Villette, costi intervenuti superbonus

Per gli interventi superbonus nelle “villette”, ai fini dell’effettuazione dei lavori per il 30% dell’intervento complessivo, la condizione è rispettata anche se a consuntivo tale percentuale risulta inferiore in dipendenza del fatto che, nel corso dei lavori, sono aumentati i costi inizialmente stimati per i lavori già previsti, oppure del fatto che si è reso necessario eseguire nuovi lavori inizialmente non previsti, purché necessari per il completamento di quelli “originari”.

Le spese relative a nuovi lavori inizialmente non previsti e nemmeno necessari al completamento di quelli “originari” non possono invece beneficiare del superbonus al 110%, ma al più degli altri bonus “ordinari” (bonus casa, ecobonus, eccetera).
L’importante chiarimento è contenuto nella circ. Agenzia delle Entrate 26 giugno 2023 n. 17 con riguardo alla disposizione di cui all’art. 119 comma 8-bis del DL 34/2020.

Il citato comma 8-bis, da ultimo modificato dall’art. 01 comma 1 del DL 16 febbraio 2023 n. 11 introdotto in sede di conversione dalla L. 11 aprile 2023 n. 38, estende, infatti, al 30 settembre 2023 (in luogo del 31 marzo 2023) il termine entro cui le persone fisiche, per poter beneficiare del superbonus ex art. 119 del DL 34/2020 con aliquota del 110%, possono sostenere spese per gli interventi su:
– edifici unifamiliari;
– unità immobiliari, situate all’interno di edifici plurifamiliari, funzionalmente indipendenti e con almeno un accesso autonomo.

Per poter beneficiare della proroga del superbonus per le spese sostenute entro fine settembre, tuttavia, continua ad essere necessario che alla data del 30 settembre 2022 risultino effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo.
Nel computo della percentuale del 30% è la norma a stabilire che possono essere compresi anche i lavori non agevolati con il superbonus, ma la circ. 17/2023 aggiunge un ulteriore importante chiarimento affermando che “tale condizione si considera rispettata anche se l’ammontare corrispondente all’intervento complessivo aumenti a seguito di ulteriori lavori, necessari al completamento dello stesso, oppure a causa di un aumento dei costi riferiti all’intervento complessivo iniziale, e tali circostanze determinino la riduzione della predetta percentuale”.

Non è affatto infrequente, infatti, che nel corso degli interventi edilizi si renda necessario effettuarne altri non inizialmente preventivati o che i costi iniziali aumentino in maniera tale da non consentire il soddisfacimento della condizione dell’effettuazione del 30% dei lavori al 30 settembre 2022 a consuntivo.
Il prezioso chiarimento dell’Amministrazione finanziaria è di conforto per coloro che nel corso dei lavori hanno visto lievitare per i motivi di cui si è detto i relativi costi, ma occorre prestare attenzione al fatto che i sopraggiunti lavori siano “necessari al completamento” dell’intervento.

Rimangono infatti escluse dal superbonus “le spese riconducibili a nuovi interventi, non inizialmente previsti nell’intervento complessivo originario e non necessari ai fini del completamento dello stesso”.
Si ritiene che il chiarimento concernente l’irrilevanza dell’abbattimento “a posteriori” di un SAL sotto la soglia del 30%, in dipendenza di aumento dei costi inizialmente stimati sugli interventi già a progetto, oppure dell’aggiunta di nuovi interventi inizialmente non previsti, valga anche al di fuori dello specifico caso delle villette con interventi superbonus realizzati almeno al 30% alla data del 30 settembre 2022.

Si ritiene invece che il distinguo degli interventi “sopravvenuti” tra necessari ai fini del completamento degli interventi “originari” e non necessari, valga solo con riguardo ai casi in cui la normativa fotografa una data specifica entro cui una determinata percentuale di completamento deve essere stata realizzata (come le villette con interventi superbonus realizzati almeno al 30% alla data del 30 settembre 2022, ma anche come gli IACP ed enti equivalenti, di cui alla lett. c) dell’art. 119 comma 9 del DL 34/2020, con interventi superbonus realizzati almeno al 60% alla data del 30 giugno 2023, ai fini della estensione temporale della finestra superbonus con percentuale al 110% sino al 31 dicembre 2023).

