Fatturazione elettronica: operatività prima del1 luglio 2018

n effetti, nell’introduzione della nuova modalità di predisposizione, trasmissione e ricezione della fattura elettronica alcune prassi aziendali (quali ad esempio l’invio di note di debito da parte del cliente per richieste di abbuoni o sconti per merce non corrispondente all’ordine) non del tutto conformi alle regole vigenti non si potranno più fare.

Andando per ordine, cerchiamo partendo dalla normativa di riferimento di individuare i passi e le scelte che bisogna fare per essere pronti alle nuove procedure di emissione e gestione della fattura elettronica.

Il quadro di riferimento
Sul piano normativo e regolamentare proprio negli ultimi mesi si è completata l’emanazione dei provvedimenti che costituiscono la cornice di riferimento all’implementazione della fattura elettronica. A dire il vero il percorso di realizzazione dell’impianto giuridico di riferimento è partito da oltre 15 anni, ma trovato la sua attuazione nazionale con la legge finanziaria del 2008 (legge 244/2007) che per la prima volta ha configurato un obbligo di emissione della fattura elettronica nei confronti della pubblica amministrazione, un altro passo importante è stato il recepimento della direttiva 2010/45/Ue con cui si è fornito la definizione europea di fattura elettronica. L’obbligo effettivo con le regole che conosciamo si è definito anche sul piano regolamentare per gestire i rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e gli enti di interesse nazionale nel 2014 e con le pubbliche amministrazioni locali nel 2015. Per i privati gli ultimi provvedimenti approvati sono stati la legge di bilancio del 2018 (legge 205/2017), il provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate 89757 del 30 aprile 2018 con allegate le specifiche tecniche di adeguamento (documento fondamentale per la corretta implementazione del sistema) e la circolare 8/E dello steso 30 aprile con cui è stata fornita una prima interpretazione per chiarire alcuni aspetti relativi al primo appuntamento del 1° luglio che riguarderà l’intera filiera dei carburanti con specifico riferimento alla benzina e al gasolio destinato all’autotrazione.

Il processo di fattura elettronica
È subito importante chiarire che quando si parla di fattura elettronica obbligatoria si intende che la fattura deve essere predisposta in un formato Xml predefinito ovvero in uno dei formati europei approvati dal Comitato europeo di normalizzazione. Proprio sul formato, si evidenzia che in attuazione della direttiva 2014/55/Ue entro il 18 aprile 2019 avremo un unico formato europeo di fattura elettronica che dovrà essere accettato per la partecipazione a tutti i bandi pubblici dell’Ue. Questa regola, in particolare per i gruppi e le imprese che operano nel mercato europeo è un’opportunità per gestire in modo più semplice e integrato tutti gli scambi intraunionali

Il file così strutturato dovrà essere trasmesso e ricevuto utilizzando il sistema d’interscambio dell’agenzia delle Entrate (Sdi). La fattura dovrà essere gestita in elettronico e, in base alle regole imposte dall’articolo 39 del Dpr 633/72 dovrà essere conservato elettronicamente.

Il legislatore ha voluto proprio con la legge di bilancio del 2018 sottolineare che una fattura emessa e trasmessa con modalità diverse da quelle sopra indicate fa sì che la fattura si considera non emessa, con tutte le conseguenze sanzionatorie e operative che possono derivare (si pensi a un operatore che formi il documento in impresa per un’operazione divenuta esigibile a aprile del 2019 che invii e trasmetta la fattura, dapprima con un semplice email e poi ufficialmente tramite Sdi nel dicembre del 2019. La situazione produrrà sul piano sanzionatorio una sanzione per il cedente/prestatore (che varierà dal 90 al 180% dell’imposta relativa ovvero se l’ha fatta concorrere alla liquidazione da 250 a 2000 euro) per mancata emissione della fattura e per il cessionario una sanzione pari al 90% dell’imposta relativa per mancata regolarizzazione della fattura non ricevuta con emissione di una autofattura e con versamento della relativa Iva (ex articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/97).

