione risulta di fatto ancora inapplicabile.
Forfettario e ritenute
Tra gli altri chiarimenti forniti dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 5.12.2023, n. 32/E viene trattato il tema della ritenuta d’acconto e degli effetti che si genererebbero in caso di superamento del limite dei 100.000 euro di ricavi/compensi nell’anno.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 25, c. 1 D.P.R. 600/1973, i soggetti che corrispondono a soggetti residenti compensi per prestazioni di lavoro autonomo devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20% a titolo d’acconto, con obbligo di rivalsa.
Nel caso dei contribuenti forfetari tale obbligo è derogato dall’art. 1, c. 67 L. 190/2014, disponendo che i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta. Inoltre, il comma 69 dispone che i forfetari non sono nemmeno tenuti a operare le ritenute alla fonte sulle fatture ricevute.
Se il suddetto forfetario supera il limite dei 100.000 euro,fuoriesce immediatamente dal regime agevolato e i compensi percepiti dal professionista ex forfetario, una volta divenuto ordinario, sono assoggettati alla ritenuta d’acconto e dallo stesso momento egli stesso è tenuto a operare ritenuta sulle fatture ricevute.
Si ricorda che le ritenute devono essere operate all’atto del pagamento dei compensi; pertanto, devono essere operate sui compensi che comportano il superamento dei 100.000 euro “percepiti” e per quelli successivi, non devono invece essere operate sui compensi incassati precedentemente, ossia retroattivamente. Quindi, se per esempio la fattura che porta al superamento dei 100.000 euro è stata emessa il giorno 22.12, ma è stata incassata solo il 28.12 la ritenuta sulla stessa deve operarsi dal 28.12 e solo da tale data il professionista ex forfetario si rende anche sostituto di imposta per le fatture ricevute, a decorrere dal primo pagamento da effettuarsi successivamente al 28.12 (nel caso in esempio, anche laddove l’eventuale fattura già ricevuta non indichi l’importo della ritenuta).
La circolare 32/E suddetta fornisce un esempio pratico della questione: il professionista forfetario nel mese di settembre 2023 ha già fatturato e incassato compensi per 80.000 euro e nel mese di ottobre emette, nell’ordine, la fattura n. x di 4.000 euro, la fattura n. y di 30.000 euro e, infine, la fattura n. z di 5.000 euro. Nel mese di novembre è incassata la fattura n. y di 30.000 euro, che determina il superamento del limite di 100.000 euro di compensi «percepiti» nel corso del 2023 e la fuoriuscita immediata dal regime forfetario.
Di conseguenza, il professionista ex forfetario diventato ordinario e subisce la ritenuta d’acconto sia sul medesimo incasso della fattura n. y, sia al momento dell’incasso delle fatture n. x di 4.000 euro e n. z di 5.000 euro, in quanto le stesse verranno incassate dopo il superamento del predetto limite.
Ciò, in ossequio al già richiamato principio di legge secondo cui le ritenute sono operate “all’atto del pagamento” dei compensi.
I buoni pasto? Le scritture contabili per il datore di lavoro
Il datore di lavoro che scelga i buoni pasto al fine di erogare il servizio sostitutivo di mensa per i suoi dipendenti, è tenuto ad eseguire alcuni adempimenti e specifiche registrazioni contabili:
- FASE 1 – nel momento in cui acquista i buoni pasto, sia cartacei che elettronici, dalla società emettitrice; Caso mensa diffusa e non.
- FASE 2 – nel momento in cui consegna i buoni pasto ai dipendenti oppure momento in cui i buoni elettronici sono utilizzabili;
- FASE 3 – nel momento in cui la società emettitrice invia al datore di lavoro la fattura dei buoni pasto elettronici erogati con la modalità della mensa diffusa.
FASE 1 – Scritture contabili da effettuare all’acquisto e alla (FASE 2) – consegna dei buoni pasto cartacei ed elettronici
Supponiamo che un’azienda Alpha Costruzioni Srl, nel mese di aprile, acquisti dalla società emettitrice buoni pasto per un valore di 2800 euro, gravati di IVA con aliquota agevolata al 4%.
- Al momento dell’acquisto l’azienda (datore di lavoro) deve rilevare la voce fornitori buoni pasto nell’Attivo circolante dello Stato Patrimoniale (C5- quarter).