UNico 2023 quadro RU – Industria 4.0 e Mezzogiorno

Es. acquisto trattore con indicazione credito d’imposta industria 4.0

In RU 2 righi:

  1. RU01

2) RU130 Trattore gruppo 1 e segnare interconnessione

RU codice evento 2L Industria 4.0

Per il credito mezzogiorno – Investimenti beni strumentali ex l. 208/2015 – inserire codice C4

Modello UNICO 2023 RIGO RS401 codice 51 (QUESTO QUADRO RIGUARDA SOLO IL mezzogiorno 208/2015) SU cim17

RIMBORSO SPESE MEDICHE

Nel 2020 ho acquistato un dispositivo medico (apparecchio acustico). Dopo la presentazione del modello 730/2021, nel quale ho richiesto la detrazione del 19% della spesa, per tale acquisto ho ricevuto un rimborso parziale dal Servizio sanitario nazionale. Devo inserire questo rimborso nella prossima dichiarazione dei redditi e in che modo?

Lorenzo F.

risponde Paolo Calderone

Per esercitare il diritto alla detrazione delle spese sanitarie è necessario che le stesse siano state effettivamente sostenute e quindi rimaste a carico del contribuente.
Le somme conseguite a titolo di rimborso di oneri, per i quali si è già usufruito della detrazione in periodi d’imposta precedenti, devono essere assoggettate a tassazione separata (articolo 17, comma 1 lettera n-bis, del Tuir).
Pertanto, il contribuente dovrà indicare il rimborso ricevuto, tra i redditi soggetti a tassazione separata, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui lo ha ricevuto (Modello 730 – Quadro D – o Modello Redditi Persone fisiche – Quadro RM).

Rigo RM 9: Oneri Rimborsati Dedotti In Anni Precedenti

Il rigo RM 9 si compone di due colonne: in Colonna 1 devono essere indicate le somme percepite a titolo di rimborsi di imposte (esempio il Contributo al Servizio Sanitario Nazionale) o di oneri dedotti dal reddito complessivo di anni precedenti; in Colonna 2: deve essere barrata la relativa casella qualora il contribuente opti per la tassazione ordinaria. Nel caso di scelta per la tassazione ordinaria, le somme indicate nella Colonna 2 devono essere sommate nella Colonna 1 del Rigo RM 15.

https://fiscomania.com/quadro-rm-oneri-rimborsati/

Bonus Facciate Indicazione in DR

Con riguardo agli interventi di recupero o restauro della facciata esterna degli edifici che danno diritto al c.d. “bonus facciate”, di cui all’art. 1 commi 219-223 della L. 160/2019, anche per la compilazione dei modelli dichiarativi relativi all’anno 2022 occorre distinguere a seconda della tipologia di intervento agevolato.
Premesso che detta detrazione IRPEF/IRES non compete più con riguardo alle spese sostenute dal 1° gennaio 2023, per quelle sostenute negli anni 2020 e 2021 competeva nella misura del 90%, mentre per quelle sostenute nel 2022 del 60%.

La compilazione dei modelli è subordinata alla circostanza che l’intervento sia o meno “influente dal punto di vista termico”.
Tralasciando il rispetto degli ulteriori requisiti tecnici di cui all’art. 1 comma 220 della L. 160/2019 necessari per poter beneficiare dell’agevolazione in commento (per approfondimenti si rimanda al Quaderno Eutekne n. 170), è necessario qualificare gli interventi di rifacimento della facciata tra quelli di manutenzione ordinaria oppure tra quelli di efficienza energetica.

Rientrano tra gli interventi di manutenzione ordinaria che consentono di beneficiare del bonus facciate quelli di sola pulitura o di sola tinteggiatura esterna, mentre sono qualificabili come interventi di efficienza energetica quelli “influenti dal punto di vista termico” o che “interessino oltre il 10 per cento dell’intonaco della superficie disperdente lorda”.
Dalla corretta qualificazione dell’intervento conseguono, evidentemente, diversi adempimenti, requisiti tecnici e normative di riferimento, oltre che una diversa modalità di compilazione dei modelli REDDITI 2023.

Rimane fermo che ove i beneficiari della detrazione abbiano optato, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, alternativamente per il c.d. “sconto sul corrispettivo” o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione, ai sensi dell’art. 121 del DL 34/2020, nulla deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi con riguardo alle spese sostenute per le quali si è scelto di optare.

Per gli interventi di sola pulitura e tinteggiatura delle facciate, ai fini compilativi del modello REDDITI PF 2023 occorre fare riferimento ai righi RP41-RP47 del quadro RP e indicare il codice intervento “15” in colonna 2 (potrebbe essere altresì necessario compilare i righi RP51 e RP 52 con i “Dati catastali identificativi dell’immobile”).
Nel modello 730/2023 devono essere compilati i righi da E41 a E43, ed eventualmente la sezione dei dati catastali dell’immobile.

