Emissione di fattura in reverse charge con imponibile errato – Regolarizzazione del cessionario/committente – Modalità e ravvedimento operoso

Quesito del 26.5.2023
In un’operazione soggetta a reverse charge avvenuta nell’anno 2022, il cedente/prestatore emette la fattura indicando per errore un imponibile errato quindi più basso.
Si ipotizza che l’operazione sia stata regolarmente contabilizzata e dunque che non ci sia stato riflesso in tema di imposte sui redditi.
Il cessionario/committente intende regolarizzare l’operazione nel 2023 ai sensi dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97.
Che sanzioni si devono pagare?
In che modo l’operazione va regolarizzata relativamente alle liquidazioni IVA e alla dichiarazione IVA?
Precisamente, la regolarizzazione incide sulle liquidazioni/dichiarazione 2022 o 2023?

Risposta
Nel caso di specie si tratta di operazione soggetta a reverse charge, dunque la sanzione irrogabile, in luogo dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97, è quella del successivo co. 9-bis ultimo periodo.
Tale norma stabilisce:
“E’ punito con la sanzione amministrativa compresa fra 500 euro e 20.000 euro il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, omette di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile di cui agli articoli 1734, comma 6, secondo periodo, e 74, settimo e ottavo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e agli articoli 46, comma 1, e 47, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
Se l’operazione non risulta dalla contabilità tenuta ai sensi degli articoli 13 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, la sanzione amministrativa è elevata a una misura compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 5, comma 4, e dal comma 6 con riferimento all’imposta che non avrebbe potuto essere detratta dal cessionario o dal committente.
Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano anche nel caso in cui, non avendo adempiuto il cedente o prestatore agli obblighi di fatturazione entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o avendo emesso una fattura irregolare, il cessionario o committente non informi l’Ufficio competente nei suoi confronti entro il trentesimo giorno successivo, provvedendo entro lo stesso periodo all’emissione di fattura ai sensi dell’articolo 21 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, o alla sua regolarizzazione, e all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile”.
E’ quindi prevista una procedura di regolarizzazione simile a quella del precedente co. 8.
Trattasi di un obbligo di regolarizzazione posto a carico del cessionario/committente, autonomo rispetto alla violazione commessa dal cedente/prestatore.
Considerato che i trenta giorni dall’operazione fatturata con un imponibile errato sono ormai decorsi, la regolarizzazione non può più avvenire senza il pagamento di sanzioni, essendo nei fatti un ravvedimento operoso.
Da quanto emerge dal testo del quesito, sembra che la violazione commessa dalla controparte non abbia avuto effetto in tema di imposte sui redditi quindi la sanzione minima su cui applicare il ravvedimento operoso sembra quella fissa di 500,00 euro.
Quand’anche l’operazione non fosse stata contabilizzata dal cedente/prestatore, si tratta di un aspetto che ben può essere sconosciuto al cessionario/committente, quindi in ogni caso si ritiene corretta l’applicazione della sanzione fissa, sebbene sul tema difettino specifiche indicazioni di prassi.
Alla luce del fatto che la violazione commessa dal cessionario/committente consiste nella sola omessa regolarizzazione (salvo naturalmente il concorso nella violazione, principio generale contenuto nell’art. 9 del DLgs. 472/97), riteniamo che questi non abbia commesso violazioni in tema di comunicazioni delle liquidazioni periodiche né di natura dichiarativa.
Per prudenza e visti gli esigui importi in considerazione, è tuttavia opportuno sanare anche queste violazioni con riferimento alla dichiarazione IVA 2023, di cui in prosieguo.
Ciò specie se si considera che, in tema di reverse charge, secondo la prassi e la giurisprudenza il soggetto passivo è il cessionario/committente, quindi egli sarebbe tenuto, nel momento in cui regolarizza l’omessa/errata fatturazione della controparte, anche a sindacare le valutazioni giuridiche da questa effettuate (circ. Agenzia delle Entrate 19.2.2008 n. 12, § 10.3, proprio con riferimento all’obbligo di regolarizzazione, sia pure nel contesto ante DLgs. 158/2015; così anche la Cass. 4.5.2022 n. 14154).
In sostanza, saremmo in presenza di un obbligo dai connotati più incisivi rispetto a quello dell’art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97.
Gli adempimenti IVA susseguenti alla regolarizzazione vanno a nostro avviso eseguiti “ora per allora”, facendo quindi riferimento all’anno 2022. Pertanto, pur in assenza di documenti di prassi sul tema, sembra necessario:
– effettuare l’inversione contabile con riferimento al maggior imponibile non fatturato dal cedente, emettendo la fattura con il sistema di interscambio indicando il codice “TD20”;
