Tra le diverse misure nella bozza del c.d. decreto “agosto”, che in base a quanto annunciato ieri dal Ministro dell’Economia Gualtieri dovrebbe arrivare oggi sul tavolo del Consiglio dei Ministri, si registra la nuova disciplina dell’art. 26 del DPR 633/72, che si connota per garantire una maggiore certezza circa il momento di emissione delle note di variazione nelle ipotesi di procedure concorsuali e con ciò, probabilmente, ponendo fine agli annosi dibattiti sul tema. Con un decisivo mutamento di indirizzo, la modifica interverrebbe ispirandosi – per certi versi – a quanto introdotto, per breve periodo (dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016), dall’art. 1 comma 126 della L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).
Per effetto dell’intervento legislativo, la disciplina delle note di variazione nelle ipotesi di procedure concorsuali, espunta dal comma 2, sarebbe inserita nel nuovo comma 4, in base al quale il diritto del cedente/prestatore di portare in detrazione (art. 19 del DPR 633/72) l’IVA corrispondente alla variazione (di cui al comma 2) troverebbe applicazione anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, ad opera del cessionario/committente, in primo luogo, “a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale” o dalla data del decreto che omologa un adr (art. 182-bis del RD 267/42; cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 31/2014), o da quella di pubblicazione nel Registro delle imprese di un piano attestato (art. 67 comma 3 lett. d) del RD 267/42).
A tali fini, in base al nuovo comma 11 (con previsione in linea con quanto disposto, per altre ragioni, dall’art. 101 comma 5 del TUIR), il debitore si considererebbe assoggettato alla procedura dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la LCA o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria.
In base al modificato comma 5 secondo periodo, inoltre, nel caso di procedure concorsuali di cui al comma 4 lett. a), l’obbligo di registrazione della variazione per il cessionario non troverebbe applicazione.
Per comprendere l’impatto della novità legislativa – che in questa sede si condivide – si ricorda che il momento di emissione della nota di variazione è oggetto di interpretazioni opposte: l’una maggioritaria, verso la quale da sempre si attesta la prassi amministrativa, che lo ricollega alla “definitiva infruttuosità” della procedura; l’altra minoritaria, invece, che lo anticipa alla “ragionevole certezza” che il credito non potrà essere incassato (cfr. C.T. Prov. di Vicenza n. 145/2/2019, Corte Ue causa C-246/16, Norma di comportamento AIDC n. 192/2015 ).
L’infruttuosità della procedura, secondo l’Agenzia delle Entrate, nell’ipotesi di fallimento, sussiste alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto (art. 110 del RD 267/42), ovvero, in assenza del piano, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura (ex multis, circ. Min. Finanze n. 77/2000, risposte Agenzia Entrate nn. 33/2020 e 192/2020, circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2017 e Cass. n. 1541/2014).
Con riferimento al concordato preventivo, ai fini dell’infruttuosità, occorre aver riguardo, oltre al decreto di omologazione definitivo, anche al momento in cui il debitore adempie agli obblighi assunti in sede di concordato, poiché, fino a questa data, è possibile la risoluzione del concordato e l’apertura del fallimento. In caso di liquidazione coatta amministrativa, invece, è necessario il decorso dei termini ex art. 213 L. fall.
L’intervento legislativo si pone apertamente in senso contrario alla prassi amministrativa e recepisce una soluzione che ricollega la variazione al momento in cui il debitore (cessionario/committente) è “assoggettato” alla procedura, ossia alla sua apertura.
La modifica verrebbe dotata anche di efficacia “retroattiva”, trovando applicazione alle procedure in corso, con ciò confermando l’intentio legis di dirimere le controversie sul tema. L’art. 26 comma 4 lett. a) e comma 5, secondo periodo del DPR 633/72, nel testo risultante dalle modifiche, infatti, si applicherebbe anche alle procedure concorsuali in corso alla data di entrata in vigore della norma.
Il comma 4 legittima la variazione di cui al comma 2 – oltreché nell’ipotesi di procedure esecutive individuali infruttuose (lett. b) – “in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso”. A tal fine, il credito si considera di modesta entità quando ammonta a un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione (art. 27 comma 10 del DL 185/2008 conv. L. 2/2009) e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Anche sotto tale profilo la nuova disciplina, quindi, è allineata all’art. 101 comma 5 del TUIR (circ. Assonime n. 5/2016).
In base al nuovo comma 6, infine, nel caso in cui, successivamente agli eventi di cui al comma 4, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, si applicherebbe la disposizione di cui al comma 1. In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di registrazione cui al comma 5 avrebbe diritto di portare in detrazione l’IVA corrispondente alla variazione in aumento.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
QUESITO
[ALFA] (di seguito istante) ha esposto la questione qui di seguito sinteticamente riportata.
L’istante ha eseguito forniture di merce in favore della [BETA] emettendo fatture, nel […] e nel […], per complessivi […] (di cui […] per IVA).
Con sentenza n. […] del 2017 il […] ha dichiarato il fallimento della [BETA] .
L’istante ha presentato istanza di ammissione al passivo fallimentare, dichiarata inammissibile dal Giudice delegato in quanto proposta oltre il termine di cui all’articolo 101, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito legge fallimentare o L.F.).