Qualora gli interventi relativi al bonus facciate non siano stati di mera pulitura o tinteggiatura, ma abbiano influito dal punto di vista termico o abbiano interessato oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio, nel modello REDDITI PF 2023 occorre compilare i righi RP61-RP64, indicanto il codice “15” in colonna 1 (nel modello 730/2023 sono da compilare i righi E61-E62 che riguardano gli interventi di riqualificazione energetica).

Per la compilazione del modello REDDITI SP 2023 occorre invece fare riferimento ai righi RP1-RP14 del quadro RP, mentre nel modello REDDITI SC 2023 devono essere compilati i righi RS150 e RS151 del quadro RS (in quest’ultimo caso, in colonna 2 deve essere indicato il codice “11” se la spesa è stata sostenuta per interventi per cui spetta la detrazione del 90% o il codice “12” se spetta la detrazione del 60%).

F24 a saldo zero – annullamento

Nel caso in cui il Contribuente si accorga che la compensazione effettuata con un modello F24 presentato a saldo zero risulti errata, può chiedere l’annullamento della delega di pagamento, compilando questo modulo con le informazioni richieste.
Non è possibile annullare il modello F24 con saldo uguale a zero relativo a tributi non gestiti dall’Agenzia delle Entrate (ad esempio, Inps, Inail, Cciaa).

Expertup, forfettari cambi di regime

Cosa fare se un contribuente esce dal regime forfettario o vi rientra? Come impostare il software Exertup?

Per eseguire il riporto a cui Lei fa riferimento occorre anzitutto che il dichiarativo 2023 (anno imposta  2022) sia adeguato dal modello dell’anno precedente e inoltre che dentro il “Frontespizio” del modello 2023 > sezione “Dati anagrafici” sia inserito il flag su “Fuoriuscita dal regime” (tale flag è manuale e occorre che il quadro LM non sia presente nel modello); solo allora  il programma proporrà in RN38 co.4   l’importo  dell’acconto presente nell’LM del modello relativo all’anno precedente in sezione “Acconti” > “Versamento”.

Acconti forfettari, come gestirli? RN38 colonna 4

Un tema che ritorna sempre all’atto della fuoriuscita da un regime agevolato (forfetario o di vantaggio) è quello relativo agli acconti d’imposta che occorre eventualmente versare nel primo anno di applicazione del regime IRPEF ordinario.
Si consideri il caso del contribuente che ha applicato il regime forfetario per l’ultima volta nel 2021 e che, dal 2022, applica quello ordinario.

In assenza di interventi di fonte ufficiale sul punto, per dirimere la questione occorre rifarsi alla disciplina generale in materia di versamento degli acconti delle imposte sui redditi, cui rimandano le disposizioni istitutive di entrambi i regimi.

La norma di riferimento risale a 45 anni fa: si tratta dell’art. 1 comma 1 della L. 97/77, che subordina l’obbligo di versamento dell’acconto IRPEF/IRES alla circostanza che, nel periodo d’imposta precedente (nel nostro esempio, 2021) a quello di riferimento (nel nostro esempio, 2022), allo stesso tempo:
– si sia registrata un’imposta a debito, al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute subite (la c.d. “base storica” di riferimento);
– tale imposta risulti pari o superiore a un determinato ammontare (52 euro – “vecchie” 100.000 lire – per l’IRPEF e 21 euro – “vecchie” 40.000 lire – per l’IRES).

In base alla norma richiamata, si ritiene che gli acconti dell’imposta sostitutiva del regime forfetario relativi al 2022 non siano dovuti da coloro che hanno applicato il regime per l’ultima volta nel 2021. In tale ipotesi, dal momento che per il 2022 non sarà dovuta alcuna imposta sostitutiva da dichiarare nel quadro LM del modello REDDITI PF 2023 (come conseguenza della fuoriuscita dal regime), nel 2022 non è dovuto alcun importo a titolo di acconto di tale imposta.

Potrebbe, invece, risultare dovuto l’acconto IRPEF 2022, da corrispondere in due rate o in un’unica soluzione, secondo le consuete modalità e con i codici tributo propri dell’IRPEF.