– registrare l’operazione nel registro delle vendite e nel registro degli acquisti, specificando, in apposito conto, che si tratta di operazione relativa al 2022, in modo che non venga intaccata la liquidazione periodica del 2023;
– presentare la dichiarazione IVA 2023 integrativa, relativa quindi all’anno 2022.
In tale dichiarazione, il maggior imponibile regolarizzato dovrà essere indicato nel quadro VJ e nel quadro VF.
Sarà anche necessario compilare il quadro VH per regolarizzare le errate comunicazioni delle liquidazioni periodiche (vedasi la ris. Agenzia delle Entrate 28.7.2017 n. 104).
Al fine di porre in essere la regolarizzazione dell’operazione descritta, l’emissione dell’autofattura (identificata dal “Tipo documento” TD20) dovrebbe riportare, quale data, il giorno in cui è stata effettuata ex art. 6 del DPR 633/72 la cessione da regolarizzare. Dunque, si tratterebbe di una data dell’anno 2022.
Dovrebbe, altresì, essere consentito il diritto alla detrazione dell’IVA con riferimento alla medesima data di emissione del documento rettificativo. Come già accennato, diversamente dalle ipotesi in cui la regolarizzazione è posta in essere dal cessionario o committente ex art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97 per operazioni con rivalsa dell’IVA, nel caso di specie a regolarizzare è il soggetto debitore d’imposta ai sensi dell’art. 17 co. 5 ss. del DPR 633/72 (e la norma sanzionatoria è individuata dall’art. 6 co. 9-bis del DLgs. 471/97).
In assenza di un chiarimento espresso da parte della prassi, non è comunque da escludere che l’Ufficio possa affermare che il diritto alla detrazione dell’IVA, da parte del soggetto passivo, decorre dalla materiale produzione del documento di regolarizzazione dell’inversione contabile (dunque, nell’anno 2023); nel caso di specie, infatti, dopo aver proceduto alla preliminare emissione di un file XML contraddistinto dal codice “TD20”, con indicazione di uno dei sottocodici della Natura “N6.” occorrerebbe procedere all’integrazione dello stesso che, se fatta per via elettronica, comporterebbe la trasmissione al SdI di un documento contrassegnato dal codice “TD16”.
Ciò però contrasterebbe con il principio di effettività, se si osserva che il termine ultimo per il diritto alla detrazione sarebbe decorso già alla data del 30 aprile u.s.
A livello operativo, se si segue la prima tesi, la regolarizzazione comporterebbe anche una rettifica della dichiarazione IVA per il 2022, includendo l’operazione sia nel quadro VJ (imposta a debito derivante dall’applicazione del reverse charge) sia nel quadro VF (imposta ammessa in detrazione).
Nei registri IVA del 2023 (data di materiale emissione del documento), dovrebbe essere costituito uno specifico sezionale per riferire l’operazione all’anno precedente (sia per il registro delle fatture emesse sia per il registro degli acquisti).
Coerentemente con la regolarizzazione effettuata e con le modalità di registrazione, dovrebbe essere necessario rettificare la comunicazione delle liquidazioni periodiche (art. 21-bis del DL 78/2010) con riferimento al trimestre 2022 in cui è datata la fattura, seppure la regolarizzazione non determini alcuna variazione in termini di IVA dovuta.
A titolo prudenziale, si ritengono commesse:
– la violazione da errata comunicazione delle liquidazioni periodiche, sanzionata da 500,00 euro a 2.000,00 euro ex art. 11 co. 2-ter del DLgs. 471/97;
– la dichiarazione inesatta, sanzionata da 250,00 euro a 2.000,00 euro ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 471/97.
Il ravvedimento avviene:
– ai sensi dell’art. 13 co. 1 lett. b-bis) del DLgs. 472/97 (entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo a quello in cui è stato commesso l’errore quindi entro il 30.4.2024) per l’omessa regolarizzazione e per l’errata liquidazione periodica, con riduzione delle sanzioni a 1/7 del minimo;
– ai sensi dell’art. 13 co. 1 lett. a-bis) del DLgs. 472/97 (entro i 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione), per la dichiarazione inesatta, sempre che il ravvedimento avvenga entro il 31.7.2023 con riduzione della sanzione a 1/9 del minimo.
Fermo quanto esposto, nel modello F24 occorre indicare quale anno di riferimento il 2022 e quale codice tributo “8904” nonchè pagare:
– 71,42 euro (500/7) per l’omessa regolarizzazione;
– 71,42 euro (500/7) per l’errata liquidazione periodica (in questo caso, quale codice tributo, potrebbe anche ritenersi corretto “8911”);
– 27,78 euro (250/9) per la dichiarazione inesatta.
In assenza di ravvedimento operoso, salvo limiti alla detrazione o contesti frodatori (esclusi nel caso di specie), l’Agenzia delle Entrate, senza recuperare alcuna imposta, notificherà l’atto di contestazione della sanzione ex art. 6 co. 9-bis ultimo periodo del DLgs. 471/97, definibile al terzo dell’irrogato ai sensi dell’art. 16 del DLgs. 471/97.

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