Aggiornato al 2017, modificato a gennaio 2019. Attenzione al 01-2020
Le operazioni intracomunitarie senza iscrizione al Vies hanno un trattamento diverso ai fini dell’indicazione nello Spesometro a seconda che si tratti di acquisti o vendite. Vediamo i motivi per tale diverso trattamento.
Come sappiamo un contribuente italiano, soggetto passivo iva, che intenda effettuare operazioni intracomunitarie è normalmente tenuto a comunicare quest’intenzione tramite l’apposito modello dichiarativo dell’Agenzia delle Entrate, esercitando la relativa opzione e iscrivendosi così all’archivio VIES (VAT information exchange system, sistema di scambio delle informazioni sull’IVA).
Esiste tuttavia la possibilità che il soggetto passivo iva effettui queste operazioni, nell’esercizio della propra impresa, arte o professione, in mancanza dell’iscrizione al Vies. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 42/E/2012 esamina questa tipologia di fattispecie ribadendo, anche alla luce della circolare ministeriale n. 39/E del 01/08/2011, che l’inclusione nell’archivio summenzionato è la condizione che legittima un soggetto passivo ad effettuare operazioni del genere.
Tuttavia, viene poi spiegato, in caso di mancata inclusione nel Vies da parte di un cedente italiano, la controparte dovrebbe esimersi dal qualificare l’operazione come soggetta al regime fiscale degli scambi intracomunitari, ritenendola assoggettata ad imposizione in Italia; specularmente, nel caso di un soggetto passivo italiano non regloarmente iscritto al Vies che effettua un acquisto da soggetto passivo comunitario, il detto acquisto non può configurare un’operazione intracomunitaria, l’imposta non è dovuta in Italia bensì nel paese del fornitore.
In sostanza la rilevanza ai fini iva è, per tali operazioni, associata al territorio del soggetto cedente.
Ne consegue, che sotto il profilo procedurale, l’acquirente italiano non regolarmente iscritto al Vies, riceverà la fattura dal fornitore europeo con applicazione dell’iva vigente nello Stato comunitario del cedente. Tale imposta va considerata come un costo fuori campo iva. La fattura andrà registrata (iva compresa) soltanto in contabilità generale. Se, in caso analogo, il ricevimento della fattura esterea avviene senza indicazione dell’iva estera (per errata valutazione del cedente) allora l’operatore italiano non potrà comunque applicare l’inversione contabile; anche tale fattura andrà registrata solamente in contabilità generale, altrimenti si determinerebbe un’illegittima detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, con applicazione della sanzione di cui all’art. 6, comma 6, del Dlgs. n. 471 del 1997.
Alla luce di tali considerazioni conviene domandarsi come possano tali operazioni essere inserite all’interno dello spesometro annuale di cui all’art. 21 del decreto legge n. 78 del 31/05/2010. Per quanto concerne le vendite intracomunitarie effettuate senza Vies non dovrebbero riscontrarsi particolari difficoltà: si tratta di operazioni rilevanti ai fini iva che vengono effettuate nei confronti di soggetti non residenti e possono pertanto essere inserite nel quadro BL o FN a seconda che la compilazione della comunicazioe polivalente avvenga in forma aggregata o analitica (Cfr. Anche comunicato dell’Agenzia delle Entrate del 19/11/2013, quesito n. 7). Per quanto riguarda le operazioni di acquisto intracomunitario, invece, utilizzare il quadri BL relativo ad acquisti da non residenti potrebbe apparire una soluzione appropriata solo di primo acchito. In realtà le istruzioni ministeriali relative all’adempimento in esame (lette sempre alla luce del comunicato dell’Agenzia delle Entrate del 19/11/2013, quesito n.6 stavolta), chiariscono che il quadro BL e il quadro SE sono relativi alle operazioni passive effettuate con non residenti, sia comunitari che extra comunitari, purché rilevanti in Italia e che non costituiscano importazioni od operazioni da indicare negli elenchi Intrastat.
Ora le operazioni di acquisto intracomunitario effettuate senza iscrizione al Vies, non possono essere considerate come rilevanti in Italia ai fini iva, sono quindi da considerare fuori campo iva (come commenta anche la pubblicazione del 2012, N. FR099 di Infofisco). A questo punto non resta che rifarsi al documento dell’Agenzia delle entrate del 22/12/2011, risposte ai quesiti in materia di […], pagina 8, dove si chiarisce che le operazioni che avvengono fuori dall’ambito di applicazione dell’iva sono escluse dallo Spesometro e non vanno inserite nel modello.
Quanto riportato sopra però è stato aggiornato in conseguenza di una sentenza della corte europea.
e cessioni intracomunitarie tra soggetti passivi scontano l’Iva nel paese di destinazione anche se il numero identificativo degli operatori coinvolti non è iscritto al Vies. La prassi contraria, pertanto, è da ritenersi superata. Per il momento: nel 2020, infatti, entrerà in vigore una modifica alla direttiva Iva che cambierà le carte in tavola. Il chiarimento, arrivato dall’Agenzia delle entrate nel corso del Videoforum di ItaliaOggi del 23 gennaio scorso, ufficializza per la prima volta gli effetti della giurisprudenza della Corte di giustizia Ue sulla precedente, contraria prassi nazionale.