Ai fini del calcolo dell’acconto IRPEF 2022 con il criterio storico, peraltro, nessun rilievo assume il reddito assoggettato a imposta sostitutiva per l’ultima volta nel 2021. Pertanto, laddove il contribuente, nel 2021, non abbia conseguito ulteriori redditi assoggettabili a IRPEF o li abbia conseguiti, ma evidenziando nel rigo RN34 del modello REDDITI PF 2022 un importo inferiore a 52 euro, nel 2022 non sarebbe dovuto nessun acconto nemmeno a titolo di IRPEF.

Quale ulteriore conferma della bontà del nostro ragionamento, occorre citare la C.M. 31 ottobre 1977 n. 96/13/3983, secondo la quale “il presupposto dell’obbligo di versamento dell’acconto scaturisce dal fatto che il soggetto” rivesta “la qualità di contribuente nell’anno precedente: infatti l’acconto (…) viene commisurato all’imposta relativa all’anno decorso”. In altre parole, “ai fini dell’acconto la qualità di soggetto d’imposta deve sussistere tanto nel periodo di competenza quanto in quello precedente”.

Riprendendo un’altra volta il nostro esempio alla luce di tale documento di prassi, il contribuente che applica il regime ordinario nel 2022 dopo essere stato per l’ultima volta forfetario nel 2021:
– nel 2022 non deve più l’acconto dell’imposta sostitutiva del regime forfetario, perché non è più soggetto d’imposta;
– nel 2022 può essere soggetto all’obbligo di versamento dell’acconto IRPEF 2022 (in due rate o in unica soluzione) al ricorrere delle condizioni sopra evidenziate (in pratica, conseguimento di ulteriori redditi assoggettabili ad IRPEF nel 2021 che portino ad evidenziare, nel rigo RN34 del modello REDDITI PF 2022, un importo almeno pari a 52 euro).

Non sembrano poter condurre a differenti conclusioni nemmeno le istruzioni al rigo RN38 (“Acconti”), colonna 4 (“di cui fuoriusciti regime di vantaggio o regime forfetario”) del modello REDDITI FP 2022, nella quale devono essere indicati gli acconti dell’imposta sostitutiva del regime di vantaggio o del regime forfetario versati nel 2021 da parte dei contribuenti che ne sono fuoriusciti nello stesso 2021, applicando già da tale anno il regime ordinario.

A ben vedere, però, soltanto con riferimento al regime di vantaggio è contemplata l’ipotesi della fuoriuscita “in corso d’anno”, allorquando sia stato superato il limite di 45.000 euro di ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta (cioè, per il superamento del limite di ricavi o compensi, fissato a 30.000 euro, di oltre il 50%).

Analoga ipotesi non è prevista, invece, relativamente al regime forfetario: potrebbe quindi sorgere il dubbio che il richiamo operato dalle istruzioni ai forfetari fuoriusciti dal regime a partire dal 2021 ponga implicitamente in capo a essi l’obbligo di versamento dell’acconto dell’imposta sostitutiva relativa al medesimo anno, anche se non ne sono più soggetti passivi.

Si ritiene che tale conclusione sia però incoerente con il quadro normativo e interpretativo sopra delineato e che il suddetto richiamo interessi soltanto i contribuenti che hanno, ad esempio, corrisposto l’acconto per errore oppure a fini prudenziali.

Altra nota a supporto

Premessa – Il contribuente che per effetto delle norme transitorie ha mantenuto il regime dei minimi di cui alla Legge 244/2007 (art. 1 comma 117) adottato fin già dal 2014 anche per il periodo d’imposta 2015 deve calcolare l’acconto con le regole previste per tale regime. In pratica l’acconto va calcolato adottando il metodo storico, nella misura del 100% di quanto dovuto a titolo di imposta complessiva per il 2014. In particolare si dovrà fare riferimento al rigo LM14 di Unico 2015.

Regime dei minimi – I soggetti che nel 2014 hanno applicato il regime dei minimi possono determinare l’acconto 2015 sia con il metodo storico che con il metodo previsionale. Con riferimento agli acconti occorre evidenziare quanto segue:

  • il regime dei minimi non prevede l’assoggettamento ad IRAP e quindi i soggetti in esame non sono tenuti al versamento del relativo acconto;
  • va verificata la necessità di versare l’acconto IRPEF 2015 qualora dal Mod. UNICO 2015 risulti, oltre all’imposta sostitutiva, anche un’IRPEF dovuta (derivante dal possesso di altri redditi di natura diversa rispetto a quelli conseguiti in regime dei minimi, ordinariamente assoggettati a tassazione).

Fuoriuscita minimi – I contribuenti che fuoriescono dal regime dei minimi (ad esempio, a partire dal 1° gennaio 2015) e adottano il regime ordinario, determineranno il reddito 2015 nei modi ordinari assoggettando lo stesso ad IRPEF. Considerando il meccanismo di scomputo previsto nel quadro RN, Mod. UNICO PF, i soggetti fuoriusciti dal regime versano l’acconto dell’imposta sostitutiva (ancorché per lo stesso periodo siano soggetti all’IRPEF) che successivamente verrà fatta “confluire” nell’IRPEF. In sostanza, tali contribuenti versano l’acconto 2015 utilizzando i codici tributo previsti per l’imposta sostitutiva e dovranno indicare quanto versato a tale titolo a rigo RN38, colonna 4, Mod. UNICO 2016 PF.

Regime forfettario – I contribuenti che, a partire dal 01.01.2015, hanno optato, o sono naturalmente transitati per il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 190/2014, non devono per quest’anno versare alcun acconto con riferimento all’imposta sostitutiva dovuta con aliquota del 15%. Il contribuente che proviene dal regime ordinario, transitando ad un regime con imposta sostitutiva, può valutare l’ipotesi di una determinazione dell’acconto IRPEF in via previsionale, non considerando il reddito d’impresa/lavoro autonomo.

Calcolo previsionale – Il contribuente che, nel 2015, è transitato per obbligo o per opzione nel regime forfettario provenendo da un regime ordinario dovrà valutate attentamente il da farsi. Sul punto va detto che manca nel regime forfettario di cui alla legge di Stabilità 2015 una disposizione analoga a quella prevista all’abrogato articolo 1, comma 117, della legge 244/2007 che obbligava i “minimi” a considerare anche in sede di calcolo previsionale le regole ordinarie e non quelle del regime agevolato. Pertanto, in assenza di indicazioni previste in tal senso, il contribuente in questi casi potrebbe validamente procedere a rideterminare l’acconto non su basi storiche ma su quelle previsionali arrivando per questi versi anche ad azzerare quanto dovuto.

Inizio attività forfettario – Per chi ha iniziato l’attività direttamente nel nuovo regime forfettario non ci sono problemi di sorta poiché; la norma istitutiva del nuovo sistema contabile si limita a stabilire che il pagamento dell’imposta sostitutiva (del 15%) va effettuato negli stessi termini e con le modalità previste per il versamento Irpef. Secondo il metodo storico il contribuente non è tenuto a versare acconti relativi all’imposta sostitutiva.

NUOVO FORFETTARIO – USCITA PER SUPERAMENTO DEL LIMITE DEI 100.000EURO

Per effetto delle novità introdotte dall’art. 1 comma 54 della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023), dal 2023, in deroga alla regola generale secondo cui la fuoriuscita dal regime forfetario si verifica dall’anno successivo a quello in cui sono superati i requisiti d’accesso e permanenza o si è verificata una causa di esclusione, viene prevista l’esclusione automatica e immediata dal medesimo regime se, in corso d’anno, i ricavi e i compensi percepiti superano la soglia di 100.000 euro (art. 1 comma 71 della L. 190/2014).

Ai fini delle imposte dirette, per il periodo d’imposta in cui i ricavi o i compensi superano il predetto limite, il reddito è determinato con le modalità ordinarie (cfr. la Relazione illustrativa al Ddl. di bilancio 2023), con applicazione di IRPEF e relative addizionali. Ai fini IVA, è dovuta l’imposta a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite. È quindi fatta salva l’esclusione da IVA per le operazioni precedenti che, ai sensi dell’art. 6 del DPR 633/72, si intendono già effettuate.

Così, se nel 2023 sono percepiti ricavi o compensi di importo superiore a 100.000 euro, dallo stesso 2023 il contribuente passa al regime IRPEF ordinario, con le conseguenze sopra evidenziate.
Peraltro, la legge non si sofferma sugli effetti della fuoriuscita immediata ai fini del calcolo degli acconti IRPEF e dell’imposta sostitutiva del regime forfetario eventualmente dovuti per lo stesso 2023.