Trasmissione e recapito della fattura
Proprio per le conseguenze connesse al mancato invio della fattura il contribuente deve già da subito fare delle scelte e alcuni passi operativi.
Per trasmettere e ricevere la fattura elettronica è necessario in primo luogo aprire o scegliere un canale con lo Sdi. la trasmissione può avvenire o con posta elettronica certificata (Pec) o con i sistemi informatici messi a disposizione dall’agenzia delle Entrate ovvero, in modo più integrato con sistemi di cooperazione applicativa o con sistemi di trasmissione dati tra terminale remoti basato su protocollo Ftp. Vogliamo chiarire subito che solo gli ultimi due necessitano di un accreditamento al Sdi e sono canali destinati prevalentemente ai grandi fatturatori o a coloro che si avvarranno per la trasmissione di un intermediario. L’intermediario nella specifica operazione sarà un agevolatore del processo di trasformazione. Per intermediario non si intende solo il provider informatico, ma anche il professionista abilitato che nel sistema della fattura elettronica ha un ruolo importante nel gestire alcuni adempimenti operativi e fiscali dell’intera operazione.

La scelta del canale, però, non riguarda solo l’emittente della fattura, ma anche il soggetto ricevente che dovrà comunicare al proprio fornitore l’indirizzo telematico dove vuole ricevere la fattura. In effetti, il recapito della fattura è forse il meccanismo più delicato del sistema e comporta un immediato contatto tra fornitore e cliente. Non a caso proprio in questi giorni gli operatori che gestiscono le cessioni di carburanti per autotrazione si stanno attivando presso i propri clienti per acquisire l’indirizzo informatico a cui recapitare la fattura. In effetti, il Sistema di interscambio (Sdi) si comporta esattamente come un postino (in questo caso elettronico) che per poter recapitare la fattura deve avere un indirizzo ben preciso. Nei rapporti con la Pa questo indirizzo è rappresentato dall’Ipa (indirizzo delle pubbliche amministrazioni) nei rapporti tra privati questo indirizzo è costituito dalla Pec ovvero da un codice identificativo SdI a 7 caratteri.

Un consiglio da dare a tutti coloro che devono ricevere delle fatture è di preregistrarsi (anche attraverso il proprio intermediario abilitato – colui che solitamente è delegato ad inviare le comunicazioni o le dichiarazioni fiscali) al Sdi. con questa preregistrazione il ricevente, anche se l’emittente non compila correttamente il campo destinatario ovvero il campo Pec destinatario, potrà tranquillamente ricevere la sua fattura all’indirizzo fornito a Sdi che sarà in grado di abbinare automaticamente il file ricevuto con la partita iva del cessionario/committente.

L’individuazione dell’indirizzo telematico del cliente comporta per il fornitore l’aggiornamento tempestivo delle anagrafiche nei propri sistemi.

Controlli preventivi e compilazione del file Xml
Scelto il canale è necessario verificare, sulla base delle specifiche tecniche, con attenzione il formato strutturato della fattura. L’operazione non è di per sé complessa, ma comporta numerose scelte anche per verificare quali informazioni sono necessarie per la trasmissione (quali i dati fiscali identificativi dell’emittente e del ricevente – partita Iva e/o codice fiscale ovvero la corretta e coerente indicazione dell’aliquota Iva, dell’imponibile e dell’imposta ovvero la natura dell’operazione che determina la non imponibilità dell’operazione ovvero l’unicità della fattura – il sistema non ammette due fatture con lo stesso numero) ovvero i dati commerciali o gestionali che si vogliono inserire in fattura (ad esempio il codice dell’ordine ovvero il Ddt, obbligatorio in caso di fattura differita).

Questi controlli comportano per il contribuente un’attenta analisi anche dei propri processi per verificare se tutte le informazioni sono contenute e gestite dal sistema e, in alcuni casi comportano degli accordi con i propri clienti (si immagini soggetti che dialoghino già oggi con sistemi di comunicazione elettronica Edi).

Tutti questi controlli evitano che il file che viene trasmesso venga scartato dal Sdi. La fattura quando viene trasmessa al Sdi viene automaticamente controllata (i controlli e i codici di errore sono espressamente indicati nelle specifiche tecniche) e se non è corretta viene scartata dal sistema. In questo caso la fattura si intende non emessa e il sistema invia un apposita notifica di errore all’emittente. Nel caso in cui la fattura sia corretta la fattura viene inviata direttamente al cliente e viene data una comunicazione al cedente/prestatore che la fattura è stata inviata e ricevuta.

Quindi il sistema di interscambio fornisce nelle diverse fasi degli esiti della fattura notificandoli direttamente al fornitore e al cliente. Proprio la gestione degli esiti è un’attività delicata da non sottovalutare perché a seconda degli esiti il contribuente dovrà attivarsi.