Stato Patrimoniale
DARE | AVERE | |
---|---|---|
DEBITO V/FORNITORI (STATO PATRIMONIALE D7) | 2912,00 | |
FORNITORI BUONI PASTO (STATO PATRIMONIALE C5-QUATER) | 2800,00 | |
IVA SU ACQUISTI DETRAIBILE 4% (STATO PATRIMONIALE D12) | 112,00 |
Mettiamo il caso che l’azienda, nel mese di maggio, abbia erogato ai dipendenti buoni pasto per un valore di 1500 euro.
- FASE 2 – Al momento della erogazione dei buoni pasto ai dipendenti, il costo sostenuto per l’acquisto deve essere rilevato nel Conto Economico, alla voce Costi per Servizi (B.7), con la dicitura costi per buoni pasto ai dipendenti. Contestualmente, nello Stato Patrimoniale, si rileva in avere l’importo corrispondente ai buoni erogati alla voce fornitori buoni pasto
DARE | AVERE | |
---|---|---|
FORNITORI BUONI PASTO (STATO PATRIMONIALE C5 QUATER) | 1500,00 | |
COSTI PER BUONI PASTO AI DIPENDENTI (CONTO ECONOMICO B7) | 1500,00 |
Scritture contabili da effettuare nel caso di buono pasto erogato su card elettronica nell’ipotesi della c.d. “mensa diffusa”
Prendiamo il caso in cui l’azienda stipuli con la società emettitrice un contratto per la fornitura ai suoi dipendenti di una card elettronica abilitata per essere utilizzata nei giorni di presenza e negli orari definiti dal datore di lavoro e con la quale il dipendente abbia diritto ad ottenere un pasto ad un valore predefinito (c.d. mensa diffusa). La fattura che il datore di lavoro riceverà dalla società emettitrice conterrà solamente i buoni effettivamente utilizzati dai lavoratori e quindi, in questo caso, l’azienda pagherà solamente i buoni pasto effettivamente utilizzati.
Ad esempio: nel mese di maggio la società emettitrice invia all’azienda una fattura per l’acquisto di 100 buoni pasto forniti in modalità mensa diffusa del valore di 8,50 euro ciascuno.
- In questo caso il datore di lavoro dovrà registrare l’acquisto dei buoni pasto solo nel momento in cui riceverà la fattura. Nello Stato Patrimoniale si rileva il debito verso i fornitori (D7), mentre nel Conto Economico si rilevano le spese sostenute per l’acquisto dei buoni pasto, alla voce costi per servizi (B7).
DARE | AVERE | |
---|---|---|
DEBITO V/FORNITORI (STATO PATRIMONIALE D7) | 884,00 | |
SPESE PER BUONI PASTO (CONTO ECONOMICO B7) | 850,00 | |
IVA SU ACQUISTI DETRAIBILE 4% (STATO PATRIMONIALE D12) | 34,00 |
Scritture contabili da effettuare nel caso di buono pasto erogato su card elettronica nell’ipotesi della c.d. “mensa diffusa”
Prendiamo il caso in cui l’azienda stipuli con la società emettitrice un contratto per la fornitura ai suoi dipendenti di una card elettronica abilitata per essere utilizzata nei giorni di presenza e negli orari definiti dal datore di lavoro e con la quale il dipendente abbia diritto ad ottenere un pasto ad un valore predefinito (c.d. mensa diffusa). La fattura che il datore di lavoro riceverà dalla società emettitrice conterrà solamente i buoni effettivamente utilizzati dai lavoratori e quindi, in questo caso, l’azienda pagherà solamente i buoni pasto effettivamente utilizzati.
Ad esempio: nel mese di maggio la società emettitrice invia all’azienda una fattura per l’acquisto di 100 buoni pasto forniti in modalità mensa diffusa del valore di 8,50 euro ciascuno.
- In questo caso il datore di lavoro dovrà registrare l’acquisto dei buoni pasto solo nel momento in cui riceverà la fattura. Nello Stato Patrimoniale si rileva il debito verso i fornitori (D7), mentre nel Conto Economico si rilevano le spese sostenute per l’acquisto dei buoni pasto, alla voce costi per servizi (B7).
DARE | AVERE | |
---|---|---|
DEBITO V/FORNITORI (STATO PATRIMONIALE D7) | 884,00 | |
SPESE PER BUONI PASTO (CONTO ECONOMICO B7) | 850,00 | |
IVA SU ACQUISTI DETRAIBILE 4% (STATO PATRIMONIALE D12) | 34,00 |
(RISTORANTE CONVENZIONATO) Come rilevare in busta paga i buoni pasto?