Per quanto riguarda l’acconto IRPEF 2023, si ritiene che la fuoriuscita non produca alcuna conseguenza, anche se, nel modello REDDITI 2024, il calcolo dell’IRPEF dovuta per il 2023 dovrà tenere conto del reddito che, in assenza di fuoriuscita, sarebbe stato assoggettato all’imposta sostitutiva del regime forfetario.
In pratica, l’acconto IRPEF 2023 risulta dovuto secondo le regole ordinarie e, quindi, dovrà essere versato se il rigo RN34 (o RN61, colonna 4, in caso di obblighi di ricalcolo) del modello REDDITI 2023 PF è pari o superiore a 52 euro.

Se sussiste l’obbligo di versamento, è consigliabile adoperare il metodo storico (100% dell’importo del suddetto rigo RN34 o RN61, colonna 4, in presenza di obblighi di ricalcolo), perché, in caso di adozione del metodo previsionale, l’IRPEF che si ritiene dovuta per il 2023 andrebbe calcolata considerando anche il reddito che, in assenza di fuoriuscita, sarebbe stato assoggettato all’imposta sostitutiva del regime forfetario.

Relativamente, invece, all’acconto di tale imposta sostitutiva, occorre distinguere secondo che la fuoriuscita si verifichi prima o dopo il termine di versamento della prima o della seconda o unica rata d’acconto.

Ad esempio, nell’ipotesi in cui il limite di 100.000 euro sia già stato superato a giugno 2023 e, quindi, prima dello spirare del termine di versamento della prima rata vi sia già la certezza di passare al regime ordinario per il 2023, in linea di principio non sussiste più l’obbligo di versare l’acconto dell’imposta sostitutiva, perché dal 2023 non si è più soggetti d’imposta.

Infatti, come ricordato dalla C.M. 31 ottobre 1977 n. 96/13/3983 (in tema di acconto IRPEF, ma applicabile anche alle relative imposte sostitutive), “il presupposto dell’obbligo di versamento dell’acconto scaturisce dal fatto che il soggetto” rivesta “la qualità di contribuente nell’anno precedente: infatti l’acconto (…) viene commisurato all’imposta relativa all’anno decorso”. In altre parole, “ai fini dell’acconto la qualità di soggetto d’imposta deve sussistere tanto nel periodo di competenza quanto in quello precedente”.

Peraltro, a fronte della rigida posizione degli Uffici (si veda “Infondati gli avvisi bonari per omessi acconti nel passaggio al forfetario” del 5 aprile 2023), a fini prudenziali pare comunque possibile corrispondere l’acconto 2023 dell’imposta sostitutiva, assumendo come base “storica” di computo l’importo indicato nel rigo LM42 del modello REDDITI 2023, importo che potrà essere scomputato dall’IRPEF dovuta a saldo per il 2023, indicandolo nel rigo RN38, colonna 4 del modello REDDITI 2024 (ammesso che la numerazione rimanga la stessa).

Diversamente, se la fuoriuscita si verifica dopo il termine di versamento della prima o della seconda o unica rata, gli acconti eventualmente versati potranno essere scomputati dall’IRPEF dovuta a saldo per il 2023, indicandoli, anche in questo caso, nel rigo RN38, colonna 4 del modello REDDITI 2024 (ammesso che la numerazione rimanga la stessa).

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Asseverazione e Visto, solo con sconto o cessione

In linea generale, è sempre previsto l’obbligo di richiedere il visto di conformità e l’asseverazione della congruità delle spese se si sceglie di usufruire della cessione del credito o dello sconto in fattura al posto della detrazione in dichiarazione dei redditi, per le spese relative agli interventi di:

a) recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis del TUIR

b) efficienza energetica di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63;

c) adozione di misure antisismiche di cui all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63;

d) recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, comma 219 e 220, della legge 27 dicembre 2019, n. 160;

e) installazione di impianti fotovoltaici di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del TUIR;

f) installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici di cui all’articolo 16-ter del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63;

ad eccezione delle opere classificate come “attività di edilizia libera” o di interventi che comportano una spesa complessiva non superiore a 10.000 euro.

È invece sempre previsto l’obbligo di richiedere il visto di conformità e l’asseverazione della congruità delle spese, al fine di usufruire della cessione del credito o dello sconto per gli interventi che danno diritto al “bonus facciate” (articolo 1, comma 219, della legge n. 160/2019).

Ciò premesso, venendo al suo quesito, Le confermo che in caso di scelta della detrazione del 50%, non è necessario richiedere l’asseverazione sulla congruità delle spese se opta per l’utilizzo diretto in dichiarazione dei redditi della detrazione in 10 anni delle spese che sostiene per interventi di manutenzione straordinaria.