La norma. Allo scopo di contrastare le frodi Iva, l’art. 27 del dl 78/2010 ha introdotto disposizioni volte a subordinare l’effettuazione di operazioni intracomunitarie, ossia gli scambi di beni e di prestazioni di servizi «generiche» con soggetti passivi stabiliti in altri paesi dell’Ue, all’autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate. L’art. 22 del Dlgs n. 175/2014 ha poi modificato la procedura per meglio allinearla alla normativa Ue, in particolare prevedendo che la richiesta di autorizzazione espressa mediante l’opzione determina l’immediata iscrizione dei soggetti passivi nell’archivio Vies. La normativa Ue (regolamento n. 904/2010), comunque, non prevede la possibilità di invalidare il numero identificativo del soggetto passivo soltanto agli effetti degli scambi intracomunitari, come invece prevede l’art. 35, comma 7-bis, del Dpr 633/72, mentre impone di invalidare il numero identificativo attribuito alla persona che non possiede (o ha perso) lo status di soggetto passivo dell’Iva, come previsto dal comma 15-bis dell’art. 35.
La prassi nazionale. Nel commentare le disposizioni introdotte dall’art. 27 del dl n. 78/2010, nella circolare n. 39/2011 l’agenzia osservava che la mancata iscrizione nell’archivio Vies determina il venire meno della possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie con l’applicazione del regime fiscale proprio di tali operazioni, in quanto il soggetto non può essere considerato come soggetto passivo Iva ai fini dell’effettuazione di tali operazioni. Pertanto, eventuali cessioni o prestazioni intraUe effettuate da un soggetto passivo nazionale non incluso nell’archivio, dovrebbero scontare l’imposizione in Italia. Quanto all’ipotesi speculare (soggetto italiano acquirente), nella circolare si osservava che la controparte comunitaria che abbia riscontrato la mancata validazione della partita Iva del soggetto italiano nel Vies, dovrebbe astenersi dall’applicare all’operazione il regime fiscale degli scambi intracomunitari ed assoggettare invece l’operazione al tributo. Coerentemente, la successiva risoluzione n. 42/2012 affermava che qualora un soggetto passivo italiano non iscritto al Vies effettui un acquisto da soggetto passivo comunitario, tale acquisto non può configurarsi come una operazione intracomunitaria, per cui l’Iva non è dovuta in Italia bensì nel paese del fornitore; l’acquirente italiano non iscritto al Vies, pertanto, non deve procedere all’integrazione della fattura del fornitore e all’annotazione della stessa nel registro delle fatture emesse e nel registro degli acquisti. Successivamente, però, la Corte di giustizia ha statuito che, nell’ambito della disciplina degli scambi intraUe, l’obbligo di disporre di un numero d’identificazione Iva è un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione dall’Iva qualora ricorrano le condizioni sostanziali della cessione intraUe (sentenza 6 settembre 2012, C-273/11). Più recentemente, la Corte ha dichiarato che, a maggior ragione, non costituisce condizione sostanziale per l’esenzione Iva della cessione intraUe l’iscrizione al Vies, la quale rappresenta un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione qualora sussistano i presupposti sostanziali, salvo il caso di frodi o salvo che la violazione formale abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.
La risposta al forum. L’agenzia prende atto che secondo l’orientamento della Corte di giustizia, formatosi successivamente alla circolare n. 39/2011 ed alla risoluzione n. 42/2012, l’iscrizione al Vies dell’operatore, in assenza di comportamenti fraudolenti, pur integrando una violazione formale, non costituisce una condizione sostanziale per l’applicazione del regime proprio delle operazioni intraUe, in presenza dei presupposti sostanziali, sicché devono intendersi superati i citati documenti di prassi. L’agenzia ricorda però che la direttiva Ue 2018/1910 del 4 dicembre 2018 ha modificato la direttiva Iva con effetto dal 1° gennaio 2020, prevedendo che «l’iscrizione del soggetto passivo nell’archivio Vies» (più precisamente, il numero di partita Iva) «diventi una condizione sostanziale per l’applicazione dell’esenzione anziché un requisito formale». La questione si riaprirà quindi tra un anno.
Gli acquisti da fornitori UE, devono quindi essere fatturati senza IVA. Una volta ricevuta la fattura estera, a quel punto tu avresti dovuto:
integrare la fattura con l’IVA italiana e versarla al fisco italiano;
Presentare il modello Intrastat.
Premesso ciò e considerando che ormai il “danno” è fatto, come procedere?
In questo caso sarebbe opportuno contattare il fornitore estero, fargli presente l’errore e quindi domandargli di produrre una nota di credito per stornare la fattura sbagliata. Ovviamente dovrà anche restituirti l’IVA che non era tenuto a incassare.
A questo punto potrai integrare la fattura con l’IVA italiana, applicata sull’importo stornato dall’IVA estera, che non era dovuta. Poi, dovrai compilare il modello Intrastat secondo le regolari scadenze.
Cosa fare invece, se non fosse possibile ottenere lo storno per la correzione della fattura? A quel punto, dovrai comunque rispettare quanto disposto dall’art. 38 D.L. n. 331/1993 e, quindi integrare la fattura con l’IVA italiana (ai sensi del reverse charge ex art. 17, co. 2 D.P.R. n. 633/72), poichè hai effettuato un’operazione intracomunitaria. L’Agenzia delle Entrate non ha ancora chiarito se l’IVA va applicata sul lordo (quindi costo + Iva estera) oppure solo sul costo al netto dell’IVA non dovuta.
Fino a quando non ci saranno precisazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, per ragioni di prudenza, è consigliabile calcolare l’IVA sull’importo totale (quindi costo + IVA estera).
Per quanto riguarda l’IVA non dovuta ma che hai comunque pagato, non potrai ovviamente chiedere il rimborso in Italia, ma dovrai rivolgerti al fornitore estero, che è il principale responsabile dell’errore.