Anche gli esercizi convenzionati con la società emettitrice sono tenuti a contabilizzare i buoni pasto. L’esercente di un ristorante, tavola calda, bar o supermercato dove il lavoratore si reca per consumare il pasto o acquistare generi alimentari pronti all’uso, è tenuto ad effettuare le registrazioni contabili nei due seguenti momenti:
- al momento della somministrazione del pasto o dell’acquisto dei generi alimentari pronti all’uso;
- al momento dell’emissione della fattura nei confronti della società emettitrice.
Facciamo un esempio concreto. Il ristorante ALCHIMIA di Favara nel giorno 10 aprile ha riscosso 100 buoni pasto da 10,00 euro per il pagamento di un pasto dello stesso importo.
Al momento del pagamento (consegna buono pasto) da parte dei clienti, l’esercente emette uno scontrino dello stesso valore del buono con la dicitura “corrispettivo non incassato”. Nell’importo indicato sullo scontrino è compresa anche l’IVA al 10% che dovrà essere versata dall’esercente (es. ristorante) solo quando quest’ultimo avrà emesso la fattura nei confronti della società emettitrice al fine di ottenere il pagamento dei buoni pasto (risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 394/2019).
A fine giornata vengono registrate le scritture contabili.
DARE | AVERE | |
---|---|---|
CORRISPETTIVI NON RISCOSSI | 1000,00 | |
RICAVI | 909,09 | |
IVA NON ESIGIBILE | 90,91 |
A fine mese l’esercente emette la fattura nei confronti della società emettitrice per ottenere il pagamento dei buoni pasto incassati. Mettiamo il caso che in un mese abbia incassato 100 buoni pasto del valore di 10 euro ognuno. Il calcolo della fattura, e di conseguenza dell’importo dovuto dalla società emettitrice avviene in questo modo:
BUONI PASTO INCASSATI | 1000,00 |
SCONTO DEL 10% | -100,00 |
IMPORTO AL NETTO DELLO SCONTO | 900,00 |
BASE IMPONIBILE AI FINI IVA (900/1,1 (operazione di scorporo iva 10%) | 818,18 |
IVA (818,18X10%) | 81,82 |
TOT FATTURA | 900,00 |
Al momento dell’emissione della fattura in contabilità (ristorante) si rileva:
- il credito verso la società emettitrice dei buoni;
- la rettifica del ricavo rispetto a quello annotato nei corrispettivi dovendo tenere conto dello sconto concesso alla società emettitrice;
- l’IVA esigibile eseguendo il giroconto della voce IVA non esigibile;
- la chiusura del conto Corrispettivi non riscossi.
DARE | AVERE | |
---|---|---|
CREDITI V/SOCIETA’ EMETTITRICE | 900,00 | |
RICAVI* rettifica ricavi | 90,91 | |
IVA NON ESIGIBILE | 90,91 | |
CORRISPETTIVI NON RISCOSSI | 1000,00 | |
IVA A DEBITO | 81,82 |
Esiste anche un secondo metodo (metodo comodo e veloce) per contabilizzare i buoni pasto, che consiste nel registrare le scritture contabili relative ai buoni pasto solo al momento dell’emissione della fattura. In questo caso, la registrazione in partita doppia andrà eseguita in questo modo.
DARE | AVERE | |
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CREDITI V/SOCIETA’ EMETTITRICE | 900,00 | |
RICAVI | 818,18 | |
IVA A DEBITO | 81,82 |
Pagamenti sicuri e veloci con i servizi Day
Day offre agli esercenti partner diversi strumenti per rendere facile e veloce la gestione e il rimborso dei buoni pasto ricevuti in pagamento. Come il servizio Pagosubito, disponibile sia per i buoni cartacei, sia per i buoni elettronici, e la dematerializzazione, che consente di registrare i buoni pasto non appena li si riceve.
Sulle Buste Come rilevare in busta paga i buoni pasto? (CONSULENZA DEL LAVORO)
I buoni pasto non devono solo essere registrati in contabilità e tra le voci del bilancio aziendale, ma devono anche essere rilevati in busta paga. Dal momento, però, che fino a un certo importo sono esenti da tassazione e contribuzione, in busta paga verranno rilevati indicando sia la quota esente, sia la quota imponibile.
Mettiamo il caso che un’azienda eroghi a ciascuno dei suoi dipendenti dei buoni pasto cartacei del valore di 6,50 euro l’uno, e che un dipendente, nel mese di maggio, abbia diritto a 25 buoni pasto:
- alla voce buoni pasto esenti verrà indicato l’importo di 100 euro (25 x €4,00=€100,00)
- alla voce buoni pasto soggetti andrà indicato l’importo di 87,50 euro (25 x €2,50=€62,50)
DESCRIZIONE IN BUSTA PAGA | |
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BUONI PASTO ESENTI | 100,00 |
BUONI PASTO SOGGETTI | 62,50 |
Se la stessa azienda eroga ai suoi dipendenti buoni pasto elettronici dello stesso importo indicato nell’esempio sopra, quel lavoratore, nella busta paga di maggio, troverà solo la voce buoni pasto non soggetti o esenti, perché i buoni elettronici sono esenti da tassazione e contribuzione fino alla soglia di 8 euro a buono.
DESCRIZIONE IN BUSTA PAGA | |
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BUONI PASTO ESENTI | 162,50 |
Tassazione dei buoni pasto.
Come la maggior parte dei beni e servizi, i buoni pasto sono soggetti all’IVA:
- ai buoni pasto elettronici viene applicata l’aliquota agevolata del 4%, e l’IVA può essere interamente detratta dalle aziende che li erogano ai propri dipendenti;
- anche ai buoni pasto cartacei viene applicata l’aliquota del 4% e l’IVA può essere interamente detratta dalle aziende che li erogano ai propri dipendenti;
- nel momento in cui un esercente accetta i buoni pasto come mezzo di pagamento dovrà emettere uno scontrino con la dicitura “corrispettivo non incassato” per il servizio di somministrazione di alimenti che ha reso al dipendente. L’esercente fatturerà quindi i buoni alla società emettitrice ed applicherà sia ai buoni cartacei, sia ai buoni elettronici un’aliquota del 10%.
Trattandosi di fringe benefits, i buoni pasto sono parzialmente soggetti a tassazione IRPEF e a contribuzione INPS e concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente se superano la soglia di esenzione stabilita dalla normativa (art. 51 del TUIR-Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Soglia che è fissata a 4 euro per i buoni pasto cartacei e a 8,00 euro per i buoni pasto elettronici.
Per il datore di lavoro, il costo sostenuto per l’acquisto dei buoni pasto è interamente deducibile al 100 dal reddito imponibile.
Documenti ISEE 2024
Titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori – SCIA non seguita da CILA superbonus
Quesito del 15.11.2023
Nell’ambito di un intervento di ristrutturazione edilizia su un’unità immobiliare unifamiliare vengono effettuati interventi agevolati con superbonus al 110%.
Per tale intervento è stata presentata una SCIA, depositata il 4.6.2021 e non integrata successivamente con CILA superbonus.
Poiché la CILA superbonus dovrebbe essere una procedura semplificata rispetto alla SCIA, si chiede se è possibile apporre il visto di conformità.
Risposta
Ai fini della fruizione del superbonus, pare potersi ritenere valida la SCIA (presentata in quanto titolo richiesto dalla normativa edilizia) non “agganciata” ad una successiva CILA superbonus ex art. 119 co. 13-ter del DL 34/2020.
La questione è stata affrontata in alcuni articoli pubblicati su Eutekne.info, cui si rimanda (cfr. Florio C. “CILAS necessaria per il 110% nel 2023 e per le opzioni di cessione e sconto“, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 16.9.2023 e Zanetti E., Zeni A. “Superbonus al 90% sulle spese 2023 per SCIA post 4 agosto 2021 senza aggancio di CILAS“, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 23.8.2023).
Si ritiene avvalori tali conclusioni la circ. Agenzia delle Entrate 13.6.2023 n. 13, § 1.1.1 (si rinvia a quanto osservato sul punto da Zanetti E., Zeni A. “Superbonus al 90% sulle spese 2023 per SCIA post 4 agosto 2021 senza aggancio di CILAS“, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 23.8.2023).
Ad avallo di quanto sopra, si richiama inoltre la Guida dell’Agenzia delle Entrate ottobre 2023 “Ricostruzione post sisma Italia centrale e superbonus 110%”, p. 26-27, domanda 12, ove si precisa che per gli interventi agevolati al contempo con il contributo per la ricostruzione e con il superbonus è necessario presentare la SCIA, il permesso di costruire o il titolo unico ex art. 7 del DPR 160/2010 (poiché tali titoli edilizi sono necessari per fruire dei contributi per la ricostruzione), mentre non occorre depositare anche la CILA superbonus ex art. 119 co. 13-ter del DL 34/2020.
A tali considerazioni di carattere generale si aggiunge che, nella vicenda in esame, la SCIA risulta essere stata depositata prima del 5.8.2021 (data di introduzione dell’obbligo di presentazione della CILA superbonus, a partire dalla quale è divenuto efficace il modello di CILA superbonus recato dall’Accordo Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza unificata 4.8.2021 n. 88).
A maggior ragione, dunque, nessuna decadenza dalla fruizione del superbonus parrebbe essere integrata nel caso di specie (sul punto, si rimanda anche al quaderno operativo ANCI luglio 2021 n. 28, p. 13).
Si aggiunge che, per gli interventi avviati prima del 5.8.2021 (come quello in esame), la circ. Agenzia delle Entrate 13.6.2023 n. 13 (§ 1.1.1) precisa che deve farsi riferimento “alla data di presentazione del diverso titolo abilitativo richiesto dalla normativa all’epoca vigente” (nel caso di specie, la SCIA) anche per riscontrare il rispetto dei requisiti richiesti:
– dall’art. 1 co. 894 della L. 197/2022 (applicazione del superbonus in misura pari al 110% per le spese sostenute nel 2023);
– dall’art. 2 co. 2 del DL 11/2023 (esclusione dal blocco delle opzioni di cessione del credito o sconto sul corrispettivo ex art. 121 del DL 34/2020).
Expertup, festività lavorata, straordinario
Ristorante Didattico, Bar didattico, Service didattico
Da tempo in diverse Regioni italiane sono in essere diverse esperienze tese a riconoscere la “formazione in assetto lavorativo” all’interno di iniziative produttive di istituzioni scolastiche, al fine di favorire l’apprendimento e superare le distanze tra realtà scolastica e lavorativa. Si tratta della cosiddetta “impresa formativa” che si ispira alle esperienze d’imprese di formazione, le EFT (Enterprise de Formation par le travail) sul modello belga.
La risposta sul bar didattico data dall’Agenzia delle Entrate (risposta n. 446/2019) a seguito dell’interpello dell’istituto scolastico, analizza il tema dell’impatto fiscale di queste iniziative produttive, atteso che nel contesto di cui sopra le istituzioni scolastiche, nell’esercizio di compiti di formazione ed educativi, hanno facoltà di svolgere attività di servizi per conto terzi, nonché di alienare i beni prodotti nell’esercizio di attività didattiche o di attività programmate (art. 38 D.I. n. 44/2011).
Il caso in esame riguarda appunto un istituto scolastico statale. Nell’ambito dei progetti messi in atto per le finalità didattiche ed educative dell’istituto, il collegio docenti valuta la possibilità di aprire un bar didattico all’interno dei propri locali, in orari ben definiti, con la somministrazione solo di alcune tipologie di bevande e merende degli studenti che frequentano il medesimo istituto e al personale in servizio.
Dalla risposta dell’Agenzia si evince che l’impatto fiscale di questa nuova modalità formativa riguarda 2 punti fondamentali:
– la natura giuridica dei soggetti che esercitano l’attività;
– la natura ai fini fiscali (Iva e imposte dirette) dell’attività esercitata.
Quanto al primo punto, ai fini delle imposte dirette, la scuola (in quanto ente pubblico che svolge una funzione statale quale l’attività di istruzione superiore) effettua un’attività che assume i connotati propri di non commercialità (attività decommercializzata ai sensi dell’art. 74, c. 2, lett. a) del Tuir), rappresentando questo laboratorio un’attività didattica istituzionale.
Sia permessa una nota. Sarebbe interessante verificare l’inquadramento fiscale se la stessa attività fosse svolta da un ente privato (commerciale o non commerciale ai sensi dell’art. 73, c. 1, lett. b) o c) del Tuir). Gli eventuali proventi costituenti corrispettivi della somministrazione di alimenti e bevande dovrebbero, a nostro avviso, costituire attività commerciale, rilevante ai fini della tassazione.
E ora torniamo a noi. Per gli aspetti Iva, l’Agenzia delle Entrate osserva anzitutto che, allo scopo di stabilire se una determinata attività sia resa da un ente non commerciale in veste commerciale o meno, l’art. 4 , c. 4 D.P.R. 633/1972 prevede che si debbano considerare nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di sevizi effettuate nell’esercizio di attività commerciali.
Premesso che l’attività di “bar didattico” si inserisce, come già detto, nel progetto formativo dell’istituto e rappresenta il naturale completamento del percorso di professionalizzazione degli studenti, nel caso in esame non sembra sussistere una specifica organizzazione dell’istituto per la realizzazione dell’attività.
In considerazione delle menzionate circostanze, l’Agenzia afferma che la descritta attività di bar didattico non si può qualificare come attività imprenditoriale e, in assenza del presupposto soggettivo di cui all’art. 4, c. 4, citato sopra, non assume rilevanza ai fini Iva.