La data di emissione e di ricezione della fattura
Un punto chiarito dagli ultimi provvedimenti è quale si considera ai fini Iva e, in particolare ai fini della esigibilità dell’imposta e della detraibilità dell’imposta la data di emissione e di ricezione del documento. Sul punto il provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 prevede che la data di emissione coincide sempre con la data fattura inserita nella fattura, mentre la data di ricezione coincide con la data di consegna del file al cliente. Lato fornitore la scelta dell’Agenzia risponde, più che a una regola normativa, a delle esigenze rappresentate dagli operatori. In effetti i sistemi gestionali solitamente quando datano una fattura provvedono alla sua gestione contabile e alla rilevazione e registrazione dell’Iva a debito. Un problema che si può porre è che il file inviato a Sdi in data successiva alla data fattura ovvero in ragione del tempo che il Sdi si prende per verificare la fattura (il provvedimento indica un tempo fino a 5 giorni dalla spedizione) venga scartato dal sistema e rinviato al mittente. In questo caso il contribuente se ha già contabilizzato la fattura e ha già liquidato l’imposta sarà costretto ad effettuare una nota di variazione interna senza spedirla allo Sdi perché la fattura scartata si da per non emessa.
Per il destinatario la ricezione della fattura al momento della consegna ovvero in caso di mancato recapito al momento dell’accesso sull’area riservata dell’agenzia delle Entrate potrà comportare un differimento della detraibilità della fattura. Ad esempio se una fattura datata 30 maggio viene inviata allo Sdi il 1° giugno e, dopo i controlli, ricevuta dal cliente il 3 giugno, la sua detraibilità scatterà dal mese di giugno (e non di maggio).

Analisi e revisione dei processi
Come visto in precedenza il nuovo sistema di gestione delle fatture elettroniche comporta un adeguamento dell’impresa alle rigide regole del Sdi, ma comporta anche un’attenta analisi dei processi. Quest’analisi non può essere limitata ai processi di fatturazione perché coinvolge, anche per ulteriori regole previste dalla normativa, tutti i processi del ciclo attivo e passivo dell’impresa e non solo sul piano contabile (influenza sicuramente le relazioni tra cliente e fornitore).

Interessa, inoltre, l’area della tesoreria e dei pagamenti (almeno se si vuole ottenere il beneficio della riduzione di due anni dei termini di accertamento, in questo caso infatti i pagamenti devono essere tracciati se per importi superiori a 500 euro).

Infine interessa, oltre all’area fiscale, anche l’area del personale e questo per le nuove regole di deducibilità e detraibilità delle spese relative alle autovetture (articolo 164 del Tuir e 19-bis1 del Dpr 633/72) e per la gestione delle trasferte (alberghi e ristoranti). In effetti, per tali spese l’ufficio del personale dovrà necessariamente rivedere le proprie procedure interne e fornire tempestivamente ai dipendenti le relative istruzioni.

Fatture possedute registrate in ritardo, come non perdere il diritto alla detrazione

A seguito delle modifiche introdotte dal Dl 50/2017, l’articolo 19 del Dpr 633/1972 prevede che il diritto alla detrazione dell’Iva sui beni e servizi acquistati o importati sorge quando l’imposta diviene esigibile, e va esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui tale diritto alla detrazione è sorto (e alle condizioni esistenti in quel momento).

In sostanza, risultano dunque invariate le regole che disciplinano la nascita del diritto all’agevolazione, ancorata all’esigibilità dell’imposta; mentre viene ridotto il termine entro cui tale detrazione si può esercitare.

L’articolo 25 del Dpr 633/1972 (anch’esso modificato dal Dl 50/2017) prevede ora che la fattura debba essere annotata in un apposito registro prima della liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione dell’Iva, e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura, e con riferimento al medesimo anno.

Novità coordinate
Per il corretto coordinamento delle due norme – vale a dire l’articolo 19 (che consente l’esercizio della detrazione al più tardi nella dichiarazione relativa all’anno in cui l’operazione è stata effettuata) e l’articolo 25 (che impone la registrazione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui la fattura è stata ricevuta) – vale quanto precisato dall’agenzia delle Entrate nella circolare 1/E/2018.

Secondo l’amministrazione finanziaria, il termine per l’esercizio della detrazione decorre dal giorno in cui, in capo al cessionario/committente, si verifica la duplice condizione:

– sostanziale, cioè l’avvenuta esigibilità dell’imposta;

– formale, cioè il possesso di una valida fattura.

A partire da tale momento, previa registrazione della fattura, si può dunque operare la detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti, entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si verificano entrambi i presupposti citati (e con riferimento al medesimo anno).