L’istante chiede se sia possibile emettere nota di variazione in diminuzione di imponibile ed IVA ai sensi dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione alle fatture emesse nei confronti della fallita [BETA] e non incassate.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante ritiene legittima l’emissione di note di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione alle fatture emesse nei confronti della società fallita e non incassate, nonostante il citato provvedimento di esclusione dal passivo fallimentare.
In merito, osserva che nella legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) è stato previsto, con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 1°gennaio 2017, il diritto del cedente/prestatore di emettere note di variazione già a partire dalla data in cui il cessionario/committente viene assoggetto alla procedura concorsuale, senza dover attendere la conclusione della stessa. Secondo l’istante, il presupposto per l’emissione della nota di variazione non è, dunque, l’esito dell’insinuazione allo stato passivo del debitore, ma l’avvio della procedura concorsuale.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
La soluzione interpretativa prospettata dall’istante non è condivisibile in quanto, in particolare, sembra fare riferimento alle modifiche all’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 apportate dall’articolo 1, comma 126, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
Tali modifiche, tuttavia, non hanno mai esplicato i propri effetti perché soppresse dall’articolo 1, comma 567, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, prima della loro applicabilità.
L’articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, dispone che “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25″.
Per quanto attiene, in particolare, all’ipotesi di mancato pagamento, in tutto o in parte, a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose, dell’importo fatturato,appaiono dirimenti i chiarimenti forniti dalla circolare n. 77/E del 17 aprile 2000, la quale ha puntualizzato come la richiamata circostanza del mancato pagamento venga giuridicamente ad esistenza “…allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte,per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo…”.
Il documento di prassi rileva come “Il verificarsi di tale evento postula, quindi,in via preventiva, da un lato l’acclarata insolvenza dell’importo fatturato e l’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale, dall’altro – si sottolinea in modo inequivoco – la necessaria partecipazione del creditore al concorso…”.
Definita preliminarmente nella necessaria partecipazione alla procedura il presupposto che legittima, in astratto, il creditore alla variazione in diminuzione, si evidenzia come, in concreto, il diritto alla variazione sia subordinato alla”infruttuosità” delle procedure esecutive individuali o concorsuali, e non al mero avvio delle stesse.
Con diversi documenti di prassi (cfr. per tutti la citata circolare n. 77/E del 2000 e la circolare n. 8/E del 7 aprile 2017) l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la condizione di infruttuosità della procedura concorsuale si realizza alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto finale oppure, in assenza, di quello per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
QUESITO
[ALFA] (di seguito istante) ha esposto la questione qui di seguito sinteticamente riportata.
L’istante ha eseguito forniture di merce in favore della [BETA] emettendo fatture, nel […] e nel […], per complessivi […] (di cui […] per IVA).
Con sentenza n. […] del 2017 il […] ha dichiarato il fallimento della [BETA] .
L’istante ha presentato istanza di ammissione al passivo fallimentare, dichiarata inammissibile dal Giudice delegato in quanto proposta oltre il termine di cui all’articolo 101, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito legge fallimentare o L.F.).
L’istante chiede se sia possibile emettere nota di variazione in diminuzione di imponibile ed IVA ai sensi dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione alle fatture emesse nei confronti della fallita [BETA] e non incassate.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante ritiene legittima l’emissione di note di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione alle fatture emesse nei confronti della società fallita e non incassate, nonostante il citato provvedimento di esclusione dal passivo fallimentare.
In merito, osserva che nella legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) è stato previsto, con riferimento alle procedure concorsuali avviate dal 1°gennaio 2017, il diritto del cedente/prestatore di emettere note di variazione già a partire dalla data in cui il cessionario/committente viene assoggetto alla procedura concorsuale, senza dover attendere la conclusione della stessa. Secondo l’istante, il presupposto per l’emissione della nota di variazione non è, dunque, l’esito dell’insinuazione allo stato passivo del debitore, ma l’avvio della procedura concorsuale.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
La soluzione interpretativa prospettata dall’istante non è condivisibile in quanto, in particolare, sembra fare riferimento alle modifiche all’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 apportate dall’articolo 1, comma 126, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
Tali modifiche, tuttavia, non hanno mai esplicato i propri effetti perché soppresse dall’articolo 1, comma 567, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, prima della loro applicabilità.
L’articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, dispone che “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25″.
Per quanto attiene, in particolare, all’ipotesi di mancato pagamento, in tutto o in parte, a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose, dell’importo fatturato,appaiono dirimenti i chiarimenti forniti dalla circolare n. 77/E del 17 aprile 2000, la quale ha puntualizzato come la richiamata circostanza del mancato pagamento venga giuridicamente ad esistenza “…allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte,per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo…”.
Il documento di prassi rileva come “Il verificarsi di tale evento postula, quindi,in via preventiva, da un lato l’acclarata insolvenza dell’importo fatturato e l’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale, dall’altro – si sottolinea in modo inequivoco – la necessaria partecipazione del creditore al concorso…”.
Definita preliminarmente nella necessaria partecipazione alla procedura il presupposto che legittima, in astratto, il creditore alla variazione in diminuzione, si evidenzia come, in concreto, il diritto alla variazione sia subordinato alla”infruttuosità” delle procedure esecutive individuali o concorsuali, e non al mero avvio delle stesse.
Con diversi documenti di prassi (cfr. per tutti la citata circolare n. 77/E del 2000 e la circolare n. 8/E del 7 aprile 2017) l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la condizione di infruttuosità della procedura concorsuale si realizza alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto finale oppure, in assenza, di quello per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento.