Verbalizzazione, statuto, clausole di tutela e tempistiche: il termine è di 90 giorni dalla data di adozione, con una finestra più ampia per il socio.
Anche in un periodo di tour de force come questo, un tempestivo aggiornamento dei libri sociali delle società clienti di studio, con il riporto delle delibere assembleari e consiliari fornite dal cliente, è senz’altro necessario e opportuno, sia in ottemperanza a disposizioni di legge, sia per l’eventuale necessità di impugnare una o più delibere.
Secondo l’art. 2388, c. 4, C.C., le delibere consiliari che non sono state prese in conformità alla legge o allo statuto sociale, possono essere impugnate entro il termine di 90 giorni dalla data della delibera, dal collegio sindacale nonché da ciascuno degli amministratori assenti o dissenzienti. Il socio può impugnare la delibera consiliare e inoltre esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o del cda, in caso di organo collegiale, per ottenere il risarcimento del danno direttamente subito in proprio. Il danno deve essere lesivo del patrimonio personale del socio, compresa la quota di partecipazione al capitale sociale, indipendentemente dall’entità.
La disciplina in materia, dettata per le Spa dal citato art. 2388, c. 4, C.C., si applica per analogia anche ai consigli di amministrazione delle società a responsabilità limitata. Nonostante la norma non richieda la verbalizzazione della decisione, tale aspetto riveste un ruolo cruciale, poiché solo con la prova documentale scritta è possibile provare la decisione assunta, gli interventi dei presenti e attestare lo svolgimento dell’attività collegiale. Si ritiene peraltro opportuno, secondo il Consiglio nazionale del Notariato (quesito di impresa n. 253-2008/I), inserire nello statuto sociale una clausola che imponga la verbalizzazione delle delibere consiliari.
Per i tempi di redazione del verbale, è ammessa, così come avviene per le delibere assembleari (art. 2375 C.C. “Verbale delle deliberazioni dell’assemblea”), una verbalizzazione non contestuale e dunque successiva, ma è richiesta l’indicazione nel verbale, non solo della data di svolgimento della riunione, ma anche della data di redazione e sottoscrizione del verbale stesso. Si ritiene, in ogni caso, che la verbalizzazione della decisione e dunque l’ultimazione del verbale, non possa legittimamente protrarsi per un periodo di tempo ingiustificato e debba essere tempestiva e “senza indugio”: si vedano la Massima n. VIII (ante riforma) e la Massima n.45 (post riforma) del Consiglio Notarile di Milano.
Pertanto, ad eccezione delle delibere che sono soggette all’iscrizione al Registro delle Imprese, si ritiene che il termine ultimo per la verbalizzazione tardiva coincida con l’inizio della riunione successiva, per analogia con l’art. 2379-bis C.C. (sanatoria di nullità).
È evidente che la mancata tempestività della verbalizzazione potrebbe pregiudicare il diritto di impugnare la delibera da parte di tutti i soggetti legittimati (amministratori assenti o dissenzienti, sindaci e socio che si consideri leso dalla decisione presa). Stante il tenore letterale dell’art. 2388 C.C., come sopra accennato, è previsto un termine di decadenza di 90 giorni dalla data della delibera: pertanto, si ritiene che, qualora la verbalizzazione non sia contestuale all’adozione della delibera, il termine decorra comunque dalla data di quest’ultima.
Nel caso di impugnazione del singolo socio, ancor più qualora non rivesta la carica di amministratore, la decorrenza del termine di 90 giorni è dibattuta poiché spesso il socio ignora la delibera consiliare e potrebbe venirne a conoscenza oltre la data di adozione della stessa o forse, addirittura, dopo i 90 giorni utili dalla medesima, precludendogli la possibilità di impugnarla. Secondo l’opinione prevalente, il termine dovrebbe decorrere dalla data di iscrizione della delibera al Registro delle Imprese (qualora sia previsto l’obbligo) oppure, qualora tale adempimento non sia richiesto in relazione all’oggetto della delibera, dal momento in cui il socio ne sia venuto a conoscenza e sia in condizione di valutare se la delibera sia lesiva dei suoi interessi.
Una consulenza appropriata all’amministratore della società cliente di studio, al fine di prevenire conflitti tra gli organi sociali, oppure al cliente socio il cui patrimonio personale sia stato leso da una delibera dell’organo amministrativo, saranno sicuramente apprezzate, anche a titolo di compenso professionale.