Annotazione e registro Iva
In altre parole, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato nell’anno in cui il soggetto passivo, essendo venuto in possesso della fattura, la annota in contabilità, facendola confluire nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre del periodo di competenza.

A parere dell’Agenzia, quindi, l’Iva esposta su una fattura di acquisto datata 2017 e ricevuta nello stesso anno – e che, per vari motivi, non sia stata annotata in contabilità alla sua ricezione o in un momento successivo, all’interno di una liquidazione relativa al 2017 – potrà essere detratta al massimo entro il 30 aprile 2018 (termine per la dichiarazione Iva relativa al 2017).

Per poterlo fare, tuttavia, la registrazione di tale fattura nei primi quattro mesi del 2018 dovrà essere effettuata in un’apposita sezione del registro Iva (o con altre soluzioni gestionali e informatiche), al fine di evidenziare che l’imposta – non computata nelle liquidazioni periodiche relative al 2018 – concorre appunto a determinare il saldo della dichiarazione annuale Iva 2017.

Esempi e termini
Tornando al quesito del lettore, la circolare 1/E/2018 ipotizza il caso di un imprenditore (con liquidazioni dell’imposta mensili) che acquista dei beni il 20 dicembre 2017, con consegna della merce e della relativa fattura nello stesso mese. L’imposta a credito su tale cessione di beni confluisce, previa registrazione della fattura di acquisto nel 2017, nella liquidazione Iva relativa al mese di dicembre 2017 (da eseguire il 16 gennaio 2018).

Se invece quest’imprenditore, avendo ricevuto la fattura relativa allo stesso acquisto entro il 31 dicembre 2017, non l’abbia annotata nel 2017, potrà registrare il documento contabile, al più tardi, entro il 30 aprile 2018 (termine di presentazione della dichiarazione per l’anno 2017) in un’apposita sezione del registro Iva. In tal caso, spiegano le Entrate, il credito Iva concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale relativa al 2017.

Compilazione dichiarativa
Con riferimento al caso in esame, dunque, nella dichiarazione Iva 2018 (relativa al 2017) andrà riportata nel quadro VF non solo l’imposta delle fatture di acquisto registrate nel 2017 (e fatte concorrere alle liquidazioni periodiche 2017), ma anche quella sugli acquisti effettuati nel 2017, per i quali si sia verificata l’esigibilità dell’imposta in quell’anno, si sia in possesso della fattura, e l’annotazione del documento sia avvenuta nel registro Iva degli acquisti nel 2018 (entro il 30 aprile 2018), in apposito sezionale (o secondo le altre modalità che rispettino i requisiti previsti dalla circolare 1/2018).

Secondo quanto riportato nelle istruzioni alla dichiarazione Iva 2018, infatti, nei righi da VF1 a VF13 devono essere indicati gli acquisti soggetti a imposta, per i quali si è verificata l’esigibilità ed è stato esercitato, nel 2017, il diritto alla detrazione.

Invece, nel caso in cui il cessionario/committente non eserciti il diritto alla detrazione nella dichiarazione Iva 2018, potrà recuperare l’imposta presentando l’integrativa entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione stessa (vale a dire entro il 31 dicembre 2023).

Valori Bollati professionisti – Contabilità semplificata

 

INTRODUZIONE Come già visto nella precedente fiscal studio, dal punto di vista fiscale e contabile, i valori bollati (francobollo, marca da bollo, fogli bollati, ecc.), al momento dell’acquisto non si considerano beni ma “valori di cassa” (ossia sono assimilati alla cassa).A livello contabile, dunque, indipendentemente dal regime in cui si opera (di competenza economica o di cassa), al momento dell’acquisto si registra una doppia movimentazione finanziaria.

Da un lato sarà movimentato il conto “Valori bollati” e dall’altro il conto Cassa o Banca (a seconda del mezzo di pagamento utilizzato per l’acquisto).

Registrazione contabile
Valori bollati (C.IV.3)Cassa o Banca

Il conto “Valori bollati” (o altra denominazione che potrebbe ad esempio essere “Cassa bollati”) troverà epilogo alla voce “Denaro e valori in cassa” dell’attivo patrimoniale (C.IV.3).

Ai fini IVA, l’acquisto di valori bollati è considerata un’operazione fuori campo IVA ai sensi dell’art. 2 comma 3 lett. i) DPR 633/72.

L’utilizzo del valore bollato del professionista (per se)

 

Il professionista, come si sa, agisce in regime di cassa, ossia il suo reddito professionale è dato dalla differenza tra compensi effettivamente percepiti e spese “effettivamente” sostenute “sborsate” nel periodo d’imposta.Premesso che, dunque, al momento dell’acquisto (sia che si operi in regime di competenza economica sia di cassa), contabilmente si esegue la predetta registrazione, occorre successivamente distinguere a seconda che i valori bollati acquistati siano utilizzati dal professionista:

  • per se stesso;
  • oppure, anticipati per conto del cliente e poi a questi addebitati.

Iniziamo ad analizzare il caso in cui l’utilizzo avviene per se. È il caso, ad esempio, di valori utilizzati per affrancare lettere indirizzate ai propri clienti e poi non addebitati a questi, oppure il caso di fogli bollati utilizzati per atti riguardanti la propria attività e non quella dei clienti.

Contabilmente, nel momento in cui si utilizza il valore bollato per se stesso, dovrà rilevare il relativo costo, con una scrittura del tipo:

Registrazione contabile
Bolli e marche (Conto economico B.14)Valori bollati (SP C.IV.3)

A livello fiscale, il costo sostenuto è interamente deducibile dal reddito professionale (sempreché il valore bollato sia effettivamente utilizzato per scopo inerente l’attività stessa).

Tuttavia, poiché, come anticipato, il professionista opera in regime di cassa, la deduzione deve avvenire nel rispetto dello stesso principio.

Quindi, il professionista deduce dal proprio reddito professionale i valori bollati inerenti la sua attività nello stesso periodo d’imposta in cui li ha acquistati e non in quello in cui li ha utilizzati.

Ad esempio i valori bollati acquistati nel 2015 ma utilizzati nel 2016, potranno essere dedotti (interamente) con riferimento al 2015 (Modello Unico/2016).

Valori bollati acquistati per se
Deducibilità Principio di deducibilità
SI(purché inerenti l’attività) Per cassa

 

L’acquisto per conto del cliente Nell’esercizio dell’attività professionale (avvocati, ingegneri, commercialisti, ecc.), la prassi più frequente è quella in cui i valori bollati siano acquistati ed utilizzati per conto dei propri clienti (e quindi, poi a questi addebitati).In tal caso, fermo restando che al momento dell’acquisto, il professionista esegue la registrazione contabile di cui in premessa, nel momento in cui egli utilizzerà il valore bollato per conto del cliente, (ad esempio utilizza fogli bollati per la stesura di atti riguardanti un cliente), contabilmente occorrerà non più rilevare un costo, bensì un’anticipazione verso clienti.

Pertanto si eseguirà una registrazione di questo tipo:

Registrazione contabile
Cliente c/anticipazioneValori bollati

Nel momento in cui è emessa fattura, il professionista addebita anche le spese anticipate per i valori bollati (“Rimborso spese escluso ex art. 15 DPR n. 633/1972”) e nel momento in cui la fattura è saldata, questi contabilmente eseguirà una registrazione di questo tipo:

Registrazione contabile
Crediti v/clientiCompensi per prestazione

Debiti v/cassa previdenziale

IVA ns/debito

Cliente c/anticipazioni

Il conto “Debiti v/ cassa previdenziale” rileva la rivalsa in fattura del contributo previdenziale alla cassa di appartenenza del professionista (cassa forense, inarcassa, ecc.).

Si tenga presente che i valori bollati non concorrono alla formazione della base imponibile IVA (cui concorre, invece, la cassa previdenziale).

L’anzidetta rilevazione contabile avviene qualora il professionista si trovi in contabilità ordinaria. Qualora, invece, questi si trovi in contabilità semplificata, dovrà solo rilevare nel libro incassi e pagamenti la somma complessiva percepita dal cliente al lordo e al netto della parte che costituisce rimborso spese. Non avrà l’obbligo di rilevare, invece, la spesa anticipata in quanto (come vedremo) questa non costituisce un costo deducibile dal reddito professionale.

Potrebbe, tuttavia, capitare che il professionista si faccia rimborsare dal cliente i valori bollati anticipati per suo conto, prima che emetta fattura.

In tal caso contabilmente, il professionista rileverà una doppia movimentazione finanziaria. Dunque:

Registrazione contabile
CassaCliente c/anticipazioni

Ai fini fiscali, i valori bollati anticipati dal professionista per conto del cliente e poi a questi addebitati non rientrano nel reddito del professionista, quindi:

ð non sono deducibili dal suo reddito professionale;

ð non concorrono all’applicazione dell’eventuale ritenuta d’acconto;

ð non concorrono alla formazione della base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale;

ð e, come già anticipato, non concorrono alla formazione della base imponibile IVA (art. 15 DPR 633/1972).

Di seguito un esempio di fatturazione in presenza di rimborso spese (come valori bollati)

Fattura n. …….del ………….

Onorario Euro 2.000,00

Contributo Cassa di Previdenza Gestione Separata (4% di 2.000) Euro 80,00

SUBTOTALE Euro 2.080,00

IVA (22% su 2.080) Euro 457,60

Rimborso spese escluse ex art. 15 DPR 633/72 Euro 200,00

 

TOTALE FATTURA Euro 2.737,60

RITENUTA D’ACCONTO (20% su 2.080) Euro (-) 416,00

 

Netto a pagare (2.736,60- 416,00) = Euro 2.321,60

Quanto detto fin qui vale anche per i soggetti (professionisti) che operano in regime di vantaggio e per chi opera in regime forfettario (entrambi determinano il reddito secondo il principio di cassa come i professionisti in regime ordinario), tenendo però in considerazione che tali soggetti di per se non applicano la ritenuta d’acconto e l’IVA e che chi opera in regime forfettario (a differenza del regime di vantaggio) non potrà beneficiare dell’eventuale deduzione fiscale dei valori bollati acquistati per se (chi agisce in regime forfettario non deduce i costi inerenti l’attività salvo i contributi previdenziali ed assistenziali assolti per disposizione di legge).

Il cliente Mettendosi dal lato del cliente che vede anticiparsi dal professionista le spese per valori bollati, per questi, certamente il rimborso si traduce in un costo fiscalmente deducibile.La deduzione avviene secondo lo stesso principio in cui il cliente stesso agisce (competenza economia o di cassa).

Contabilmente, se il cliente rimborsa al professionista i valori bollati anticipati e ciò avviene prima che il professionista emette la fattura (quindi non li addebita in fattura), a livello contabile il cliente già può rilevare il costo sostenuto, e quindi:

Registrazione contabile
Rimborso spese ex art. 15Cassa o banca

Qualora, invece, il rimborso del cliente avviene in fattura, la registrazione contabile sarà del tipo:

Registrazione contabile
DebitiRimborsi spese ex art.15

Consulenze professionali

Iva ns/credito

 

CHECK LIST
DENOMINAZIONE
CODICE FISCALE
P. IVA (EVENTUALE)
BREVE CHECK Acquisto valori bollati o Per se

o In anticipo per il cliente

ACQUISTO PER IL CLIENTE

o Il professionista opera in contabilità ordinaria

o Il professionista opera in contabilità semplificata

RIMBORSO DA PARTE DEL CLIENTE

o In fattura

o Prima della fattura

RECAPITI NECESSARIAL FINE DI EVENTUALI COMUNICAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE FINAZIARIA MAIL _____________________________________________TELEFONO ________________________________________

FAX ______________________________________________

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Ritenuta studi associati

Utilizzo delle ritenute da parte di studi associati e società

15 Gen 2018

Le ritenute d’acconto subite da soggetti trasparenti (studi associati tra professionisti, società di persone) possono essere utilizzate, oltre che dai soci per abbattere propri debiti d’imposta, anche dalle stesse associazioni/società dalle quali dette ritenute provengono.

Si tratta di una possibilità di grande importanza soprattutto per gli studi professionali dove il “monte ritenute” attribuito a ciascun associato si dimostra spesso molto superiore alle esigenze di compensazione di tale associato; al contrario, se tali eccedenze vengono restituite all’associazione professionale, questa le può utilizzare per effettuare propri versamenti (Iva, contributi dei dipendenti, etc.).

Secondo la posizione proposta dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 56/E/2009, il ragionamento logico deve essere così ricostruito:

  • lo studio associato subisce le ritenute in corso d’anno;
  • alla fine del periodo, le stesse ritenute sono imputate ai soci sulla base della quota di reddito a questi attribuibile;
  • il socio inserisce le ritenute nella propria dichiarazione e utilizza la quota necessaria per azzerare le proprie imposte;
  • in caso di eccedenza, il socio può “restituire” allo studio associato la parte non utilizzata, in modo che lo stesso ne possa beneficiare per effettuare la compensazione; una volta restituita l’eccedenza, la stessa non potrà più essere nuovamente attribuita al socio;
  • lo studio associato eroga al socio un importo in denaro esattamente corrispondente alle ritenute ricevute.

Come si può vedere, il sistema viene strutturato in modo da rendere subito utilizzabili dei crediti che, diversamente, sarebbero rimasti immobilizzati in capo alla persona fisica, magari per alcuni anni. Salvo quanto tra un attimo si dirà in merito all’accordo preventivo tra i soci, la società/studio associato non deve attendere la predisposizione della dichiarazione per poter utilizzare dette ritenute: tale utilizzo può infatti avvenire già dal 1° gennaio dell’anno successivo (1° gennaio 2018 per le ritenute relative al periodo d’imposta 2017).

 

Va evidenziato che tali ritenute possono essere utilizzate solo nel caso di eccedenza rispetto all’Irpef 2017 dovuta dal socio, che però verrà determinata esclusivamente nell’ambito del prossimo modello Redditi 2018, ossia la prossima estate. Oggi, quindi, l’utilizzo di tali ritenute è consentito secondo le regole di seguito evidenziate, ma l’individuazione della quota già da subito utilizzabile va fatta con prudenza e cautela.

 

L’esplicito assenso

Al fine di consentire la restituzione dei crediti eccedenti, l’Agenzia richiede un esplicito assenso dei partecipanti, da manifestarsi con modalità che possano evidenziare una data certa. In particolare sembrano idonee le seguenti modalità:

  • atto pubblico;
  • scrittura privata autenticata;
  • atto privato registrato presso l’Agenzia a tassa fissa;
  • raccomandata (è bene che sia fatta in plico ripiegato senza busta);
  • tramite utilizzo della posta elettronica certificata (pec).

Non è chiaro se l’assenso di cui si parla possa essere manifestato in modo singolo da ogni socio (quindi può riguardare anche solo alcuni dei partecipanti), oppure debba avvenire necessariamente in forma collegiale; appare più logica la prima ipotesi.

Infine, tale assenso può essere:

 

 

continuativo (si può anche inserire nell’atto costitutivo)   oppure specifico per ciascun anno
in questo caso non vi sarà necessità di rinnovo in questo caso ci sarà necessità di rinnovo

 

Ovviamente, nel caso di accordo che esplica i propri effetti anche per il futuro, è concessa la possibilità di revoca, trattandosi di un credito tributario che è nella disponibilità del singolo socio. Anche la revoca, è evidente, va manifestata con atto avente data certa.

 

L’atto di assenso deve essere precedente all’utilizzo delle ritenute restituite; è pertanto necessario che esso abbia la data certa anteriore a quella di presentazione dell’F24 contenente il credito compensato.Pertanto, se si intende utilizzare al 16 gennaio 2018 in compensazione una quota di ritenute, è necessario che entro tale data venga apposta la data certa al documento in cui risulta l’accordo.

 

Di seguito si propone un fac simile di accordo (si propone la versione continuativa), da compilare a cura dell’associazione, al quale dare data certa nelle forme precedentemente descritte. Si tenga conto che il modello proposto è volutamente essenziale per rispondere al contenuto minimo preteso dall’Agenzia delle entrate; nell’ambito di ciascuna associazione è possibile introdurre specifiche clausole per regolamentare nei dettagli l’accordo (ad esempio, termini e modalità entro i quali l’associazione dovrà provvedere a pagare agli associati le ritenute che sono state riattribuite).

 

Ovviamente coloro che abbiano già predisposto in passato l’accordo nella forma continuativa, quest’anno non hanno ulteriori adempimenti sotto tale profilo e potranno procedere direttamente alla compensazione delle ritenute.

 

Ritenute delle società di capitali

Si ricorda che le società di capitali, anche se in trasparenza, non possono beneficiare di tale meccanismo di riattribuzione.

Le ritenute subite dalla Srl che hanno optato per il regime della trasparenza fiscale devono essere utilizzate dai soci, senza possibilità di restituzione alla Srl trasparente: l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 99/E/2011 ha assunto tale posizione. Il chiarimento crea difficoltà a tutte le Srl trasparenti che subiscono ritenute nell’ambito delle loro attività (Srl che svolgono attività di intermediazione, oppure Srl che svolgono attività edilizia che subiscono la ritenuta sugli interventi edilizi per i quali i committenti richiedono le detrazioni per interventi di ristrutturazione o risparmio energetico).

 

Compilazione del modello F24

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardanti la modalità attraverso la quale compilare il modello F24 nel quale dette ritenute vengono utilizzate in compensazione:

  • il codice tributo da utilizzare, istituito con la risoluzione n. 6/E/2010, è il 6830 denominato “Credito Irpef derivante dalle ritenute residue riattribuite dai soci ai soggetti di cui all’articolo 5, Tuir” da utilizzare nella sezione Erario del modello F24;
  • l’anno di riferimento, secondo quanto chiarito dalla successiva circolare n. 29/E/2010, è quello relativo al periodo d’imposta oggetto della dichiarazione dei redditi da cui il credito in questione sorge. Pertanto, se nel 2018 verranno utilizzate le ritenute maturate con riferimento al 2017 (e che quindi saranno evidenziate nel prossimo modello dichiarativo Redditi 2018) si dovrà indicare l’anno 2017.

 

Esempio
L’Associazione Professionale Rossi – i cui associati sono Luca Rossi e Andrea Rossi – il 16 gennaio 2018 intende utilizzare in compensazione una quota di ritenute riattribuite dagli associati (per un importo di 10.000 euro) per effettuare il versamento del debito Iva relativo al mese di dicembre 2017.

 

SEZIONE ERARIO
IMPOSTE DIRETTE – IVA
RITENUTE ALLA FONTE
ALTRI TRIBUTI E INTERESSI
codice tributo rateazione/regione/
prov./mese rif.
anno di
riferimento
importi a debito
versati
importi a credito
compensati
  6012       2017 10.000,00        
6830   2017     10.000,00  
             
             
             
 codice ufficio                  codice atto               +/- SALDO (A-B)
TOTALE A 10.000,00 B 10.000,00 0,00

 

Visto di conformità

Si ricorda che i crediti tributari richiedono l’apposizione del visto di conformità quando la loro compensazione orizzontale avviene per un importo superiore a 5.000 euro (limite ridotto dal D.L. 50/17). In relazione al caso di specie, nella circolare n. 28/E/2014 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che:

  • sulle dichiarazioni dei singoli soci/associati non è richiesto il visto di conformità (a meno che non sia il socio a utilizzare in compensazione crediti propri superiori a 5.000 euro);
  • mentre servirà apporlo sulla dichiarazione della società/associazione se il credito derivate da ritenute che si intende utilizzare in compensazione sia eccedente la soglia di 5.000 euro.

Vista la soglia molto bassa, è molto probabile che la restituzione delle ritenute alla società/associazione richieda l’apposizione del visto di conformità per il loro utilizzo.

Interessi attivi professionisti, studi associati, contabilità semplice od ordinaria

Vanno dichiarati come compensi gli interessi maturati ed accreditati sul conto corrente bancario utilizzato dal professionista esclusivamente per l’attività professionale? In caso di risposta affermativa le ritenute d’acconto possono essere scomputate dall’imposta durante la compilazione del Modello Unico? Se il conto è intestato ad un associazione professionale cambia qualcosa nella disciplina? In tutti questi casi come si deve procedere alla contabilizzazione?
Gli interessi maturati sul conto corrente non possono considerarsi attratti nel reddito di lavoro autonomo in quanto l’articolo 54 del TUIR individua le componenti positive che concorrono alla determinazione di tale categoria di reddito (i compensi percepiti per l’esercizio dell’attività, le plusvalenze e le minusvalenze, la cessione della clientela,ecc. ) e tra queste non figurano gli interessi attivi, neppure nel caso in cui il conto corrente sia utilizzato esclusivamente per l’esercizio dell’attività professionale. Gli interessi, si configurano come redditi di capitale e, pertaanto saranno assoggettati alla ritenuta del 27 per cento, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, lettera a), del DPR n. 600 del 1973. Per i professionisti detta ritenuta è operata a titolo d’imposta. Anche nel caso di conto corrente intestato all’associazione professionale, non muta la natura di redditi di capitale degli interessi. La ritenuta effettuata a titolo d’acconto ai sensi del medesimo articolo 26, comma 4, è ripartita tra i singoli associati. I professionisti in regime di contabilità semplificata ai sensi dell’art, 19 del DPR n. 600 del 1973 (tenuti al registro cronologico degli incassi e delle spese) sono dispensati da obblighi di annotazione degli interessi. I professionisti in regime di contabilità ordinaria dovranno invece annotare contabilmente tutti i movimenti finanziari, anche se non relativi a componenti reddituali positivi o negativi. Gli interessi possono essere indicati al netto delle ritenute subite. (anno 2010)